La competizione | CONSAPEVOLI NELLA PAROLA

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sabato 31 luglio 2010

La competizione


Matteo 18:1" In quel mentre i discepoli s'accostarono a Gesù, dicendo: Chi è dunque il maggiore nel Regno dei cieli?" Matteo 20:21 "...Ordina che questi miei due figlioli seggano l'uno alla Tua destra e l'altro alla Tua sinistra, nel Tuo regno." La nostra vita subisce forti pressioni dal mondo sociale che ci attornia, dai continui messaggi che riceviamo e che ci inducono a metterci in competizione con tutto e con tutti per poter emergere ed essere considerati "qualcuno". Ma questa non è una novità dell'era moderna, è uno spirito che, come abbiamo letto sopra, era presente fin dai tempi antichi e che cercò di fare breccia perfino nei cuori dei discepoli. Ci sono degli stereotipi (perfezione fisica ed estetica, emergere sugli altri in qualunque campo mettiamo mano, avere diritto all'ultima parola, posizione sociale e finanziaria elevata...ecc.) verso i quali ognuno di noi, consciamente o inconsciamente, si indirizza. D'altra parte sarebbe impossibile metterci da una parte, esonerarci da qualsiasi tipo di competizione sociale; a partire dai primi anni di scuola infatti ci viene richiesto di manifestare le nostre potenzialità, di far emergere la nostra individualità. Viviamo in una società in cui la competizione è assolutamente normale. Ci alziamo la mattina e incominciamo a correre per essere i primi, i più bravi, quelli che riceveranno un aumento di stipendio o una promozione.

Due uomini competono per lo stesso posto di lavoro.

Due donne competono per lo stesso uomo.

Due aziende competono per rubarsi fette di mercato a vicenda.
Già più di duemila anni fa, i discepoli di Gesù erano in competizione tra di loro per avere la preminenza: "Fra loro nacque anche una contesa, chi di essi fosse considerato il più grande. Ma egli disse loro: I re delle nazioni le signoreggiano, e quelli che le sottomettono al loro dominio sono chiamati benefattori. Ma per voi non dev'essere così; anzi il più grande tra di voi sia come il più piccolo, e chi governa come colui che serve. Perchè, chi è più grande, colui che è a tavola oppure colui che serve? Non è forse colui che è a tavola? Ma io sono in mezzo a voi come colui che serve" (Luca 22:24-27).
Noi non siamo tanto diversi da loro. Il confronto con gli altri impegna di frequente la nostra mente. E' qualcosa a cui non sappiamo resistere.


Chi è il più grande? Chi è il più amato? Chi è il più ricercato? Chi è il più eloquente? Chi è il più bello del reame? La nostra vanità ci spinge a vivere un clima di costante competizione con coloro che ci circondano.

Quando questo atteggiamento è presente anche nella chiesa, i risultati sono catastrofici.

Gesù propose ai discepoli un modello diverso, un modello in cui i discepoli facessero a gara non per essere delle prime donne, ma per servirsi e onorarsi a vicenda.

Uno spirito di competizione


La Chiesa che Gesù avrebbe edificato sarebbe stata basata sul servizio, non sulla ricerca del potere, sulla cooperazione piuttosto che sulla competizione. Solo in questo modo i credenti avrebbero potuto affrontare la difficile battaglia spirituale che li attendeva.

E' difficile vincere una battaglia quando non si sa distinguere il proprio nemico dal proprio compagno. Per quanto possa sembrare incredibile, questo è ciò che accade nella chiesa quando siamo concentrati sui nostri desideri piuttosto che sulla volontà di Dio. E' opinione comune che lo scopo principale di un individuo nella propria vita sia quello di "sentirsi realizzato". Il problema è che l'uomo, per realizzarsi, tende spesso a calpestare gli altri.

Infatti, se il nostro obiettivo è quello di ottenere e mantenere una posizione rispettabile nella chiesa per "sentirci realizzati", finiremo per spendere tutte le nostre energie nella competizione con gli altri fratelli piuttosto che nel cooperare con loro nella battaglia comune.

Se vediamo i nostri fratelli come dei concorrenti ad un posto di prestigio, stiamo fallendo miseramente nella nostra vita cristiana. Stiamo vivendo secondo la logica del mondo.


