La cittadinanza di Israele | CONSAPEVOLI NELLA PAROLA

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domenica 14 febbraio 2016

La cittadinanza di Israele

menorah

Legge e grazia: la grazia del Messia, sommo sacerdote, e il suo regno di giustizia. 

La doppia unzione dai due olivi: i due testimoni di Zaccaria 4 e Apocalisse 11; le luci delle due candele di sabbath ; i due offici del Messia come sommo sacerdote e re nell’ordine di Melchisedec (vedi Salmo 110:1-4)

[In questo articolo l’autore utilizza il termine “Commonwealth”, un concetto tutto anglosassone, per sottolineare l’idealità del regno di Israele, cioè il regno del Messia come “congregazione di Israele” e differenziarlo dal più comune concetto terreno di “stato” nazionale, ndt].
Due olivi forniscono l’olio per la menorah, che è il vero emblema di Israele, indicando la doppia unzione del Messia, sommo sacerdote e re di Salem nell’ordine di Melchisedec.
Sembra che il ruolo principale della chiesa sia il vangelo della grazia e il peso principale della casa reale di Giuda, in Israele, sia la legge di Dio. Attualmente, questi due gruppi non si apprezzano né si comprendono molto bene reciprocamente. Questo fatto è destinato a cambiare in futuro? Sicuramente! I credenti cristiani non apprezzano molto la legge di Dio al momento. Sono inclini a bollarla come “legge di Mosè” e ad insistere con il fatto che essa è stata ormai “abolita”. Quindi si rivolgono esclusivamente alla grazia. Dopotutto, è questa che Dio ci ha fornito, nella sua misericordia, o no?
Però qui giace il problema. Il concetto di “grazia”, nella mentalità di molti, si trova fin troppo in prossimità della totale mancanza di legge. Molte persone che si definiscono cristiane vengono spinte ad una vita priva di Dio dalla mera dialettica hegeliana e scivolano lungo il sentiero della distruzione. Come leggiamo nel Salmo 2, l’indulgenza verso il peccato è proprio quello che i pagani gentili vorrebbero. E, se ci guardiamo intorno, vediamo che la chiesa occidentale di oggi sta diventando sempre più accomodante nei riguardi del catastrofico declino morale che avanza.
Ma il Dio dei cristiani è il Santo di Israele. È il Dio della giustizia. La sua legge, la sua Torah, è parte integrante del suo piano divino. Il profeta Geremia parlò del nuovo patto e sembra che in esso la legge non venga affatto “abolita”. Egli dichiara chiaramente che, con il progresso della storia sacra, la legge è destinata ad essere scritta nei cuori (Geremia 31:31-33).
La legge comprende l’unzione di un re che porterà avanti un giusto regno: il regno di YHVH-Dio è un trono di giustizia. Egli stabilisce e fonda la sua legge nel cuore del suo popolo attraverso la persona di Cristo. Ma questo è solo l’inizio. Il futuro millennio del Messia vedrà il regno andare oltre i confini della città santa, Gerusalemme. Sia l’unzione della legge nel ruolo di re, che quella della grazia nel ruolo di sommo sacerdote, appartengono al nostro Messia, che regnerà come sacerdote-re nell’ordine di Melchisedec. Il Messia stesso rappresenterà la perfetta unione dei due offici ed è proprio questa unione che determinerà tale doppia unzione, che sarà a sua volta la base per il risveglio degli ultimi tempi, mirante alla restaurazione delle dodici tribù di Israele.
Questa doppia unzione è al momento divisa. La porzione del regno dell’unzione messianica, nell’ordine di Melchisedec, è attualmente separata dalla chiesa e posta per la gran parte nella casa di Israele. La porzione sacerdotale dell’unzione, invece, è nel vangelo e affidata ad un’entità che noi chiamiamo “la chiesa”. La parola “chiesa” significa “assemblea” e proviene dalla parola greca ekklesia, che vuol dire, semplicemente, “chiamati fuori”. Ma queste due parti hanno in comune un’unzione combinata, focalizzata sul Messia. Ed è in Lui che il giusto regno e il misericordioso sommo sacerdozio sono destinati a scorrere insieme, in perfetta armonia.
Così, quando avrà luogo la restaurazione effettiva di Israele, non si tratterà solo di una faccenda teologica. Questo rivivere e questa riunione sotto il Messia sarà la meraviglia delle meraviglie. Cambierà la storia di questo mondo per sempre. La restaurazione di Israele stabilirà la lungamente attesa “pace in terra agli uomini che Egli gradisce”.

