Come non essere negativi e pessimisti | CONSAPEVOLI NELLA PAROLA

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    • Pregare nel nome di Gesù

      Uno degli aspetti più importanti della vita cristiana, ma allo stesso tempo, uno degli aspetti più fraintesi, è la preghiera. Come è vero che la preghiera è uno degli aspetti più importanti della vita cristiana, è altrettanto vero che è estremamente facile sbagliare grandemente in questo campo. Un errore è quello di non pregare abbastanza. È molto facile credere di non avere tempo di pregare. Questo è un ragionamento sbagliato, perché alla base di questa convinzione c'è il pensiero che non abbiamo veramente bisogno di Dio. Però, dall'altro estremo, uno può anche pregare tanto, ma pregare in modo sbagliato. Vogliamo esaminare alcuni brani della Bibbia che parlano della preghiera, affinché possiamo averne un concetto più conforme alla Bibbia. Se preghiamo a modo nostro, che però non è conformato alle verità che Dio ci ha lasciato nella Bibbia, le nostre preghiere possono essere inutili, o peggio ancora, possono essere un'offesa a Dio. Perciò, prestate molta attenzione alle verità che Dio ci insegna nella sua parola sulla preghiera. La Bibbia insegna che dobbiamo pregare al PADRE. Troviamo questo insegnamento ripetutamente, come anche quello che lo Spirito Santo prega per noi. Ma la verità che vogliamo considerare molto più a fondo in questo studio riguarda il fatto che dobbiamo pregare nel nome di Gesù Cristo. Consideriamo, molto attentamente, che cosa significa pregare nel nome di Gesù. Chi può pregare? La prima verità da capire quando consideriamo la preghiera è: chi ha diritto di pregare? Ovvero, chi può pregare, avendo la certezza biblica che Dio lo ascolterà? Chiaramente, oggi, come sempre, tante persone pregano. Ma il fatto che tante persone pregano non significa che vengono ascoltate da Dio. Secondo la Bibbia, sono coloro che hanno Gesù Cristo come Signore e Salvatore, e perciò come Sacerdote e Mediatore, che possono pregare. Per esempio, in Ebrei 4:14-16, che è stato scritto per coloro che hanno Cristo come Sacerdote e Signore, leggiamo che è per mezzo di Lui che abbiamo accesso al trono di Dio per essere soccorsi. Quindi, è per mezzo di Cristo che possiamo pregare. Chi è senza Cristo non ha questo libero accesso al trono di Dio. Leggiamo il brano. “14 Avendo dunque un grande sommo sacerdote che è passato attraverso i cieli, Gesù, il Figlio di Dio, stiamo fermi nella fede che professiamo. 15 Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, poiché egli è stato tentato come noi in ogni cosa, senza commettere peccato. 16 Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovar grazia ed essere soccorsi al momento opportuno.” (Ebr 4:14-16) Quindi, solamente chi è un vero figlio di Dio ha diritto di pregare. A CHI si deve pregare? Quando preghiamo, a chi dobbiamo rivolgere le nostre preghiere? E' giusto pregare solo a Dio Padre, o si dovrebbe pregare anche a Gesù e allo Spirito Santo? Cosa ne dice la Bibbia? In Matt. 6:9 Gesù ci insegna a pregare, e Lui ci dichiara chiaramente di pregare a Dio Padre. “Voi dunque pregate così: "Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome;” (Mat 6:9) In Giov. 16:23 Gesù parla della preghiera al Padre. “In quel giorno non mi rivolgerete alcuna domanda. In verità, in verità vi dico che qualsiasi cosa domanderete al Padre nel mio nome, egli ve la darà.” (Giov 16:23) La Bibbia ci insegna ripetutamente, sia con insegnamenti, sia con esempi, che dobbiamo pregare a Dio Padre. Allora, qual è il ruolo di Gesù e qual è quello dello Spirito Santo? Se dobbiamo pregare a Dio Padre, che ruolo hanno Gesù Cristo e lo Spirito Santo? Nel nome di Gesù Gesù ci ha insegnato di pregare nel suo nome. Fra poco esamineremo questo concetto. Lo Spirito Santo Per quanto riguarda lo Spirito Santo, non esiste alcuna preghiera nella Bibbia rivolta allo Spirito Santo, tranne una profezia in Ezechiele 37. Quindi, visto che non esiste alcuna preghiera rivolta allo Spirito Santo, è chiaro che non dobbiamo pregare a Lui. Ma qual è il suo ruolo? Lo Spirito Santo ha il ruolo di glorificare Cristo e di indicarci la giusta strada per giungere a questo fine. “Egli mi glorificherà perché prenderà del mio e ve lo annuncerà.” (Giov 16:14) Si può anche leggere Giov. 14:14-26. Quando un grande faro illumina un palazzo di notte, se fa un buon lavoro, non lo si nota neanche, ma si nota ed ammira solamente il palazzo. Similmente lo Spirito Santo è come il faro: ci aiuta a vedere ed ammirare la persona di Gesù Cristo. Inoltre, lo Spirito Santo, prega per noi aiutandoci nel nostro debole ed incerto modo di porgere le nostre preghiere, perché, Egli conosce Dio nel suo profondo. “26 Allo stesso modo ancora, lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché non sappiamo pregare come si conviene; ma lo Spirito intercede per noi con sospiri ineffabili; 27 e colui che esamina i cuori sa quale sia il desiderio dello Spirito, perché egli intercede per i santi secondo il volere di Dio.” (Rom 8:26-27) Che consolazione! Quindi, a chi dobbiamo pregare? Dobbiamo pregare a Dio Padre, nel nome di Gesù Cristo. per COSA si deve pregare? Per che cosa dobbiamo pregare? Possiamo pregare per qualsiasi cosa? Dio esaudisce ogni preghiera? È possibile chiedere qualsiasi cosa nel nome di Gesù, oppure, pregare nel nome di Gesù ci limita nelle nostre richieste? Chiaramente, nella carne, l'uomo prega per ottenere tutto quello che desidera. Prega per avere buona salute o per una guarigione, prega per avere successo negli affari, prega di superare gli esami a scuola, prega per avere sicurezza in viaggio, prega per un buon tempo durante le vacanze. Che cosa ne dice la Bibbia? Esaminiamo alcuni brani fondamentali sulla preghiera. Questi brani sono importanti per il loro insegnamento, ma spesso vengono presi fuori contesto ed interpretati male. Quando abbiamo un concetto sbagliato della preghiera, questo ci fa molto male spiritualmente. Giovanni 14 Consideriamo per primo il brano in Giovanni 14:12-14. Leggiamolo. “12 In verità, in verità vi dico che chi crede in me farà anch’egli le opere che faccio io; e ne farà di maggiori, perché io me ne vado al Padre; 13 e quello che chiederete nel mio nome, lo farò; affinché il Padre sia glorificato nel Figlio. 