Uno degli
aspetti più importanti della vita cristiana, ma allo stesso tempo, uno degli aspetti
più fraintesi, è la preghiera. Come è vero che la preghiera è uno degli aspetti
più importanti della vita cristiana, è altrettanto vero che è estremamente
facile sbagliare grandemente in questo campo. Un errore è quello di non pregare
abbastanza. È molto facile credere di non avere tempo di pregare. Questo è un
ragionamento sbagliato, perché alla base di questa convinzione c'è il pensiero
che non abbiamo veramente bisogno di Dio.
Però,
dall'altro estremo, uno può anche pregare tanto, ma pregare in modo sbagliato.
Vogliamo
esaminare alcuni brani della Bibbia che parlano della preghiera, affinché
possiamo averne un concetto più conforme alla Bibbia. Se preghiamo a modo
nostro, che però non è conformato alle verità che Dio ci ha lasciato nella
Bibbia, le nostre preghiere possono essere inutili, o peggio ancora, possono
essere un'offesa a Dio. Perciò, prestate molta attenzione alle verità che Dio
ci insegna nella sua parola sulla preghiera.
La Bibbia
insegna che dobbiamo pregare al PADRE. Troviamo questo insegnamento
ripetutamente, come anche quello che lo Spirito Santo prega per noi.
Ma la verità
che vogliamo considerare molto più a fondo in questo studio riguarda il fatto
che dobbiamo pregare nel nome di Gesù Cristo. Consideriamo, molto attentamente,
che cosa significa pregare nel nome di Gesù.
Chi può pregare?
La prima
verità da capire quando consideriamo la preghiera è: chi ha diritto di pregare?
Ovvero, chi può pregare, avendo la certezza biblica che Dio lo ascolterà?
Chiaramente,
oggi, come sempre, tante persone pregano. Ma il fatto che tante persone pregano
non significa che vengono ascoltate da Dio.
Secondo la
Bibbia, sono coloro che hanno Gesù Cristo come Signore e Salvatore, e perciò
come Sacerdote e Mediatore, che possono pregare.
Per esempio,
in Ebrei 4:14-16, che è stato scritto per coloro che hanno Cristo come
Sacerdote e Signore, leggiamo che è per mezzo di Lui che abbiamo accesso al
trono di Dio per essere soccorsi. Quindi, è per mezzo di Cristo che possiamo
pregare. Chi è senza Cristo non ha questo libero accesso al trono di Dio.
Leggiamo il brano.
“14 Avendo dunque un grande sommo sacerdote che è
passato attraverso i cieli, Gesù, il Figlio di Dio, stiamo fermi nella fede che
professiamo. 15 Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non possa
simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, poiché egli è stato tentato come
noi in ogni cosa, senza commettere peccato. 16 Accostiamoci dunque con piena
fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovar grazia ed
essere soccorsi al momento opportuno.” (Ebr 4:14-16)
Quindi,
solamente chi è un vero figlio di Dio ha diritto di pregare.
A CHI si deve pregare?
Quando
preghiamo, a chi dobbiamo rivolgere le nostre preghiere?
E' giusto
pregare solo a Dio Padre, o si dovrebbe pregare anche a Gesù e allo Spirito
Santo? Cosa ne dice la Bibbia?
In Matt. 6:9
Gesù ci insegna a pregare, e Lui ci dichiara chiaramente di pregare a Dio
Padre.
“Voi dunque pregate così: "Padre nostro che sei
nei cieli, sia santificato il tuo nome;” (Mat 6:9)
In Giov.
16:23 Gesù parla della preghiera al Padre.
“In quel giorno non mi rivolgerete alcuna domanda. In
verità, in verità vi dico che qualsiasi cosa domanderete al Padre nel mio nome,
egli ve la darà.” (Giov 16:23)
La Bibbia ci
insegna ripetutamente, sia con insegnamenti, sia con esempi, che dobbiamo
pregare a Dio Padre.
Allora, qual
è il ruolo di Gesù e qual è quello dello Spirito Santo?
Se dobbiamo
pregare a Dio Padre, che ruolo hanno Gesù Cristo e lo Spirito Santo?
Nel nome di Gesù
Gesù ci ha
insegnato di pregare nel suo nome. Fra poco esamineremo questo concetto.
Lo Spirito Santo
Per quanto
riguarda lo Spirito Santo, non esiste alcuna preghiera nella Bibbia rivolta
allo Spirito Santo, tranne una profezia in Ezechiele 37. Quindi, visto che non
esiste alcuna preghiera rivolta allo Spirito Santo, è chiaro che non dobbiamo
pregare a Lui. Ma qual è il suo ruolo?
Lo Spirito
Santo ha il ruolo di glorificare Cristo e di indicarci la giusta strada per
giungere a questo fine.
“Egli mi glorificherà perché prenderà del mio e ve lo
annuncerà.” (Giov 16:14)
Si può anche
leggere Giov. 14:14-26.
Quando un
grande faro illumina un palazzo di notte, se fa un buon lavoro, non lo si nota
neanche, ma si nota ed ammira solamente il palazzo. Similmente lo Spirito Santo
è come il faro: ci aiuta a vedere ed ammirare la persona di Gesù Cristo.
Inoltre, lo
Spirito Santo, prega per noi aiutandoci nel nostro debole ed incerto modo di
porgere le nostre preghiere, perché, Egli conosce Dio nel suo profondo.
“26 Allo
stesso modo ancora, lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché non
sappiamo pregare come si conviene; ma lo Spirito intercede per noi con sospiri
ineffabili; 27 e colui che esamina i cuori sa quale sia il desiderio dello
Spirito, perché egli intercede per i santi secondo il volere di Dio.” (Rom
8:26-27)
Che
consolazione!
Quindi, a
chi dobbiamo pregare? Dobbiamo pregare a Dio Padre, nel nome di Gesù Cristo.
per COSA si deve pregare?
Per che cosa
dobbiamo pregare? Possiamo pregare per qualsiasi cosa? Dio esaudisce ogni
preghiera? È possibile chiedere qualsiasi cosa nel nome di Gesù, oppure,
pregare nel nome di Gesù ci limita nelle nostre richieste?
Chiaramente,
nella carne, l'uomo prega per ottenere tutto quello che desidera. Prega per
avere buona salute o per una guarigione, prega per avere successo negli affari,
prega di superare gli esami a scuola, prega per avere sicurezza in viaggio,
prega per un buon tempo durante le vacanze.
Che cosa ne dice la Bibbia?
Esaminiamo
alcuni brani fondamentali sulla preghiera. Questi brani sono importanti per il
loro insegnamento, ma spesso vengono presi fuori contesto ed interpretati male.
Quando abbiamo un concetto sbagliato della preghiera, questo ci fa molto male
spiritualmente.
Giovanni 14
Consideriamo
per primo il brano in Giovanni 14:12-14. Leggiamolo.
“12 In
verità, in verità vi dico che chi crede in me farà anch’egli le opere che
faccio io; e ne farà di maggiori, perché io me ne vado al Padre; 13 e quello
che chiederete nel mio nome, lo farò; affinché il Padre sia glorificato nel
Figlio. 14 Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.” (Giov
14:12-14)
Prima di
esaminare con cura questi versetti, ricordiamoci che a volte siamo tutti
tentati di voler far dire alla Bibbia quello che ci è comodo. Cioè, nella
carne, abbiamo la tendenza di interpretare la Bibbia non in base a quello che è
realmente scritto, ma in base a quello che ci è comodo. Quindi, dobbiamo
sforzarci di dividere rettamente questo brano.
Alcuni
credenti, e purtroppo anche delle chiese intere, interpretano erroneamente
questo brano dicendo che noi possiamo chiedere qualsiasi cosa che desideriamo
nel nome di Gesù, e Dio sicuramente ci esaudirà. Questo implica che la frase
“nel nome di Gesù” diventa quasi una formula magica che ci fa ottenere quello
che vogliamo. Questa falsa interpretazione fa diventare Dio il nostro servo
celeste, soggetto ad ubbidire alla nostra volontà. Chi insegna questa falsa
interpretazione cita la parte del brano che dichiara: “quello che chiederete
nel mio nome, io la farò”, come se tutto l'insegnamento fosse racchiuso lì.
Chi crede a
questa menzogna, pensa che se preghiamo qualcosa con cuore, Dio la farà. Questo
è un pensiero molto falso, e molto pericoloso.
