Auguri... Dio è d'accordo? | CONSAPEVOLI NELLA PAROLA

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giovedì 31 dicembre 2009

Auguri... Dio è d'accordo?

pergamena
Vaghi desideri? 

Alcuni hanno scelto, «per le feste» di non mandare più biglietti o cartoline d'auguri. Dicono, per esempio, che «i francobolli costano», oppure che «molti neanche ti rispondono» od hanno l'impressione che, appena ricevuti, gli auguri vengano gettati in un angolo e dimenticati. Non vogliono neanche dire sempre le solite vuote banalità! Altri conservano questa tradizione, ritenendola preziosa. Ecco, così che scelgono con cura i motivi più adatti [fotografia o disegno che sia] e si danno pena di comporre significativi messaggi personalizzati. Vogliono scrivere messaggi, cioè che davvero parlino alla persona che li riceve e che siano latori di effettive benedizioni. Sapete voi comporre simili significativi messaggi? 

Che cosa vuol dire, però, «fare gli auguri» a qualcuno? 

Vuol dire fare voto, desiderio, speranza che le persone a cui li inviamo, durante quelle festività, ricevano del bene, siano felici, realizzino un sogno... o semplicemente che sappiano che pensiamo a loro. «Fare gli auguri» significa, così, esternare, esprimere il desiderio che ad altri avvengano cose liete o che si realizzi ciò che desiderano. Si tratta dunque di desideri, di auspici. Su che cosa si basano questi auguri? Qualcuno pensa che l'augurio in sé stesso, l'espressione di un desiderio positivo, liberi «energie positive», faccia del bene. Il più delle volte, però, in effetti, si tratta solo di una vaga speranza, la speranza che «la sorte», «il destino» o «dio» siano propizi verso una persona, «le sorridano». Questa «sorte», questo «destino», questo «dio» appaiono, così, imprevedibili, capricciosi, incontrollabili, come delle divinità da propiziare perché le cose potrebbe anche «andare male». Allora diciamo: «Speriamo che ti vada bene», come quando, al casinò, si gioca alla roulette. «Speriamo che esca il numero su cui hai puntato e che tu possa fare una bella vincita». Un augurio sarebbe davvero efficace se, qualora ne avessimo la possibilità, noi lo accompagnassimo, mettiamo, da una bella banconota da mille! In quel caso potreste essere certi che la persona a cui lo inviamo lo apprezzerebbe! Non tutti, però, possono fare simili auguri! Se, però, non vogliamo che i nostri auguri diventino solo «carta da macero», che non siano basati su vaghe speranze, che non siano solo vuote formalità, potremmo usare una benedizione tratta dalla Bibbia, accompagnata dalle nostre preghiere e dal nostro concreto interessamento. 

Il testo biblico 

Potrei suggerirvi, per esempio, il testo biblico sottoposto oggi alla nostra attenzione, il quale contiene un'espressione augurale che vorrei invitarvi ad esaminare e davvero ad utilizzarla voi stessi. Si trova nella lettera dell'apostolo Paolo ai cristiani di Roma, al capitolo 15, versetto 13. Essa dice: «Ora il Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e di ogni pace nella fede, affinché abbondiate nella speranza, per la potenza dello Spirito Santo» (Romani 15:13). Essa può essere anche resa in questo modo: «Dio che dà speranza, ricolmi voi che credete di gioia e di pace, e per mezzo dello Spirito Santo accresca la vostra speranza». 