14 Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.” (Giov 14:12-14) Prima di esaminare con cura questi versetti, ricordiamoci che a volte siamo tutti tentati di voler far dire alla Bibbia quello che ci è comodo. Cioè, nella carne, abbiamo la tendenza di interpretare la Bibbia non in base a quello che è realmente scritto, ma in base a quello che ci è comodo. Quindi, dobbiamo sforzarci di dividere rettamente questo brano. Alcuni credenti, e purtroppo anche delle chiese intere, interpretano erroneamente questo brano dicendo che noi possiamo chiedere qualsiasi cosa che desideriamo nel nome di Gesù, e Dio sicuramente ci esaudirà. Questo implica che la frase “nel nome di Gesù” diventa quasi una formula magica che ci fa ottenere quello che vogliamo. Questa falsa interpretazione fa diventare Dio il nostro servo celeste, soggetto ad ubbidire alla nostra volontà. Chi insegna questa falsa interpretazione cita la parte del brano che dichiara: “quello che chiederete nel mio nome, io la farò”, come se tutto l'insegnamento fosse racchiuso lì. Chi crede a questa menzogna, pensa che se preghiamo qualcosa con cuore, Dio la farà. Questo è un pensiero molto falso, e molto pericoloso. Pensiamo a come una persona che crede a questa falsità potrebbe pregare in diverse situazioni. Immaginate un credente che lavora in proprio. La sua attività comincia ad andare molto male, e lui rischia di perdere tutto. Non solo, ma ha anche dei grossi debiti con la banca legati all'attività. Citando questo versetto, egli chiede a Dio di salvare la sua attività. Perciò questo credente è sicuro, visto che ha pregato nel nome di Gesù, che Dio salverà la sua ditta. In un secondo esempio, un credente ha un figlio adulto ribelle, lontano dal Signore. Il credente prega, citando questo versetto, e così è convinto che Dio salverà suo figlio. In un altro esempio, un credente ha un figlio con una grave malattia. Il credente, prega, e citando questo versetto, dichiara che è sicuro che Dio guarirà suo figlio, visto che è convinto che si può ottenere qualsiasi cosa se la si chiede a Dio nel nome di Gesù. In un altro esempio, un credente sta cercando di comprare una casa, e avendone trovato una che gli piace tantissimo, prega, chiedendo a Dio di operare in modo che il proprietario abbassi il prezzo abbastanza da permettergli di comprarla. È convinto che Dio opererà per fargli ottenere quella casa al prezzo che desidera. Senza andare ad analizzare questi esempi in dettaglio, considerate il principio che sta alla base di questo modo di pensare. Se fosse vero che possiamo chiedere a Dio qualsiasi cosa che desideriamo, avendo la certezza che Lui ci esaudirà solamente perché abbiamo citato la frase “nel nome di Gesù”, allora, Dio diventerebbe il nostro servo celeste, pronto ad esaudire ogni nostra richiesta. Dio sarebbe soggetto alla nostra volontà. Se è così, allora Gesù ha sbagliato quando ha insegnato il Padre Nostro, perché avrebbe dovuto insegnarci a pregare: “sia fatta la nostra volontà, non la Tua” Però, Dio NON è il nostro servo, e NON esiste per esaudire le nostre preghiere come vogliamo noi. Non dobbiamo pregare che la nostra volontà sia fatta, ma che la volontà di DIO sia fatta! Ci sono tante verità bibliche che ci aiutano a capire questo principio. Per esempio, leggiamo Matteo 26:39, quando Gesù era nel Giardino: “E, andato un po’ più avanti, si gettò con la faccia a terra, pregando, e dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non come voglio io, ma come tu vuoi».” (Mat 26:39) Gesù, nonostante i suoi diritti di Figlio di Dio, non chiese al Padre che cambiasse la sua volontà per esaudire la propria richiesta. Piuttosto, rese nota la sua richiesta al Padre, e poi, chiese che la volontà del Padre fosse fatta, non la sua. In Luca 22, Gesù stava preparando i discepoli per la sua morte. Egli spiegò a Pietro che sarebbe stato provato duramente. Notiamo che Gesù non chiese che Pietro potesse evitare la prova, pregò solamente per la fede di Pietro. Vi leggo. “31 «Simone, Simone, ecco, Satana ha chiesto di vagliarvi come si vaglia il grano; 32 ma io ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno; e tu, quando sarai convertito, fortifica i tuoi fratelli».” (Luca 22:31-32) Gesù NON ha chiesto che Dio gli togliesse la prova. In Apocalisse 2, Gesù sta parlando alle sette chiese. Notiamo quello che dichiara alla chiesa di Smirne. “8 «All’angelo della chiesa di Smirne scrivi: Queste cose dice il primo e l’ultimo, che fu morto e tornò in vita: 9 Io conosco la tua tribolazione, la tua povertà (tuttavia sei ricco) e le calunnie lanciate da quelli che dicono di essere Giudei e non lo sono, ma sono una sinagoga di Satana. 