Non astratte speculazioni
Davvero, però, come si tende oggi a pensare, la fede nella
risurrezione "non ha rilevanza pratica?" Il meno che si possa dire al
riguardo, è che chi pensa in questo modo non conosce l'insegnamento del
Nuovo Testamento o ne conosca solo un'immagine piuttosto limitata e
distorta. La risurrezione di Cristo non è soltanto una proiezione
fideistica del credente verso una realtà futura e neanche solo uno
stimolo ed un incoraggiamento ad agire nello spirito di Cristo perché -
si dice - la risurrezione ne garantisce il buon esito finale. Questo è
vero, ma c’è molto di più. Credere in Cristo ed essere davvero in
comunione con Lui, con la Sua morte e risurrezione, implica, per il
cristiano, una sua personale e tangibile morte e risurrezione di tipo
morale e spirituale. Si tratta di qualcosa di indubbiamente "concreto"
che avviene, anzi, deve avvenire nel concreto, in mancanza della quale
si ha pieno titolo di dubitare dell'autenticità di tale professione di
fede.
Il testo biblico
Questo è ciò di cui parla l'apostolo Paolo nella lettera ai Colossesi, capitolo 3:
“Se dunque siete stati risuscitati con Cristo, cercate le cose di
lassù dove Cristo è seduto alla destra di Dio. Aspirate alle cose di
lassù, non a quelle che sono sulla terra; poiché voi moriste e la vostra
vita è nascosta con Cristo in Dio. Quando Cristo, la vita nostra, sarà
manifestato, allora anche voi sarete con lui manifestati in gloria”
(Colossesi 3:1-4).
La potenza della risurrezione all’opera in noi
1. “Se dunque siete stati risuscitati con Cristo, cercate le cose di lassù dove Cristo è seduto alla destra di Dio".
L’apostolo Paolo qui scrive sulla base di un presupposto, vale a
dire che i suoi lettori, gente concreta e vivente, “sono stati
risuscitati con Cristo”. Quel suo “se” non è un’ipotesi, implica un
“dato che...”: è un dato di fatto: “Dato che voi siete risuscitati con
Cristo”! Il cristiano (autentico) è già esistenzialmente unito a Cristo,
suo Signore e Salvatore, sia nella Sua morte che nella risurrezione, e
questo non in modo “virtuale”, “ideale”, o “mistico”. Ciò che Cristo ha
compiuto nella Sua morte e risurrezione, in queste persone è stato
efficace tanto da operare in loro una tangibile trasformazione. Queste
persone sono state unite a Cristo per fede e la loro vita è stata
trasformata, o meglio, è in via di trasformazione. Questo è un fatto di
cui tutti possono esserne testimoni. Come l’apostolo si esprime nel
capitolo precedente, diventando credenti in Cristo, la loro vecchia vita
è stata sepolta - essi sono “morti e sepolti” - e sono stati
“vivificati”. Per questo l’apostolo può affermare, senza
contraddizione alcuna, che la risurrezione non è solo una realtà futura,
ma qualcosa della cui efficacia l'autentico cristiano può e deve aver
fatto esperienza.
Che cosa significa essere stati "risuscitati", aver già fatto
l'esperienza della sua potente efficacia? Significa aver fatto l’esperienza della conversione nel modo di pensare e di vivere in
seguito ad un incontro personale con Cristo attraverso l’annuncio
dell’Evangelo. Attratto irresistibilmente a Cristo, il cristiano è colui
o colei che Dio sta trasformando per mezzo dell’azione efficace dello
Spirito Santo, dispiegando Egli in questo la stessa potenza manifestata
nella risurrezione di Gesù dai morti. In altre parole, si tratta di ciò
che chiamiamo l’esperienza della rigenerazione morale e spirituale. Dio
estrae dalla massa perduta dei peccatori persone alle quali impartisce
la grazia della salvezza in Cristo. Attraverso l'azione efficace dello
Spirito Santo, esse si aprono verso Dio, giungono al ravvedimento ed
alla fede ed iniziano un processo di santificazione che a suo tempo le
porterà alla piena comunione con Dio. Queste persone si differenziano
così moralmente e spiritualmente dagli altri, cambiano le loro
prospettive sulla vita, si interessano dei valori e degli obiettivi di
Cristo e desiderano, in quello che sono e fanno, compiacere Dio. Essi
sono stati trascinati, per così dire, dal Cristo risorto, a rinnovare la
loro vita. Sono stati "risuscitati" in senso morale e spirituale, ma
indubbiamente concreto, ad una vita nuova.
