Confessioni di un condannato a morte | CONSAPEVOLI NELLA PAROLA

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    • Pregare nel nome di Gesù

      Uno degli aspetti più importanti della vita cristiana, ma allo stesso tempo, uno degli aspetti più fraintesi, è la preghiera. Come è vero che la preghiera è uno degli aspetti più importanti della vita cristiana, è altrettanto vero che è estremamente facile sbagliare grandemente in questo campo. Un errore è quello di non pregare abbastanza. È molto facile credere di non avere tempo di pregare. Questo è un ragionamento sbagliato, perché alla base di questa convinzione c'è il pensiero che non abbiamo veramente bisogno di Dio. Però, dall'altro estremo, uno può anche pregare tanto, ma pregare in modo sbagliato. Vogliamo esaminare alcuni brani della Bibbia che parlano della preghiera, affinché possiamo averne un concetto più conforme alla Bibbia. Se preghiamo a modo nostro, che però non è conformato alle verità che Dio ci ha lasciato nella Bibbia, le nostre preghiere possono essere inutili, o peggio ancora, possono essere un'offesa a Dio. Perciò, prestate molta attenzione alle verità che Dio ci insegna nella sua parola sulla preghiera. La Bibbia insegna che dobbiamo pregare al PADRE. Troviamo questo insegnamento ripetutamente, come anche quello che lo Spirito Santo prega per noi. Ma la verità che vogliamo considerare molto più a fondo in questo studio riguarda il fatto che dobbiamo pregare nel nome di Gesù Cristo. Consideriamo, molto attentamente, che cosa significa pregare nel nome di Gesù. Chi può pregare? La prima verità da capire quando consideriamo la preghiera è: chi ha diritto di pregare? Ovvero, chi può pregare, avendo la certezza biblica che Dio lo ascolterà? Chiaramente, oggi, come sempre, tante persone pregano. Ma il fatto che tante persone pregano non significa che vengono ascoltate da Dio. Secondo la Bibbia, sono coloro che hanno Gesù Cristo come Signore e Salvatore, e perciò come Sacerdote e Mediatore, che possono pregare. Per esempio, in Ebrei 4:14-16, che è stato scritto per coloro che hanno Cristo come Sacerdote e Signore, leggiamo che è per mezzo di Lui che abbiamo accesso al trono di Dio per essere soccorsi. Quindi, è per mezzo di Cristo che possiamo pregare. Chi è senza Cristo non ha questo libero accesso al trono di Dio. Leggiamo il brano. “14 Avendo dunque un grande sommo sacerdote che è passato attraverso i cieli, Gesù, il Figlio di Dio, stiamo fermi nella fede che professiamo. 15 Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, poiché egli è stato tentato come noi in ogni cosa, senza commettere peccato. 16 Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovar grazia ed essere soccorsi al momento opportuno.” (Ebr 4:14-16) Quindi, solamente chi è un vero figlio di Dio ha diritto di pregare. A CHI si deve pregare? Quando preghiamo, a chi dobbiamo rivolgere le nostre preghiere? E' giusto pregare solo a Dio Padre, o si dovrebbe pregare anche a Gesù e allo Spirito Santo? Cosa ne dice la Bibbia? In Matt. 6:9 Gesù ci insegna a pregare, e Lui ci dichiara chiaramente di pregare a Dio Padre. “Voi dunque pregate così: "Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome;” (Mat 6:9) In Giov. 16:23 Gesù parla della preghiera al Padre. “In quel giorno non mi rivolgerete alcuna domanda. In verità, in verità vi dico che qualsiasi cosa domanderete al Padre nel mio nome, egli ve la darà.” (Giov 16:23) La Bibbia ci insegna ripetutamente, sia con insegnamenti, sia con esempi, che dobbiamo pregare a Dio Padre. Allora, qual è il ruolo di Gesù e qual è quello dello Spirito Santo? Se dobbiamo pregare a Dio Padre, che ruolo hanno Gesù Cristo e lo Spirito Santo? Nel nome di Gesù Gesù ci ha insegnato di pregare nel suo nome. Fra poco esamineremo questo concetto. Lo Spirito Santo Per quanto riguarda lo Spirito Santo, non esiste alcuna preghiera nella Bibbia rivolta allo Spirito Santo, tranne una profezia in Ezechiele 37. Quindi, visto che non esiste alcuna preghiera rivolta allo Spirito Santo, è chiaro che non dobbiamo pregare a Lui. Ma qual è il suo ruolo? Lo Spirito Santo ha il ruolo di glorificare Cristo e di indicarci la giusta strada per giungere a questo fine. “Egli mi glorificherà perché prenderà del mio e ve lo annuncerà.” (Giov 16:14) Si può anche leggere Giov. 14:14-26. Quando un grande faro illumina un palazzo di notte, se fa un buon lavoro, non lo si nota neanche, ma si nota ed ammira solamente il palazzo. Similmente lo Spirito Santo è come il faro: ci aiuta a vedere ed ammirare la persona di Gesù Cristo. Inoltre, lo Spirito Santo, prega per noi aiutandoci nel nostro debole ed incerto modo di porgere le nostre preghiere, perché, Egli conosce Dio nel suo profondo. “26 Allo stesso modo ancora, lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché non sappiamo pregare come si conviene; ma lo Spirito intercede per noi con sospiri ineffabili; 27 e colui che esamina i cuori sa quale sia il desiderio dello Spirito, perché egli intercede per i santi secondo il volere di Dio.” (Rom 8:26-27) Che consolazione! Quindi, a chi dobbiamo pregare? Dobbiamo pregare a Dio Padre, nel nome di Gesù Cristo. per COSA si deve pregare? Per che cosa dobbiamo pregare? Possiamo pregare per qualsiasi cosa? Dio esaudisce ogni preghiera? È possibile chiedere qualsiasi cosa nel nome di Gesù, oppure, pregare nel nome di Gesù ci limita nelle nostre richieste? Chiaramente, nella carne, l'uomo prega per ottenere tutto quello che desidera. Prega per avere buona salute o per una guarigione, prega per avere successo negli affari, prega di superare gli esami a scuola, prega per avere sicurezza in viaggio, prega per un buon tempo durante le vacanze. Che cosa ne dice la Bibbia? Esaminiamo alcuni brani fondamentali sulla preghiera. Questi brani sono importanti per il loro insegnamento, ma spesso vengono presi fuori contesto ed interpretati male. Quando abbiamo un concetto sbagliato della preghiera, questo ci fa molto male spiritualmente. Giovanni 14 Consideriamo per primo il brano in Giovanni 14:12-14. Leggiamolo. “12 In verità, in verità vi dico che chi crede in me farà anch’egli le opere che faccio io; e ne farà di maggiori, perché io me ne vado al Padre; 13 e quello che chiederete nel mio nome, lo farò; affinché il Padre sia glorificato nel Figlio. 