1. Dio: fonte di ogni bene  

La prima cosa da dire al riguardo è che l'espressione augurale cristiana non è un vago desiderio di bene, ma fa appello alla fonte stessa di ogni bene, cioè Dio, il Dio vero e vivente che si è fatto a noi conoscere nella persona di Gesù Cristo ed in tutta la Bibbia. Inizia, infatti, dicendo, «Ora il Dio della speranza...».  La Bibbia afferma che «Ogni cosa buona e ogni dono perfetto vengono dall'alto e discendono dal Padre degli astri luminosi presso il quale non c'è variazione né ombra di mutamento» (Gm. 1:17). Il cantico di Anna bene esprime questo concetto: «Il SIGNORE fa morire e fa vivere; fa scendere nel soggiorno dei morti e ne fa risalire. Il SIGNORE fa impoverire e fa arricchire, egli abbassa e innalza. Alza il misero dalla polvere e innalza il povero dal letame, per farli sedere con i nobili, per farli eredi di un trono di gloria; poiché le colonne della terra sono del SIGNORE e su queste ha poggiato il mondo. Egli veglierà sui passi dei suoi fedeli, ma gli empi periranno nelle tenebre; infatti l'uomo non trionferà per la sua forza» (1 Sa. 2:6-9). Il cristiano non crede nel «caso» o nel «destino», ma attribuisce ogni cosa a Dio, rendendogli l'onore, la gloria ed il culto che Gli sono dovuti. Infatti, come dice la Scrittura: «Non dipende dunque né da chi vuole né da chi corre, ma da Dio che fa misericordia» (Ro. 9:16). Iddio solo, come Sovrano del cielo e della terra, è la fonte, l'agente, Colui da cui dipende ogni cosa. L'espressione augurale cristiana è quindi una preghiera rivolta a Dio: rapportarsi a Dio e rivolgergli, esprimergli, ciò che ci sta a cuore che Egli realizzi in favore di qualcuno. Il cristiano fa appello a Dio non solo perché Lo riconosce fonte di ogni bene, ma anche perché ha imparato a rapportarsi a Lui con fiducia. Dio per lui non è uno sconosciuto. Questa frase augurale sorge originalmente da persone che sanno di far parte del popolo di Dio. Il cristiano d'origine israelita sa di appartenere al popolo eletto di Dio e che Dio si è dimostrato verace e fedele (15:8) al patto che Egli ha stabilito con esso, realizzando ogni Sua promessa ed inviando il Salvatore Gesù Cristo. Anche, però, il cristiano d'origine pagana, straniero a quel popolo, onora Dio per la Sua misericordia (15:9) perché Dio si è compiaciuto di inviargli l'Evangelo, la Buona Notizia. Egli sa di essere stato incluso, per grazia, fra coloro che godono della comunione con Dio e delle Sue benedizioni e quindi ad esse fa appello per sé e per gli altri. Le espressioni augurali del cristiano, dunque, non sono pii e vaghi desideri, espressioni astratte, formali e convenzionali, ma trovano realtà e concretezza nella veracità e nella fedeltà di Dio in Cristo. 
Il cristiano, quindi, auspica che chi riceve questi auguri possa conoscere Cristo, «che da Dio è stato fatto per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione» (1 Co. 1:30), e «nel quale abbiamo la libertà di accostarci a Dio, con piena fiducia, mediante la fede in lui» (Ef. 3:12). Le benedizioni auspicate sono in Lui. 

2. Dio: fonte di speranza  

Questa espressione augurale, in secondo luogo, specifica che il Dio al quale facciamo appello è, notate, «il Dio della speranza». Dice, infatti: «Ora il Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e di ogni pace nella fede....» (Romani 15:13). L'Iddio vero e vivente è Colui che «ispira» o «produce» la speranza. La condizione naturale di ogni uomo e di ogni donna è quella di essere «senza speranza e senza Dio nel mondo» (Ef. 2:12,13). Per chi si trova in questa condizione Cristo è un estraneo e Dio è un'astrazione incomprensibile e per lui irrilevante. La nozione stessa di «popolo di Dio», popolo a cui Dio ha fatto promesse veraci e fedeli, per lui è priva di senso. Una vita significativa ed eterna per lui è una chimera, un'impossibile illusione. Quando però lo Spirito Santo di Dio tocca il suo cuore e lo rigenera spiritualmente attraverso l'annuncio dell'Evangelo, improvvisamente vede tutto sotto una luce nuova e la sua vita si riempie di concreta speranza. Allora quello che prima gli era lontano ed estraneo gli diventa vicino e familiare. Ora comprende chi è Gesù e perché sia venuto: è venuto proprio per lui. Non l'avrebbe mai creduto possibile: Cristo gli ha dato una vita dotata di «spessore» perché di questa vita Cristo ne ha pagato il prezzo, versando il Suo sangue innocente sulla croce, per lui. Un'altra versione traduce «il Dio della speranza» come «il Dio delle promesse», quelle che si realizzano allorché egli lega a Cristo la sua vita. 