10 Non temere quello che avrai da soffrire; ecco, il diavolo sta per cacciare alcuni di voi in prigione, per mettervi alla prova, e avrete una tribolazione per dieci giorni. Sii fedele fino alla morte e io ti darò la corona della vita. 11 Chi ha orecchi ascolti ciò che che lo Spirito dice alle chiese. Chi vince non sarà colpito dalla morte seconda.” (Apo 2:8-11) Egli spiegò che vari credenti in questa chiesa sarebbero stati messi a morte per la loro fede. Possiamo presumere che questi credenti erano padri e madri, e avessero le loro famiglie. Però, è evidente che la volontà di Dio per loro era che morissero per la loro fede. Dal brano però comprendiamo che la morte fisica non era una sconfitta, perché poi Gesù dichiarò che se quei credenti fossero rimasti fedeli fino alla morte, avrebbe dato loro la corona della vita. Quindi, Dio aveva stabilito il suo piano per quei credenti, e nessuna loro preghiera avrebbe potuto cambiare il perfetto piano di Dio. Non dovevano pregare Dio affinché li salvasse dalla morte fisica, presumendo per di più che Dio li avrebbe esauditi. Infatti, Dio ha un piano perfetto, che è la SUA propria volontà, e Dio fa TUTTO secondo la decisione della Sua volontà. È importante capire questa verità basilare. Quello che Dio fa, lo fa secondo la decisione della Sua volontà. Leggiamo Efesini 1:11 “In lui siamo anche stati fatti eredi, essendo stati predestinati secondo il proposito di colui che compie ogni cosa secondo la decisione della propria volontà,” (Efe 1:11) Se le nostre preghiere potessero cambiare la volontà di Dio, il mondo non sarebbe stabile, Dio non sarebbe Dio, e nulla sarebbe sicuro. La volontà di Dio cambierebbe di minuto in minuto, in base alle diverse preghiere che Gli arrivano da tutto il mondo. Se le nostre preghiere potessero cambiare la volontà di Dio, per esempio, non sarebbe vero quello che è scritto nel Salmo 139:15,16 che riguarda il momento della nostra morte e di quella dei nostri cari. “15 Le mie ossa non ti erano nascoste, quando fui formato in segreto e intessuto nelle profondità della terra. 16 I tuoi occhi videro la massa informe del mio corpo e nel tuo libro erano tutti scritti i giorni che mi eran destinati, quando nessuno d’essi era sorto ancora.” (Sal 139:15-16) Se Dio ci desse qualunque cosa che Gli chiediamo, questo brano non sarebbe vero, perché tante persone, vedendo arrivare la morte, pregherebbero, chiedendoGli di guarire o di superare il pericolo, e in questo modo sarebbe stata fatta la loro volontà, non quella di Dio. Se fosse così la morte non dipenderebbe più dalla volontà di Dio, ma dalla volontà dell'uomo. Non arriverebbe più al momento stabilito nel libro di Dio, ma nel momento stabilito da noi. Ma non è così! Non è l'uomo che stabilisce quando morirà, come non è l'uomo che stabilisce quando un certo problema deve risolversi come vuole lui. È il Signore che opera tutte le cose secondo la decisione della Sua volontà! Per esempio, leggiamo in 1Samuele 2:6-8 “6 Il SIGNORE fa morire e fa vivere; fa scendere nel soggiorno dei morti e ne fa risalire. 7 Il SIGNORE fa impoverire e fa arricchire, egli abbassa e innalza. 8 Alza il misero dalla polvere e innalza il povero dal letame, per farli sedere con i nobili, per farli eredi di un trono di gloria; poiché le colonne della terra sono del SIGNORE e su queste ha poggiato il mondo.” (1Sam 2:6-8) E' il Signore che determina le cose, tramite le nostre preghiere, non noi! Allora, qual è il senso di Giovanni 14:13, quando Gesù dichiara:    “e quello che chiederete nel mio nome, lo farò” (Giov 14:13)? Per capire bene questa verità, dobbiamo leggere non solo questa frase, ma tutto il suo contesto. Cosa significa “nel mio nome”? Dobbiamo capire il senso della frase, “nel mio nome”. Dobbiamo anche capire il motivo che ci spinge a pregare nel nome di Gesù. Gesù stesso ci spiega questa motivazione. Infine, dobbiamo capire altre condizioni che la Bibbia ci dà per poter pregare. Molto spesso, un brano non insegna tutta la verità biblica di un certo argomento, e deve essere considerato insieme ad altri brani. Quindi, qual è il senso della frase: “nel mio nome?” Chiedere “nel nome di Gesù” non è una formula magica che, aggiunta ad una preghiera, costringe Dio ad esaudirci. A quel punto, Dio sarebbe il nostro servo, e noi saremo i sovrani. Ma non è così! Pregare “nel nome di Gesù” non è una frase che si aggiunge a qualsiasi preghiera, per garantire che Dio farà come Gli abbiamo chiesto. Invece significa almeno due cose: 1. chiedere per i Suoi meriti Prima di tutto, pregare nel nome di Gesù significa pregare per i Suoi meriti, riconoscendo che noi non ne abbiamo. Nessun di noi merita alcuna cosa buona da Dio. Quindi, dobbiamo chiedere per i meriti di Gesù. Se chiedo un favore al mio migliore amico, lo chiedo nel mio proprio nome, cioè riconoscendomi degno, visto che sono il SUO migliore amico, che mi venga fatto questo favore. Però, se devo chiedere un grande favore all'amico del mio amico, che non conosco personalmente, so di non meritare da lui nulla (visto che non mi conosce), e perciò, non gli chiedo nel mio nome, ma gli chiedo nel nome del mio amico. Allora, chiedere nel nome di Gesù necessariamente implica un cuore umile. Chi chiede nel nome di Gesù SA che, per conto suo, non merita nulla da Dio. Perciò, questa consapevolezza della propria insufficienza cambia anche la richiesta stessa. Infatti chi sa di non aver nessun merito, non pretende nulla, e non considera Dio come Colui che esiste per esaudire i nostri desideri. Sa che Dio è sovrano, e va ai piedi di Dio umilmente, pronto ad essere sottomesso alla Sua volontà. Tutti questi sono aspetti del pregare nel nome di Gesù. 2. chiedere secondo la volontà di Gesù Dobbiamo però considerare anche una seconda verità estremamente importante nel fatto di chiedere nel nome di Gesù. Chiedere nel nome di Gesù significa anche chiedere secondo la Sua volontà, non la nostra. È importantissimo capire questo principio. Ripeto: chiedere nel nome di Gesù significa chiedere secondo la SUA volontà, non la nostra. Un soldato semplice, che porta gli ordini dati dal comandante agli altri, chiede nel nome del comandante. Non chiede quello che vuole lui, chiede quello che è la volontà del comandante. Infatti, se dovesse chiedere quello che vuole lui, usando il nome del comandante per ottenerla, sarebbe colpevole di un grave reato. In 1Giovanni 5:14,15, leggiamo una