14 Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.” (Giov 14:12-14) Prima di esaminare con cura questi versetti, ricordiamoci che a volte siamo tutti tentati di voler far dire alla Bibbia quello che ci è comodo. Cioè, nella carne, abbiamo la tendenza di interpretare la Bibbia non in base a quello che è realmente scritto, ma in base a quello che ci è comodo. Quindi, dobbiamo sforzarci di dividere rettamente questo brano. Alcuni credenti, e purtroppo anche delle chiese intere, interpretano erroneamente questo brano dicendo che noi possiamo chiedere qualsiasi cosa che desideriamo nel nome di Gesù, e Dio sicuramente ci esaudirà. Questo implica che la frase “nel nome di Gesù” diventa quasi una formula magica che ci fa ottenere quello che vogliamo. Questa falsa interpretazione fa diventare Dio il nostro servo celeste, soggetto ad ubbidire alla nostra volontà. Chi insegna questa falsa interpretazione cita la parte del brano che dichiara: “quello che chiederete nel mio nome, io la farò”, come se tutto l'insegnamento fosse racchiuso lì. Chi crede a questa menzogna, pensa che se preghiamo qualcosa con cuore, Dio la farà. Questo è un pensiero molto falso, e molto pericoloso. Pensiamo a come una persona che crede a questa falsità potrebbe pregare in diverse situazioni. Immaginate un credente che lavora in proprio. La sua attività comincia ad andare molto male, e lui rischia di perdere tutto. Non solo, ma ha anche dei grossi debiti con la banca legati all'attività. Citando questo versetto, egli chiede a Dio di salvare la sua attività. Perciò questo credente è sicuro, visto che ha pregato nel nome di Gesù, che Dio salverà la sua ditta. In un secondo esempio, un credente ha un figlio adulto ribelle, lontano dal Signore. Il credente prega, citando questo versetto, e così è convinto che Dio salverà suo figlio. In un altro esempio, un credente ha un figlio con una grave malattia. Il credente, prega, e citando questo versetto, dichiara che è sicuro che Dio guarirà suo figlio, visto che è convinto che si può ottenere qualsiasi cosa se la si chiede a Dio nel nome di Gesù. In un altro esempio, un credente sta cercando di comprare una casa, e avendone trovato una che gli piace tantissimo, prega, chiedendo a Dio di operare in modo che il proprietario abbassi il prezzo abbastanza da permettergli di comprarla. È convinto che Dio opererà per fargli ottenere quella casa al prezzo che desidera. Senza andare ad analizzare questi esempi in dettaglio, considerate il principio che sta alla base di questo modo di pensare. Se fosse vero che possiamo chiedere a Dio qualsiasi cosa che desideriamo, avendo la certezza che Lui ci esaudirà solamente perché abbiamo citato la frase “nel nome di Gesù”, allora, Dio diventerebbe il nostro servo celeste, pronto ad esaudire ogni nostra richiesta. Dio sarebbe soggetto alla nostra volontà. Se è così, allora Gesù ha sbagliato quando ha insegnato il Padre Nostro, perché avrebbe dovuto insegnarci a pregare: “sia fatta la nostra volontà, non la Tua” Però, Dio NON è il nostro servo, e NON esiste per esaudire le nostre preghiere come vogliamo noi. Non dobbiamo pregare che la nostra volontà sia fatta, ma che la volontà di DIO sia fatta! Ci sono tante verità bibliche che ci aiutano a capire questo principio. Per esempio, leggiamo Matteo 26:39, quando Gesù era nel Giardino: “E, andato un po’ più avanti, si gettò con la faccia a terra, pregando, e dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non come voglio io, ma come tu vuoi».” (Mat 26:39) Gesù, nonostante i suoi diritti di Figlio di Dio, non chiese al Padre che cambiasse la sua volontà per esaudire la propria richiesta. Piuttosto, rese nota la sua richiesta al Padre, e poi, chiese che la volontà del Padre fosse fatta, non la sua. In Luca 22, Gesù stava preparando i discepoli per la sua morte. Egli spiegò a Pietro che sarebbe stato provato duramente. Notiamo che Gesù non chiese che Pietro potesse evitare la prova, pregò solamente per la fede di Pietro. Vi leggo. “31 «Simone, Simone, ecco, Satana ha chiesto di vagliarvi come si vaglia il grano; 32 ma io ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno; e tu, quando sarai convertito, fortifica i tuoi fratelli».” (Luca 22:31-32) Gesù NON ha chiesto che Dio gli togliesse la prova. In Apocalisse 2, Gesù sta parlando alle sette chiese. Notiamo quello che dichiara alla chiesa di Smirne. “8 «All’angelo della chiesa di Smirne scrivi: Queste cose dice il primo e l’ultimo, che fu morto e tornò in vita: 9 Io conosco la tua tribolazione, la tua povertà (tuttavia sei ricco) e le calunnie lanciate da quelli che dicono di essere Giudei e non lo sono, ma sono una sinagoga di Satana. 10 Non temere quello che avrai da soffrire; ecco, il diavolo sta per cacciare alcuni di voi in prigione, per mettervi alla prova, e avrete una tribolazione per dieci giorni. Sii fedele fino alla morte e io ti darò la corona della vita. 11 Chi ha orecchi ascolti ciò che che lo Spirito dice alle chiese. Chi vince non sarà colpito dalla morte seconda.” (Apo 2:8-11) Egli spiegò che vari credenti in questa chiesa sarebbero stati messi a morte per la loro fede. Possiamo presumere che questi credenti erano padri e madri, e avessero le loro famiglie. Però, è evidente che la volontà di Dio per loro era che morissero per la loro fede. Dal brano però comprendiamo che la morte fisica non era una sconfitta, perché poi Gesù dichiarò che se quei credenti fossero rimasti fedeli fino alla morte, avrebbe dato loro la corona della vita. Quindi, Dio aveva stabilito il suo piano per quei credenti, e nessuna loro preghiera avrebbe potuto cambiare il perfetto piano di Dio. Non dovevano pregare Dio affinché li salvasse dalla morte fisica, presumendo per di più che Dio li avrebbe esauditi. Infatti, Dio ha un piano perfetto, che è la SUA propria volontà, e Dio fa TUTTO secondo la decisione della Sua volontà. È importante capire questa verità basilare. Quello che Dio fa, lo fa secondo la decisione della Sua volontà. Leggiamo Efesini 1:11 “In lui siamo anche stati fatti eredi, essendo stati predestinati secondo il proposito di colui che compie ogni cosa secondo la decisione della propria volontà,” (Efe 1:11) Se le nostre preghiere potessero cambiare la volontà di Dio, il mondo non sarebbe stabile, Dio non sarebbe Dio, e nulla sarebbe sicuro. La volontà di Dio cambierebbe di minuto in minuto, in base alle diverse preghiere che Gli arrivano da tutto il mondo. Se le nostre preghiere potessero cambiare la volontà di Dio, per esempio, non sarebbe vero quello che è scritto nel Salmo 139:15,16 che riguarda il momento della nostra morte e di quella dei nostri cari. “15 Le mie ossa non ti erano nascoste, quando fui formato in segreto e intessuto nelle profondità della terra. 16 I tuoi occhi videro la massa informe del mio corpo e nel tuo libro erano tutti scritti i giorni che mi eran destinati, quando nessuno d’essi era sorto ancora.” (Sal 139:15-16) Se Dio ci desse qualunque cosa che Gli chiediamo, questo brano non sarebbe vero, perché tante persone, vedendo arrivare la morte, pregherebbero, chiedendoGli di guarire o di superare il pericolo, e in questo modo sarebbe stata fatta la loro volontà, non quella di Dio. Se fosse così la morte non dipenderebbe più dalla volontà di Dio, ma dalla volontà dell'uomo. Non arriverebbe più al momento stabilito nel libro di Dio, ma nel momento stabilito da noi. Ma non è così! Non è l'uomo che stabilisce quando morirà, come non è l'uomo che stabilisce quando un certo problema deve risolversi come vuole lui. È il Signore che opera tutte le cose secondo la decisione della Sua volontà! Per esempio, leggiamo in 1Samuele 2:6-8 “6 Il SIGNORE fa morire e fa vivere; fa scendere nel soggiorno dei morti e ne fa risalire. 7 Il SIGNORE fa impoverire e fa arricchire, egli abbassa e innalza. 