Il cristiano, quindi, auspica che chi riceve questi auguri possa conoscere Cristo e, attraverso di Lui vedersi ricolmato della speranza viva e ben fondata che solo Dio può ispirare. E' quello che ribadisce l'apostolo Pietro quando scrive: «Benedetto sia il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo, che nella sua grande misericordia ci ha fatti rinascere a una speranza viva mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti» (1 Pi. 1:3).  

3. Dio: fonte di gioia e di pace  

L'apostolo, con questa benedizione, dopo aver indicato Dio come sorgente del bene che si desidera ed averlo definito come «Il Dio della speranza», indica che cosa egli si augura che Dio realizzi nella vita dei suoi lettori: «Ora il Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e di ogni pace nella fede....» (Romani 15:13). Le espressioni augurali cristiane non sono incentrate in auspici di denaro, successo, fortuna e di una non meglio precisata allegria, ma che chi li riceve possa fare esperienza della gioia e della pace profonda che si ha in comunione personale con Dio. Non si tratta di una gioia qualsiasi fondata sui beni e sui valori di questo mondo. Non è la gioia degli ipocriti che trovano piacere nel trasgredire le leggi di Dio o in ciò di cui si tanto si vantano, cioè le vanità di questo mondo e ciò che Dio considera un male. Si tratta di una gioia spirituale, la gioia di essere in comunione con Dio Padre, la gioia di sapere che in Cristo i nostri peccati sono perdonati, la gioia di aver ricevuto lo Spirito di Dio in noi che ci accompagna, ci guida, ci consola, ci trasforma. E' la gioia che sorge dall'aver ricevuto fiduciosamente la dottrina, le promesse e le benedizioni dell'Evangelo. E' la gioia che ispira la prospettiva della gloria celeste fra le afflizioni. Per un credente, ubbidire a Cristo nella sua vita di ogni giorno è fonte di grande gioia. Manifestare agli altri amore e solidarietà, dimenticando sé stessi, è fonte di grande gioia. Incontrare altri fratelli e sorelle nella fede è fonte di grande gioia. Studiare la Parola di Dio, pregare, cantare Salmi al Signore è fonte di grande gioia. Queste e simili fonti di gioia il cristiano le desidera per sé e per gli altri, e in modo crescente ed abbondante, perché egli sa che a questo mondo non c'è gioia che possa sorpassarle. E' particolarmente importante chiedere al Signore questa gioia perché è spesso nel credente è interrotta da varie afflizioni, dalla tentazione e dalla prova, dai peccati in cui cadiamo. La gioia del Signore è una Sua promessa, ed il credente auspica per sé stesso e per gli altri di poterne fare esperienza nelle più diverse circostanze della vita. Non è però solo la gioia che il cristiano auspica nei suoi «auguri», ma anche la pace. Questa benedizione dice, infatti, «Ora il Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e di ogni pace nella fede....» (Romani 15:13). La pace con Dio è il frutto dell'opera di Cristo ricevuta nella propria vita, e, quindi, è la certezza di essere riconciliati con Dio, visti da lui con grazia e favore, la certezza che aveva l'apostolo quando diceva: «Se Dio è per noi chi sarà contro di noi? Colui che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per noi tutti, non ci donerà forse anche tutte le cose con lui? Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio è colui che li giustifica. Chi li condannerà? Cristo Gesù è colui che è morto e, ancor più, è risuscitato, è alla destra di Dio e anche intercede per noi» (Ro. 8:31-34). Il dono di Dio è pure una coscienza perfettamente in pace con sé stessa e con Lui frutto della nostra giustificazione a causa del sangue versato da Cristo sulla croce. Auspicabile e possibile dono di Dio è pure la pace l'uno con l'altro, frutto di una vita vissuta in ubbidienza alla volontà di Dio. Questa pace è non solo auspicata, ma risultato di impegno personale. Una simile Il cristiano, quindi, auspica che chi riceve questi auguri possa conoscere Cristo, attraverso di Lui vedersi ricolmato della speranza viva e ben fondata che solo Dio può ispirare e che possa fare abbondante esperienza di quella gioia e di quella pace che solo Lui ci può dare.