chiara spiegazione di quali sono le preghiere che Dio esaudirà. Leggiamo. “14 Questa è la fiducia che abbiamo in lui: che se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce. 15 Se sappiamo che egli ci esaudisce in ciò che gli chiediamo, noi sappiamo di aver le cose che gli abbiamo chieste.” (1Giov 5:14-15) Avete notato la frase: “se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce”? Chiedere nel nome di Gesù DEVE essere secondo la SUA volontà, non la nostra. Quindi, se preghiamo per ottenere qualcosa che desideriamo tantissimo, ma se non è la volontà di Dio, non possiamo chiederla nel nome di Gesù. Se preghiamo per quello che vogliamo noi, e aggiungiamo le parole, “nel nome di Gesù”, siamo come i pagani, usando quelle parole come un talismano, cercando di controllare Dio. Quindi, ricordiamo che chiedere nel nome di Gesù significa chiedere con umiltà, sapendo di non meritare alcuna cosa buona da Dio, e questo atteggiamento ci aiuta ad accettare qualsiasi cosa che Egli ci darà. Significa anche chiedere secondo la volontà di Cristo, non seconda la nostra volontà. Affinché il Padre sia glorificato Allora, qual è il senso di Giovanni 14:12-14? Per capire correttamente questo brano, dobbiamo leggerlo tutto, e leggere anche il suo contesto. “12 In verità, in verità vi dico che chi crede in me farà anch’egli le opere che faccio io; e ne farà di maggiori, perché io me ne vado al Padre; 13 e quello che chiederete nel mio nome, lo farò; affinché il Padre sia glorificato nel Figlio. 14 Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.” (Giov 14:12-14) Notiamo che le richieste che facciamo qua sono legate al fare opere per la gloria di Dio, e infatti, il MOTIVO per cui Gesù ci esaudisce è per glorificare il Padre. Gesù non risponde ad ogni nostra richiesta. Risponde se la richiesta glorificherà il Padre. Infatti, in Giacomo 4:2-4 leggiamo: “2 Voi bramate e non avete; voi uccidete e invidiate e non potete ottenere; voi litigate e fate la guerra; non avete, perché non domandate; 3 domandate e non ricevete, perché domandate male per spendere nei vostri piaceri. 4 O gente adultera, non sapete che l’amicizia del mondo è inimicizia verso Dio? Chi dunque vuol essere amico del mondo si rende nemico di Dio.” (Giacomo 4:2-4) Non avete perché non domandate, ovvero, perché non pregate, e se domandate spesso non ricevete, perché domandate per spendere nei vostri piaceri. Quando chiediamo per ottenere quella che è la nostra volontà, Dio non risponde. Torniamo agli esempi che ho dato all'inizio di questo studio. Pensiamo all'uomo che lavora in proprio e la sua attività comincia ad andare molto male, e si ritrova con tanti debiti. Egli prega Dio affinché salvi la sua attività. Sta pregando affinché Dio risolva i suoi problemi. Non sta cercando la gloria di Dio. Nell'esempio del genitore che ha un figlio che spiritualmente cammina male (che è ribelle), quel credente chiaramente vuole che suo figlio sia salvato. È buono pregare per la salvezza dei nostri cari. Però, in un certo senso, quella preghiera può essere anche un frutto di egoismo, perché quel genitore non sta cercando per prima cosa la gloria di Dio. Non gli pesa il fatto che tanti altri genitori hanno figli ribelli. Egli vuole che SUO figlio sia salvato. Sta pensando, in fin dei conti, a se stesso. Poi ho fatto l'esempio del credente con il figlio con una grave malattia. Il genitore vuole che il figlio sia guarito, perché vuole il piacere di goderlo per tanti anni ancora. Però, nemmeno questa richiesta è cercare la gloria di Dio. È una preghiera per non dover subire la sofferenza della morte di una persona cara.    Poi c'era il credente che chiedeva l'intervento di Dio affinché potesse comprare la casa che gli piaceva tanto. Anche qua, il credente sta cercando di ottenere da Dio quello che sarebbe il suo gradimento. Non sta cercando in primo luogo la gloria di Dio. Quindi, non dobbiamo credere la terribile menzogna che basta pregare aggiungendo la frase “nel nome di Gesù” e possiamo essere sicuri che Dio ci darà quello che Gli chiediamo. Chiedere nel nome di Gesù significa chiedere che sia fatta la Sua volontà e significa anche farlo con un cuore umile, che quindi cerca non il proprio comodo, ma la gloria di Dio. Un brutto risultato Che cosa succede, quando uno crede la menzogna che Dio esaudirà qualsiasi sua richiesta? Quando Dio NON esaudisce quella preghiera, la fede di quel credente viene fortemente scossa. Egli sta molto male, e solitamente, o cade in grave depressione spirituale, oppure, si arrabbia con Dio. Perciò credendo a quella menzogna quel credente rimane deluso di Dio. Giov. 15:5-7,16 Quindi, è importante capire il senso vero dei principi di Giovanni 14. Per capire meglio questo discorso, esaminiamo qualche altro brano in cui Gesù parla della preghiera. Questi brani fanno parte del contesto di Giovanni 14. Giovanni 15:5-7 “5 Io sono la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro, porta molto frutto; perché senza di me non potete far nulla. 6 Se uno non dimora in me, è gettato via come il tralcio, e si secca; questi tralci si raccolgono, si gettano nel fuoco e si bruciano. 