"Per poco non mi persuadi a diventar cristiano" (Atti 26:28)
Il capitolo da cui è tratto questo verso contiene il mirabile resoconto di Paolo sulla sua meravigliosa conversione dal Giudaismo al Cristianesimo, narrato davanti al re Agrippa e a Festo, un governatore dei Gentili, quando fu chiamato, da questi, per parlare a sua difesa. Il nostro benedetto Signore aveva da tempo predetto che quando il Figliuol dell'uomo sarebbe stato innalzato, i Suoi discepoli sarebbero stati condotti davanti a re e governatori "per servire da testimonianza davanti a loro e ai pagani" (cfr. Matteo 10:18; Luca 21:12). E molto buono fu il piano dell'infinita saggezza di Dio nell'aver così disposto, in quanto la Cristianità è sempre stata fin dal principio la dottrina della Croce; e i prìncipi e i governatori della terra avevano un concetto troppo alto di sé per lasciarsi istruire da insegnanti tanto infimi ai loro occhi, o per lasciarsi disturbare da verità tanto scomode. E dunque sarebbero per sempre restati stranieri a Gesù Cristo, e a Lui crocifisso, se l'apostolo, essendo stato condotto davanti a loro, non avesse colto l'occasione di parlare loro di Gesù e della Sua resurrezione. Paolo sapeva bene che era questo il motivo principale per il quale il suo benedetto Maestro aveva permesso che i suoi nemici lo accusassero e lo conducessero davanti ai tribuni e al re; e dunque, secondo la volontà divina, Paolo non si limitò a parlare a sua difesa, ma allo stesso tempo cercò di convertire i suoi giudici. E fece questo con tale dimostrazione di spirito e forza, che Festo, non volendo farsi convincere da quella potente testimonianza, gridò a gran voce: "Paolo, tu vaneggi; la molta dottrina ti mette fuori di senno" (Atti 26:24). Al che il coraggioso apostolo (come un vero seguace del santo Gesù) replicò con mansuetudine: "Non vaneggio, eccellentissimo Festo; ma pronunzio parole di verità, e di buon senno" (verso 25). Ma con tutta probabilità, vedendo che il re Agrippa era stato colpito dalle sue parole, e osservando in lui un'inclinazione a conoscere la verità, cercò di parlare a lui in particolare. "Il re, al quale parlo con franchezza, conosce queste cose; perché sono persuaso che nessuna di esse gli è nascosta; poiché esse non sono accadute in segreto" (verso 26). E dunque, nella speranza che possa completare in lui la conversione desiderata, con inimitabile oratoria si rivolge a lui ancor più da vicino: "O re Agrippa, credi tu nei profeti? Io so che ci credi" (verso 27). Al che i sentimenti del re lo spinsero a dichiarare apertamente di essere stato toccato dalla predicazione del prigioniero, e a confessare con ingenuità: "Per poco non mi persuadi a diventar cristiano" (verso 28).
Queste
parole, prese nel loro contesto, ci forniscono una vivida
rappresentazione del diverso modo di accogliere la dottrina presentata
da ministri di Cristo come Paolo, da parte degli uomini dei nostri
giorni. Poiché nonostante essi, come questo grande apostolo, pronunciano
"parole di verità e di buon senno", e con tale forza e potenza che i
loro avversari non possono contraddire o resistere, troppi sono come il
nobile Festo, o troppo pieni di sé per accettare degli insegnamenti, o
troppo sensuali, o troppo noncuranti, o hanno una mente troppo carnale
per accettare la dottrina, e dunque trovano scuse, gridando come Festo:
"tu vaneggi; la molta dottrina (o, ciò che è più importante, la molta
carità) ti mette fuori di senno". Ma comunque, sia benedetto Dio! Non
tutti rifiutano di credere alla nostra testimonianza; eppure tra quelli
che accettano con allegrezza la parola e che confessano che abbiamo
pronunciato parole di verità e di buon senno, sono così pochi quelli che
arrivano a superare il grado di compunzione mostrato da Agrippa, così
pochi quelli che arrivano ad essere persuasi ad essere più che "quasi
Cristiani", che non posso fare a meno di credere che sia assolutamente
necessario avvertire le care persone che mi ascoltano dei pericoli di
una tale condizione. E perciò, dalle parole del testo che stiamo
considerando, considererò queste tre cose:
PRIMO, che cosa significa essere quasi Cristiano.