8 Alza il misero dalla polvere e innalza il povero dal letame, per farli sedere con i nobili, per farli eredi di un trono di gloria; poiché le colonne della terra sono del SIGNORE e su queste ha poggiato il mondo.” (1Sam 2:6-8) E' il Signore che determina le cose, tramite le nostre preghiere, non noi! Allora, qual è il senso di Giovanni 14:13, quando Gesù dichiara:    “e quello che chiederete nel mio nome, lo farò” (Giov 14:13)? Per capire bene questa verità, dobbiamo leggere non solo questa frase, ma tutto il suo contesto. Cosa significa “nel mio nome”? Dobbiamo capire il senso della frase, “nel mio nome”. Dobbiamo anche capire il motivo che ci spinge a pregare nel nome di Gesù. Gesù stesso ci spiega questa motivazione. Infine, dobbiamo capire altre condizioni che la Bibbia ci dà per poter pregare. Molto spesso, un brano non insegna tutta la verità biblica di un certo argomento, e deve essere considerato insieme ad altri brani. Quindi, qual è il senso della frase: “nel mio nome?” Chiedere “nel nome di Gesù” non è una formula magica che, aggiunta ad una preghiera, costringe Dio ad esaudirci. A quel punto, Dio sarebbe il nostro servo, e noi saremo i sovrani. Ma non è così! Pregare “nel nome di Gesù” non è una frase che si aggiunge a qualsiasi preghiera, per garantire che Dio farà come Gli abbiamo chiesto. Invece significa almeno due cose: 1. chiedere per i Suoi meriti Prima di tutto, pregare nel nome di Gesù significa pregare per i Suoi meriti, riconoscendo che noi non ne abbiamo. Nessun di noi merita alcuna cosa buona da Dio. Quindi, dobbiamo chiedere per i meriti di Gesù. Se chiedo un favore al mio migliore amico, lo chiedo nel mio proprio nome, cioè riconoscendomi degno, visto che sono il SUO migliore amico, che mi venga fatto questo favore. Però, se devo chiedere un grande favore all'amico del mio amico, che non conosco personalmente, so di non meritare da lui nulla (visto che non mi conosce), e perciò, non gli chiedo nel mio nome, ma gli chiedo nel nome del mio amico. Allora, chiedere nel nome di Gesù necessariamente implica un cuore umile. Chi chiede nel nome di Gesù SA che, per conto suo, non merita nulla da Dio. Perciò, questa consapevolezza della propria insufficienza cambia anche la richiesta stessa. Infatti chi sa di non aver nessun merito, non pretende nulla, e non considera Dio come Colui che esiste per esaudire i nostri desideri. Sa che Dio è sovrano, e va ai piedi di Dio umilmente, pronto ad essere sottomesso alla Sua volontà. Tutti questi sono aspetti del pregare nel nome di Gesù. 2. chiedere secondo la volontà di Gesù Dobbiamo però considerare anche una seconda verità estremamente importante nel fatto di chiedere nel nome di Gesù. Chiedere nel nome di Gesù significa anche chiedere secondo la Sua volontà, non la nostra. È importantissimo capire questo principio. Ripeto: chiedere nel nome di Gesù significa chiedere secondo la SUA volontà, non la nostra. Un soldato semplice, che porta gli ordini dati dal comandante agli altri, chiede nel nome del comandante. Non chiede quello che vuole lui, chiede quello che è la volontà del comandante. Infatti, se dovesse chiedere quello che vuole lui, usando il nome del comandante per ottenerla, sarebbe colpevole di un grave reato. In 1Giovanni 5:14,15, leggiamo una chiara spiegazione di quali sono le preghiere che Dio esaudirà. Leggiamo. “14 Questa è la fiducia che abbiamo in lui: che se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce. 15 Se sappiamo che egli ci esaudisce in ciò che gli chiediamo, noi sappiamo di aver le cose che gli abbiamo chieste.” (1Giov 5:14-15) Avete notato la frase: “se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce”? Chiedere nel nome di Gesù DEVE essere secondo la SUA volontà, non la nostra. Quindi, se preghiamo per ottenere qualcosa che desideriamo tantissimo, ma se non è la volontà di Dio, non possiamo chiederla nel nome di Gesù. Se preghiamo per quello che vogliamo noi, e aggiungiamo le parole, “nel nome di Gesù”, siamo come i pagani, usando quelle parole come un talismano, cercando di controllare Dio. Quindi, ricordiamo che chiedere nel nome di Gesù significa chiedere con umiltà, sapendo di non meritare alcuna cosa buona da Dio, e questo atteggiamento ci aiuta ad accettare qualsiasi cosa che Egli ci darà. Significa anche chiedere secondo la volontà di Cristo, non seconda la nostra volontà. Affinché il Padre sia glorificato Allora, qual è il senso di Giovanni 14:12-14? Per capire correttamente questo brano, dobbiamo leggerlo tutto, e leggere anche il suo contesto. “12 In verità, in verità vi dico che chi crede in me farà anch’egli le opere che faccio io; e ne farà di maggiori, perché io me ne vado al Padre; 13 e quello che chiederete nel mio nome, lo farò; affinché il Padre sia glorificato nel Figlio. 14 Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.” (Giov 14:12-14) Notiamo che le richieste che facciamo qua sono legate al fare opere per la gloria di Dio, e infatti, il MOTIVO per cui Gesù ci esaudisce è per glorificare il Padre. Gesù non risponde ad ogni nostra richiesta. Risponde se la richiesta glorificherà il Padre. Infatti, in Giacomo 4:2-4 leggiamo: “2 Voi bramate e non avete; voi uccidete e invidiate e non potete ottenere; voi litigate e fate la guerra; non avete, perché non domandate; 3 domandate e non ricevete, perché domandate male per spendere nei vostri piaceri. 4 O gente adultera, non sapete che l’amicizia del mondo è inimicizia verso Dio? Chi dunque vuol essere amico del mondo si rende nemico di Dio.” (Giacomo 4:2-4) Non avete perché non domandate, ovvero, perché non pregate, e se domandate spesso non ricevete, perché domandate per spendere nei vostri piaceri. Quando chiediamo per ottenere quella che è la nostra volontà, Dio non risponde. Torniamo agli esempi che ho dato all'inizio di questo studio. Pensiamo all'uomo che lavora in proprio e la sua attività comincia ad andare molto male, e si ritrova con tanti debiti. Egli prega Dio affinché salvi la sua attività. Sta pregando affinché Dio risolva i suoi problemi. Non sta cercando la gloria di Dio. Nell'esempio del genitore che ha un figlio che spiritualmente cammina male (che è ribelle), quel credente chiaramente vuole che suo figlio sia salvato. È buono pregare per la salvezza dei nostri cari. Però, in un certo senso, quella preghiera può essere anche un frutto di egoismo, perché quel genitore non sta cercando per prima cosa la gloria di Dio. Non gli pesa il fatto che tanti altri genitori hanno figli ribelli. Egli vuole che SUO figlio sia salvato. Sta pensando, in fin dei conti, a se stesso. Poi ho fatto l'esempio del credente con il figlio con una grave malattia. Il genitore vuole che il figlio sia guarito, perché vuole il piacere di goderlo per tanti anni ancora. Però, nemmeno questa richiesta è cercare la gloria di Dio. È una preghiera per non dover subire la sofferenza della morte di una persona cara.    Poi c'era il credente che chiedeva l'intervento di Dio affinché potesse comprare la casa che gli piaceva tanto. Anche qua, il credente sta cercando di ottenere da Dio quello che sarebbe il suo gradimento. Non sta cercando in primo luogo la gloria di Dio. Quindi, non dobbiamo credere la terribile menzogna che basta pregare aggiungendo la frase “nel nome di Gesù” e possiamo essere sicuri che Dio ci darà quello che Gli chiediamo. Chiedere nel nome di Gesù significa chiedere che sia fatta la Sua volontà e significa anche farlo con un cuore umile, che quindi cerca non il proprio comodo, ma la gloria di Dio. Un brutto risultato Che cosa succede, quando uno crede la menzogna che Dio esaudirà qualsiasi sua richiesta? Quando Dio NON esaudisce quella preghiera, la fede di quel credente viene fortemente scossa. Egli sta molto male, e solitamente, o cade in grave depressione spirituale, oppure, si arrabbia con Dio. Perciò credendo a quella menzogna quel credente rimane deluso di Dio. Giov. 15:5-7,16 Quindi, è importante capire il senso vero dei principi di Giovanni 14. Per capire meglio questo discorso, esaminiamo qualche altro brano in cui Gesù parla della preghiera. Questi brani fanno parte del contesto di Giovanni 14. Giovanni 15:5-7 “5 Io sono la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro, porta molto frutto; perché senza di me non potete far nulla. 