7 Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi, domandate quello che volete e vi sarà fatto.” (Giov 15:5-7) Qui, Gesù insegna che dobbiamo dimorare in Lui, e che lo scopo è affinché possiamo portare molto frutto. Poi, Egli dichiara che solamente se dimoriamo in Lui e se le sue parole dimorano in noi, sarà fatto quello che domandiamo. Questa è una condizione importantissima. “Dimorare in Cristo” significa essere in una condizione di umiltà, di santità di vita e di sottomissione alla sua volontà. Quando le parole di Cristo dimorano in noi, esse ci esortano a conoscere e a seguire la Parola di Dio. Quindi, non viviamo più per la nostra volontà, ma per la sua. Solamente se ci ritroviamo in questa condizione possiamo domandare a Dio quello che vogliamo e ci sarà fatto, perché significherà che domanderemo quella che è la volontà di Dio. Un altro versetto importante è Giovanni 15:16 “Non siete voi che avete scelto me, ma sono io che ho scelto voi, e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; affinché tutto quello che chiederete al Padre, nel mio nome, egli ve lo dia.” (Giov 15:16) Gesù risponde alle nostre preghiere quando servono per portare frutto che rimane in eterno. Ostacoli alle nostre preghiere È importante menzionare alcuni ostacoli alle nostre preghiere. L'orgoglio Una cosa che ostacola sempre la preghiere è l'orgoglio. Se abbiamo orgoglio, Dio si allontana da noi. “Il SIGNORE è vicino a quelli che hanno il cuore afflitto, salva gli umili di spirito.” (Sal 34:18) Quando abbiamo orgoglio non confessato, Dio resta lontano da noi. Possiamo fare bella figura davanti agli altri, possiamo apparire di essere zelanti, possiamo pregare tanto, ma sarà tutto inutile, tutto invano. Fino a quando non confessiamo il nostro orgoglio, Dio resterà lontano da noi. Mancanza di fede Un altro ostacolo alle nostre preghiere è la mancanza di fede, come leggiamo in Giacomo 1. “5 Se poi qualcuno di voi manca di saggezza, la chieda a Dio che dona a tutti generosamente senza rinfacciare, e gli sarà data. 6 Ma la chieda con fede, senza dubitare; perché chi dubita rassomiglia a un’onda del mare, agitata dal vento e spinta qua e là. 7 Un tale uomo non pensi di ricevere qualcosa dal Signore,” (Giac 1:5-7) Questo brano ci insegna l'importanza della fede. Chiaramente, dobbiamo ricordare le altre verità che abbiamo visto. Se prego qualcosa che non è secondo la volontà di Dio, posso avere la fede più grande del mondo, ma Dio non mi risponderà. Però, dall'altro lato, quando preghiamo secondo la volontà di Dio, è importante avere fede in Dio. Così, Dio viene glorificato, e noi saremo edificati. La Preghiera fatta con egoismo Abbiamo già menzionato prima che Dio non risponde alle preghiere fatte con egoismo, cioè, alle preghiere attraverso le quali vogliamo ottenere qualcosa NON per la gloria di Dio, ma perché è il nostro desiderio. Questo è ciò che ci dice Giacomo 4, quando parla delle preghiere fatte per spendere nei piaceri. Dobbiamo pregare, invece, per la gloria di Dio. Come conoscere la volontà di Gesù Visto che la preghiera che Dio esaudisce è quella preghiera fatta secondo la sua volontà, come possiamo sapere qual'è la volontà di Dio? Dio ci ha già rivelato molto della sua volontà, e ci insegna anche il modo in cui pregare quando non la conosciamo. Prima di tutto, come dobbiamo pregare quando non siamo sicuri della volontà di Dio? Sappiamo quasi sempre quello che vorremmo noi, ma come dobbiamo pregare quando non siamo sicuri della volontà di Dio? Gesù stesso ci dà un esempio di come pregare in questi casi in Matt. 26:39; Marco 14:36; Luca 22:42. Leggo da Matteo. “E, andato un po’ più avanti, si gettò con la faccia a terra, pregando, e dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non come voglio io, ma come tu vuoi».” (Mat 26:39) Nella sua umanità, Gesù non voleva affrontare la sofferenza che sapeva di dover subire sulla croce. Però, il suo desiderio più forte rispetto al non voler subire quelle sofferenze, fu quello di voler fare la volontà del Padre. Quindi, ha esposto a Dio il suo desiderio, ma chiese che fosse fatta la volontà di Dio. Ed è così che anche noi dobbiamo pregare, quando non conosciamo con certezza la volontà di Dio in una certa situazione. Certamente possiamo portare tutti i nostri pesi a Dio, e anche dirGli quello che sarebbe il nostro desiderio, però poi dobbiamo confidare nella sua perfetta saggezza, e chiedere che sia fatta la Sua volontà. Conclusione La preghiera è una parte essenziale della vita cristiana e della nostra crescita. La preghiera è la nostra comunicazione con Dio, mentre lo studio della Bibbia è ascoltare Dio che ci parla. E importante pregare, però, è importante pregare nel modo che Dio stabilisce, per le cose giuste. L'unico vero accesso a Dio che abbiamo è quello per mezzo di Gesù, per merito di Cristo. Non solo, ma dobbiamo pregare secondo la SUA volontà, non secondo la nostra. Quando non siamo sicuri della volontà di Dio, è importante accettare la sua volontà, anche se è il contrario di quello che vorremmo noi. Infatti noi non sappiamo qual è la cosa migliore. Dobbiamo avere fede che la volontà di Dio è la cosa perfetta, anche se non siamo in grado di capire tutto quello che Dio sta facendo. Preghiamo, chiedendo che la volontà perfetta di Dio sia fatta! Preghiamo poi con fede, fede che Dio ci ascolta e ci esaudisce sempre, secondo la sua perfetta volontà. Non dimentichiamo che la preghiera non serve solo per fare richieste a Dio. Anche il ringraziamento ne è una parte molto importante. Inoltre, la preghiera serve anche per confessare i nostri peccati. E serve poi principalmente per chiedere che Dio sia glorificato. Le nostre richieste dovrebbero sempre essere per la gloria di Dio. Oh che possiamo diventare un popolo che prega sempre di più, non vedendo Dio come un servo celeste che esiste per darci quello che vogliamo noi, ma essendo spinti dal desiderio di vedere il nostro grande Dio glorificato! La nostra vera gioia, quella che ci riempirà per tutta l'eternità, consisterà nel vedere Dio glorificato. Quindi, che la gloria di Dio sia il desiderio del nostro cuore! Marco deFelice "Questa è la fiducia che abbiamo in lui: che se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce. Se sappiamo che egli ci esaudisce in ciò che gli chiediamo, noi sappiamo di aver le cose che gli abbiamo chieste" (1 Giovanni 5:14-15) «Ti è piaciuto questo articolo? Non perderti i post futuri seguendoci»

