Tranquilli, cristiani: non siete in pericolo perché non costituite un
pericolo. Basta che accettiate anche solo formalmente le regole che vi
vengono imposte, non mettiate in questione il sistema, stiate buoni, non
diate fastidio, e poi, in privato, potete credere e fare tutto quel che
volete.
Per molto tempo, nell’Impero romano, sono stati tanti i cristiani che sono morti martiri a causa della loro fede. Sottolineo “della loro fede” perché temo che non sia più la nostra. Perché? In primo luogo dobbiamo comprendere perché il potere politico di Roma ce l’avesse tanto con i cristiani. L’impero romano, in fondo, eccelleva per la sua “apertura mentale”. Non erano dei “barbari distruttori”. Il genio del loro dominio era la loro abitudine di assimilare. Come avevano fatto con i Farisei in Palestina, con loro essi facevano un patto: domineremo su di voi, ma voi potrete in larga misura continuare a fare quel che fate. Tenetevi il vostro tempio e praticatevi il vostro culto. Conservate le vostre tradizioni, la vostra maniera di vivere. Tutto ciò che vi chiediamo è di pagarci le imposte, riconoscere la nostra autorità e, sì, c’è ancora un’altra cosa: dovete riconoscere che Cesare è il signore. Bruciate in suo onore un pizzico di incenso, fategli un inchino. Non dovete neanche crederci, basta che lo facciate e poi ritornate pure a fare ciò che stavate facendo.
Il problema dei cristiani era più politico che strettamente teologico. Il primissimo Credo della Chiesa era lungo appena tre parole, ma riusciva a colpire Roma al cuore. I cristiani erano quelli che confessavano che Gesù Cristo è il Signore. Morivano a migliaia perché rifiutavano di confessare che Cesare è il Signore.
Il che ci porta alla nostra fede. Noi siamo più simili a quei Farisei che a quei cristiani. Abbiamo i nostri culti, le nostre persuasioni private e lì è dove termina la nostra fede. Per il resto della nostra vita siamo sottomessi al sistema, all’autorità dello stato, e ai divertimenti e distrazioni che ci fornisce la cultura più ampia in cui viviamo. Non siamo in pericolo perché non costituiamo un pericolo.
[Adattamento di R. C. Sproul Jr. “Bread, Circuses and the Coliseum” http://rcsprouljr.com/blog/bread-circuses-and-the-coliseum/].
Per molto tempo, nell’Impero romano, sono stati tanti i cristiani che sono morti martiri a causa della loro fede. Sottolineo “della loro fede” perché temo che non sia più la nostra. Perché? In primo luogo dobbiamo comprendere perché il potere politico di Roma ce l’avesse tanto con i cristiani. L’impero romano, in fondo, eccelleva per la sua “apertura mentale”. Non erano dei “barbari distruttori”. Il genio del loro dominio era la loro abitudine di assimilare. Come avevano fatto con i Farisei in Palestina, con loro essi facevano un patto: domineremo su di voi, ma voi potrete in larga misura continuare a fare quel che fate. Tenetevi il vostro tempio e praticatevi il vostro culto. Conservate le vostre tradizioni, la vostra maniera di vivere. Tutto ciò che vi chiediamo è di pagarci le imposte, riconoscere la nostra autorità e, sì, c’è ancora un’altra cosa: dovete riconoscere che Cesare è il signore. Bruciate in suo onore un pizzico di incenso, fategli un inchino. Non dovete neanche crederci, basta che lo facciate e poi ritornate pure a fare ciò che stavate facendo.
Il problema dei cristiani era più politico che strettamente teologico. Il primissimo Credo della Chiesa era lungo appena tre parole, ma riusciva a colpire Roma al cuore. I cristiani erano quelli che confessavano che Gesù Cristo è il Signore. Morivano a migliaia perché rifiutavano di confessare che Cesare è il Signore.
Il che ci porta alla nostra fede. Noi siamo più simili a quei Farisei che a quei cristiani. Abbiamo i nostri culti, le nostre persuasioni private e lì è dove termina la nostra fede. Per il resto della nostra vita siamo sottomessi al sistema, all’autorità dello stato, e ai divertimenti e distrazioni che ci fornisce la cultura più ampia in cui viviamo. Non siamo in pericolo perché non costituiamo un pericolo.