6 Se uno non dimora in me, è gettato via come il tralcio, e si secca; questi tralci si raccolgono, si gettano nel fuoco e si bruciano. 7 Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi, domandate quello che volete e vi sarà fatto.” (Giov 15:5-7) Qui, Gesù insegna che dobbiamo dimorare in Lui, e che lo scopo è affinché possiamo portare molto frutto. Poi, Egli dichiara che solamente se dimoriamo in Lui e se le sue parole dimorano in noi, sarà fatto quello che domandiamo. Questa è una condizione importantissima. “Dimorare in Cristo” significa essere in una condizione di umiltà, di santità di vita e di sottomissione alla sua volontà. Quando le parole di Cristo dimorano in noi, esse ci esortano a conoscere e a seguire la Parola di Dio. Quindi, non viviamo più per la nostra volontà, ma per la sua. Solamente se ci ritroviamo in questa condizione possiamo domandare a Dio quello che vogliamo e ci sarà fatto, perché significherà che domanderemo quella che è la volontà di Dio. Un altro versetto importante è Giovanni 15:16 “Non siete voi che avete scelto me, ma sono io che ho scelto voi, e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; affinché tutto quello che chiederete al Padre, nel mio nome, egli ve lo dia.” (Giov 15:16) Gesù risponde alle nostre preghiere quando servono per portare frutto che rimane in eterno. Ostacoli alle nostre preghiere È importante menzionare alcuni ostacoli alle nostre preghiere. L'orgoglio Una cosa che ostacola sempre la preghiere è l'orgoglio. Se abbiamo orgoglio, Dio si allontana da noi. “Il SIGNORE è vicino a quelli che hanno il cuore afflitto, salva gli umili di spirito.” (Sal 34:18) Quando abbiamo orgoglio non confessato, Dio resta lontano da noi. Possiamo fare bella figura davanti agli altri, possiamo apparire di essere zelanti, possiamo pregare tanto, ma sarà tutto inutile, tutto invano. Fino a quando non confessiamo il nostro orgoglio, Dio resterà lontano da noi. Mancanza di fede Un altro ostacolo alle nostre preghiere è la mancanza di fede, come leggiamo in Giacomo 1. “5 Se poi qualcuno di voi manca di saggezza, la chieda a Dio che dona a tutti generosamente senza rinfacciare, e gli sarà data. 6 Ma la chieda con fede, senza dubitare; perché chi dubita rassomiglia a un’onda del mare, agitata dal vento e spinta qua e là. 7 Un tale uomo non pensi di ricevere qualcosa dal Signore,” (Giac 1:5-7) Questo brano ci insegna l'importanza della fede. Chiaramente, dobbiamo ricordare le altre verità che abbiamo visto. Se prego qualcosa che non è secondo la volontà di Dio, posso avere la fede più grande del mondo, ma Dio non mi risponderà. Però, dall'altro lato, quando preghiamo secondo la volontà di Dio, è importante avere fede in Dio. Così, Dio viene glorificato, e noi saremo edificati. La Preghiera fatta con egoismo Abbiamo già menzionato prima che Dio non risponde alle preghiere fatte con egoismo, cioè, alle preghiere attraverso le quali vogliamo ottenere qualcosa NON per la gloria di Dio, ma perché è il nostro desiderio. Questo è ciò che ci dice Giacomo 4, quando parla delle preghiere fatte per spendere nei piaceri. Dobbiamo pregare, invece, per la gloria di Dio. Come conoscere la volontà di Gesù Visto che la preghiera che Dio esaudisce è quella preghiera fatta secondo la sua volontà, come possiamo sapere qual'è la volontà di Dio? Dio ci ha già rivelato molto della sua volontà, e ci insegna anche il modo in cui pregare quando non la conosciamo. Prima di tutto, come dobbiamo pregare quando non siamo sicuri della volontà di Dio? Sappiamo quasi sempre quello che vorremmo noi, ma come dobbiamo pregare quando non siamo sicuri della volontà di Dio? Gesù stesso ci dà un esempio di come pregare in questi casi in Matt. 26:39; Marco 14:36; Luca 22:42. Leggo da Matteo. “E, andato un po’ più avanti, si gettò con la faccia a terra, pregando, e dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non come voglio io, ma come tu vuoi».” (Mat 26:39) Nella sua umanità, Gesù non voleva affrontare la sofferenza che sapeva di dover subire sulla croce. Però, il suo desiderio più forte rispetto al non voler subire quelle sofferenze, fu quello di voler fare la volontà del Padre. Quindi, ha esposto a Dio il suo desiderio, ma chiese che fosse fatta la volontà di Dio. Ed è così che anche noi dobbiamo pregare, quando non conosciamo con certezza la volontà di Dio in una certa situazione. Certamente possiamo portare tutti i nostri pesi a Dio, e anche dirGli quello che sarebbe il nostro desiderio, però poi dobbiamo confidare nella sua perfetta saggezza, e chiedere che sia fatta la Sua volontà. Conclusione La preghiera è una parte essenziale della vita cristiana e della nostra crescita. La preghiera è la nostra comunicazione con Dio, mentre lo studio della Bibbia è ascoltare Dio che ci parla. E importante pregare, però, è importante pregare nel modo che Dio stabilisce, per le cose giuste. L'unico vero accesso a Dio che abbiamo è quello per mezzo di Gesù, per merito di Cristo. Non solo, ma dobbiamo pregare secondo la SUA volontà, non secondo la nostra. Quando non siamo sicuri della volontà di Dio, è importante accettare la sua volontà, anche se è il contrario di quello che vorremmo noi. Infatti noi non sappiamo qual è la cosa migliore. Dobbiamo avere fede che la volontà di Dio è la cosa perfetta, anche se non siamo in grado di capire tutto quello che Dio sta facendo. Preghiamo, chiedendo che la volontà perfetta di Dio sia fatta! Preghiamo poi con fede, fede che Dio ci ascolta e ci esaudisce sempre, secondo la sua perfetta volontà. Non dimentichiamo che la preghiera non serve solo per fare richieste a Dio. Anche il ringraziamento ne è una parte molto importante. Inoltre, la preghiera serve anche per confessare i nostri peccati. E serve poi principalmente per chiedere che Dio sia glorificato. Le nostre richieste dovrebbero sempre essere per la gloria di Dio. Oh che possiamo diventare un popolo che prega sempre di più, non vedendo Dio come un servo celeste che esiste per darci quello che vogliamo noi, ma essendo spinti dal desiderio di vedere il nostro grande Dio glorificato! La nostra vera gioia, quella che ci riempirà per tutta l'eternità, consisterà nel vedere Dio glorificato. Quindi, che la gloria di Dio sia il desiderio del nostro cuore! Marco deFelice "Questa è la fiducia che abbiamo in lui: che se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce. Se sappiamo che egli ci esaudisce in ciò che gli chiediamo, noi sappiamo di aver le cose che gli abbiamo chieste" (1 Giovanni 5:14-15) «Ti è piaciuto questo articolo? Non perderti i post futuri seguendoci»