SECONDO, quali sono i motivi principali per cui così tante persone non sono altro che quasi Cristiani.
TERZO, considererò l'inutilità, il pericolo, l'assurdità, e l'angoscia che attendono coloro che sono solo dei quasi Cristiani; e concluderò con un'esortazione generale affinché tutti ci sforziamo a non essere solo quasi Cristiani, ma Cristiani completi.
PRIMO, che cosa significa essere quasi Cristiano.
SECONDO, quali sono i motivi principali per cui così tante persone non sono altro che quasi Cristiani.
TERZO, considererò l'inutilità, il pericolo, l'assurdità, e l'angoscia che attendono coloro che sono solo dei quasi Cristiani; e concluderò con un'esortazione generale affinché tutti ci sforziamo a non essere solo quasi Cristiani, ma Cristiani completi.
I. Cosa significa essere quasi Cristiano
Un quasi Cristiano, se lo consideriamo rispetto ai suoi doveri verso
Dio, è una persona divisa tra due opinioni; vacilla tra Cristo e il
mondo; vorrebbe riconciliare Dio e Mammona, la luce e l'oscurità, Cristo
e Belial. È vero, ha un'inclinazione verso la religione, ma è molto
cauto a non addentrarsi troppo in essa: il suo cuore falso grida in
continuazione: "risparmiati, non farti alcun male". Costui prega: "Sia
fatta la tua volontà in terra come in cielo" (Matteo 6:10),
ma nonostante ciò la sua ubbidienza è solo parziale; egli accarezza la
speranza che Dio non sarà tanto severo da ricordare tutte le sue
mancanze volontarie, sebbene un apostolo ispirato disse che "chiunque
infatti osserva tutta la legge, ma la trasgredisce in un punto solo, si
rende colpevole su tutti i punti" (Giacomo 2:10).
Ma principalmente, si tratta di una persona che dipende molto dalle
pratiche esteriori, e sulla base di esse reputa se stesso giusto,
disprezzando gli altri, nonostante egli sia estraneo alla vita divina
proprio come tutte le altre persone incredule. In breve, è attaccato
alla forma, ma non ha mai sperimentato la potenza della grazia nel suo
cuore. Va avanti anno dopo anno, seguendo le abitudini e i riti
religiosi, ma, come le vacche magre del sogno di Faraone, stanno sempre
peggio e non meglio.
Se
considerate questa persona rispetto ai suoi vicini, riconoscerete che
si tratta di una persona che osserva la giustizia in tutto; ma ciò non
procede dall'amore per Dio o per il prossimo, ma solo da un principio di
amor proprio: egli sa che la disonestà può rovinare la sua reputazione,
e di conseguenza i favori che riceve nel mondo.
È
una persona che dipende molto dall'essere giusto a modo suo, e si
accontenta della coscienza di non aver fatto danno a nessuno, sebbene
legga nel Vangelo che i servi inutili saranno gettati "nelle tenebre di
fuori" (cfr. Matteo 25:30), e che il fico sterile fu maledetto e si
seccò fin dalle radici (cfr. Marco 11:20-21), non per aver portato un
cattivo frutto, ma per non averlo portato affatto.