Pensiamo a
come una persona che crede a questa falsità potrebbe pregare in diverse
situazioni. Immaginate un credente che lavora in proprio. La sua attività
comincia ad andare molto male, e lui rischia di perdere tutto. Non solo, ma ha
anche dei grossi debiti con la banca legati all'attività. Citando questo
versetto, egli chiede a Dio di salvare la sua attività. Perciò questo credente
è sicuro, visto che ha pregato nel nome di Gesù, che Dio salverà la sua ditta.
In un
secondo esempio, un credente ha un figlio adulto ribelle, lontano dal Signore.
Il credente prega, citando questo versetto, e così è convinto che Dio salverà
suo figlio.
In un altro
esempio, un credente ha un figlio con una grave malattia. Il credente, prega, e
citando questo versetto, dichiara che è sicuro che Dio guarirà suo figlio,
visto che è convinto che si può ottenere qualsiasi cosa se la si chiede a Dio
nel nome di Gesù.
In un altro
esempio, un credente sta cercando di comprare una casa, e avendone trovato una
che gli piace tantissimo, prega, chiedendo a Dio di operare in modo che il
proprietario abbassi il prezzo abbastanza da permettergli di comprarla. È
convinto che Dio opererà per fargli ottenere quella casa al prezzo che
desidera.
Senza andare
ad analizzare questi esempi in dettaglio, considerate il principio che sta alla
base di questo modo di pensare. Se fosse vero che possiamo chiedere a Dio
qualsiasi cosa che desideriamo, avendo la certezza che Lui ci esaudirà
solamente perché abbiamo citato la frase “nel nome di Gesù”, allora, Dio
diventerebbe il nostro servo celeste, pronto ad esaudire ogni nostra richiesta.
Dio sarebbe soggetto alla nostra
volontà.
Se è così,
allora Gesù ha sbagliato quando ha insegnato il Padre Nostro, perché avrebbe
dovuto insegnarci a pregare:
“sia fatta
la nostra volontà, non la Tua”
Però, Dio
NON è il nostro servo, e NON esiste per esaudire le nostre preghiere come
vogliamo noi. Non dobbiamo pregare che
la nostra volontà sia fatta, ma che la volontà di DIO sia fatta!
Ci sono
tante verità bibliche che ci aiutano a capire questo principio.
Per esempio,
leggiamo Matteo 26:39, quando Gesù era nel Giardino:
“E, andato
un po’ più avanti, si gettò con la faccia a terra, pregando, e dicendo: «Padre
mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non come voglio
io, ma come tu vuoi».” (Mat 26:39)
Gesù,
nonostante i suoi diritti di Figlio di Dio, non chiese al Padre che cambiasse
la sua volontà per esaudire la propria richiesta. Piuttosto, rese nota la sua
richiesta al Padre, e poi, chiese che la volontà del Padre fosse fatta, non la
sua.
In Luca 22,
Gesù stava preparando i discepoli per la sua morte. Egli spiegò a Pietro che
sarebbe stato provato duramente. Notiamo che Gesù non chiese che Pietro potesse
evitare la prova, pregò solamente per la fede di Pietro. Vi leggo.
“31 «Simone,
Simone, ecco, Satana ha chiesto di vagliarvi come si vaglia il grano; 32 ma io
ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno; e tu, quando sarai
convertito, fortifica i tuoi fratelli».” (Luca 22:31-32)
Gesù NON ha chiesto che Dio gli
togliesse la prova.
In
Apocalisse 2, Gesù sta parlando alle sette chiese. Notiamo quello che dichiara
alla chiesa di Smirne.
“8
«All’angelo della chiesa di Smirne scrivi: Queste cose dice il primo e
l’ultimo, che fu morto e tornò in vita: 9 Io conosco la tua tribolazione, la
tua povertà (tuttavia sei ricco) e le calunnie lanciate da quelli che dicono di
essere Giudei e non lo sono, ma sono una sinagoga di Satana. 10 Non temere
quello che avrai da soffrire; ecco, il diavolo sta per cacciare alcuni di voi
in prigione, per mettervi alla prova, e avrete una tribolazione per dieci
giorni. Sii fedele fino alla morte e io ti darò la corona della vita. 11 Chi ha
orecchi ascolti ciò che che lo Spirito dice alle chiese. Chi vince non sarà
colpito dalla morte seconda.” (Apo 2:8-11)
Egli spiegò
che vari credenti in questa chiesa sarebbero stati messi a morte per la loro
fede. Possiamo presumere che questi credenti erano padri e madri, e avessero le
loro famiglie. Però, è evidente che la volontà di Dio per loro era che
morissero per la loro fede. Dal brano però comprendiamo che la morte fisica non
era una sconfitta, perché poi Gesù dichiarò che se quei credenti fossero
rimasti fedeli fino alla morte, avrebbe dato loro la corona della vita. Quindi, Dio aveva stabilito il suo piano
per quei credenti, e nessuna loro preghiera avrebbe potuto cambiare il perfetto
piano di Dio. Non dovevano pregare Dio affinché li salvasse dalla morte
fisica, presumendo per di più che Dio li avrebbe esauditi.
Infatti, Dio
ha un piano perfetto, che è la SUA propria volontà, e Dio fa TUTTO secondo la
decisione della Sua volontà. È importante capire questa verità basilare. Quello
che Dio fa, lo fa secondo la decisione della Sua volontà. Leggiamo Efesini 1:11
“In
lui siamo anche stati fatti eredi, essendo stati predestinati secondo il
proposito di colui che compie ogni cosa secondo la decisione della propria
volontà,” (Efe 1:11)
Se le nostre
preghiere potessero cambiare la volontà di Dio, il mondo non sarebbe stabile,
Dio non sarebbe Dio, e nulla sarebbe sicuro. La volontà di Dio cambierebbe di minuto in minuto, in base alle diverse
preghiere che Gli arrivano da tutto il mondo.
Se le nostre
preghiere potessero cambiare la volontà di Dio, per esempio, non sarebbe vero
quello che è scritto nel Salmo 139:15,16 che riguarda il momento della nostra
morte e di quella dei nostri cari.
“15 Le mie
ossa non ti erano nascoste, quando fui formato in segreto e intessuto nelle
profondità della terra. 16 I tuoi occhi videro la massa informe del mio corpo e
nel tuo libro erano tutti scritti i giorni che mi eran destinati, quando
nessuno d’essi era sorto ancora.” (Sal 139:15-16)
Se Dio ci
desse qualunque cosa che Gli chiediamo, questo brano non sarebbe vero, perché
tante persone, vedendo arrivare la morte, pregherebbero, chiedendoGli di
guarire o di superare il pericolo, e in questo modo sarebbe stata fatta la loro
volontà, non quella di Dio. Se fosse
così la morte non dipenderebbe più dalla volontà di Dio, ma dalla volontà
dell'uomo. Non arriverebbe più al momento stabilito nel libro di Dio, ma
nel momento stabilito da noi.
Ma non è
così! Non è l'uomo che stabilisce quando morirà, come non è l'uomo che
stabilisce quando un certo problema deve risolversi come vuole lui. È il Signore che opera tutte le cose
secondo la decisione della Sua volontà!
Per esempio,
leggiamo in 1Samuele 2:6-8
“6 Il
SIGNORE fa morire e fa vivere; fa scendere nel soggiorno dei morti e ne fa
risalire. 7 Il SIGNORE fa impoverire e fa arricchire, egli abbassa e innalza. 8
Alza il misero dalla polvere e innalza il povero dal letame, per farli sedere
con i nobili, per farli eredi di un trono di gloria; poiché le colonne della
terra sono del SIGNORE e su queste ha poggiato il mondo.” (1Sam 2:6-8)
E' il
Signore che determina le cose, tramite le nostre preghiere, non noi!
Allora, qual
è il senso di Giovanni 14:13, quando Gesù dichiara:
“e quello
che chiederete nel mio nome, lo farò” (Giov 14:13)?
Per capire
bene questa verità, dobbiamo leggere non solo questa frase, ma tutto il suo
contesto.
Cosa significa “nel mio nome”?
Dobbiamo
capire il senso della frase, “nel mio nome”. Dobbiamo anche capire il motivo
che ci spinge a pregare nel nome di Gesù. Gesù stesso ci spiega questa
motivazione. Infine, dobbiamo capire altre condizioni che la Bibbia ci dà per
poter pregare. Molto spesso, un brano non insegna tutta la verità biblica di un
certo argomento, e deve essere considerato insieme ad altri brani.