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mercoledì 28 aprile 2010
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Come non essere negativi e pessimisti

tempesta

Nelle situazioni difficili della nostra vita, abbiamo la pretesa di voler comprendere tutto oppure attendiamo in silenzio una parola da parte del Signore? Concentriamo il nostro sguardo sulle “onde tempestose” che si muovono intorno a noi oppure guardiamo al Signore?

Le Sacre Scritture sono ricche di casi umani colti nei loro aspetti più significativi: la loro analisi può insegnarci molte cose sui momenti critici che tutti, prima o poi, siamo chiamati ad affrontare. Voglio ora farvi prendere in esame alcune figure bibliche che un mio caro fratello, mi ha fatto conoscere bene.

La tragica esperienza di Giobbe: un esempio positivo

L'esperienza di Giobbe può essere per noi alquanto istruttiva. Giobbe fu colpito da tre fatti traumatici contemporaneamente: la perdita di tutti i suoi familiari salvo la moglie, che si dimostrò peraltro una cattiva consigliera; la perdita di tutti i suoi beni ed infine la malattia costituita da un'ulcera maligna che colpì tutto il suo corpo. Ce n'era abbastanza per mandare in tilt qualsiasi mortale.
Eppure la Sacra Scrittura rende testimonianza che Giobbe “non peccò e non attribuì a Dio nessuna colpa” (Gb 1:22), ma disse: “Il Signore ha dato, il Signore ha tolto; sia benedetto il nome del Signore” (Gb 1:21).

Giobbe ebbe perciò un comportamento veramente esemplare. Chi di noi sarebbe stato in grado, in condizioni simili, di comportarsi nella stessa maniera?
Fu solo più tardi, quando i “consolatori molesti” vennero a trovarlo, cercando di convincerlo che tutto quello che gli era capitato fosse una punizione di Dio che Giobbe si ribellò, rimuginò sulla propria amarezza, assaporando tutta la desolazione del proprio stato fino a maledire il giorno della sua nascita; alla fine, rivendicando la propria integrità ed eccedendo forse in questa sua autodifesa passò il segno, insistendo troppo sulla propria giustizia.

Giobbe non conobbe mai i fatti del retroscena e quello che l'avversario aveva ordito ai suoi danni. Ma ciò che è straordinario è rilevare come  Dio si degnasse di scendere a discutere con l'uomo, facendogli infine riconoscere la sua incoerenza.

In quale maniera avrà avuto luogo questo “scambio di opinioni”? Non possiamo saperlo. Ma lo Spirito di Dio ha trovato il modo di raccogliere queste testimonianze perché arrivassero fino a noi e fossero per noi di monito.

Giobbe alla fine si umiliò, riconoscendo il proprio stato di peccato e la propria piccolezza di fronte alla maestà e alla grandezza di Dio e Dio allora lo liberò da tutti i suoi mali, restituendogli i suoi beni e reintegrandolo nella sua posizione originaria di privilegio.

Non sempre questo è ciò che si verifica nella pratica al giorno d'oggi.

Ma sicuramente un'accettazione serena della volontà di Dio nella propria vita è la premessa indispensabile per disporre l'animo a ricevere con gratitudine le benedizioni divine.

Il profeta Giona: un esempio di uno spirito negativo

Il profeta Giona fu un personaggio che andrebbe studiato a fondo nei suoi comportamenti, perché rappresenta una personalità piuttosto interessante e per alcuni versi contraddittoria.

Giona era un profeta, ossia un portavoce di Dio e conosceva bene la sua Parola: ne sono una prova le numerose citazioni di salmi che egli pronunziò nel corso della sua preghiera, quando fu all'interno del pesce che lo aveva inghiottito.
Resta un mistero la sua grossa ingenuità di credere di poter fuggire lontano da colui che egli conosceva come l’Onnipotente Dio del cielo, avventurandosi in mare su di “un guscio di noce”.

Ma andiamo con ordine. Giona era un uomo al quale Dio ordinò un giorno di recarsi nella grande città di Ninive ad annunziare che, a meno di un generale pentimento dei suoi abitanti, Dio l'avrebbe distrutta, a causa della sua grande malvagità. Ma Giona, invece di ubbidire, se ne andò da un'altra parte, pensando di riuscire ad evitare l'incarico.

Dio però decise questa volta di adoperare le maniere forti per indurre il servitore recalcitrante all'obbedienza: ci fu una tempesta, i marinai gettarono Giona in mare quando seppero che era colpevole verso Dio; un enorme pesce inghiottì Giona e andò poi a vomitarlo sulla spiaggia non lontano dal luogo dove il profeta non voleva andare.

Quindi Dio gli ordinò di nuovo di andare a Ninive a predicare. Questa volta Giona andò e predicò; i Niniviti si pentirono così profondamente che Dio decise di sospendere il giudizio. È a questo punto che avvenne un fatto strano e paradossale: il profeta, anziché rallegrarsi del risultato straordinario della propria missione, si arrabbiò a tal punto che chiese a Dio di togliergli la vita.

“Ecco, proprio per questo io non volevo andare a Ninive: perché tu sei un Dio misericordioso e io sapevo che non avresti punito i Niniviti!”. Questo il senso del suo discorso (cfr. Gn 4:1-3). Perché un comportamento così strambo da parte di un uomo di Dio?

La realtà era che Giona detestava i Niniviti per la loro continua ostilità verso Israele ed era stato tutto contento quando Dio aveva manifestato l'intenzione di distruggerli. Ecco perché, quando Dio gli ordinò di andare a Ninive per fare un ultimo tentativo, Giona cercò di sottrarsi all'incarico che Dio gli aveva affidato.

La seconda volta il profeta ubbidì all'ordine divino ma senza metterci il cuore e soprattutto non amando affatto i Niniviti votati alla morte. Giona amava la propria immagine ed i propri punti di vista e sarebbe stato contento di vedere la distruzione della città, tanto è vero che si pose a sedere a breve distanza sotto una capanna per godersi lo spettacolo.

A questo punto Dio ritenne che il suo servitore avesse bisogno di ricevere una lezione: un verme rosicchiò la radice dell'arbusto di ricino che era cresciuto dietro di lui e gli faceva ombra e Giona restò in balìa del sole e del vento. Nuovamente Giona si lamentò che sarebbe stato meglio per lui morire, piuttosto che continuare a vivere.