Questa straordinaria sequenza di eventi, come avrà luogo?

Durante le nozze di Cana, il Messia mostra che Dio agisce in modo diverso dalle vie di questo mondo e riserva le cose migliori per la fine. Il Dio di Israele sta per svelare il completo mistero della cittadinanza di Israele e del suo eletto, unificato durante gli ultimi giorni. È una grossa impresa, ma Dio ha promesso nella sua Parola che compirà la restaurazione di Israele (Romani 11). Questo, chiaramente, non è ancora avvenuto, ma l’apice della storia arriverà presto o tardi e, in base all’unanime consenso delle Sacre Scritture, arriverà durante l’Apocalisse.
Entrambe le case di Israele saranno radunate “e così tutto Israele sarà salvato” (Romani 11).
Gesù pregò il Padre per questo, dicendo: “Io ho dato loro la gloria che tu hai data a me, affinché siano uno come noi siamo uno” (vedi Giovanni 17:20-22).
Il popolo eletto di Dio non sarà più in stato di divisione e contesa. Non ci saranno più due regni estranei, uno per la “legge” e uno per la “grazia”. Essi si uniranno nel Messia, così come, sia Mosè che l’apostolo Pietro hanno dichiarato. Essi diverranno un singolo, indivisibile, “sacerdozio regale e una nazione santa”.
La regalità del regno sarà applicata al sacerdozio e la santità del sacerdozio sarà applicata al regno: così la breccia di Geroboamo sarà sanata. I due gruppi che abbiamo oggi diverranno, secondo profezia, un unico popolo scelto ed eletto.
Come vediamo, il piano di Dio è lungi dall’essere compiuto. La lunga saga dei figli di Abramo va ancora avanti e un gran numero di elementi è ancora lì fuori, avvolto nel mistero. Ma la grande avventura di Dio è anche un romanzo divino che avrà l’apice nell’Apocalisse, in un’esplosione di gloria.

Siamo salvati e abbiamo il via libera per il paradiso. Apparteniamo alla chiesa, cioè alla “congregazione dei chiamati fuori”. Ma chiamati a cosa, da chi e, soprattutto, perché?

I cristiani occidentali sono indulgenti verso il mondo pagano. Essi ricevono i loro insegnamenti per lo più dalla chiesa dei mercanti. Siamo salvati e nati di nuovo. Molti di noi sono stati convinti che “Gesù l’ha già fatto” e che la loro salvezza è ormai stabilita e dunque non c’è più nulla da aggiungere, da parte della chiesa, prima che Cristo torni. E questo evento, essi credono, avverrà sette anni prima della fine di quest’era.
Come cristiani, siamo soddisfatti. Andiamo in chiesa la domenica e inseguiamo la nostra felicità personale il resto della settimana, avendo relativamente poche preoccupazioni. Abbiamo il biglietto per il paradiso in tasca e le valige pronte per un convenientissimo "rapimento", stranamente scollegato dalla resurrezione dei giusti. Ci hanno insegnato che il treno per la gloria potrebbe passare a prenderci in “qualsiasi momento”. Non dobbiamo fare più nulla per quanto riguarda il patto eterno.
Noi crediamo in tutto ciò che ci viene insegnato e la gran parte di noi non si premura di controllarlo nella Bibbia. Come pecore, siamo guidati soprattutto dalla pressione dei nostri pari. Crediamo che “tutto è sistemato” e non ci sia bisogno di preparazione, né pazienza o forza, per sopportare fino alla fine la tribolazione. La Pax Americana ha preparato la storia per il trionfo della cristianità, che si prepara a ricevere fin da ora la sua ricompensa, in “qualunque momento”. La nostra dipartita tramite il rapimento è “imminente”, come pure l’apice della storia sacra. Quando l’ultima tromba suonerà, e molti credono che ciò accadrà all’inizio degli ultimi sette anni di quest’era, noi saremo, come ci viene detto, “fuori dai giochi”!
Tutto ciò suona bene, ma fermiamoci un momento a riflettere. Noi apparteniamo alla chiesa, cioè alla “congregazione dei chiamati fuori”. Chiamati a chi, da chi e perché? Che vi sia un’altra storia, un’altra strada che si snoda al di là della Pax Americana? C’è dell’altro, oltre a ciò che ci hanno insegnato, nell’essere un cristiano biblico?