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domenica 21 febbraio 2010
Unknown

Confessioni di un condannato a morte



E' una testimonianza forte, lo dico subito. Ma vale la pena leggerla, per capire cosa possa essere il perdono di Gesù, quanto posa essere grande.
Questa testimonianza mi ha ricordato l'episodio del ladrone:

Luca 23,39-43
39 Uno dei malfattori appesi lo insultava, dicendo: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!»
40 Ma l'altro lo rimproverava, dicendo: «Non hai nemmeno timor di Dio, tu che ti trovi nel medesimo supplizio?
41 Per noi è giusto, perché riceviamo la pena che ci meritiamo per le nostre azioni; ma questi non ha fatto nulla di male».
42 E diceva: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno!»
43 Ed egli gli disse: «Io ti dico in verità, oggi tu sarai con me in paradiso».

Il Suo perdono è qualcosa di incredibile.
Se vi va, leggete. Alla fine, si rimane solo in silenzio.

Da qui.



CONFESSIONE DEI MIEI CRIMINI

Ai famigliari e agli amici di Robert, Paul Bower, Vonda Bellofatto, mia madre, Paul Lee Bellofatto, mio patrigno (le tre persone uccise da Sean, n.d.t.).

Anzitutto devo scusarmi per non avervi scritto prima una confessione . Per giustificarmi posso dire che non capivo la necessità di farlo. Non sapevo che fosse importante perché nessuno me lo ha mai detto. Oltre a ciò, molte persone hanno fatto di tutto per tenere una barriera tra noi. Sono stati i miei avvocati, che cercavano di proteggermi legalmente, i miei amici,che non capiscono il dolore che io ho causato, e anche voi che non siete mai venuti a chiedermi il perché e il come, o a vedere se non c’era in me un qualche pentimento. Se avessi capito prima quanto è importante parlarvi di ciò che è accaduto, lo avrei fatto da molto. Vi prego di perdonarmi prima di tutto per questo.

Questa non è una testimonianza. So che a voi non importa del mio “stato spirituale”, e non volete sentirmi dire che mi sono gettato alle spalle i miei misfatti. So che a voi sembra che voglia scrollarmeli di dosso. Non è così. Questa mia confessione non ha altro scopo che offrirvi le risposte che meritate e meritavate molto tempo fa. Voglio anche che capiate che vi sto solo spiegando come sono andate le cose e non voglio affatto imputare la colpa ad altri. Ci sono dei motivi per cui ho fatto ciò che ho fatto, ma sono stato io a farlo e la responsabilità, al di là dei motivi, E’ SOLO MIA .

Non ero una persona crudele. Non ho ucciso perché provavo piacere nel causare dolore. Ho avuto degli animali tutta la vita e volevo diventare veterinario. Non ero un attaccabrighe, né ho mai provocato zuffe o picchiato persone deboli. Ho partecipato a lotte solo per difendere persone aggredite. Da bambini si provano solo dei sentimenti. Da adulti guardiamo alla nostra adolescenza e comprendiamo ciò che provavamo e perché lo provavamo. C’era molta rabbia in me da bambino. Non me ne rendevo conto, ma c’era.

Mamma mi ha avuto a 16 anni, così quando lei aveva 21 anni io ne avevo 5. Non mi ricordo molto di prima di quell’età, ma proprio a cinque anni lei mi lasciò con suo padre, mia nonna Geneva, e i miei bisnonni. Poi lei partì. Incontrò Lee, il mio “papà” per tutta la vita, e andò via. La rivedevo solo ogni 2 o 3 settimane, quando lei poteva. Poi ogni volta lei e papà ripartivano, io sorridevo, salutavo, andavo in bagno, chiudevo la porta e piangevo. Ogni volta così. Non mi sono mai lasciato vedere da nessuno

A scuola ero Sean Sellers. Ma i miei nonni si chiamavano Blackwell, mia madre e mio padre si chiamavano Bellofatto. Non sapevo cosa accidenti fosse un “divorzio”, o perché avevo un nome diverso. Ciò che sapevo era che in quella cittadina ero l’unico ad avere un nome diverso dai genitori. Ero diverso. E alle elementari nessuno vuole essere diverso.

A 8 anni, papà e mamma si trasferirono a L. Angeles, e io andai a vivere con loro. Senza esagerazioni la scuola dove andai a L. A. era grande quanto il paese dove abitavo con i nonni. Detestavo quella nuova condizione. Bambini che parlavano spagnolo a scuola, noi che vivevamo nell’appartamento di una zia di papà, dove i bambini non erano ben accetti, per cui dovevo stare sempre buono.

Venivo da un posto dove potevo correre dappertutto, salire sugli alberi, conoscere le persone. Ora dovevo stare dentro l’appartamento o nel cortile del palazzo, facendo da bravo, non dando confidenza a nessuno e subendo continuamente rimproveri. Nella casa della zia Terrie non c’era posto per bambini. Venivo sempre sgridato perché facevo chiasso, o per paura che rompessi qualcosa. A scuola ero tiranneggiato da ragazzi venti cm più alti di me, in gruppo. Questo fu il mio incontro con le gang. Ero un ragazzo bianco di una cittadina dell’Oklahoma tra i messicani di Los Angeles. Prima di allora non avevo mai avuto paura di andare a scuola. Un giorno nel palazzo un parente mi molestò. Mi costrinse a … (omesso). Non lo dissi mai a nessuno. Pensavo di essere finito nei guai, e mi vergognavo. Non stemmo molto là e io tornai in Oklahoma dai nonni, ma c’era in me MOLTA rabbia per ciò che avevo vissuto. Negli anni successivi mamma e papà mi prendevano e mi portavano qua e là. Non stavamo in una casa più di qualche mese, o in una città più di un anno. Così frequentai diverse scuole e non ebbi mai amicizie durature. Questo fece montare in me molto risentimento.

Poi c’erano cose come il carattere di mamma. Mi sculacciava con una cintura e mi colpiva anche in altri modi. Mi dava schiaffi in faccia, mi “ammaccava la bocca” con il palmo della mano che mi faceva sbattere le labbra contro i denti. Faceva così per farmi smettere quando facevo il prepotente, rendendomi la bocca livida. Così riusciva a farmi star zitto. Mi colpiva la testa con cucchiai di legno, manici di coltello da macellaio, spazzole da capelli, tutto ciò che si trovava in mano. Sempre perché facevo qualcosa di sbagliato o mi agitavo mentre lei mi tagliava i capelli. SMACK! “Stai fermo accidenti!” Non sapevo mai perché venivo colpito, così imparai a stare molto attento con mamma. Camminavo in punta di piedi e la evitavo quando potevo. Cercavo di stare nella mia stanza il più possibile. La odiavo tanto quanto la amavo.