Ecco così il senso dell’esortazione apostolica che qui troviamo:
in quanto persone "risorte" con Cristo, esse ora devono cercare, o
meglio, si impegnano a cercare, perseguire, coltivare, "le cose di
lassù", quelle che sono proprie del Cristo risorto ed asceso al cielo.
Questo concetto viene ribadito nel secondo versetto.
2. "Aspirate alle cose di lassù, non a quelle che sono sulla terra".
La comunione personale del credente con Cristo implica, così, due
responsabilità, due imperativi: “cercare” e “aspirare”. Dato che Dio
l’ha fatto risorgere con Cristo ed è già spiritualmente “seduto con
Cristo in cielo”, egli deve continuare a cercare "le cose del cielo" e
resistere alla tentazione di seguire le vie di questo mondo, quello che
fanno gli inconvertiti, che vivono solo in funzione di questa terra.
L’incontro personale con Cristo, il momento in cui si giunge alla fede,
non termina certo la ricerca e le aspirazioni del credente. Il credente è
chiamato a sviluppare gradualmente una mente impostata alle cose “del
cielo” (le nostre benedizioni spirituali e speranza, i desideri del
Salvatore, ecc.) e non tanto ciò che è semplicemente fisico e temporale,
ciò sul quale si concentrano gli increduli, le persone di questo mondo.
Le “cose del cielo” occupano la più gran parte degli interessi del
cristiano. Egli “pensa” le cose celesti, la sua vita intellettiva deve
imparare a muoversi su parametri diversi da quello che sono comuni in
questo mondo.
L’autentico cristiano vede ogni cosa dalla prospettiva
dell’eternità. Non vive più come se questo mondo fosse tutto ciò che
importa. Considera questo mondo, la sua vita attuale da una visuale più
vasta, quella dell’eternità. Considererà, per esempio, molto più
importante dare che ricevere, servire più che dominare, perdonare
piuttosto che vendicarsi.
Il cristiano deve, certamente, tenere i suoi piedi sulla terra, ma la
sua testa, o meglio, il suo cuore, è, di fatto, “nei cieli”. Questo non
vuole dire estraniarsi dal mondo, ma vivere in questo mondo non secondo i
principi del mondo, ma secondo i principi “del cielo”, operare affinché
questo mondo sia conforme a quello celeste, conforme a Cristo ed ai
Suoi valori. Qui il verbo “cercare” mette in rilievo aspetti più
pratici, mentre il verbo “aspirare” indica l’intera impostazione della
sua vita. Il primo è verso l’esterno, il secondo verso l’interno,
l’interiore.
C’è chi dice talvolta al credente: “Hai la testa nelle nuvole”, “Vivi in
un altro mondo”, perché non dà tanta importanza alle cose di questo
mondo, delle cose di cui si occupa la maggior parte della gente. Senza
per questo ignorare le sue responsabilità terrene, egli darà
necessariamente importanza molto relativa, ad esempio, al denaro, ai
beni materiali, ai piaceri mondani, perché il suo interesse principale è
“altrove”, “lassù”. Il cristiano vive di fatto “in prospettiva
dell’eternità”.
Il mondo considera questo atteggiamento biasimevole. Il
cristiano, però, pur compiendo ogni suo legittimo e necessario dovere in
questo mondo, ha una visione trascendente della vita. Non se ne deve
vergognare o lasciarsi intimidire dai riproveri che il mondo e delle
chiese compromesse con questo mondo gli rivolgono. Essere risorti con
Cristo significa vivere con parametri diversi, e di questo deve andarne
fiero, qualunque cosa gli altri possano pensare di lui. Perché? Lo
ribadisce il terzo versetto:
3. "...poiché voi moriste e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio".