Noi apparteniamo alla chiesa, che assume un ruolo sacerdotale presso Dio. Ma come si collegano i cristiani biblici al regno di Dio? E come dobbiamo chiamare la politica del regno della fine dei tempi?

Come cristiani, apparteniamo al regno di Dio. Ma esso è una “faccenda” solo inerente la chiesa? E se fossimo stati chiamati a gestire altri “affari” del regno prima del nostro rapimento? Apparteniamo, allora, a una compagnia più ampia di quel che pensiamo? E la congregazione di Israele? E il suo Stato? L’apostolo Paolo parla della fine di quest’ultimo in Efesini 2:12-13.
Il Messia sarà stabilito nei cuori umani di tutti attraverso il vangelo. Eppure si verificano eventi catastrofici e straordinari mutamenti nella storia mentre il suo regno si avvicina (Matteo 11:12). Il regno di Dio soffre e sopporta la violenza, che avanza mentre il Messia guida il suo popolo. Il suo nome, il nome del Messia che viene, è Perez, “Colui che fa breccia” (vedi Matteo 11:12 e, soprattutto, Michea 2:12-13). Allora, perché stiamo facendo le valige? Non è possibile che, come Ester, anche noi siamo stati “chiamati per tempi come questi”?
Non dobbiamo avere paura. Il treno per la gloria arriverà comunque a prenderci, senza tardare un minuto! Perciò fermiamoci un istante e riflettiamo in preghiera. Può essere che noi, cristiani biblici, abbiamo un ruolo vitale di testimoni, che dobbiamo ancora attuare, come popolo eletto di Dio? Se siamo noi la futura Sposa di Cristo su questa terra, è forse strano che come Sposa, e non come passiva concubina, siamo ora al bivio?
Le Sacre Scritture sono chiare, così come il messaggio. Yeshua-Gesù ci dice che noi siamo i suoi agenti. Che siamo stati “chiamati fuori” per essere dei testimoni davanti, e contro, re e principati (vedi Luca 21:12-19). Perciò, abbiamo o no una responsabilità precisa a cui ottemperare nella fine dei tempi? Cosa dichiara al riguardo il nostro  mandato? Non siamo stati forse “chiamati fuori” per correre la corsa fino alla linea di arrivo? Vediamo questo glorioso traguardo schiudersi per tutti i santi in Ebrei 12:1.
Abbiamo letto Apocalisse 7:9-17 e visto la grande moltitudine dei santi radunarsi davanti al gran trono di Dio. Essi hanno una forte connessione con Israele e sono mostrati nello stesso contesto e capitolo delle dodici tribù. Allora perché i nostri insegnanti ci dicono che i santi della tribolazione non appartengono alla chiesa? Queste persone hanno lavato le loro vesti nel sangue dell’Agnello e sono morte per la testimonianza. Allora perché non sarebbero degne di far parte della chiesa?
Questo atteggiamento della chiesa occidentale è assai stano. Alcune chiese sono contente di aprirsi a stili di vita neo-pagani come quello gay, eppure non vogliono ammettere nella chiesa i santi della tribolazione! Che cosa abbiamo che non va?
Il nostro Signore si siederà in giudizio, e quest’ultimo sarà riservato per prima cosa alla casa di Dio. È sempre stato così. Dio chiamerà alla sbarra i suoi testimoni e cercherà chi saprà testimoniare del suo Messia.
Se ci sarà davvero un’epica “testimonianza finale” dei santi, all’apertura del quinto sigillo, questo cosa comporterà per i freddi cristiani di Laodicea di quest’era?