Quindi, qual
è il senso della frase: “nel mio nome?”
Chiedere
“nel nome di Gesù” non è una formula magica che, aggiunta ad una preghiera,
costringe Dio ad esaudirci. A quel punto, Dio sarebbe il nostro servo, e noi
saremo i sovrani. Ma non è così!
Pregare “nel
nome di Gesù” non è una frase che si aggiunge a qualsiasi preghiera, per
garantire che Dio farà come Gli abbiamo chiesto. Invece significa almeno due
cose:
1. chiedere per i Suoi meriti
Prima di
tutto, pregare nel nome di Gesù significa pregare per i Suoi meriti,
riconoscendo che noi non ne abbiamo.
Nessun di
noi merita alcuna cosa buona da Dio. Quindi, dobbiamo chiedere per i meriti di
Gesù. Se chiedo un favore al mio migliore amico, lo chiedo nel mio proprio
nome, cioè riconoscendomi degno, visto che sono il SUO migliore amico, che mi
venga fatto questo favore. Però, se devo chiedere un grande favore all'amico
del mio amico, che non conosco personalmente, so di non meritare da lui nulla
(visto che non mi conosce), e perciò, non gli chiedo nel mio nome, ma gli
chiedo nel nome del mio amico.
Allora, chiedere nel nome di Gesù
necessariamente implica un cuore umile. Chi chiede nel nome di Gesù SA che, per
conto suo, non merita nulla da Dio. Perciò, questa consapevolezza della propria
insufficienza cambia anche la richiesta stessa. Infatti chi sa di non aver
nessun merito, non pretende nulla, e non considera Dio come Colui che esiste
per esaudire i nostri desideri. Sa che Dio è sovrano, e va ai piedi di Dio umilmente,
pronto ad essere sottomesso alla Sua volontà. Tutti questi sono aspetti del
pregare nel nome di Gesù.
2. chiedere secondo la volontà di
Gesù
Dobbiamo però
considerare anche una seconda verità estremamente importante nel fatto di
chiedere nel nome di Gesù. Chiedere nel nome di Gesù significa anche chiedere
secondo la Sua volontà, non la nostra. È importantissimo capire questo
principio. Ripeto: chiedere nel nome di
Gesù significa chiedere secondo la SUA volontà, non la nostra.
Un soldato
semplice, che porta gli ordini dati dal comandante agli altri, chiede nel nome
del comandante. Non chiede quello che vuole lui, chiede quello che è la volontà
del comandante. Infatti, se dovesse chiedere quello che vuole lui, usando il
nome del comandante per ottenerla, sarebbe colpevole di un grave reato.
In 1Giovanni
5:14,15, leggiamo una chiara spiegazione di quali sono le preghiere che Dio
esaudirà. Leggiamo.
“14 Questa è
la fiducia che abbiamo in lui: che se domandiamo qualche cosa secondo la sua
volontà, egli ci esaudisce. 15 Se sappiamo che egli ci esaudisce in ciò che gli
chiediamo, noi sappiamo di aver le cose che gli abbiamo chieste.” (1Giov
5:14-15)
Avete notato
la frase: “se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci
esaudisce”? Chiedere nel nome di Gesù DEVE essere secondo la SUA volontà, non
la nostra.
Quindi, se
preghiamo per ottenere qualcosa che desideriamo tantissimo, ma se non è la
volontà di Dio, non possiamo chiederla nel nome di Gesù. Se preghiamo per
quello che vogliamo noi, e aggiungiamo le parole, “nel nome di Gesù”, siamo
come i pagani, usando quelle parole come un talismano, cercando di controllare
Dio.
Quindi,
ricordiamo che chiedere nel nome di Gesù significa chiedere con umiltà, sapendo
di non meritare alcuna cosa buona da Dio, e questo atteggiamento ci aiuta ad
accettare qualsiasi cosa che Egli ci darà. Significa anche chiedere secondo la
volontà di Cristo, non seconda la nostra volontà.
Affinché il Padre sia glorificato
Allora, qual
è il senso di Giovanni 14:12-14? Per capire correttamente questo brano,
dobbiamo leggerlo tutto, e leggere anche il suo contesto.
“12 In
verità, in verità vi dico che chi crede in me farà anch’egli le opere che
faccio io; e ne farà di maggiori, perché io me ne vado al Padre; 13 e quello
che chiederete nel mio nome, lo farò; affinché il Padre sia glorificato nel
Figlio. 14 Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.” (Giov
14:12-14)
Notiamo che
le richieste che facciamo qua sono legate al fare opere per la gloria di Dio, e
infatti, il MOTIVO per cui Gesù ci esaudisce è per glorificare il Padre. Gesù
non risponde ad ogni nostra richiesta. Risponde se la richiesta glorificherà il
Padre.
Infatti, in
Giacomo 4:2-4 leggiamo:
“2 Voi
bramate e non avete; voi uccidete e invidiate e non potete ottenere; voi
litigate e fate la guerra; non avete, perché non domandate; 3 domandate e non
ricevete, perché domandate male per spendere nei vostri piaceri. 4 O gente
adultera, non sapete che l’amicizia del mondo è inimicizia verso Dio? Chi
dunque vuol essere amico del mondo si rende nemico di Dio.” (Giacomo 4:2-4)
Non avete perché non domandate,
ovvero, perché non pregate, e se domandate spesso non ricevete, perché
domandate per spendere nei vostri piaceri.
Quando
chiediamo per ottenere quella che è la nostra volontà, Dio non risponde.
Torniamo
agli esempi che ho dato all'inizio di questo studio.
Pensiamo
all'uomo che lavora in proprio e la sua attività comincia ad andare molto male,
e si ritrova con tanti debiti. Egli prega Dio affinché salvi la sua attività. Sta
pregando affinché Dio risolva i suoi problemi. Non sta cercando la gloria di
Dio.
Nell'esempio
del genitore che ha un figlio che spiritualmente cammina male (che è ribelle),
quel credente chiaramente vuole che suo figlio sia salvato. È buono pregare per
la salvezza dei nostri cari. Però, in un certo senso, quella preghiera può
essere anche un frutto di egoismo, perché quel genitore non sta cercando per
prima cosa la gloria di Dio. Non gli pesa il fatto che tanti altri genitori
hanno figli ribelli. Egli vuole che SUO figlio sia salvato. Sta pensando, in
fin dei conti, a se stesso.
Poi ho fatto
l'esempio del credente con il figlio con una grave malattia. Il genitore vuole
che il figlio sia guarito, perché vuole il piacere di goderlo per tanti anni
ancora. Però, nemmeno questa richiesta è cercare la gloria di Dio. È una
preghiera per non dover subire la sofferenza della morte di una persona cara.
Poi c'era il
credente che chiedeva l'intervento di Dio affinché potesse comprare la casa che
gli piaceva tanto. Anche qua, il credente sta cercando di ottenere da Dio
quello che sarebbe il suo gradimento. Non sta cercando in primo luogo la gloria
di Dio.
Quindi, non
dobbiamo credere la terribile menzogna che basta pregare aggiungendo la frase
“nel nome di Gesù” e possiamo essere sicuri che Dio ci darà quello che Gli
chiediamo. Chiedere nel nome di Gesù significa chiedere che sia fatta la Sua
volontà e significa anche farlo con un cuore umile, che quindi cerca non il
proprio comodo, ma la gloria di Dio.
Un brutto risultato
Che cosa
succede, quando uno crede la menzogna che Dio esaudirà qualsiasi sua richiesta?
Quando Dio
NON esaudisce quella preghiera, la fede di quel credente viene fortemente
scossa. Egli sta molto male, e solitamente, o cade in grave depressione
spirituale, oppure, si arrabbia con Dio. Perciò credendo a quella menzogna quel
credente rimane deluso di Dio.
Giov. 15:5-7,16
Quindi, è
importante capire il senso vero dei principi di Giovanni 14. Per capire meglio
questo discorso, esaminiamo qualche altro brano in cui Gesù parla della
preghiera. Questi brani fanno parte del contesto di Giovanni 14.