Saul visse gran parte della sua vita rifiutandosi di accettare la volontà di Dio e combattendo contro colui che il Signore aveva unto come suo successore al trono. Egli, dopo un primo periodo in cui si era fatto conoscere e rispettare in Israele, cominciò a manifestare una caratteristica decisamente negativa per un servo del Signore: la disubbidienza. Proprio a causa di questo, il Signore lo ripudiò e decise di mettere un altro sul trono.

A quel punto la cosa più saggia da fare per Saul sarebbe stata quella di accettare la riprensione del Signore e godersi il tempo che il Signore gli aveva concesso prima che il regno passasse a Davide. Non avrebbe comunque potuto opporsi alla volontà di Dio.

Invece, come tutti coloro che sono innamorati del potere, Saul non seppe resistere alla tentazione di combattere la sua battaglia personale quando fu ferito nell'orgoglio dai consensi che Davide stava riscuotendo tra il popolo: "Saul ha ucciso i suoi mille, e Davide i suoi diecimila - gridavano le donne danzando per la strada" (1^ Samuele 18:7).

"Ne danno diecimila a Davide e a me non ne danno che mille! Non gli manca altro che il regno!" (1^ Samuele 18:8). Saul era irritato e da quel giorno guardò Davide di mal occhio. Davide non gli aveva fatto nulla, ma Saul cominciò a guardarlo come si guarda un nemico.

"Inchioderò Davide al muro!" (1^ Samuele 18:8) disse Saul scagliando una lancia verso Davide, mentre quest'ultimo suonava l'arpa in casa del re. La battaglia di Saul era cominciata. Nel medesimo passo, la scrittura ci offre un verso fondamentale per capire il comportamento di Saul: "Saul aveva paura di Davide, perchè il Signore era con lui e si era ritirato da Saul" (1^ Samuele 18:12).

Paura. Saul aveva paura. Paura di perdere la propria posizione, paura di non godere più del rispetto della gente, paura di non poter essere più il numero uno. La paura era talmente grande da spingerlo a mettersi contro Davide pur sapendo che il Signore era dalla parte di quest'ultimo. La paura lo portò a competere contro colui che il Signore aveva scelto.
 

Terribile vero? Ma quante volte ci siamo comportati come Saul? Sapevamo di non essere le persone giuste al posto giusto, sapevamo che c'erano altri che potevano svolgere meglio il servizio che invece ci ostinavamo a portare avanti, e così, invece di farci da parte per lasciare che persone più adatte portassero avanti il compito che Dio aveva assegnato loro, abbiamo deciso di opporci con tutte le nostre forze.

Accade, più spesso di quanto osiamo confessare a noi stessi e agli altri.

Come Saul, abbiamo spesso paura di coloro che sappiamo essere migliori di noi. Quando scorgiamo un Davide che il Signore vuole usare al nostro posto, ci sentiamo minacciati e cominciamo la nostra battaglia personale.

Saper mantenere il proprio posto nel piano di Dio è una virtù che pochi uomini posseggono. Ed è proprio la mancanza di questa virtù che ci porta a competere con i fratelli piuttosto che cooperare per il regno di Dio.

E' terribile quando trattiamo i fratelli da nemici. Tra fratelli può capitare di discutere, può capitare di avere punti di vista diversi, può capitare di non andare d'accordo in un certo periodo e può capitare anche di adirarsi. A volte può essere necessario disciplinare o rimproverare un fratello, ma egli non deve mai essere considerato un nemico: "Non odierai tuo fratello nel tuo cuore; rimprovera pure il tuo prossimo, ma non ti caricare di un peccato a causa sua" (Levitico 19:17).

Quando l'odio comincia a farsi strada nel nostro cuore e cominciamo a percepire il nostro fratello come un nemico, allora è segno che stiamo percorrendo la pericolosa strada di Saul. In tal caso, è meglio che non ci siano lance nei paraggi perchè l'odio gioca brutti scherzi.

Uno spirito di cooperazione


Mentre la nostra società incoraggia sempre più a perseguire la massima soddisfazione personale ponendo gli interessi individuali al centro, nella Parola troviamo un modello completamente diverso: "Non fate nulla per spirito di parte o per vanagloria, ma ciascuno, con umiltà, stimi gli altri superiori a sè stesso, cercando ciascuno non il proprio interesse, ma anche quello degli altri" (Filippesi 2:3-4).

Il modello che il Signore vuole realizzare nella sua chiesa prevede quindi che l'individuo sacrifichi i propri interessi per perseguire il bene comune.