 4. Dio: fonte di fede 

Questa espressione augurale include un'ulteriore elemento. Dice: «Il Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e di ogni pace nella fede». Perché l'Apostolo aggiunge «nella fede»? Perché le cose che egli auspica per i cristiani di Roma e per noi non sono «automatismi», ma implicano la fede, la fiducia che questi doni davvero li possiamo ricevere in comunione con Cristo. Non vi può, infatti, essere né augurio né preghiera se non «nella fede». Lo afferma la Scrittura: «Ora senza fede è impossibile piacergli; poiché chi si accosta a Dio deve credere che egli è, e che ricompensa tutti quelli che lo cercano» (Eb. 11:6). Fede è rapporto fiducioso con Dio. Fede è prenderlo in parola in tutto ciò che ci dice nella Bibbia. Fede è rinunciare ad ogni dubbio e riserva. L'apostolo Giacomo, parlando di come dobbiamo pregare, scrive: «...ma la chieda con fede, senza dubitare; perché chi dubita rassomiglia a un'onda del mare, agitata dal vento e spinta qua e là. Un tale uomo non pensi di ricevere qualcosa dal Signore» (Gm. 1:6,7). Gesù stesso disse: «Perciò vi dico: tutte le cose che voi domanderete pregando, credete che le avete ricevute, e voi le otterrete» (Mr. 11:24). Le auspicate pace e gioia giungono insieme sulla via della fede. La gioia e la pace di Cristo giungono si presentano a noi e la fede è la porta attraverso la quale esse passeranno nella nostra vita. Il profeta Isaia scrive: «A colui che è fermo nei suoi sentimenti tu conservi la pace, la pace, perché in te confida» (Is. 26:3). Certamente questo tipo di fede non è qualcosa che noi si possa generare da soli, perché anche la fede è dono di Dio, è qualcosa che, come il ravvedimento, ci è concesso1. «Infatti è per grazia che siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non viene da voi; è il dono di Dio» (Ef. 2:8), dice la Bibbia. Per questo colui o colei che si sente carente di questa fede di cui ha bisogno per ricevere la gioia e la pace di Dio, deve e può pregare come quell'uomo che chiedeva a Gesù la guarigione di sua figlio: «Io credo; vieni in aiuto alla mia incredulità» (Mr. 9:24). Il cristiano, quindi, auspica che chi riceve questi auguri possa conoscere Cristo, attraverso di Lui vedersi ricolmato della speranza viva e ben fondata che solo Dio può ispirare, che possa fare abbondante esperienza di quella gioia e di quella pace che solo Lui ci può dare, e che abbia la fede necessaria per fare proprio tutto questo. 