Giovanni
15:5-7
“5 Io sono
la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro,
porta molto frutto; perché senza di me non potete far nulla. 6 Se uno non
dimora in me, è gettato via come il tralcio, e si secca; questi tralci si
raccolgono, si gettano nel fuoco e si bruciano. 7 Se dimorate in me e le mie
parole dimorano in voi, domandate quello che volete e vi sarà fatto.” (Giov
15:5-7)
Qui, Gesù
insegna che dobbiamo dimorare in Lui, e che lo scopo è affinché possiamo
portare molto frutto. Poi, Egli dichiara che solamente se dimoriamo in Lui e se
le sue parole dimorano in noi, sarà fatto quello che domandiamo.
Questa è una
condizione importantissima. “Dimorare in Cristo” significa essere in una
condizione di umiltà, di santità di vita e di sottomissione alla sua volontà.
Quando le parole di Cristo dimorano in noi, esse ci esortano a conoscere e a
seguire la Parola di Dio. Quindi, non viviamo più per la nostra volontà, ma per
la sua.
Solamente se
ci ritroviamo in questa condizione possiamo domandare a Dio quello che vogliamo
e ci sarà fatto, perché significherà che domanderemo quella che è la volontà di
Dio.
Un altro
versetto importante è Giovanni 15:16
“Non siete
voi che avete scelto me, ma sono io che ho scelto voi, e vi ho costituiti perché
andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; affinché tutto quello che
chiederete al Padre, nel mio nome, egli ve lo dia.” (Giov 15:16)
Gesù
risponde alle nostre preghiere quando servono per portare frutto che rimane in
eterno.
Ostacoli alle nostre preghiere
È importante
menzionare alcuni ostacoli alle nostre preghiere.
L'orgoglio
Una cosa che
ostacola sempre la preghiere è l'orgoglio. Se abbiamo orgoglio, Dio si
allontana da noi.
“Il SIGNORE
è vicino a quelli che hanno il cuore afflitto, salva gli umili di spirito.”
(Sal 34:18)
Quando
abbiamo orgoglio non confessato, Dio resta lontano da noi. Possiamo fare bella
figura davanti agli altri, possiamo apparire di essere zelanti, possiamo
pregare tanto, ma sarà tutto inutile, tutto invano. Fino a quando non
confessiamo il nostro orgoglio, Dio resterà lontano da noi.
Mancanza di fede
Un altro
ostacolo alle nostre preghiere è la mancanza di fede, come leggiamo in Giacomo
1.
“5 Se poi
qualcuno di voi manca di saggezza, la chieda a Dio che dona a tutti
generosamente senza rinfacciare, e gli sarà data. 6 Ma la chieda con fede,
senza dubitare; perché chi dubita rassomiglia a un’onda del mare, agitata dal
vento e spinta qua e là. 7 Un tale uomo non pensi di ricevere qualcosa dal
Signore,” (Giac 1:5-7)
Questo brano
ci insegna l'importanza della fede. Chiaramente, dobbiamo ricordare le altre
verità che abbiamo visto. Se prego qualcosa che non è secondo la volontà di
Dio, posso avere la fede più grande del mondo, ma Dio non mi risponderà. Però,
dall'altro lato, quando preghiamo secondo la volontà di Dio, è importante avere
fede in Dio. Così, Dio viene glorificato, e noi saremo edificati.
La Preghiera fatta con egoismo
Abbiamo già
menzionato prima che Dio non risponde alle preghiere fatte con egoismo, cioè,
alle preghiere attraverso le quali vogliamo ottenere qualcosa NON per la gloria
di Dio, ma perché è il nostro desiderio.
Questo è ciò
che ci dice Giacomo 4, quando parla delle preghiere fatte per spendere nei
piaceri. Dobbiamo pregare, invece, per la gloria di Dio.
Come conoscere la volontà di Gesù
Visto che la
preghiera che Dio esaudisce è quella preghiera fatta secondo la sua volontà,
come possiamo sapere qual'è la volontà di Dio?
Dio ci ha
già rivelato molto della sua volontà, e ci insegna anche il modo in cui pregare
quando non la conosciamo.
Prima di
tutto, come dobbiamo pregare quando non siamo sicuri della volontà di Dio?
Sappiamo quasi sempre quello che vorremmo noi, ma come dobbiamo pregare quando
non siamo sicuri della volontà di Dio?
Gesù stesso
ci dà un esempio di come pregare in questi casi in Matt. 26:39; Marco 14:36;
Luca 22:42. Leggo da Matteo.
“E, andato
un po’ più avanti, si gettò con la faccia a terra, pregando, e dicendo: «Padre
mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non come voglio
io, ma come tu vuoi».” (Mat 26:39)
Nella sua
umanità, Gesù non voleva affrontare la sofferenza che sapeva di dover subire
sulla croce. Però, il suo desiderio più forte rispetto al non voler subire
quelle sofferenze, fu quello di voler fare la volontà del Padre. Quindi, ha
esposto a Dio il suo desiderio, ma chiese che fosse fatta la volontà di Dio.
Ed è così
che anche noi dobbiamo pregare, quando non conosciamo con certezza la volontà
di Dio in una certa situazione. Certamente possiamo portare tutti i nostri pesi
a Dio, e anche dirGli quello che sarebbe il nostro desiderio, però poi dobbiamo
confidare nella sua perfetta saggezza, e chiedere che sia fatta la Sua volontà.
Conclusione
La preghiera
è una parte essenziale della vita cristiana e della nostra crescita. La
preghiera è la nostra comunicazione con Dio, mentre lo studio della Bibbia è
ascoltare Dio che ci parla.
E importante
pregare, però, è importante pregare nel modo che Dio stabilisce, per le cose
giuste. L'unico vero accesso a Dio che abbiamo è quello per mezzo di Gesù, per
merito di Cristo. Non solo, ma dobbiamo pregare secondo la SUA volontà, non
secondo la nostra. Quando non siamo sicuri della volontà di Dio, è importante
accettare la sua volontà, anche se è il contrario di quello che vorremmo noi.
Infatti noi non sappiamo qual è la cosa migliore. Dobbiamo avere fede che la
volontà di Dio è la cosa perfetta, anche se non siamo in grado di capire tutto
quello che Dio sta facendo. Preghiamo, chiedendo che la volontà perfetta di Dio
sia fatta!
Preghiamo
poi con fede, fede che Dio ci ascolta e ci esaudisce sempre, secondo la sua
perfetta volontà.
Non
dimentichiamo che la preghiera non serve solo per fare richieste a Dio. Anche
il ringraziamento ne è una parte molto importante. Inoltre, la preghiera serve
anche per confessare i nostri peccati. E serve poi principalmente per chiedere
che Dio sia glorificato. Le nostre richieste dovrebbero sempre essere per la
gloria di Dio.
Oh che
possiamo diventare un popolo che prega sempre di più, non vedendo Dio come un
servo celeste che esiste per darci quello che vogliamo noi, ma essendo spinti
dal desiderio di vedere il nostro grande Dio glorificato! La nostra vera gioia,
quella che ci riempirà per tutta l'eternità, consisterà nel vedere Dio
glorificato. Quindi, che la gloria di Dio sia il desiderio del nostro cuore!
Marco deFelice
"Questa è la fiducia che abbiamo in lui: che se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce. Se sappiamo che egli ci esaudisce in ciò che gli chiediamo, noi sappiamo di aver le cose che gli abbiamo chieste" (1 Giovanni 5:14-15)
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Avete mai visitato le rovine di una grande città testimonianza di
un’antica civiltà scomparsa? Le macerie e le rovine di una civiltà un
tempo fiorente non lasciano mai indifferenti e, aggirandoci fra di esse,
ci si chiede perché tutta quella rovina sia potuta succedere. A
distruggerla possono essere state “cause naturali”, ma più spesso a
portare alla rovina quella civiltà sono state le sue stesse
contraddizioni interne, le sue lotte intestine, la sua decadenza morale e
spirituale. Nonostante quelle che spesso erano le sue altisonanti
pretese ed ambizioni, nessuna civiltà, impero o regime è mai durato a
lungo; tutti sono finiti miseramente lasciandosi dietro solo rovine e
desolazione. Ve ne chiedete il perché? “È caduta, è caduta Babilonia la
grande! È diventata ricettacolo di demòni, covo di ogni spirito
immondo, rifugio di ogni uccello impuro e abominevole” (Apocalisse
14:2). Come cristiani noi sappiamo che si tratta, in ultima analisi,
dell’impietoso giudizio di Dio sull’arroganza umana, una lezione che
gli iniziatori delle più varie “imprese” sembrano non voler mai
imparare, dicendo, “a noi non capiterà”. Poveri illusi. Le "città
dell'uomo" cadono regolarmente.