Il fatto che il profeta si preoccupasse del ricino anziché degli abitanti di Ninive fa anche pensare che spesso i credenti si occupano più delle proprie comodità che delle persone che periscono per mancanza di conoscenza. In realtà, Giona non ebbe pietà tanto del ricino che si era seccato quanto di sé stesso e della propria immagine. La sua obbedienza a Dio era una obbedienza di forma e non di cuore, per quanto egli conoscesse Dio a tal punto che Dio lo aveva ritenuto idoneo da affidargli un incarico.

Giona era un uomo triste ed ombroso di carattere e ciò fu causa per lui di stati di profonda depressione fino a fargli desiderare la morte.

Colpisce poi la infinita misericordia di Dio che si rivolse a lui come un padre, chiedendogli: “Fai bene ad irritarti così?”. Al che Giona, cocciuto, ribatté: “Sì, faccio bene!”.

A volte è la nostra testardaggine a procurarci frustrazioni e dispiaceri, che potrebbero essere evitati se fin dall'inizio fossimo disposti ad obbedire a quanto Dio ci ordina.

Troviamo che Giona sia molto vicino a noi nel suo modo di fare, nei suoi sentimenti ma anche nella sua incoerenza. Non ha affatto il piglio dell'asceta, né la gravità di un Mosè. Non appare come un superuomo, in ultima analisi, e forse anche per questo non ci è lontano. Non è però un bell'esempio e, soprattutto, non è un esempio da imitare.

Ma quante volte, invece,  ci uniformiamo a lui e al suo atteggiamento, quando agiamo riparandoci dietro frasi del tipo: “Io la penso così”, anziché uniformare il nostro comportamento alla Parola di Dio, ricercando in essa la guida della sapienza divina?
Quanti guai e quanti stati depressivi di meno, se ricercassimo la saggezza che viene dall'Alto nell'affrontare i problemi che si parano davanti a noi!

Evitiamo di essere negativi o pessimisti

Spesso l'amarezza e il disappunto ci sovrastano e ci prendono la mano, quando consentiamo ai pensieri negativi di occupare la nostra mente. È possibile che l'amarezza e il disappunto siano generati in noi dall'atteggiamento di altre persone, atteggiamento che noi giudichiamo non conforme a quello che un cristiano dovrebbe esprimere. In questi casi, cosa fare?
Avvertire una o anche due volte con grazia e senza manifestare risentimento, indicando quella che, secondo gli insegnamenti della Parola di Dio, riteniamo sia la maniera giusta di comportarsi e di fare le cose. A questo punto, abbiamo fatto quello che dovevamo fare ed il problema non ci riguarda più, ma riguarda gli altri e il Signore.

Viviamo quindi in pace e non amareggiamoci e non deprimiamoci più se le cose non andranno ugualmente come vorremmo e come riteniamo sarebbe giusto.

Viviamo sereni, svolgendo con coscienza la nostra parte, senza magoni e senza risentimenti, che farebbero male solo a noi stessi. Il Signore ci ricompenserà aprendo altre strade e dandoci altri motivi per cui gioire.

Lo scoraggiamento e il pessimismo sono come un piano inclinato: avventurarsi su questo terreno è molto pericoloso perché non si sa dove ci si potrà fermare. Scendere questa china può portare all'incredulità, al dubbio e ad una falsa visione di Dio.

Satana esulta, quando può mettere i figli di Dio in condizione di non credere, portandoli – quando riesce – allo scoraggiamento. È felice nel vederci dubitare di Dio, della sua volontà di salvarci e della sua potenza; prova piacere quando noi abbiamo l'impressione che Dio non voglia il nostro bene e gode presentandolo ai nostri occhi come un essere privo di pietà e di compassione. Egli falsifica la verità insinuando nella nostra mente pensieri e immaginazioni che producono idee errate a proposito di tutto ciò che concerne il nostro Creatore.

Non diamo spazi al diavolo


buio

Così, invece di tenere ben presenti le verità che riguardano il nostro Padre celeste, troppo spesso ci fissiamo sulla falsa rappresentazione che Satana dà del Creatore; diffidando e lamentandoci di Dio.

Satana cerca costantemente di rendere la vita spirituale difficile, faticosa e triste; e quando un cristiano dà l'impressione agli altri che sia realmente così, asseconda l'intento di Satana.

Giobbe stesso si era fatto un'errata rappresentazione di Dio, immerso com'era nella sua angustia, finché dovette riconoscere di essersi ingannato, quando affermò: “Il mio orecchio aveva sentito parlare di te…”. Il quadro che egli si era fatto di Dio nella sua mente attingeva a quello che aveva sentito dire da altri e magari a quello che il diavolo sussurrava al suo orecchio.

Ma quando Dio si rivelò a lui in tutta la sua maestà e onnipotenza, dimostrandogli quanto egli fosse stato meschino nelle sue argomentazioni, allora disse: “Ora l'occhio mio ti ha visto” e la conclusione di Giobbe fu: “Perciò mi ravvedo, mi pento sulla polvere e sulla cenere” (Gb 42:5-6).

Perché questo cambiamento? Perché prima “non capivo”, confessò Giobbe.

Quante volte anche noi, forse, non capiamo quello che ci capita e traiamo dai fatti delle conclusioni affrettate e, quindi, facilmente errate. A questo proposito la Bibbia ci ricorda: “Sta in silenzio davanti al Signore e aspettalo” (Sl 37:7).

Cerchiamo di essere positivi!

La Parola di Dio ci invita ad essere positivi ed indica anche la via per poterlo diventare. L'apostolo Paolo esortava infatti i credenti della chiesa di Filippi in questa maniera: “Tutte le cose vere, tutte le cose onorevoli, tutte le cose giuste, tutte le cose pure, tutte le cose amabili, tutte le cose di buona fama, quelle in cui è qualche virtù e qualche lode, siano oggetto dei vostri pensieri. Le cose che avete imparate, ricevute, udite da me e viste in me, fatele; e il Dio della pace sarà con voi” (Fl 4:8-9).

“Troppo facile – obietta qualcuno – bastasse solo pensare a cose positive e il problema non esisterebbe!” Ci si dimentica che l'apostolo non dice solo di pensare cose positive, ma di farle, il che è alquanto diverso.