Gesù fu piuttosto chiaro quando spiegò che essere un suo discepolo comportava necessariamente l'essere pronti a sacrificare la propria vita per amore del Signore: "Se uno vuol venire dietro a me, rinunci a se stesso, prenda la sua croce e mi segua" (Matteo 16:24).


Rinunciare a se stesso... Prendere la croce... Un modo piuttosto strano di realizzarsi, vero?

Mentre la realizzazione secondo i criteri più comuni implicano un'affermazione di se stessi, Gesù proponeva esattamente il contrario. Nell'assemblea del Signore, composta da individui che rinunciano a se stessi, alle proprie prerogative, alla propria voglia di emergere e di dominare gli altri, c'è spazio per un solo tipo di competizione: "Quanto all'amore fraterno, siate pieni di affetto gli uni per gli altri. Quanto all'onore, fate a gara nel rendervelo reciprocamente" (Romani 12:10).

Onorarci gli uni con gli altri, servirci a vicenda. Questa è l'unica competizione nella quale vale la pena di essere coinvolti come credenti. In questo modo potremo cooperare insieme nel campo del Signore, come faceva l'apostolo Paolo con i suoi compagni di servizio: "Io ho piantato, Apollo ha annaffiato, ma Dio ha fatto crescere" (1^ Corinzi 3:6).

Una battaglia comune
 

E' bello lavorare insieme per il Signore, ognuno con i doni che ha ricevuto. L'evangelista semina e pianta, ma è necessario che ci sia anche l'insegnante per annaffiare. L'uno non guarderà l'altro con sospetto o alterigia perchè chi pianta e chi annaffia non sono in competizione tra loro ma cooperano per il fine comune.

Inoltre, seguendo questo modello, non saremo pressati dalla necessità di dover ottenere risultati a tutti i costi per dimostrare agli altri che siamo più bravi, perchè Colui che fa crescere è il Signore, colui che pianta e colui che annaffia non sono nulla. Nessuno potrà quindi vantarsi di essere l'artefice della crescita.

Quando Paolo scrisse ai Filippesi, li esortò proprio a cooperare insieme per affrontare la comune battaglia: "Soltanto, comportatevi in modo degno del vangelo di Cristo, affinché, sia che io venga a vedervi sia che io resti lontano, senta dire di voi che state fermi in uno stesso spirito, combattendo insieme con un medesimo animo per la fede del vangelo, per nulla spaventati dagli avversari" (Filippesi 1:27-28).

La vita è già abbastanza difficile per i credenti. Nella storia della chiesa i credenti sono stati sottoposti a terribili persecuzioni. Se un credente non trova incoraggiamento e consolazione neanche tra i propri fratelli, ma è costretto a combattere un'assurda guerra fratricida, la battaglia contro il vero nemico diventa davvero difficile da sostenere perché egli non avrà più energie per farlo.


A volte sembra che noi credenti ignoriamo totalmente la battaglia spirituale nella quale siamo coinvolti e finiamo per affrontare la vita come se, di fatto, non esistesse alcun mondo spirituale. Siamo spesso totalmente impegnati nell'affrontare degli uomini come noi, preparati ad affrontare carne e sangue, ma assolutamente inadeguati ad affrontare il vero combattimento che ci è proposto: "Rivestitevi della completa armatura di Dio, affinché possiate star saldi contro le insidie del diavolo; il nostro combattimento infatti non è contro sangue e carne, ma contro i principati, contro le potenze, contro di dominatori di questo mondo di tenebre, contro le forze spirituali della malvagità, che sono nei luoghi celesti" (Efesini 6:11-12).

Il nostro vero nemico non è fatto di carne e sangue. Non è un uomo come noi.
 

Dobbiamo ricordarcelo perchè il tipo di avversario che combattiamo determina il tipo di armatura che indosseremo e le armi che utilizzeremo.

L'armatura necessaria a combattere gli uomini è necessariamente diversa da quella che il Signore ci richiede di indossare per combattere le forze spirituali. Così magari stiamo utilizzando la spada della lingua, l'elmo dell'ignoranza, la corazza della nostra caparbietà per combattere la nostra battaglia personale contro altri uomini, con l'aggravante che talvolta quegli uomini sono proprio nostri fratelli.
 

Purtroppo, se siamo impegnati nella guerra sbagliata, non avremo l'armatura necessaria per la vera battaglia spirituale, così saremo colti di sorpresa quando il nemico sferrerà il suo attacco.