Così da teenager avevo MOLTA rabbia dentro. Qualche volta essa montava in me ed esplodeva. Andavo nella mia stanza e strappavo qualcosa o andavo fuori e prendevo a calci un albero finché mi facevo male. A tredici anni un nipote di papà, Steven, venne ad abitare con noi. Mi piaceva molto Steven. Aveva 18 anni e mi iniziò al Ninjutsu. Entrai nelle arti marziali e nelle pratiche Ninja, vedendo in Steven qualcosa che io desideravo. A papà piaceva. Steven era insensibile, rude, gli piaceva il mondo militare, e papa parlava con lui spesso. Papà non passò MAI del tempo solo con me. La volta che stemmo più tempo vicini fu quando mi disposi di aiutarlo ad aggiustare qualcosa intorno alla casa. Non avevo preso coscientemente questa decisione, ma guardando indietro mi accorgo oggi che volevo essere come Steven per piacere a papà.

Per questo motivo approfondii le mie conoscenze del mondo Ninjutsu. Ma ciò non mi fece ottenere quello che speravo. Finii ad abitare con mia zia Debbie e zio James per un periodo e James pensava che il Ninjutsu fosse una stupidaggine. Mi ridicolizzava, mi prendeva in giro e pensava che ero uno stupido a spendere soldi per lezioni di arti marziali. Rise quando seppe che il mio istruttore si era rotto una mascella in una rissa al bar. Tutto questo, più un nuovo cambio di scuola nel mezzo dell’anno scolastico, si sommarono alla mia rabbia. I libri che trovavo sul Ninjutsu dimostravano modi per uccidere le persone. Il Ninjutsu non è mai stata un’arte di sola difesa. Oggi si è evoluta in questo senso, ma originariamente I Ninja erano soldati la cui arte era l’assassinio. Nient’altro. I libri che stavo leggendo sul Ninjutsu parlavano molto di come uccidere le persone. C’erano fotografie che mostravano passo per passo con istruzioni come uccidere un uomo con un coltello, un bastone o a mani nude. Non c’erano dimostrazioni di autodifesa, ma modi di tendere imboscate e uccidere. Questa filosofia era lo Zen.

Quando il film First Blood uscì, andammo tutti a vederlo. Io, mamma, papa, e Steven. Steven e papà lo gradirono. Quando uscì Rambo, il romanzo, Steven lo comprò. Io lo lessi. John Rambo era un buddista. Scelse quella religione perché gli insegnava come uccidere senza soffrire di rimorsi di coscienza. Lo Zen nei libri di arti marziali insegnava le stesse cose. È una filosofia secondo la quale il “karma” governa la vita. È il karma di qualcuno morire ed è il karma di qualcun altro uccidere. Tutto qui. Papà aveva ucciso delle persone nel Vietnam. Essere capace di farlo e non provare fastidio per questo era un segno di forza per lui. Quando seppe che Martin Sheen aveva avuto un esaurimento nervoso facendo “Apocalypse Now”, disse, “il film non era nulla. Avrebbe dovuto essere là per davvero” e questo era il suo modo per dire che l’attore era debole. Volevo essere come mio padre e per quanto possa sembrare folle, ciò voleva dire avere la forza di uccidere. Non avevo intenzione di uccidere qualcuno, volevo solo avere la forza di farlo. Volevo essere come papa ed essere anch’io capace di alzare le spalle e dire,”Non è difficile uccidere”. Lo sentii dire queste parole a Steven, ed ero sicuro che lo aveva fatto davvero.

A 15 anni vivevamo in Colorado, dove mi trovavo molto bene. Mi ero arruolato nell’aviazione civile ed ero capo cadetto del mio squadrone. Papà era orgoglioso di me per quanto stavo facendo nell’aviazione. Avevo messo da parte le pratiche Ninja. Ma presto ci trasferimmo di nuovo. Implorai i miei di farmi restare. Niente da fare. tornammo in Oklahoma e tutto cambiò. Fu l’ultima goccia per me. Per la prima volta ero davvero, DAVVERO felice nel Colorado, ma era tutto finito. Qualcosa si ruppe in me e tutta la mia rabbia si trasformò in disprezzo. Per un po’ smisi di cercare di farmi nuovi amici a scuola. Lavoravo senza parlare con nessuno. Fu allora che cominciai a praticare l’occultismo. Incontrai una strega, imparai la magia nera, e mi interessai al Satanismo. Ero furioso con Dio. Non mi piaceva Dio per il modo in cui lo percepivo e il materiale che lessi sul satanismo diceva due cose che mi attraevano. 1° offriva libertà e 2° mi prometteva il potere di controllare la mia vita e quella degli altri. Ero stato trascinato qua e là per tutta la vita, schiaffeggiato, picchiato e ogni mia richiesta veniva ignorata. Ero furioso e l’idea di controllare la mia vita per ottenere quel che volevo era una manna per me. In più guardavo la vita di chi mi stava intorno e vedevo che gli insegnamenti letti sulla Bibbia satanica erano vissuti inconsapevolmente dai miei genitori e da tutti quelli che conoscevo. Nessuno era un vero cristiano. Non andavamo mai in Chiesa. Non abbiamo mai parlato di Dio. Mamma e papà imprecavano come se fossero stati per anni camionisti. Mamma mi comprò una scatola di preservativi quando avevo 13 anni, papà mi disse di usarli, rubavamo merce dal camion dove papà lavorava, ho visto mamma mentire in faccia alle persone per fare affari o vendere qualcosa, i miei zii insieme a papà e mamma fumavano erba, compravano pasticche. Come si può pretendere di servire Dio quando si vive da satanisti? Il satanismo mi insegnava che dovevo farmi io le regole per vivere la mia vita, e questo era esattamente ciò che facevano coloro che mi circondavano. Mi addentrai sempre di più nel satanismo. Pensavo che fosse un onesto modo di vivere e i riti satanici mi avrebbero presto messo in grado di controllare la mia vita. Allora non volevo uccidere nessuno. Questo desiderio sarebbe sopraggiunto più tardi.

Quando cominciai a praticare quei riti, mi trovai ad avere qualche problema. Da bambino sentivo delle voci in testa. Una delle ragioni per cui non parlai con nessuno delle molestie di Los Angeles fu che una di quelle voci mi diceva di non farlo. Quelle voci erano solo una parte del mio modo di pensare e non detti mai ad esse molta importanza. Ma quando cominciai quei riti quelle voci cambiarono. Cominciarono a sembrare diverse e come satanista decisi che erano demoni. I demoni erano esseri che facevano ciò che io volevo. Erano la chiave del potere che il satanismo mi prometteva, così non avevo paura di loro. Ma altri fatti cominciarono ad accadere. Ogni tanto avevo dei Black out di memoria, per cui non ricordavo ciò che stavo facendo. Mi sentivo anche molto vuoto dentro. E freddo. Quella rabbia divenuta disprezzo si stava trasformando in freddo odio verso mia madre in particolare e di riflesso verso mio padre.