Quando il mondo chiama “odio” le nostre persuasioni, noi semplicemente
le cambiamo, insistendo che la nostra risposta al sovvertimento
dell’ordinamento creato da Dio è semplicemente più amore, maggiore
conciliazione, maggiori assicurazioni che noi non costituiamo un
pericolo. Alcuni fra noi interpretano la Bibbia in modo tale da
conciliarla allo spirito dei tempi. Dobbiamo “aggiornare” la nostra
fede. Quando la Bibbia ci imbarazza, noi semplicemente guardiamo da
un’altra parte.
Assimiliamo la nozione biblica che ogni peccato è ribellione contro il
Dio vivente e che merita il suo giudizio di condanna con la nozione
molto più prudente che tutti i peccati si equivalgono, rendendoli così
innocui, non degni di essere menzionati. Quando le istituzioni
sanciscono ufficialmente ciò che sovverte l’ordine creato naturale, noi
lo ignoriamo. Quando finalmente ci svegliamo, troviamo dei modi sicuri,
ragionevoli, approvati da “Roma”, per “lottare” contro questi problemi.
Con l’aborto, per esempio, avvengono ogni giorno migliaia di omicidi
legali e noi siamo più interessati alla nostra squadra di calcio.
Rendiamo culto ad un Gesù che ci salva dai nostri peccati, ma il cui regnare noi siamo disposti a negoziare per conciliarlo con ben altri signori. Adoriamo un sistema, un “ordinamento civile”, che semplicemente richiede che noi ce stiamo buoni e che teniamo per noi stessi le nostre persuasioni. Adoriamo le nostre distrazioni così da non dover mai affrontare la nostra idolatria. Adoriamo l’accettazione della più vasta cultura in cui viviamo e per essa sacrifichiamo tutto il resto. Non siamo come i cristiani del passato che morivano per Gesù, ma siamo più simili a coloro che hanno ucciso Lui ed i profeti che Dio ci ha mandato per chiamarci al ravvedimento, perché essi, come noi, adoravano il dio di questa età.
Fintanto che non cesseremo di sottometterci benevolmente al dio di questo mondo ed inchinarci ad esso, saremo sempre messi sotto le scarpe. Fintanto che noi non faremo cordoglio per i nostri peccati, togliamo via dagli altari gli dei stranieri e gli alti luoghi, abbattiamo le statue e gli idoli di questa nostra epoca, fintanto che noi non cessiamo di affidare i nostri figli a Moloch, continueremo a bruciare il nostro incenso agli dei ed ai signori di “Roma”. Signore, abbi pietà d noi peccatori.
Rendiamo culto ad un Gesù che ci salva dai nostri peccati, ma il cui regnare noi siamo disposti a negoziare per conciliarlo con ben altri signori. Adoriamo un sistema, un “ordinamento civile”, che semplicemente richiede che noi ce stiamo buoni e che teniamo per noi stessi le nostre persuasioni. Adoriamo le nostre distrazioni così da non dover mai affrontare la nostra idolatria. Adoriamo l’accettazione della più vasta cultura in cui viviamo e per essa sacrifichiamo tutto il resto. Non siamo come i cristiani del passato che morivano per Gesù, ma siamo più simili a coloro che hanno ucciso Lui ed i profeti che Dio ci ha mandato per chiamarci al ravvedimento, perché essi, come noi, adoravano il dio di questa età.
Fintanto che non cesseremo di sottometterci benevolmente al dio di questo mondo ed inchinarci ad esso, saremo sempre messi sotto le scarpe. Fintanto che noi non faremo cordoglio per i nostri peccati, togliamo via dagli altari gli dei stranieri e gli alti luoghi, abbattiamo le statue e gli idoli di questa nostra epoca, fintanto che noi non cessiamo di affidare i nostri figli a Moloch, continueremo a bruciare il nostro incenso agli dei ed ai signori di “Roma”. Signore, abbi pietà d noi peccatori.
Traduzione di Paolo Castellina
[Adattamento di R. C. Sproul Jr. “Bread, Circuses and the Coliseum” http://rcsprouljr.com/blog/bread-circuses-and-the-coliseum/].
"Come udii queste parole, mi posi a sedere e piansi, quindi feci cordoglio per vari giorni, e digiunai e pregai davanti al DIO del cielo."
Neemia 1:4)
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