Saul, accecato dall'odio, aveva visto in Davide il proprio nemico, ma era forse colpa di Davide se il Signore aveva ripudiato Saul? No, il nemico si trovava nelle sue membra, nella sua ostinazione, nella sua disubbidienza al Signore. Egli si è lasciato dominare dal peccato e ha combattuto la guerra sbagliata.

Anche noi, come Saul, corriamo i rischio di essere impegnati sul fronte sbagliato, ma l'uomo che vuole servire il Signore deve saper identificare bene il vero avversario: "Siate sobri, vegliate; il vostro avversario, il diavolo, va attorno come un leone ruggente cercando chi possa divorare. Resistetegli stando forti nella fede, sapendo che le medesime sofferenze affliggono i vostri fratelli sparsi per il mondo" (1^ Pietro 5:8-9).

I credenti sono impegnati in una battaglia comune, contro un avversario comune. La parola "Satana" significa proprio "Avversario". La scrittura ci esorta a resistergli affinché egli fugga da noi (cfr. Giacomo 4:7).

Se siamo troppo impegnati, come Saul, a combattere il nostro Davide, il fratello che sta ottenendo i risultati che noi non siamo riusciti ad ottenere, il fratello che per qualche ragione gode della stima di cui vorremmo godere noi, difficilmente saremo preparati ed impegnati per combattere il nostro vero nemico. Per poter affrontare un avversario, occorre essere preparati ad affrontarlo con le armi giuste. Non si può andare ad affrontare un toro con uno scacciamosche. Inoltre, non serve a nulla indossare un'armatura all'ultimo momento quando il nemico è ormai alle nostre calcagna o davanti a noi. E' inutile infilarsi l'elmo quando ormai la freccia ha raggiunto il cranio.


Capiamo quindi che la battaglia spirituale è qualcosa che coinvolge tutta la nostra esistenza. Non si tratta di imparare un modo di affrontare alcuni episodi, ma di imparare un modo di vivere. Dobbiamo quindi pregare il Signore affinché ci insegni a vivere in questo modo giorno dopo giorno. Paolo aveva esortato i credenti ad indossare l'armatura, ma sapeva che la preghiera era assolutamente fondamentale per affrontare la battaglia: "Pregate in ogni tempo, per mezzo dello Spirito, con ogni preghiera e supplica; vegliate a questo scopo con ogni perseveranza" (Efesini 6:18).

Quando avremo delle controversie, invece di combattere contro carne e sangue, preghiamo il Signore affinché riusciamo ad individuare il vero nemico, le forze spirituali che vogliono mettere i bastoni tra le ruote alla Chiesa del Signore. Solo così eviteremo molte lacrime e molte sconfitte.


Ma quale deve essere l'attitudine di un cristiano nei confronti della competitività?

Gesù ha risposto in modo molto chiaro ai discepoli: "Chiunque vorrà esser grande fra voi, sarà vostro servitore." (Matteo 20:26)

La vera grandezza nel Regno dei cieli risiede nel servizio a Dio e agli altri. Il cuore di un figlio di Dio non può desiderare di primeggiare sui suoi fratelli in Cristo per ottenere delle posizioni di privilegio (vedi i discepoli), per poter occupare dei posti di onore.

Se mai riuscissimo ad occupare delle posizioni di responsabilità ottenute a forza di "spintoni" e "raccomandazioni" ma la chiamata di Dio per la nostra vita è un'altra saremmo i più miseri fra gli individui e sicuramente procureremmo dei danni all'opera di Dio.

Il motore dello spirito competitivo è l'orgoglio e nessuno di noi è totalmente vaccinato da questo. Però, mettendo in pratica la Parola di Dio e lasciandoci modellare dallo Spirito Santo, lo spirito di servo che ha animato il nostro modello ed esempio per eccellenza, Gesù, prenderà il sopravvento sullo spirito competitivo che fin dal principio (Lucifero è caduto perchè voleva essere il più grande) ha causato ribellione e danno.

Noi saremo veramente grandi quando avremo nel nostro cuore la certezza di udire dal Padre nostro celeste: "Ben hai fatto mio fedel servitore!"

Che il Signore ci guidi a smetterla di vivere in competizione con gli altri uomini e ci insegni a cooperare insieme per l'avanzamento del suo regno.




"Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà; soltanto non usate questa libertà per dare un'occasione alla carne, ma servite gli uni gli altri per mezzo dell'amore."

(Galati 5,13)



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