Che dire, però, quando a cadere è quella che si pensava essere
"la città di Dio"? Dio stesso non aveva forse promesso che sarebbe
rimasta stabile, che sarebbe stata protetta e preservata? Sì, certo, ma
non incondizionatamente, perché anch'essa è destinata a cadere quando
chi la abita non assolve alle precise condizioni che Dio le pone. È così
che può cadere, ed è caduta più volte, anche “Gerusalemme” e tutto ciò
che essa rappresenta. È così che può cadere anche una chiesa, o una
denominazione cristiana, per quanta “gloria” possa avere avuto in
passato, lasciandosi dietro soloc hiese vuote o in rovina,
oppure portando ingannevolmente solo il nome della sua onorata
tradizione, ma essendo diventata sostanzialmente “altro”. Quand’anche
vantasse l’evangelica "indefettibilità", questo non la rende esente
dal giudizio di Dio. Si tratta di una realtà che solo gli illusi ed
irresponsabili possono ignorare. Così scrive l’apostolo Pietro: “Infatti
è giunto il tempo in cui il giudizio deve cominciare dalla casa di Dio;
e se comincia prima da noi, quale sarà la fine di quelli che non
ubbidiscono al vangelo di Dio?" (1 Pietro 4:7).
Il testo biblico
Contemplando profeticamente la sua prossima rovina, anche Gesù piange
su Gerusalemme. Fa’ così eco alle lamentazioni degli antichi profeti
d’Israele, come quella di Geremia, di cui abbiamo nella Bibbia il libro
intitolato “Le lamentazioni”. Lo stesso accade in quelle che potremmo
definire “Le lamentazioni di Isaia”, il testo biblico che esaminiamo
quest’oggi. L’argomento è lo stesso: la distruzione di Gerusalemme da
parte dei Caldei ed il peccato di Israele che l’ha causata. L’unica
differenza è che Isaia la vede a distanza e la lamenta in spirito di
profezia, mentre Geremia la vede realizzata.
Ne leggiamo il testo tenendo presente che può avere, nel messaggio che
comunica, due applicazioni: una per l’espressione storica del popolo di
Dio (la chiesa dell’Antico Testamento e quella del Nuovo), e pure un
chiaro messaggio che riguarda la condizione umana in generale. Il
profeta non solo piange la rovina e ne indica le cause, ma guarda avanti
allorché Dio, esprimendo non solo la Sua giustizia, ma anche la Sua
misericordia, annuncia, nell’arrivo di un Salvatore, anche il
ristabilimento e rinnovamento di ciò che era andato in rovina.
“(1) Oh, squarciassi tu i cieli, e scendessi! Davanti a te
sarebbero scossi i monti. (2) Come il fuoco accende i rami secchi, come
il fuoco fa bollire l'acqua, tu faresti conoscere il tuo nome ai tuoi
avversari e le nazioni tremerebbero davanti a te. (3) Quando facesti le
cose tremende che noi non ci aspettavamo, tu discendesti e i monti
furono scossi davanti a te. (4) Mai si era udito, mai orecchio aveva
sentito dire, mai occhio aveva visto che un altro dio, all'infuori di
te, agisse in favore di chi spera in lui. (5) Tu vai incontro a chi gode
nel praticare la giustizia, a chi, camminando nelle tue vie, si ricorda
di te; ma tu ti sei adirato, perché abbiamo peccato nel tempo passato,
ma noi saremo salvati. (6) Tutti quanti siamo diventati come l'uomo
impuro, tutta la nostra giustizia come un abito sporco; tutti quanti
appassiamo come foglie e la nostra iniquità ci porta via come il vento.
(7) Non c'è più nessuno che invochi il tuo nome, che si risvegli per
attenersi a te; poiché tu ci hai nascosto la tua faccia, e ci lasci
consumare dalle nostre iniquità. (8) Tuttavia, SIGNORE, tu sei nostro
padre; noi siamo l'argilla e tu colui che ci formi; noi siamo tutti
opera delle tue mani. (9) Non adirarti fino all'estremo, o SIGNORE! Non
ricordarti dell'iniquità per sempre; ecco, guarda, ti supplichiamo; noi
siamo tutti tuo popolo. (10) Le tue città sante sono un deserto; Sion è
un deserto, Gerusalemme è una desolazione. (11) La nostra santa e
magnifica casa, dove i nostri padri ti celebrarono, è diventata preda
delle fiamme, quanto avevamo di più caro è stato devastato. (12) Davanti
a queste cose te ne rimarrai impassibile, o SIGNORE? Tacerai e ci
affliggerai fino all'estremo?" (Isaia 64).
In questo testo troviamo così prima di tutto il profeta che,
impersonando l’intero popolo di Dio, guarda allibito la desolazione di
Gerusalemme invocando l’intervento di Dio, la confessa come risultato
del suo peccato ed invoca la misericordia di Dio.
Preghiera accorata
1.“Oh, squarciassi tu i cieli, e scendessi! Davanti a te sarebbero scossi i monti”.
Per chi ama il Signore, il declino morale e spirituale del Suo
popolo ed i luoghi di culto abbandonati o, peggio, devastati, è uno
spettacolo che spezza il cuore. Esso suscita l’anelito e la preghiera
fervente che il Signore intervenga e torni a manifestare la Sua presenza
ed opera potentecom’era avvenuto nei momenti chiave della storia della
Redenzione. Il profeta qui invoca Dio affinché faccia una nuova
apparizione fra il Suo popolo così come aveva fatto al Monte Sinai al
tempo di Mosè ed in altre occasioni, quando la presenza di Dio si fa
così sensibile tanto da far tremare la terra.
Quelli che dovrebbero tremare, di fatto, sono i cuori stessi del popolo
di Dio compiacente che “dorme”, come pure quelli dei Suoi avversari che
credono di poter sfidare Dio e frustrare impuniti i Suoi piani.
L’invocazione a che i monti siano scrollati equivale, così, alla nostra
espressione quando ci piacerebbe “prendere per il colletto” qualcuno e
scrollarlo per vincere la sua inerzia e compiacenza verso il male,
“scuoterlo dal sonno”, “fargli aprire gli occhi”. Spesso neanche la
catastrofe stessa di un terremoto riesce a “scuotere” certe persone che
si ostinano a rifiutare di ravvedersi e riconoscere la sovranità di Dio
su di loro.
In Israele non ci sarebbe stata altra speciale visitazione di
Dio, se non in Gesù Cristo, nel momento della Sua incarnazione come
Salvatore, e poi negli ultimi tempi, nel momento del Suo ritorno come
Giudice dei vivi e dei morti. Sono indubbiamente due momenti di crisi e
di giudizio. "Chi crede in lui non è giudicato; chi non crede è già giudicato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio"
(Giovanni 3:18).
2.“Come il fuoco accende i rami secchi, come il fuoco
fa bollire l'acqua, tu faresti conoscere il tuo nome ai tuoi avversari e
le nazioni tremerebbero davanti a te”.
Le immagini del profeta non si limitano solo allo scuotimento del
terremoto, ma al fuoco che brucia rami secchi e fa bollire l’acqua.
Quante scorie devono infatti essere portate via e bruciate non solo per
liberarci dal superfluo ma per fare una chiara distinzione fra buon
grano e pula, fra buon grano e erbacce cattive, zizzanie. ”Egli ha in
mano il suo ventilabro per ripulire interamente la sua aia e raccogliere
il grano nel suo granaio; ma la pula, la brucerà con fuoco
inestinguibile” (Luca 3:17). "...E i servi del padrone di casa vennero a
dirgli: "Signore, non avevi seminato buon seme nel tuo campo? Come mai,
dunque, c'è della zizzania?" Egli disse loro: "Un nemico ha fatto
questo". I servi gli dissero: "Vuoi che andiamo a coglierla?" Ma egli
rispose: "No, affinché, cogliendo le zizzanie, non sradichiate insieme
con esse il grano. Lasciate che tutti e due crescano insieme fino alla
mietitura; e, al tempo della mietitura, dirò ai mietitori: 'Cogliete
prima le zizzanie, e legatele in fasci per bruciarle; ma il grano,
raccoglietelo nel mio granaio'"» (Matteo 13:27-30).