Ci si aspetta che il cristiano condivida le aspirazioni di questo
mondo, si comporti come gli altri. Come potrebbe? È morto! I morti non
hanno a che fare con le cose "della terra", non se ne interessano!
Fantasie e superstizioni immaginano che i morti abbiano un qualche
rapporto con questo mondo, come se “aleggiassero” fra di noi, ci
guardassero e persino “ci consigliassero”. Secondo l’insegnamento
biblico non è così. Fra loro e noi “c’é una grande voragine” (Luca
16:26).
Lo stesso avviene fra l’autentico cristiano e l’andazzo di questo mondo. "...infatti
che rapporto c'è tra la giustizia e l'iniquità? O quale comunione tra
la luce e le tenebre? E quale accordo fra Cristo e Beliar? O quale
relazione c'è tra il fedele e l'infedele? E che armonia c'è fra il
tempio di Dio e gli idoli? Noi siamo infatti il tempio del Dio vivente,
come disse Dio: «Abiterò e camminerò in mezzo a loro, sarò il loro Dio
ed essi saranno il mio popolo. Perciò, uscite di mezzo a loro e
separatevene, dice il Signore, e non toccate nulla d'impuro; e io vi
accoglierò" (2 Corinzi 6:15-17).
In che senso noi dobbiamo altresì esservi "morti" e non avere a
che fare, non interessarci di quelle cose? In questo mondo il cristiano
certo vive, ma come “forestiero e pellegrino sulla terra”, come il
popolo di Dio del passato, di cui è scritto: "Tutti costoro sono morti
nella fede, senza ricevere le cose promesse, ma le hanno vedute e
salutate da lontano, confessando di essere forestieri e pellegrini sulla
terra" (Ebrei 11:13). Gesù dice di coloro che Gli appartengono: "Io ho
dato loro la tua parola; e il mondo li ha odiati, perché non sono del
mondo, come io non sono del mondo. Non prego che tu li tolga dal mondo,
ma che tu li preservi dal maligno. Essi non sono del mondo, come io non
sono del mondo" (Giovanni 17:14-16).
Volete conoscere quale sia l’atteggiamento del vero cristiano
rispetto a questo mondo? L’apostolo Paolo scrive: "...preferiamo partire
dal corpo e abitare con il Signore" (2 Corinzi 5:8). Il mondo considera
follia un tale atteggiamento. Perché il cristiano può dire così? Perché
la sia esistenza personale è "in Cristo". È celata, "nascosta" in Lui.
Il cristiano è “morto con Cristo” al mondo ed al peccato nel
passato, e continua a vivere con Cristo nel presente. La sua vita trae
il suo nutrimento spirituale da una sorgente segreta, la sua vita è
sicura come se fosse depositata in una cassetta di sicurezza di una
banza, anzi, più ancora. La sua vita è una con Cristo, il quale è “nel
seno del Padre” (Giovanni 1:18). Per i maestri d’errore che l’apostolo
Paolo denunciava poco prima nella lettera ai Colossesi, i tesori della
sapienza erano nascosti nei loro libri segreti, ma per i cristiani
Cristo è il tesoro della sapienza, e la nostra vita è nascosta in Lui.
4. "Quando Cristo, la vita nostra, sarà manifestato, allora anche voi sarete con lui manifestati in gloria”.
Certo, la trasformazione del cristiano, conseguente alla sua
conversione, deve necessariamente essere visibile, ma l’incredulo cerca
di contestarla e di “spiegarla” alla sua maniera. Di fatto, il mondo
degli increduli, il mondo irrigenerato, non vede, non comprende, come la
vita del cristiano sia indissolubilmente legata a Cristo. Un giorno,
però, quando Cristo tornerà in gloria, quando tutti inequivocabilmente
"lo vedranno", anche la vera natura del cristiano sarà manifestata con
Cristo nella gloria.