La testimonianza dei cristiani davanti a re e principati e la nostra chiamata in Cristo, il Messia di Israele e futuro Re dei re nel regno millenario

L’Apocalisse è lo svelamento di Cristo, dove i misteri saranno risolti con l’arrivo all’apice dell’era. Giovanni venne rapito e portato in cielo, in un luogo nell’eternità chiamato “giorno del Signore”, e si vide davanti una visione spettacolare: una corte celeste presieduta da Dio. Egli è il sovrano regnante sul nostro cosmo. Giovanni vide i quattro cavalieri e i quattro sistemi politici terreni terminare la loro corsa al quinto sigillo. Dopodiché, Egli chiama i Suoi testimoni, i testimoni di Cristo, il Messia.
I santi della chiesa, la congregazione allargata di Israele, saranno dunque chiamati a recare la testimonianza in questo tempo? O tutto sarà gestito dai 144.000 ebrei neo-cristiani, come ci dicono i nostri insegnanti?
Gesù stesso disse ai suoi discepoli quello che stava per accadere nel discorso sul Monte degli Olivi e, insieme, diede anche degli ammonimenti personali. Ma a noi viene spesso insegnato che quel discorso di Gesù fosse rivolto “solo agli ebrei”. Non è questa, forse, disinformazione?
Ed ecco un’altra questione importante. Quand’è, esattamente, che scade il nostro mandato in Cristo? Dovremmo portarlo a far valutare da un avvocato per sapere a che punto saremo sciolti dall’impegno? E se vi fossero altre trombe prima dell’ultima? Sette anni prima, magari? Non dovremmo aprire le nostre Bibbie e controllare questo fatto di persona?
Siamo certi che la Bibbia ci riveli uno speciale rapimento della chiesa? Che alla chiesa venga riservato un trattamento di favore? Che ci parli di una glorificazione separata per i santi della chiesa e per quelli di Israele? O del fatto che alla chiesa sia concesso un rapimento precedente la settantesima settimana e i fatti seguenti siano relativi al solo Israele? Il nostro Dio, il Dio di Israele, presiede tutti e due gli eletti o solo uno? Vi sono due salvezze diverse nei cieli? Il Santo dei santi esercita forse una sporca e vile politica di apartheid?
L’apostolo Paolo ci dà la risposta in Efesini 2:12-13. Quando i credenti cristiani vengono salvati, essi entrano in intima comunione  con Cristo, che è il seme di Abramo (vedi Galati 3:29). E, sotto il Suo sangue, il seme di Israele, essi adottano una nuova identità nazionale, non secondo il DNA, ma come adozione spirituale, in Israele. Così, in Lui, coloro che sono salvati diventano “nuove creature”. Come tali, in Cristo, il seme di Abramo risiede in loro, dando vita all’uomo nuovo con un glorioso destino nel regno della vita eterna. In Cristo, essi ricevono una nuova identità spirituale, l’appartenenza ad una nuova casa spirituale e ad una nuova nazione, che si aggiunge all’identità nazionale che essi già hanno. Tutto ciò è dato da Cristo che risiede in loro, con la potenza dello Spirito Santo. È così che i credenti cristiani entrano nella cittadinanza di Israele.
Il fatto di avere due passaporti è ignoto a molto cristiani. Uno di essi è un mistero, ancora nascosto nella Parola di Dio, che essi finora non hanno conosciuto né potuto apprezzare. È il passaporto per il regno di Dio, una cittadinanza impartita spiritualmente che va oltre la nazione, la razza e la tribù. È una compagnia dalle molte bandiere e colori, come la veste che venne donata a Giuseppe da suo padre. La benedizione di Giacobbe a Giuseppe in Genesi 49:22 fu: “Giuseppe è un albero fruttifero, un albero fruttifero vicino ad una sorgente; i suoi rami si stendono sopra il muro”.
La cittadinanza nello Stato di Israele non è legata alla razza. Spesso accompagna lo scorrere del DNA nelle generazioni, specie nei tempi più antichi, ma dopo la Pentecoste le benedizioni di Israele si sono estese oltre i legami nazionali, così come il fiume Giordano rompe i suoi argini durante il tempo della raccolta. È vero che il promesso seme di donna di cui si parla nella Genesi è rintracciato storicamente lungo la linea di sangue di Abramo, Isacco e Giacobbe, ma quello fu solo l’inizio della storia.
La luce di Israele sulle nazioni, sta risplendendo ancor di più ora che ci si avvicina alla fine dell’era. Questo è ciò di cui parla Isaia (49:6). Le fonti della salvezza sono sgorgate nel nuovo patto portando acqua nel deserto e Israele sta benedicendo le nazioni come il Giordano erompe fuori dai suoi argini nelle terre circostanti.