Isaia auspica che se Dio fosse apparso avrebbe dato fuoco al
sottobosco della vita delle persone oppure le avrebbe portate alla “bollitura”
del giudizio. Allora la nazione avrebbe conosciuto chi davvero era Jahvé
ed avrebbe tremato alla Sua presenza. Questa sua preghiera si realizza
in Cristo allorché chi è convertito a Lui vede “bruciare” il suo stile
di vita peccaminoso per poi diventare diventare ardente per il Signore,
come pure quando avverrà alla “resa dei conti finale”. Si potrebbe
arrivare a dire: O bruciano oggi i tuoi peccati nel ravvedimento e nella
fede in Cristo, o “brucerai” tu stesso nel giorno del giudizio finale.
La preghiera ispirata di Isaia verrà realizzata.
3. “Quando facesti le cose tremende che noi non ci aspettavamo, tu discendesti e i monti furono scossi davanti a te”.
Il profeta è consapevole che Dio è davvero “il Dio delle
sorprese”, dell’inaspettato. Il popolo di Dio che era giunto al Mar
Rosso inseguito dall’esercito egiziano certo non si aspettava che Dio
gli avrebbe miracolosamente aperto una via di fuga attraverso le acque
ed era caduto nel terrore credendo ormai di finire ben presto
massacrato, pentito di aver dato fiducia a quel “pazzo” e “sognatore” di
Mosè. Allo stesso modo Faraone esultava, sicuro che il popolo di
Israele, inesperto ed ingenuo, si fosse infilato in un vicolo cieco
senza più scampo. Si sbagliavano: Dio è il Dio dell’inaspettato e chi
“investe” con fiducia in Lui non rimarrà mai deluso: è un “rischio” che
può prendersi!.
Isaia desiderava che invece di rimanersene quieto il Signore
avesse fatto qualcosa di spettacolare, qualcosa che avrebbe mosso gli
israeliti e le nazioni a rispettarlo. È un sentimento comprensibile, ma
non si tratta di un pio desiderio, di un’illusione. La sua è una
preghiera che si basa sulla fede nel Dio fedele alle Sue promesse. Dio
non avrebbe forse agito nei termini “drammatici” auspicati, ma avrebbe
sicuramente agito. Avrebbe agito in Cristo in modo potente, ma nascosto.
Avrebbe agito attraverso il segno apparentemente contraddittorio e
“debole” della croce, ma sarebbe stato un metodo indubbiamente potente.
Lo stesso avrebbe fatto agendo attraverso la follia della predicazione
dell’Evangelo: “Poiché la predicazione della croce è pazzia per quelli
che periscono, ma per noi, che veniamo salvati, è la potenza di Dio” (1
Corinzi 1:18).
Quante volte, in certe situazioni, avremmo voluto che Dio avesse
agito in maniera spettacolare e drammatica per sconfiggere il male,
cambiare le circostanze e la gente, salvato i Suoi, invece di apparire
come senza fare nulla! Il Signore, però, non è vero che “non fa nulla”,
ma agisce con fedeltà e nel modo migliore, anche se spesso capita che
sia diversamente da come noi ci aspettiamo.
4.“Mai si era udito, mai orecchio aveva sentito dire,
mai occhio aveva visto che un altro dio, all'infuori di te, agisse in
favore di chi spera in lui”.
Questa è infatti la fede del figliolo di Dio. Non è vano credere
in Lui, sperare in Lui, pregare Lui. Isaia rispetta Jahweh perché sapeva
chi Lui è, ma molti dei suoi contemporanei erano spiritualmente ciechi e
sordi attendendosi che solo una rivelazione drammatica avrebbe loro
giovato. “Mentre la gente si affollava intorno a lui, Gesù cominciò a
dire: «Questa generazione è una generazione malvagia; chiede un segno
ma nessun segno le sarà dato, tranne il segno di Giona” (Luca 11:29).
È a questo punto che Dio, attraverso il profeta Isaia rivela
chiaramente la condizione morale e spirituale del Suo popolo in quel
tempo, quella che, essendo spiritualmente ciechi e sordi, non vedevano e
non comprendevano. È qui che pure, parallelamente, appare l’entità
della situazione spirituale dell’umanità così come anche noi l’abbiamo
sotto gli occhi.
Confessione onesta
1.“Tu vai incontro a chi gode nel praticar la giustizia, a
chi, camminando nelle tue vie, si ricorda di te; ma tu ti sei adirato
contro di noi, perché abbiamo peccato; e ciò ha durato da tanto tempo...
sarem noi salvati?” (Isaia 64:5 Riv.)
Gll esseri umani erano stati creati per vivere in stretta
comunione con Dio come suoi diretti e responsabili collaboratori e solo
in Dio si trova il senso della loro vita. Pretendendo autonomia da Dio,
però, essi si sono staccati da Lui volendo essere Dio e legge a loro
stessi ed hanno così rovinato, guastato, corrotto la loro vita
perdendone il senso ultimo. Nell’ambito di questa umanità rovinata e
corrotta, Dio, però, si è scelto un popolo che tornasse ad essere quello
che la creatura umana doveva essere sin dall’inizio. Redento dalla
schiavitù del peccato, esso “cammina nelle vie di Dio” e, in comunione
con Lui, “gode nel praticare la giustizia”, vale a dire nel fare ciò che
è giusto ai Suoi occhi ed a Lui gradito. Esso è un popolo che serve la
causa di Dio e, esemplificando, testimoniando, davanti al mondo intero,
la causa di Dio, opera per chiamare uomini e donne di ogni nazione alla
comunione salvifica con Dio. Il popolo di Dio è Dio e creatura umana che
si incontrano, si stringono la mano, si rallegrano l’uno dell’altro e
camminano insieme. Che accade, però, quando il popolo di Dio rinnega ed
abbandona la sua vocazione e, invece di testimoniare uno stile di vita
conforme alla volontà di Dio, si lascia attrarre, affascinare, dalle vie
di questo mondo e lo segue? Inevitabilmente e per la logica stessa
delle cose, ne condividerà la corruzione e cadrà nella stessa rovina. Il
profeta sapeva che Dio sta in comunione con coloro che praticano la
giustizia e si ricordano delle Sue vie per camminare in esse.
Quando il popolo redento di Dio “torna indietro” sulle vie che
Dio gli aveva fatto abbandonare per salvarlo da sé stesso e
dall’influenza corruttrice del mondo (pretendendo magari di continuare a
chiamarsi “popolo di Dio” e di poter godere delle benedizioni di Dio)
ci sarà ancora speranza per quel popolo? È la seria domanda che si pone
il profeta Isaia in questo versetto, e che solo la versione italiana
Riveduta /Luzzi rende accuratamente: saremo noi salvati? In che modo
potremmo mai noi sperare di essere salvati?
È una domanda che si pone anche il Nuovo Testamento: "Se infatti,
dopo aver fuggito le corruzioni del mondo mediante la conoscenza del
Signore e Salvatore Gesù Cristo, si lasciano di nuovo avviluppare in
quelle e vincere, la loro condizione ultima diventa peggiore della
prima. Perché sarebbe stato meglio per loro non aver conosciuto la via
della giustizia, che, dopo averla conosciuta, voltare le spalle al santo
comandamento che era stato dato loro. È avvenuto di loro quel che dice
con verità il proverbio: «Il cane è tornato al suo vomito», e: «La
scrofa lavata è tornata a rotolarsi nel fango»" (2 Pietro 2:20-22).
C’è ancora speranza che Israele sia salvato, dato che aveva peccato così
tanto (per così tanto tempo)? Questo loro peccato aveva fatto adirare
Dio e l’ira di Dio è una realtà: guai a prenderla alla leggera!
2.“Tutti quanti siamo diventati come l'uomo impuro,
tutta la nostra giustizia come un abito sporco; tutti quanti appassiamo
come foglie e la nostra iniquità ci porta via come il vento”.
Il profeta qui afferma a chiare lettere che il peccato di Israele
l’aveva così contaminato da metterlo in una condizione apparentemente
disperata. Non avrebbe nemmeno potuto smettere di peccare, Aveva una
qualche speranza? Era impuro come un lebbroso, che, secondo le
prescrizioni rituali della legge divina, non poteva avvicinarsi al luogo
santo del tempio. L’allontanamento dei lebbrosi non era solo una
misura sanitaria, ma un fatto simbolico. Di fronte alla massima
santità di Dio, alla Sua purezza, nessuno, così come sta, può anche solo
avvicinarsi a Dio. Il profeta Abacuc afferma: “Tu, che hai gli occhi
troppo puri per sopportare la vista del male, e che non puoi tollerare
lo spettacolo dell'iniquità” (Abacuc 1:13). L’immagine che qui viene
tradotta come “abito sporco” potrebbe anche essere tradotta come “panno
sporco di sangue mestruale”, cosa altrettanto repellente per le
prescrizioni rituali di Israele.