Talvolta si dice di una persona: “La musica è la sua vita”, “Lo
sport è la sua vita”, oppure “Vive in funzione del suo lavoro”. Quelle
persone trovano la vita e tutto ciò che la vita significa, nella
musica, nello sport, nel lavoro, o in altro. Per il cristiano Cristo è
la sua vita. Cristo domina i suoi pensieri e riempie la sua vita. Che
strano che il mondo comprenda che cosa possa voler dire vivere per la
musica, lo sport o il lavoro, e dica di un cristiano che fa così che “è
un fanatico”! Cristo, però, tornerà come ha promesso e sarà manifestato.
L’Apocalisse dice: "Ecco, egli viene con le nuvole e ogni occhio lo
vedrà; lo vedranno anche quelli che lo trafissero, e tutte le tribù
della terra faranno lamenti per lui. Sì, amen" (Apocalisse 1:7). Allora
Cristo non sarà più nascosto, e la verità sarà pure evidente al riguardo
di tutti coloro che appartengono a Cristo.
Conclusione
Quando parliamo, anzi, annunciamo, la risurrezione del nostro Signore
e Salvatore Gesù Cristo dai morti, noi non parliamno di astrazioni, di
ipotesi, di una realtà che appartenga solo alla fede, di pii desideri.
Parliamo di una realtà operante e concreta che incide sul mondo reale,
che ha inciso sulla nostra vita e che la determina. Per usare
un’espressione teologica, la nostra fede è un “già e non ancora”,
“escatologia realizzata”. Essa attende con grande aspettativa gli
avvenimenti degli ultimi tempi sulla base di ciò di cui già in parte
abbiamo avuto esperienza. L’apostolo scrive: “Poiché ora vediamo come in
uno specchio, in modo oscuro; ma allora vedremo faccia a faccia; ora
conosco in parte; ma allora conoscerò pienamente, come anche sono stato
perfettamente conosciuto” (1 Corinzi 13:12).
Quando annunciamo la risurrezione di Cristo chiamiamo anche la nostra generazione ad essere coinvolta da questa realtà che è potente anche nel presente a trasformare vite, a redimerle, a liberarle dalla schiavitù del peccato per riconciliarle con Dio.
È chiaro, però, che la testimonianza del cristiano deve essere un
consapevole impegno alla coerenza personale sulla linea indicata dal
testo, un testo che, però, su questo argomento, non finisce lì! È
importante anche il seguito, che non abbiamo trattato, ma che dice:
"Perciò fate morire in voi gli atteggiamenti che sono propri di
questo mondo: immoralità, passioni, impurità, desideri maligni e quella
voglia sfrenata di possedere che è un tipo di idolatria. Tutte queste
cose attirano la condanna di Dio su quelli che gli disubbidiscono. Un
tempo anche voi eravate così, quando la vostra vita era in mezzo a quei
vizi. Adesso, invece, buttate via tutto: l'ira, le passioni, la
cattiveria, le calunnie e le parole volgari. Non ci sia falsità quando
parlate tra voi, perché voi avete abbandonato la vecchia vita e le sue
azioni, come si mette via un vestito vecchio. Ormai siete uomini nuovi, e
Dio vi rinnova continuamente per portarvi alla perfetta conoscenza e
farvi essere simili a lui che vi ha creati" (Colossesi 3:5-11).
Solo così l’annuncio della risurrezione di Cristo può avere senso
per chi lo ode. Gesù è veramente risuscitato ed è all’opera nella mia
vita.
di Paolo Castellina
"Fratelli,
si può ben dire liberamente riguardo al patriarca Davide, che egli morì
e fu sepolto; e la sua tomba è ancora al giorno d'oggi tra di noi. Egli
dunque, essendo profeta e sapendo che Dio gli aveva promesso con
giuramento che sul suo trono avrebbe fatto sedere uno dei suoi
discendenti, previde la risurrezione di Cristo e ne parlò dicendo che
non sarebbe stato lasciato nel soggiorno dei morti, e che la sua carne
non avrebbe subito la decomposizione"
(Atti 2:29-31)
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