Prima di continuare è importante che sappiate questo. Una volta provai ad uscire dal satanismo. Non mi piaceva ciò che stava accadendo dentro di me ed avevo paura. Chiamai un consulente spirituale in TV. Parlai con un prete cattolico. Andai ad un incontro cristiano di preghiera. Ma avevo “venduto l’anima” a Satana e pensavo di avere il destino segnato. Nessuno sapeva come aiutarmi, perché nessuno aveva esperienza in merito. Volevo davvero uscirne e quando scoprii che non potevo avevo due possibilità.

1° andare all’inferno come quei ipocriti che vivevano secondo i principi satanici ma non lo adoravano;

2° continuare ad adorare Satana e governare quegli ipocriti all’inferno. Cosi tornai all’occultismo. O Signore, come vorrei non averlo fatto!

Dopo ciò le cose peggiorarono. Ero molto confuso. Dissi a mamma che stavo diventando pazzo. Lo dissi ad un insegnante a scuola, la Sig.ra Noel che insegnava recitazione. Ne parlavo anche con il mio migliore amico, Richard Howard, con il quale cominciammo a trattare strani argomenti. Non so di preciso quando cominciò il tutto. Eravamo entrambi coinvolti nel satanismo e Richard sembrava il più entusiasta. Parlava di rapire la sua ex ragazza, di rapinare il suo capo (una donna) della borsa di denaro che portava in banca tutte le notti e di ucciderla. Stavo bene con lui. Mi divertivo a parlare di cose cattive tanto quanto si divertiva lui. Progettavamo furti, rapimenti e violenze, ma MAI con l’intento di portare veramente a termine questi atti. Dicevamo “non sarebbe divertente farlo?” e ci ridevamo su.

La volta che veramente ci avvicinammo a compiere ciò che progettavamo fu per la borsa del suo capo. Ci appostammo alla cassa continua dove si depositava la borsa col denaro. Osservammo attentamente e studiammo nei dettagli il piano. Richard voleva che fossi io a compiere materialmente la rapina perché praticando il Ninjutsu ero in grado di piombare d’improvviso sulla donna per rapinarla.

Fu durante una di queste conversazioni, dopo un rito satanico notturno nel cortile della casa di Richard, che decidemmo di uccidere Paul Bower. Vorrei potervi raccontare come arrivammo a questa decisione ma l’unico ricordo che ho di quella notte è della nebbia e di me e Richard che parlavamo. R. prese le armi. Il revolver 357 del padre, caricato con 5 proiettili che mi sembravano palline vuote, e il fucile del fratello.

Diverse volte avevamo parlato di uccidere il padre della sua ragazza, Al Hawks. Richard lo voleva morto perché una notte aveva picchiato Tracy ferendola al viso dopo averla scoperta al telefono con lui. Pensavo che quella notte avremmo ucciso Al, ma per qualche motivo avevamo deciso di uccidere prima Paul Bower. Non ricordo esattamente ma forse l’idea era che io andassi da solo ad uccidere Paul Bower e Richard Al Hawks, così che nessuno avrebbe potuto testimoniare dell’omicidio dell’altro.

Fu Richard a scegliere Paul Bower. Io non lo conoscevo nemmeno. Io dicevo che volevo sapere cosa si provava ad uccidere qualcuno. Lo avevo detto tante volte, ma non era questo il motivo per cui stavamo per uccidere quest’uomo.

Faceva il turno di notte in un remoto locale dove una volta Richard si fermò a chiacchierare a lungo, di ritorno da una visita a Tracy. Dopo ciò Richard pensava che Paul gli avrebbe venduto della birra (negli USA non è consentito vendere alcolici ai minorenni, n.d.t.). Così andammo là una volta insieme ma Mr. Bower rifiutò di darci birra e ciò rese Richard furioso. Questo lo qualificò come qualcuno che ci sarebbe piaciuto uccidere, così parlammo di lui in quella conversazione sugli omicidi. Quella notte decidemmo in qualche modo di farlo veramente. Sarebbe stata un’offerta a Satana per accreditarci ai suoi occhi.

Andammo al locale e Richard parlò con Mr. Bower per circa un’ora. Ordinammo bibite e chiacchierando gli chiedemmo se c’erano delle telecamere nel locale. Non era pericoloso? Qualcuno avrebbe potuto ucciderlo e derubarlo. Paul non era preoccupato. Non c’erano mai più di 50 $ in cassa, il resto veniva messo al sicuro. Nessuno lo avrebbe ucciso per così poco. Richard ed io ci lanciavamo sguardi divertiti. Pochi clienti entrarono e uscirono. Finalmente Paul uscì per vedere la frizione nella macchina di Richard (ne avevamo appena fatta mettere una nuova e Paul voleva vederla). Richard mi guardò e disse “adesso!”. Presi la pistola e li seguii all’interno del pub, ma raggelai prima di entrare. Giravo fuori dal locale. Non riuscivo a farlo, non potevo. Allora sentii la voce in me che mi diceva che ero un debole. Ero un codardo. Qualcosa scattò a quel punto nella mia mente. L’unico modo in cui posso descrivere quel che mi accadde è il seguente: un secondo prima pensavo che non potevo farlo e d’un tratto mi ritrovai freddo e determinato, senza cuore e malvagio. Girai attorno ritto in piedi, aprii la porta ed entrai.

Richard mi vide e tenendo qualcosa in mano chiese “quanto fa questo?” .Paul Bower stava prendendo un caffè. Avvicinò la tazza alla bocca, bevve, disse qualcosa e poggiò la tazza sotto il bancone.

Quando si alzò, sollevai la pistola fino al bancone, mirai alla testa e appena egli guardò verso di me sparai. Lo mancai. scappò e io sparai di nuovo. Cadde e lo mancai. Lo sentii urlare. Poi afferrò una giacca che usava quando entrava nella cella frigo e, tenendola in alto con entrambe le mani, cerco di ripararsi correndo avanti indietro al bancone. Vidi i suoi occhi terrorizzati oltre la giacca e sentii Richard che diceva “ora “. Io sparai, Paul Robert Bower cadde all’indietro. Il suo sangue si sparse da per tutto. Non si muoveva. Quando mi girai Richard stava cercando di aprire la cassa.” Andiamo via” gli gridai, ma non si mosse. Feci qualche passo e gli urlai di nuovo di andare via. Spalancò la porta e uscimmo di corsa. In macchina ridemmo dell’accaduto; un modo ancora peggiore del fatto in sé. Vorrei sempre omettere questa parte ma non lo farò. Non voglio permetterlo. Ridevamo dell’accaduto. Uccidemmo quell’uomo e sghignazzavamo come fosse stato uno scherzo. Non so perché, ma non andammo da Al Hawks subito dopo come avevamo pensato. Richard rimise apposto la pistola di suo padre.

Io avevo ucciso qualcuno. Qualche volta volevo dirlo a papà perché fosse orgoglioso della mia forza. Mi avrebbe visto come un forte e non come un debole. Ogni tanto mi dimenticavo di ciò che avevo fatto. Non vivevo nella consapevolezza di aver ucciso qualcuno. La maggior parte delle volte non mi accorgevo nemmeno di quanto era accaduto. Era ancora quella scintilla nella mia testa. La parte di me che non sapeva uccidere non sapeva di averlo fatto, poi BLINK! La parte di me che sapeva uccidere si ricordava tutto. Questo è il miglior modo per spiegare il mio stato d’animo. Quando ero “quella” persona, quell’assassino, mi sentivo superiore. Disprezzavo le persone con la segreta consapevolezza che avevo ucciso ed ero capace di uccidere anche loro. Quando non ero quella persona, ero un normale, confuso teen ager, che andava a scuola, lavorava, faceva scuola guida, ancora pieno di rabbia, che non vedeva l’ora di compiere 18 anni per andare via da casa.