L’immagine espressa dal profeta si estende anche oltre: il popolo
di Dio non solo si è insozzato moralmente e spiiritualmente tanto da
rendersi indegno di stare alla presenza di Dio e di pretendere le Sue
benedizioni, ma è pure spiritualmente senza vita come una foglia morta
su un albero, pronta ad essere portata via dal vento di ulteriori
peccati.
L’immagine dell’abito sporco che ci rende indegni di comparire
alla presenza di Dio è associata qui alla “giustizia”. Gli Israeliti del
tempo di Isaia credevano magari di essere “almeno un po’ giusti” e che
questo bastasse. Credevano che “sì… sì… non siamo perfetti, abbiamo dei
difetti, ma in fondo facciamo quel che possiamo e questo dovrebbe
bastare per essere graditi a Dio”. Tutti noi siamo campioni nel
giustificarci e nel credere che Dio abbia stabilito un certo “ambito di
tolleranza”, che Egli “chiuda un occhio”, che “in fondo” sia “buono” e
pronto a tollerare e perdonare... Gli israeliti avrebbero dovuto però
sapere che non è così, che Dio esige perfetta giustizia! Tutto il
sistema dei sacrifici era inteso a rammentarlo loro. Essi dovevano
portare continuamente sacrifici a Dio per il perdono dei loro peccati, e
quei sacrifici dovevano essere di animali puri e senza difetto! Questo
era un importante segnale indicatore non solo che dovevano purificarsi
moralmente e spiritualmente ed essere puri di fronte a Dio, ma anche che
un giorno vi sarebbe stato un sacrificio perfetto che avrebbe potuto
far conseguire loro la perfetta giustizia di cui avevano bisogno, il
purissimo “Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo”.
L’immagine dell’abito sporco che ci rende indegni di stare alla
presenza di Dio e la necessità di portare un “abito di giustizia”
ritorna nel Nuovo Testamento. Che avviene, infatti, nella parabola di
Gesù del banchetto di nozze, a colui che vi si presenza senza avere
“l’abito adatto”? "Ora il re entrò per vedere quelli che erano a tavola e
notò là un uomo che non aveva l'abito di nozze. E gli disse: "Amico,
come sei entrato qui senza avere un abito di nozze?" E costui rimase con
la bocca chiusa. Allora il re disse ai servitori: "Legatelo mani e
piedi e gettatelo nelle tenebre di fuori. Lì sarà il pianto e lo stridor
dei denti". Poiché molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti»" (Matteo
22:11-14).
L’immagine dell’abito sporco e dell’inadeguatezza di ogni nostra
giustizia per poter anche solo sperare di accedere alla presenza di Dio è
rilevante per ogni uomo e donna che si illuda di “essere abbastanza
bravo” o di aver fatto a sufficenza ciò che lo può salvare davanti a
Dio. Credenti e non credenti di ogni tipo sono bravissimi a trovare modi
per giustificarsi e di essere “a posto” o “in fondo perdonati”.
Religioni intere, anche pseudo-cristiane, illudono i loro fedeli sulle
opere che, a loro dire, farebbero “conquistare la salvezza”. Ogni nostra
presunta giustizia, però, secondo la Parola di Dio, non è che “uno
straccio immondo” qualunque siano le nostre pretese.
Annunciando Cristo e rinunciando ad ogni personale pretesa di giustizia,
l’apostolo Paolo scrive che la sua ambizione è "...di essere trovato
in lui non con una giustizia mia, derivante dalla legge, ma con quella
che si ha mediante la fede in Cristo: la giustizia che viene da Dio,
basata sulla fede" (Filippesi 3:9). La chiave della nostra salvezza,
infatti, non si trova in quello che possiamo fare noi, non si trova
nella nostra sapienza, giustizia, sforzi di santificazione o di
auto-redenzione, ma nel “rivestirci di Cristo”, come l’Apostolo scrive
ai cristiani di Corinto: "Ed è grazie a lui che voi siete in Cristo
Gesù, che da Dio è stato fatto per noi sapienza, giustizia,
santificazione e redenzione; affinché, com'è scritto: «Chi si vanta, si
vanti nel Signore»" (1 Corinzi 1:30-31).
3.“Non c'è più nessuno che invochi il tuo nome,che si
risvegli per attenersi a te; poiché tu ci hai nascosto la tua faccia, e
ci lasci consumare dalle nostre iniquità”.
La realtà è quindi incontrovertibile per il profeta Isaia,
ispirato da Dio di portare anche a noi il suo importantissimo messaggio.
Nessuno degli israeliti sembrava abbastanza preoccupato sulla propria
condizione spirituale da cercare veramente il Signore, invocando la Sua
grazia ed il Suo intervento. Questo era comprensibile dato che Dio si
era tanto nascosto al Suo popolo che essi non credevano che Egli avrebbe
risposto neanche se Lo avessero pregato. In un altro capitolo Isaia
afferma: “Dalla pianta del piede fino alla testa non c'è nulla di sano
in esso: non ci sono che ferite, contusioni, piaghe aperte, che non sono
state ripulite, né fasciate, né lenite con olio” (Isaia 1:6).
È la condizione umana:che l’apostolo Paolo ribadisce: "...abbiamo
già dimostrato che tutti, Giudei e Greci, sono sottoposti al peccato,
com'è scritto: «Non c'è nessun giusto, neppure uno. Non c'è nessuno che
capisca, non c'è nessuno che cerchi Dio. Tutti si sono sviati, tutti
quanti si sono corrotti. Non c'è nessuno che pratichi la bontà, no,
neppure uno» (...) «Non c'è timor di Dio davanti ai loro occhi». Or noi
sappiamo che tutto quel che la legge dice, lo dice a quelli che sono
sotto la legge, affinché sia chiusa ogni bocca e tutto il mondo sia
riconosciuto colpevole di fronte a Dio; perché mediante le opere della
legge nessuno sarà giustificato davanti a lui; infatti la legge dà
soltanto la conoscenza del peccato" (Romani 3:10-19).
Non c’è allora speranza per nessuno? Di fronte ai rigorosissimi
criteri di salvezza posti da Gesù, i Suoi discepoli esclamano: "Chi
dunque può essere salvato?" (Luca 18:26). Potremmo anche noi dirlo a
questo punto. Tutta l’umanità è stata abbandonata alle tragiche
conseguenze del peccato. Lo meriterebbe più che giustamente. A questo
punto per Isaia pure c’è un “Tuttavia…”.
Appello fiducioso
1.“Tuttavia, SIGNORE, tu sei nostro padre; noi siamo l'argilla e tu colui che ci formi; noi siamo tutti opera delle tue mani”.
L’apostolo Paolo prosegue nel testo che abbiamo citato qui sopra
dicendo: "Ora però, indipendentemente dalla legge, è stata manifestata
la giustizia di Dio, della quale danno testimonianza la legge e i
profeti: vale a dire la giustizia di Dio mediante la fede in Gesù
Cristo, per tutti coloro che credono - infatti non c'è distinzione:
tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio - ma sono
giustificati gratuitamente per la sua grazia, mediante la redenzione che
è in Cristo Gesù" (Romani 3:20-23).
Dopo aver guardato alla condizione disperata del popolo di Dio,
Isaia guarda a Dio, a quello che Lui solo può fare. Isaia guarda alle
promesse di Dio, alla Sua fedeltà, come Paolo che dice: "se lo
rinnegheremo anch'egli ci rinnegherà; se siamo infedeli, egli rimane
fedele, perché non può rinnegare se stesso" (2 Timoteo 2:13). Isaia
invoca l’aiuto del Signore sulla base che Egli era stato quello stesso
che, in fondo, aveva portato Israele all’esistenza stessa e ne era
responsabile nonostante la sua condizione. “Tu, SIGNORE, sei nostro
padre, il tuo nome, in ogni tempo, è Redentore nostro” (63:16). Israele
era come argilla inerte, ma Egli era il vasaio che l’aveva formato con
le sue mani.