Politica e religione alla fine dell’era: il vangelo del regno è svelato

Strano ma vero. Abbiamo questa falsa dicotomia sui due presunti diversi piani di salvezza e di resurrezione-rapimento: uno per Israele e uno per la chiesa. Ma Dio ha mai parlato di una cosa simile nelle sue Scritture? Ha mai detto che l’attuale divisione nel suo eletto andrà avanti nell’eternità? Dio non voglia che ci attardiamo ancora su un simile pensiero!
C’è solo un unico patto eterno e un singolo eletto e prescelto popolo. C’è una sola compagnia, composta da persone provenienti da tutte le nazioni, razze e tribù, inclusa la casa di Israele. Tutti costoro, da entrambi i lati del Calvario, i giusti vivi e morti, risorgeranno in gloria alla fine di quest’era. Il patto eterno con Dio deve essere trovato in un solo piano d salvezza. Che sia il giusto Abele, i santi della tribolazione, o qualunque persona si trovi nel mezzo, la salvezza viene solo dalla grazia mediante la fede nel sangue espiatorio dell’Agnello promesso di Israele.
Dopo la salvezza, alla fine realizzeremo che siamo in un patto eterno con il nostro Messia ebreo. Ma questo è solo l’inizio. Una enorme epifania attende i santi di Dio comprati dal sangue, che attualmente si considerano “cristiani gentili”. Tale dicitura significa, letteralmente, “pagani dell’Unto” ed è, di fatto, una contraddizione in termini. Questa verità apparirà, alla fine, ai cristiani nati di nuovo come un’onda collettiva e ciò accadrà quando i principi di questo mondo, in cui essi credono, si rivolteranno contro di loro, così come Gomer venne abbandonata e maltrattata dai suoi amanti. Quest’onda di comprensione spazzerà la chiesa all’inizio della settantesima settimana e delle prove degli ultimi giorni. Finalmente realizzeremo che apparteniamo allo Stato o cittadinanza di Israele, fatto del quale molti cristiani sono, tuttora, allo scuro. Perché?
Sappiamo che i principati e le potestà angeliche sono le gerarchie nascoste che dirigono i passi dei re, dei presidenti, dei mercanti, dei banchieri, degli idoli hollywoodiani e anche della chiesa di stato. Essi e le persone profane di questo mondo non amano Israele né gioiscono all’idea di un Messia ebreo-cristiano che torni a rovinare la loro festa di peccato. I re insistono nel conferire la loro lealtà ad essi soltanto e non ammettono nemmeno per un istante l’identità di Israele.
Ovviamente, i re e i principati di questo mondo permettono un minimo grado di ritualismo religioso nei loro regni e pagano degli ecclesiastici assunti apposta perché rendano loro conto e tengano sotto controllo qualunque risveglio, riforma o revival dei cristiani. La storia del cristianesimo occidentale è molto chiara. I re non vogliono vedere i loro sudditi essere leali nei confronti di altri regni, anche di quello del Re dei re! Per loro questo è troppo e, ai loro occhi, tale “entusiasmo” o “fanatismo religioso” equivale a slealtà o addirittura tradimento nei loro confronti. William Tyndale scoprì queste cose, come fecero molti altri santi e martiri che finirono bruciati sul rogo.
Ma perché i nostri capi di chiesa sono così soggetti a queste influenze del mondo? Di certo questi uomini di chiesa sono più che semplici agenti religiosi assunti da re, mercanti e simili. Perché la segretezza? Perché i cristiani non possono sapere della loro vitale connessione con Israele tramite il Messia? Esiste una “correttezza ecclesiastica”? E chi è che ne tiene le fila? Stiamo forse vedendo solo un’altra parte del più ampio mosaico globale di “correttezza politica”? Questa “cospirazione del silenzio” è forse parte della cospirazione tramata dalle nazioni di cui canta il re Davide nel suo Salmo? È forse l’antisemitismo che alimenta questa negazione teologica e getta un’ombra sulla verità?
Per fare un esempio. Dov’è posta l’israelologia nell’ambito dei vari settori della teologia sistematica? Esiste?
Senza dubbio le potenze mondiali, angeliche e umane, disprezzano e temono la venuta del Messia di Israele. E così il loro atteggiamento, man mano che il tempo si avvicina, non è inaspettato. Essi si sollevano contro di Lui. Quando non ottengono ciò che vogliono con l’ira, essi adottano la strategia di Fabiano, un generale romano che sceglieva il regno che doveva essere abbattuto e si accampava in silenzio alle porte delle sue città. Lì iniziava un “dialogo” con cui tentava di influenzare il commercio e le notizie che arrivavano alla popolazione. Questo è il metodo che le potenze delle tenebre adottano per infiltrarsi nella chiesa. Con esso, riescono a manovrare le informazioni e le comunicazioni delle persone all’interno e, sopra ogni cosa, essi cospirano contro il messaggio del ritorno di Cristo. Essi cercano di bloccare, diluire e distorcere la Parola di Dio e la verità relativa alla seconda venuta e all’unificazione dei santi nello Stato di Israele (congregazione o cittadinanza di Israele). Questo è ciò che chiamiamo disinformazione.
I principati e le potestà sono la chiave per comprendere queste cose. Questi regnanti angelici hanno un sacro terrore della venuta del Messia e i pagani, le nazioni gentili, sono sotto il loro controllo (vedi Salmo 2).
Ci troviamo in una grande, mondiale, cospirazione ecumenica di “chiesa e stato”, contro il Messia e il suo popolo eletto. Il loro piano principale sembra essere questo: da un lato bloccare i nostri fratelli ebrei dal riconoscere il Messia e non far rendere loro conto che Egli è già venuto una prima volta come servo sofferente, circa duemila anni fa (vedi Isaia 53); dall’altro lato, bloccare i cristiani dal riconoscere la loro responsabilità ed identità nello Stato di Israele (congregazione o cittadinanza di Israele).