5. Dio: fonte di potenza  

Questa espressione augurale, infine, contiene un ultimo ed importante elemento: «Ora il Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e di ogni pace nella fede, affinché abbondiate nella speranza, per la potenza dello Spirito Santo» «Per la potenza dello Spirito Santo» è un ulteriore ammonimento dell'Apostolo che ci indica come la realizzazione di ogni migliore ambizione e desiderio possa solo provenire da Dio, che è l'autore, l'oggetto, ed il promotore di queste benedizioni. Introdurre qui lo Spirito Santo di Dio è un'importante indicazione di come Dio non sia «lassù chissà dove» come un «motore immobile», distaccato e lontano. Dire Spirito Santo è sottolineare l'operatività di Dio, vedere Dio come Colui che non solo è vivo e presente, ma anche operante, e non solo operante, ma anche in modo potente ed efficace! E' Dio Colui che solo può convertire una persona. Il cristiano è colui o colei che riconosce che è Dio, «Dio ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasportati nel regno del suo amato Figlio» (Cl. 1:13). E' Dio che può «mettere in funzione» una persona per farla servire ai Suoi eterni propositi: «...è Dio che produce in voi il volere e l'agire, secondo il suo disegno benevolo» (Fl. 2:13). Come? Attraverso l'opera potente dello Spirito Santo. E' Dio che ci può far portare frutto abbondante alla Sua gloria. Gesù dice: «Non siete voi che avete scelto me, ma sono io che ho scelto voi, e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; affinché tutto quello che chiederete al Padre, nel mio nome, egli ve lo dia» (Gv. 15:16). Come? Attraverso l'opera potente dello Spirito Santo. E' Dio che può farci perseverare fino alla fine: «...che dalla potenza di Dio siete custoditi mediante la fede, per la salvezza che sta per essere rivelata negli ultimi tempi» (1 Pi. 1:5). Gli auspici che può fare un cristiano rimarrebbero «lettera morta», dei «pii desideri» se non si invocasse la potente opera dello Spirito Santo. Dio, infatti, è l'unico che, nella Sua sovranità, può realizzare le nostre migliori aspirazioni. Non dipende dalla volontà o capacità umana. Ecco perché spesso gli apostoli pregano «affinché egli vi dia, secondo le ricchezze della sua gloria, di essere potentemente fortificati, mediante lo Spirito suo, nell'uomo interiore» (Ef. 3:16).  

Conclusione 

Sapete, allora, come formulare degli «auguri» significativi? Non delle frasi fatte e di circostanza, non dei vaghi desideri, ma benedizioni fondate su effettive realtà, la realtà e l'opera di Dio, disponibili a chiunque voglia farle proprie seriamente. Potreste quindi, quando formulate degli auguri per delle persone, non solo quelle alle quali volete bene, ma anche alle altre, utilizzare proprio la benedizione che l'apostolo Paolo formula al termine del capitolo 15 della lettera ai Romani, cioè: «Ora il Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e di ogni pace nella fede, affinché abbondiate nella speranza, per la potenza dello Spirito Santo» (Romani 15:13). E' il migliore augurio che mai voi potreste fare perché è qualcosa di vero e concreto, significativo e dal valore eterno. Naturalmente dovreste pure accompagnarlo da una spiegazione. Potreste dirgli: «Vedi, questa frase della Parola di Dio è una benedizione, il migliore augurio che io potrei mai farti. In essa io mi auguro: che tu possa conoscere a fondo Gesù Cristo, il Signore ed il Salvatore della vita umana; che attraverso di Lui tu possa vederti ricolmato della speranza viva e ben fondata che solo Dio può ispirare;che tu possa fare abbondante esperienza di quella gioia e di quella pace che solo Lui ci può dare, che tu abbia la fede necessaria per fare proprio tutto questo e Dio stesso è disposto a concederti questa fede se Gliela chiederai; infine, che la potenza dello Spirito Santo di Dio si metta in movimento in te per realizzare tutto questo. Se faremo un tale biblico augurio, accompagnato dalla nostra spiegazione, dalle nostre preghiere e dal nostro concreto interessamento personale, potremo dire di avere finalmente fatto qualcosa di significativo «nelle feste».


A tutti voi che passate da qui in questo ultimo giorno del 2009  dico con tutto il cuore: 

"L´Eterno ti benedica, faccia risplendere il Suo Volto su te e ti sia propizio" 
(Numeri 6, 25)

Tratto da Riforma.net

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