Se infatti non fosse per la misericordia di Dio che, sovranamente,
plasma Egli stesso il fedele, rigenerandolo, ricreandolo, non ci sarebbe
per noi speranza alcuna. Solo l’opera sovrana di Dio che rigenera il
peccatore poteva ristabilire il popolo di Israele, come pure solo
l’opera sovrana di Dio che rigenera può ricreare una creatura umana a
Lui gradita. Questo Egli lo fa in Cristo attraverso l’opera dello
Spirito Santo.
2.“Non adirarti fino all'estremo, o SIGNORE! Non
ricordarti dell'iniquità per sempre; ecco, guarda, ti supplichiamo; noi
siamo tutti tuo popolo”.
Isaia implora Dio di non dare corso ad un’ira estrema con Israele
e di lasciarsi alle spalle la memoria dei suoi peccati semplicemente
perché Israele è il popolo che Dio ha eletto. Sembra qui di sentire le
espressioni di tanti Salmi della Bibbia che invocano il perdono di Dio
sul Suo popolo non perché esso ne sia in qualunque modo meritevole, ma
per “il nome” stesso di Dio, per la Sua gloria, per la Sua reputazione,
affinché nessuno dei Suoi nemici rida dicendo che Egli non sia stato in
grado di mantenere le Sue promesse e prevalere. Difatti dice:
3.“Le tue città sante sono un deserto; Sion è un
deserto, Gerusalemme è una desolazione. La nostra santa e magnifica
casa, dove i nostri padri ti celebrarono, è diventata preda delle
fiamme, quanto avevamo di più caro è stato devastato”.
Gerusalemme era in rovina. Le sante città del Dio santo non
riflettevano nulla della Sua grandezza. Che vergogna sarebbe stata! Il
santo tempio era stato dato alle fiamme e le cose preziose ch’erano
associate al culto di Jahvè erano state depredate o distrutte. Isaia
parlava agli Israeliti dopo la loro deportazione. Essi non solo erano
stati rovinati, ma anche svergognati. Non avrebbe voluto Dio fare
qualcosa proprio perché la situazione che era sopravvenuta aveva
influito così negativamente su di Lui stesso e sulle Sue promesse? Certo
che no. Egli così salva loro e Gerusalemme non “per la loro bella
faccia”, ma per Sé stesso, per il Suo nome. Questa era l’unica sua
speranza. Questa è l’unica nostra speranza.
4.“Davanti a queste cose te ne rimarrai impassibile, o SIGNORE? Tacerai e ci affliggerai fino all'estremo?”.
No, Dio non sarebbe stato impassibile di fronte alle rovine ed
alla desolazione di Gerusalemme e del Suo popolo. Ecco così che Isaia
chiede a Dio, di fronte a questa situazione, di limitare la Sua pur
giusta ira, e non rimanere impassibile ed intervenire. Sarebbe forse
rimasto in silenzio di fronte alle preghiere del popolo e permesso che
continuasse la loro afflizione oltre a quello che avrebbero potuto
sopportare? Non avrebbe avuto compassione di loro?
Il profeta Ezechiele scrive: "Così parla il Signore, DIO: 'Io agisco
così, non a causa di voi, o casa d'Israele, ma per amore del mio nome
santo, che voi avete profanato fra le nazioni dove siete andati. Io
santificherò il mio gran nome che è stato profanato fra le nazioni, in
mezzo alle quali voi l'avete profanato; e le nazioni conosceranno che io
sono il SIGNORE", dice il Signore, DIO, 'quando io mi santificherò in
voi, sotto i loro occhi. Io vi farò uscire dalle nazioni, vi radunerò da
tutti i paesi, e vi ricondurrò nel vostro paese; vi aspergerò d'acqua
pura e sarete puri; io vi purificherò di tutte le vostre impurità e di
tutti i vostri idoli. Vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno
spirito nuovo; toglierò dal vostro corpo il cuore di pietra, e vi darò
un cuore di carne. Metterò dentro di voi il mio Spirito e farò in modo
che camminerete secondo le mie leggi, e osserverete e metterete in
pratica le mie prescrizioni. (...) Io vi libererò da tutte le vostre
impurità (...) farò moltiplicare il frutto degli alberi e il prodotto
dei campi, affinché non siate più esposti alla vergogna della fame tra
le nazioni. Allora vi ricorderete delle vostre vie malvagie e delle
vostre azioni, che non erano buone, e avrete disgusto di voi stessi a
motivo delle vostre iniquità e delle vostre abominazioni. Non è per amor
di voi che agisco così", dice il Signore, DIO, "siatene certi!
Vergognatevi, e siate confusi a motivo delle vostre vie, o casa
d'Israele!" (Ezechiele 36:22-32).
Conclusione
Le macerie e le rovine di una civiltà un tempo fiorente non lasciano
mai indifferenti e, aggirandoci fra di esse, ci si chiede il perché
tutta quella rovina sia potuta succedere. Le nostre “macerie” sono
sempre il risultato del nostro peccato, sia come esseri umani che come
popolo di Dio. L’antico popolo di Dio nella loro afflizione confessa e
piange i loro peccati giustificando Dio nelle loro afflizioni,
dichiarandosi indegni della Sua misericordia e quindi, umiliandosi, si
prepara per esserne liberato, non perché sia bravo o se lo meriti,
ma per la fedeltà e la gloria di Dio. Ora che stavano subendo le azioni
disciplinari che il Signore aveva loro inflitto, non avevano altro in
cui confidarsi che la misericordia di Dio. Non c’era alcuno, umanamente
parlando, che avesse potuto aiutarli, nessuno che intercedesse per loro.
Tutti quanti erano contaminati dal peccato e quindi indegni persino ad
intercedere.
Erano decaduti in una grave corruzione morale. Erano diventati come
“l’uomo impuro”, come una persona che fosse contagiata dalla lebbra che
ne devastava il corpo. Come tale non poteva essere ammesso ai cortili
del tempio, come uno che afflitto da qualche malattia ripugnante. Noi
tutti, a causa del peccato, siamo diventati non solo detestabili alla
giustizia di Dio, ma odiosi alla Sua santità. Il peccato è quella cosa
abominevole che Dio odia. Egli ha occhi troppo puri per sopportare la
vista del male, non può tollerare lo spettacolo dell’iniquità.
Anche quella che noi riteniamo la nostra giustizia, di fronte a
Dio non è che “un abito sporco”, stracci immondi. Siamo tutti così
corrotti e contaminati che anche coloro che passano per “uomini giusti”,
di fronte alla giustizia di Dio sono degni solo del deposito della
spazzatura. Non c’è solo corruzione morale, ma anche il culto religioso,
che rendono a Dio, è per Lui privo di valore, come offrirgli in
sacrificio bestie cieche, zoppe e malate, quelle che ci costa poco
offrirgliele. Sono per Dio solo una provocazione, “Gli fanno venire
il voltastomaco”. Le nostre performance, sebbene possano essere per noi
plausibili, se dipendiamo da esse come nostra giustizia e pensiamo che
davanti a Dio siano meritevoli, sono solo stracci immondi che non ci
coprono, non ci giustificano anzi, ci contaminano.
L’antico popolo di Dio, e ciascuno di noi, avrebbe avuto un’unica
speranza: quella di Cristo, della Sua giustizia, della Sua santità,
accreditata a colui o colei che, rinunciando ad ogni propria giustizia, e
confessando il Suoi peccati, accoglie Cristo come proprio Signore e
Salvatore. È così che Dio gli accredita le Sue virtù. Il vero penitente,
infatti, ha l’atteggiamento descritto da Isaia 30:22 “Considererete
come cose contaminate le vostre immagini scolpite, ricoperte d'argento, e
le vostre immagini fuse, rivestite d'oro; le getterete via come una
cosa impura, «Fuori di qui!», direte loro”, odiosi solo a vedersi. I
migliori doveri che pensiamo di assolvere sono difettosi e ben lontani
da quelli che dovrebbero essere, così pieni di peccato e di marciume da
essere simili a stracci immondi. Non così la giustizia di Cristo che
dobbiamo invocare come unica nostra speranza. Che così possa essere per
ciascuno di voi.
Paolo Castellina
"Ed è grazie a lui che voi siete in Cristo
Gesù, che da Dio è stato fatto per noi sapienza, giustizia,
santificazione e redenzione; affinché, com'è scritto: «Chi si vanta, si
vanti nel Signore»" (1 Corinzi 1:30-31)
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