Il travaglio della “donna vestita di sole” e l’identità della chiesa della fine dei tempi in Israele

Il libro dell’Apocalisse è la storia di due donne, due gruppi di persone che affermano di conoscere Dio. Giovanni vide la prostituta di Apocalisse 17 e la “donna vestita di sole” del capitolo 12, con le dodici stelle di Israele sulla sua corona. La prima siede come una regina, dicendo: “Io non vedrò sofferenza”; l’altra è in travaglio mentre è avvolta dalla gloria del Padre. Queste due sono i personaggi principali che vediamo sul palco della futura storia sacra.
L’Apocalisse è anche una corte celeste che sarà presieduta, negli ultimi giorni, da Dio. Egli chiamerà i suoi testimoni e alcuni si presenteranno, mentre altri si troveranno a “combattere il sistema” o a nascondersi nelle caverne. I principati e le potestà sanno tutto di questa finale testimonianza dei santi e del fatto che, quando avrà luogo, sarà la loro fine. Per questo tentano di ingannare i cristiani e di tenerli allo scuro sulla loro chiamata in Cristo.
Il profeta Zaccaria ci dice che ci sarà un pentimento nazionale e una salvezza generale della nazione ebraica alla fine dei tempi (vedi Zaccaria 12:9-14). Come cristiani evangelici, spesso pensiamo ai nostri fratelli ebrei e alla loro “parziale cecità” riguardo all’identità del Messia (Romani 11).
Ma un momento! Se la parziale cecità ha colpito Israele e se noi, credenti cristiani, siamo parte dello Stato di Israele e non lo sappiamo, cosa si deve dire di noi stessi? Noi siamo sotto il sangue del Messia di Israele e, in base ad Efesini 2:11-13, siamo nello Stato, nella cittadinanza e nella congregazione di Israele. E non siamo anche noi in stato di “parziale cecità”?
Certo, siamo sotto un incantesimo, soggetti ad una profonda e duratura stregoneria religiosa. Perché non possiamo vedere la nostra vitale connessione con Israele? Siamo certo affetti da amnesia e abbiamo dimenticato a chi apparteniamo. Perché, a dispetto di tutte le evidenze bibliche, siamo così decisamente ciechi di fronte alle nostre radici ebraiche? Le nostre radici spirituali in Israele sono un dato di fatto. Abbiamo visto lo Spirito Santo inondare Israele e il vangelo raggiungere i pagani gentili dal giorno di Pentecoste. Senza contare che le radici familiari di molti occidentali affondano, di fatto, nelle dieci tribù disperse di Israele.
Perciò qual è il problema? Anche noi cristiani siamo affetti da cecità parziale?
Cosa significa realmente la nostra identificazione di cristiani nello Stato di Israele? Ci definiamo cristiani di ogni nazione, sappiamo che siamo sotto il nostro Messia ebreo della casa di Davide, il “leone della tribù di Giuda”, ma che ne è della nostra identificazione con la cittadinanza di Israele?