Non
è avverso a fare opere di bene in pubblico, purché non debbano essere
fatte troppo frequentemente: ma non è avvezzo alla pratica di visitare i
malati e i carcerati, di vestire coloro che non hanno di che coprirsi, e
di sfamare gli affamati senza mettersi in mostra. Pensa che tutte
queste cose appartengono solo al clero, sebbene il suo cuore falso gli
dica che nient'altro che l'orgoglio lo trattiene dal praticare questi
atti di umiltà; e che Gesù Cristo, nel capitolo 25 del libro di Matteo,
condanna le persone alle sofferenze eterne non soltanto perché siano
fornicatori, ubriachi, o estorsori, ma per aver rifiutato di fare quelle
opere di carità: "Allora egli dirà ancora a coloro che saranno a
sinistra: 'Andate via da me maledetti, nel fuoco eterno che è stato
preparato per il diavolo e per i suoi angeli. Poiché ebbi fame e non mi
deste da mangiare, ebbi sete e non mi deste da bere, fui forestiero e
non mi accoglieste, ignudo e non mi rivestiste, infermo e in prigione e
non mi visitaste'. Allora anche questi gli risponderanno, dicendo:
'Signore, quando ti abbiamo visto affamato, o assetato, o forestiero, o
ignudo, o infermo, o in prigione e non ti abbiamo soccorso?'. Allora
egli risponderà loro dicendo: 'in verità vi dico: tutte le volte che non
l'avete fatto a uno di questi minimi, non l'avete fatto neppure a me. E
questi andranno nelle pene eterne'" (Matteo 25:41-46).
Ho ritenuto opportuno citarvi l'intero passaggio della Scrittura,
poiché il nostro Salvatore vi attribuisce particolare importanza; eppure
viene preso in considerazione così poco spesso, che se dovessimo
giudicare dalla pratica della maggior parte dei Cristiani, si sarebbe
tentati di pensare che non esistono questi insegnamenti nella Bibbia.
Il carattere del QUASI CRISTIANO
Consideriamolo rispetto a se stesso: come abbiamo detto, se lo
confrontiamo con i suoi vicini appare una persona onesta, ed è sobrio
anche rispetto a se stesso; ma sia la sua onestà che la sua sobrietà
procedono dallo stesso principio di un falso amor proprio. È vero, egli
non corre negli eccessi di ribellione con gli altri uomini; ma non lo fa
per ubbidienza alle leggi di Dio, bensì lo fa o perché per carattere
non apprezza la smoderatezza, o per timore di perdere la propria
reputazione, o di fare cose sconvenienti che possano danneggiare i
propri affari materiali. Ma nonostante la sua prudenza nell'evitare la
smoderatezza e gli eccessi, per le ragioni appena menzionate, costui si
dirige sempre verso gli estremi di ciò che è ammesso. È vero, non è un
ubriacone; ma non ha ABNEGAZIONE CRISTIANA. Non ammette il pensiero che
il nostro Salvatore sia un Maestro tanto severo da negarci di poter
indulgere in alcuni particolari: e per questo è privo di un senso della
vera religione allo stesso modo di quelli che vivono nella depravazione o
in altri crimini. Nel mettere in pratica i suoi principi egli è guidato
più dal mondo che dalla Parola di Dio: da parte sua, non riesce a
concepire che la via del paradiso sia poi così stretta; e quindi non
segue tanto gli insegnamenti della Scrittura, quanto piuttosto cosa
dicono e fanno gli uomini che si dicono giusti, o cosa si adatti
maggiormente alle sue inclinazioni corrotte. Per questo, egli non è solo
molto cauto verso se stesso, ma lo è anche verso i nuovi convertiti, i
cui volti sono rivolti verso il cielo; e, parlando loro da parte del
diavolo, cerca di convincerli a risparmiare se stessi, sebbene essi non
facciano più di quello che la Scrittura chiede loro di fare. Come
conseguenza, "non vi entrano loro, né lasciano entrare quelli che
cercano di entrare" (cfr. Matteo 23:13).
In
questo modo vive il quasi Cristiano: non posso dire di avervelo
descritto appieno; ma da questi esempi e descrizioni del suo carattere,
se le vostre coscienze non sono addormentate e hanno applicato il
discorso ai vostri cuori, temo che alcuni tra voi si riconoscano in
alcuni dei tratti descritti, per quanto odiosi; e dunque non posso che
sperare che vi unirete all'apostolo nelle parole da lui pronunciate nel
verso immediatamente seguente, e preghiate che possiate diventare anche
voi non solo in parte, ma Cristiani completi.