La vita diventava sempre più stressante. Incontrai e mi innamorai di una ragazza di nome Angela. Mamma la odiava. La odiava davvero. Angela aveva abbandonato la scuola. Aveva 15 anni, fumava e penso che mamma vedesse in lei molto di sé stessa. Mamma rimase incinta di me a 15 anni. Sparlava sempre di Angela con me. La chiamava …, diceva di lei che era una poco di buono, una perdente e faceva di tutto per impedirmi di vederla.

Dopo una vivace discussione con Richard a casa, mentre papà e mamma si preparavano ad uscire con degli amici, mamma mi disse : “vuoi andartene? Fai pure, prendi i tuoi stracci e vai al diavolo”. Dopo che furono usciti fu esattamente ciò che io e Richard facemmo. Me ne andai. Ma quella notte papà venne al lavoro, prese le chiavi del mio furgoncino e mi disse di tornare a casa dopo il lavoro. Il giorno seguente fui costretto a tornare a casa. Mia madre voleva rispedirmi in California dal mio vero padre, Rick Sellers, ma papà non voleva. Così non andai. Facevo tutto ciò che mi veniva ordinato di fare.

Dopo questo episodio le cose peggiorarono ancora. Mamma continuava a sproloquiare su Angela, e una volta venimmo persino alle mani. Non era una vera e propria lotta. Mamma mi urlò come al solito, ma ora io ero molto più grande di lei, e semplicemente la spinsi. Nel mentre quei lampi nella mia mente diventavano più frequenti e peggioravano. Non potevo andar via. Decisi di uccidere mia madre. Comprai del veleno per topi e lo misi nel suo caffè, ma la cosa non funzionò neppure dopo che le servii tre tazze di quell’intruglio. Ma dopo ciò un nuovo LAMPO nella mia mente e tutto cambiò. Parlammo, ma io volevo solo partire. Non volevo ucciderla. Poi un nuovo lampo e stavo di nuovo progettando la sua morte.

Una notte avvertii di nuovo quel lampo ed io ero di nuovo diventato quel freddo assassino che aveva ucciso Robert Paul Bower. Andai nella stanza dei miei prima che loro vi entrassero e presi la pistola dal cassetto di fianco al letto. La misi in camera mia ed attesi che loro andassero a dormire. Papà mi disse che avremmo risistemato insieme il motore del mio furgoncino. Quando loro erano a letto, andai nella mia stanza, feci un rito, indossai solo le mie mutande nere, e mi introdussi nella loro camera. Non c’era altro che freddo odio in me. Sentivo qualcosa come “Sean ha bisogno di liberarsi e questo lo libererà. Non c’è altro modo”. Non era un pensiero consapevole, ma solo una sensazione. Era come se quello fosse il pretesto, la motivazione che giustificava ciò che stavo per fare. Non stavo commettendo un omicidio. Stavo solo rimuovendo un ostacolo dalla mia strada. Stavo abbattendo la porta della mia prigione. Provavo comunque solo una sensazione di freddezza.

Misi la pistola vicino alla testa di papà e sparai. Immediatamente sparai di nuovo alla testa di mamma. La sua testa di sollevò, il collo si tese all’indietro e io feci ancora fuoco. Lasciai la pistola per terra nel corridoio e andai nella mia stanza. Provavo un gran sollievo. Era come se un enorme peso mi fosse stato sollevato dalle spalle. Mi feci una doccia, poi i miei lampi ricominciarono. Così frequenti da non lasciarmi dei chiari ricordi. Finii a casa di Richard, dove ci mettemmo d’accordo su come fare per la polizia. Non era tutto finito. Un nuovo lampo e piansi lacrime sincere, un altro ancora ed ero pronto a ricominciare lo show.

Vivo da 12 anni nella consapevolezza e nel rimorso per quei 3 omicidi. Non è importante, ma dopo anni di lavoro il continuo susseguirsi di flash è cessato. Ricordo chiaramente tutto ciò che fecero le due parti di me. I momenti che non ricordo sono quelli in cui la frequenza dei lampi era troppo forte. Era come un interruttore che si accendeva e si spegneva. Flick, Flick, Flick, ON, Flick, Flick, Flick, OFF. Ricordo solo gli ON e gli OFF, ma non ricordo i momenti intermedi.

Vedo gli occhi di Robert Paul Bower pieni di panico. Immagino il terrore dei suoi ultimi momenti di vita e mi chiedo quanto tempo sia rimasto agonizzante. Era cosciente? Come ho potuto farlo?

Sento le parole di papà che mi diceva che avremmo aggiustato il motore del mio furgoncino. Lo avremmo fatto insieme! Finalmente potevamo fare qualcosa io e lui. Vedo le cene di Natale che non potremo mai festeggiare. Vedo mia madre con un nipotino in braccio.

Questi sono i fantasmi con i quali vivo. Mi odio per tutto ciò che ho fatto e sono diventato. Non provo solo dei rimorsi, sono perseguitato. Penso a tutti quelli a cui ho fatto del male, ai momenti che ho rubato, so che merito di morire. Non è giusto che io continui a vivere mentre queste 3 persone non possono farlo. Tutto ciò che posso offrirvi sono le risposte al perché l’ho fatto, è dirvi che la mia vita è distrutta da quando l’ho fatto. Non importa quanto vivrò o dove vivrò, ho distrutto la mia vita quando ho ucciso Paul, papà e mamma.

Vi chiedo perdono. So che non lo merito e che voi mi odierete sempre, ma vi prego, sappiate che sono profondamente dispiaciuto. Perdonatemi per il dolore che vi ho causato.

Da tutto ciò spero che capiate cos’è accaduto e perché, ma non cercherò nessun tipo di giustificazione o attenuante; non contano i motivi, non contano le spiegazioni, io sono l’unico responsabile delle mie azioni e do la colpa solo a me stesso. Non ho nemmeno scritto tutto questo per accusare Richard per la sua parte. Ero il solo ad avere la pistola in mano, e come andarono le cose è irrilevante. Ve l’ho raccontato cosi, nel modo più onesto che potevo.

Vi prego di credere che per quanto vivrò sarò perseguitato da rimorso per i crimini che ho commesso. Considero la morte una grazia maggiore di quanto merito per il modo in cui ho vissuto. Fino a quel giorno voglio che sappiate che trascorrerò la mia vita cercando di toccare il mondo in modo positivo, cercando di restituire ciò che vi ho tolto. Questo è tutto ciò che posso offrirvi con le mie mani e il mio cuore. È tutto ciò che ho.

Vi prego di perdonarmi.

SEAN SELLERS

N.D.T. ; Sean Sellers, dopo essere stato condannato per tre omicidi commessi all’età di 16 anni, è stato giustiziato con un’iniezione letale il 4 Febbraio 1999, nello stato dell’Oklahoma, USA.

La sua storia dimostra che non le esperienze negative influenzano il comportamento, ma che allo stesso tempo le nostre azioni sono il frutto di scelte deliberate. L’onestà con la quale Sean racconta la sua vita in questo scritto testimonia del cambiamento avvenuto in lui in seguito alla sua conversione a Gesù Cristo.

Il “satanismo inconsapevole”, vissuto da molte persone nella ns. società, deve far riflettere sulla necessità di una chiara scelta tra il vivere secondo Dio o secondo le regole che ognuno di noi si fa per giustificare le sue azioni




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