La chiesa, l’identità nazionale e lo Stato di Israele

Qui sta la domanda cruciale. Nell’identificare noi stessi, come cristiani, con Israele, non ci rendiamo troppo poco patriottici nei confronti della nostra nazione?
Ecco la realtà sulla cristianità occidentale. Dal Concilio di Nicea, nel IV secolo, le nazioni occidentali hanno combattuto e versato sangue per “Dio e la patria”. Per millesettecento anni il Dio della cristianità occidentale non è mai stato messo in questione: Egli è il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe. Perciò anche sotto la persecuzione, la nostra devozione di cristiani alla nostra patria resta ferma. La devozione di tutte le nazioni, pagane e non, è dovuta a Lui.
Perciò in Cristo, il Messia di Israele, la nostra identità nazionale non è in questione. Nella chiesa, la congregazione di Israele, conosceremo un potere sovrano più grande di quanto si sia mai visto. E nello studio della storia scopriamo che Egli è Colui che ha dato alla nostra nazione qualunque gloria abbia mai raggiunto. Perciò se la nostra nazione, attualmente sottoposta ai principati di questo mondo, ci portasse in tribunale come testimoni nella tribolazione, come risponderemmo? Fuggiremmo via? Se la nostra testimonianza di Gesù Cristo ci causerà sofferenza davanti ai magistrati, sarà una “beata sofferenza”, perché la nostra testimonianza del Dio di Israele non sarà invano. Attraverso essa, Dio sta chiamando le nazioni ad un livello più alto. E noi stessi, come credenti cristiani, siamo “chiamati fuori” all’impegno del patto di sangue. Questo è vero patriottismo: portare la nostra nazione ad un livello più alto e a una maggior gloria!
Stiamo parlando degli ultimi giorni, dove il “vangelo del regno” viene predicato, nel libro dell’Apocalisse. Il Signore Gesù (Yeshua Hamashiach) è il nostro sovrano supremo, il Messia. Ricordate che ogni volta che il Messia di Handel veniva suonato in Europa, tutti i re e i nobili si alzavano in piedi!
Perciò, come credenti cristiani noi siamo collegati ad Israele e, di certo, non siamo chiamati a ripetere le sanguinose azioni delle crociate. Piuttosto, siamo chiamati ad essere testimoni del Messia che viene. Questa è l’essenza del nuovo patto di cui parla Geremia (vedi Geremia 31:31-33).
La nostra testimonianza degli ultimi tempi, sarà la prova della legge scritta nei cuori e la vera e pura cristianità del patto di sangue.

Storia futura, cambiamento e una nuova sovranità globale. Ci saranno prove e tribolazioni per Israele e la chiesa: un rapimento permetterà di evitarle?