Un vecchio medico attribuiva gran parte della responsabilità degli stati d'ansia e di depressione al sistema nervoso centrale dell'uomo: “È tutta colpa del gran simpatico che, quando ci si mette, è proprio un grande antipatico!” – egli diceva con fine umorismo.
Ciò è indubbiamente vero; ma quante sollecitazioni in senso negativo riceve il nostro sistema nervoso attraverso i mezzi di informazione! Il bene che avviene nel mondo generalmente non fa notizia, mentre tutto ciò che avviene di male è diffuso a gran forza. Non c'è bisogno di avere una mente labile per esserne impressionati in senso negativo, ossia stressati.

A tutto ciò si aggiungano i sentimenti di scontentezza, di invidia o di rancore che si creano sul lavoro o nei rapporti di relazione, uniti all'ira o all'impossibilità di ottenere ciò che si vorrebbe e il quadro è fatto.

Questi sentimenti, se non controllati o anche repressi, possono agire negativamente sul fisico fino a farlo ammalare e lo renderanno più vulnerabile di fronte ai fattori esterni. Il saggio dei Proverbi affermava circa tremila anni fa:

“Un cuore allegro è un buon rimedio,  ma uno spirito abbattuto fiacca le ossa” (Pr 17:22).
“Non ti stimare saggio da te stesso; temi il Signore e allontanati dal male; questo sarà la salute del tuo corpo e un refrigerio alle tue ossa” (Pr 3:7-8).

Non guardiamo troppo ai nostri sentimenti


La profonda sofferenza interiore che si sperimenta nei periodi di depressione è stata definita “il buio dell'anima”, perché il cielo pare chiuso e sembra di non sentire più su di noi lo sguardo del Signore. Quello è un momento molto delicato, perché sono allora i nostri sentimenti a tenere banco e ad attirare tutta la nostra attenzione.
Il verbo sentire ha infatti la stessa radice del sostantivo sentimento. Noi vorremmo sempre sentire qualche cosa, per avere una conferma alle nostre certezze, quando i dubbi sfiorano l'anima nostra. Ma non è questa, in un certo senso, un po' una mancanza di fede?

Non è ai nostri sentimenti che dovremmo guardare, ma alle promesse divine, senza porci tanti perché. Dobbiamo dire peraltro che, se è facile consigliare questo, è assai difficile metterlo in pratica.

Anche Gesù chiese perché, quando si sentì abbandonato dal Padre sulla croce. Ed è impensabile che egli non sapesse il perché di questo abbandono e dell'angoscia che di conseguenza lo attanagliava.

Nel momento in cui il nostro peccato gravava su di lui, il Padre distoglieva effettivamente il proprio sguardo ed il cielo si chiudeva, mentre le tenebre scendevano non solo nell'anima di Gesù, ma anche su tutto il paese (cfr. Mt 27:45).


deserto

Ecco il perché della profonda angoscia che faceva sentire Cristo solo e abbandonato; la solitudine è infatti una delle caratteristiche dei deserti spirituali, quando l'anima sperimenta il buio dentro e intorno a sé.
Nel caso di Gesù il distacco e l'abbandono furono quindi effettivi; nel caso del salmista e nel caso nostro no, perché siamo noi a sentirci abbandonati, mentre – possiamo esserne certi – il Signore non ci perde d'occhio.

Ricordiamo il discepolo Pietro quando sperimentò di affondare, mentre un istante prima era riuscito a camminare sulle acque del lago di Tiberiade.

Possiamo domandarci ancora una volta come mai vi fosse riuscito. Per propria virtù o capacità? Niente affatto. Vi era riuscito unicamente per la virtù e la potenza del Signore che gli aveva detto: “Vieni!” e dal quale il discepolo non distoglieva lo sguardo.

Pietro era dunque riuscito a dominare le difficoltà rappresentate dalle onde. Ma ecco improvvisamente cambiare i sentimenti di Pietro: il vento e le onde impressionano il discepolo che si guarda attorno smarrito: ed è smarrito perché, per guardarsi attorno, ha ovviamente distolto lo sguardo dalla persona di Gesù.

È questo l'elemento importante che cambia tutto, non la situazione che è sempre la stessa; ma ora sono i suoi sentimenti a prevalere, sentimenti che sono la paura, l'insicurezza, il dubbio. Quando permettiamo a questi sentimenti di imporsi su di noi, puntualmente abbiamo la sensazione di affondare, come fu per Pietro. Ma il Signore era lì, a due passi da lui ed intervenne subito e Pietro fu tolto dalla posizione di pericolo.

Quando ci capita di sentirci in pericolo, cosa possiamo fare? Ma quand'è che ci sentiamo in pericolo? Quando le difficoltà si ergono davanti a noi come onde agitate? Oppure quando il buio persiste in noi e attorno a noi, facendoci sentire il Signore lontano e assente?

Sono allora che  i nostri sentimenti, che sono la paura, l'insicurezza e il dubbio a creare un velo tra noi e il Signore e di conseguenza noi preghiamo, ma non siamo certi che il Signore ci ascolti e ci risponda. Ecco, allora, che la nostra preghiera pare dissolversi con il vento.

Nonostante tutto, non dovremmo mai dimenticare che Dio aveva detto al suo popolo (e quindi anche a noi): “Nella calma e nella fiducia sarà la vostra forza” (Is 30:15). Ma la paura degli eventi ci toglie la calma e allora la fiducia viene meno.

In questi casi allora guardiamo sempre a Gesù e non scoraggiamoci.
Ricordiamo quel canto che dice:

“Alma mia, non dubitare, ma confida nel tuo Re,

quand'ei sembra più tardare, non temere, egli è con te”.

Non dimentichiamo inoltre che il Signore è lo stesso, sia quando splende il sole su di noi, sia quando le nuvole coprono il nostro orizzonte o ci avvolge l'oscurità.

Che questi siano i nostri sentimenti, quando ci troviamo ad affrontare dei momenti particolarmente difficili, o quando siamo costretti ad attraversare un deserto spirituale.


Ricerchiamo la faccia del Signore ed egli non mancherà di aiutarci a trovare la via attraverso il deserto, perché la Via è lui.
Non dimentichiamolo mai , quando ci dice: “Io sono la Via…” (Gv 14:6).

Trovando Lui, troveremo la via!


Allora potremo cantare quel canto che dice:

“O Signor, se la tua mano sul mio capo ognora tieni,
nell'amore tuo sereni i miei giorni scorreran.”



“Tutto posso in Cristo che mi dà la forza”  
(Filippesi 4:13)
Liberamente adattato da internet
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