Non importa se la storia sacra procede e noi vediamo un significativo conflitto mondiale coinvolgere il Medio Oriente. Le potenze mondiali, che si dividono i bottini, si divideranno forse la terra santa di Dio? E tenteranno anche di dividersi la città santa? Se voleranno dei missili nucleari, il mondo sarà gettato nel panico. Ma il nostro orgoglio nazionale sarà forse criticato come politica del sangue e della vergogna? E in questa atmosfera di paura e rabbia, le nazioni occidentali saranno convinte a cedere la loro sovranità? Porteremo i nostri standard a quelli di un nuovo ordine mondiale e di un pacificatore globale che promette “pace e sicurezza”?
E se ci risvegliassimo, in un ignoto futuro, al suono delle trombe? Come reagiremmo se scoprissimo che siamo andati oltre l’attuale schermo protettivo della Pax Americana? E se i sette anni del “patto con molti” ci portassero dritti in un nuovo ordine mondiale? Ci guarderemmo intorno dandoci dei pizzicotti e ci renderemmo conto di non essere stati rapiti.
E allora?
Siamo preparati a questo? Abbiamo l’olio per le nostre lampade, per opporci alla notte che viene? Ci siamo preparati nella devozione e nello Spirito Santo per un eventuale e più tardo rapimento post-tribolazione? Possiamo affrontare questa possibilità a testa alta? I nostri ministri ci hanno dato qualche avviso di queste cose? Ci hanno detto che sarebbe meglio che preparassimo i nostri cuori per la testimonianza durante la futura persecuzione?

La cittadinanza di Israele e la nostra chiamata alla testimonianza, negli ultimi sette anni di quest’era, sotto la doppia unzione di Giuseppe e Giuda

Stiamo ascoltando? E come risponderemo? Stiamo unendo i punti? Oppure siamo ancora legati ai nostri schemi?
“Questo messaggio di avviso ed esortazione alla preparazione spirituale per la testimonianza della fine dei tempi riguarda solo gli ebrei”…
“Questa è roba da Vecchio Testamento”…
“Ci troviamo in una diversa dispensazione”…
“Noi siamo la chiesa del Nuovo Testamento”…
“La preparazione riguarda le opere, noi siamo il popolo della grazia”…
Cari santi, potremmo essere in grave errore e non sappiamo quanto tempo ci rimane prima che giunga la prova. Perciò è adesso il tempo di dare un serio sguardo al nostro comportamento di testimoni cristiani. Dio ci sta dando tempo per una riflessione pacifica e per la preparazione nello Spirito Santo. E quel tempo è ora!
Un vero pastore sa che le pecore bevono solo acqua pura. Dio ci ha dato questo tempo di pace per uno scopo. Questo è il momento di abbandonare il perseguimento dei nostri piaceri e delle cose materiali. È il momento di lasciarci guidare in silenzio nel profondo del cuore dal Pastore e sentire la Sua voce (vedi Giovanni 10:3-4). Un giorno buio e nuvoloso sta arrivando (vedi Ezechiele 34:12) e i veri credenti avranno bisogno di stare molto vicini al pastore di Israele.
Uniamoci all’apostolo Paolo e confermiamo la nostra fede fino alla fine.
 “È anche per questo motivo che soffro queste cose;
ma non me ne vergogno,
perché so in chi ho creduto,
e sono convinto che egli ha il poter e
di custodire il mio deposito
fino a quel giorno”.
(2 Timoteo 1:12)
 La strada per la santificazione conduce sempre avanti e in alto, verso le porte di splendore.
Grazia e pace siano con tutti i santi.

di Gavin Finley
Per gentile concessione di Sequenza Profetica

"Io ho anche delle altre pecore che non sono di quest'ovile; anche quelle io devo raccogliere, ed esse ascolteranno la mia voce, e vi sarà un solo gregge e un solo pastore."
(Giovanni 10:16)

"L'Eterno, il loro DIO, li salverà in quel giorno, come il gregge del suo popolo, perché saranno come le pietre preziose di una corona, che saranno innalzate come una bandiera sulla sua terra.
(Zaccaria 9:16)

Consapevoli nella Parola

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