II. Le ragioni per cui così tante persone non sono altro che quasi Cristiani
Il primo
motivo che voglio menzionare è che sono in molti a esporre false nozioni
religiose; sebbene vivano in un paese cristiano, non sanno cosa sia la
Cristianità. Questo forse può essere reputato da alcuni un "parlare
duro", ma dall'esperienza purtroppo se ne evince la sincerità; poiché
alcuni dicono che la religione consista nell'appartenere a questa o a
quella chiesa; molti dicono che consista nella moralità; la maggior
parte ritiene che consista nel praticare dei doveri secondo un certo
modello di esecuzione; e pochi, molto pochi, riconoscono che consiste in
quello che realmente è, e cioè un cambiamento profondo nella propria
natura, una vita divina, una partecipazione vitale di Gesù Cristo,
un'unione dell'anima con Dio; cosa che l'apostolo esprime quando dice:
"Chi si unisce al Signore è uno spirito solo con lui" (1 Corinzi 6:17).
Perciò accade che molti, anche i praticanti più istruiti, quando ci si
trova a conversare con loro dell'essenza, la vita, l'anima della
religione, intendo la nostra nuova nascita in Gesù Cristo come insegnata
dal Vangelo, si confessano ignoranti sulla materia, e come Nicodemo
esclamano: "Come possono accadere queste cose?" (cfr. Giovanni 3:9).
Non c'è da meravigliarsi, dunque, che così tanti siano solo quasi
Cristiani, quando così tante persone non sanno cosa sia la Cristianità:
non c'è da meravigliarsi che così tanti seguano solo la forma religiosa,
essendo in realtà estranei alla potenza della grazia; o che si
accontentino della sua ombra, conoscendo così poco della sua sostanza. E
questo è uno dei motivi per cui così pochi sono veri Cristiani.
Un
secondo motivo che è causa del fatto che molti non sono altro che quasi
Cristiani è una servile paura degli uomini: ci sono state e ci sono
moltitudini di persone qui che, risvegliate alla percezione della vita
divina, hanno gustato e sentito la potenza del mondo a venire; ma per un
peccaminoso timore di essere additati o condannati dagli uomini per
questa fede, hanno lasciato svanire quella vita. È vero, hanno della
stima per Gesù Cristo; ma, come Nicodemo, vanno a lui solo di notte,
nell'ombra: vogliono servirlo, ma in segreto, per timore del giudizio
degli uomini: hanno in cuore di vedere Gesù, ma non riescono a
raggiungerlo a causa della folla, e per paura di essere derisi, e
ridicolizzati da quelle stesse persone con le quali siedono a tavola per
mangiare. Ben profetizzò il nostro Salvatore di tali persone, dicendo:
Come potete amarmi, voi che prendete gloria gli uni dagli altri? Ahimè!
Non hanno mai letto che "l'amicizia del mondo è inimicizia verso Dio?" (Giacomo 4:4)? E che il nostro Signore stesso ha detto: "Perché chi si vergognerà di
me e delle mie parole, in mezzo a questa generazione adultera e
peccatrice, anche il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui, quando verrà
nella gloria del Padre suo, con i santi angeli" (Marco 8:38)? Non c'è da meravigliarsi se così tante persone non sono altro che
quasi Cristiani, dato che così tanti hanno preferito "la gloria degli
uomini alla gloria di Dio" (Giovanni 12:43).
Un
terzo motivo per il quale molti sono nient'altro che quasi Cristiani è
che nei loro cuori regna l'amore per il denaro. Questo era il caso
pietoso di quel giovane di cui leggiamo nel Vangelo, che andò correndo
verso il nostro benedetto Signore, e inginocchiatosi davanti a Lui,
chiese: "cosa devo fare per ereditare la vita eterna?" (Marco 10:17);
al che il nostro benedetto Maestro rispose: "Tu conosci i comandamenti:
'Non commettere adulterio. Non uccidere. Non rubare. Non dire falsa
testimonianza. Non frodare. Onora tuo padre e tua madre'" (verso 19).
Allora il giovane rispose: "Maestro, tutte queste cose le ho osservate
fin dalla mia fanciullezza" (verso 20). Ma quando il nostro Signore gli
disse: "Una cosa ti manca; va', vendi tutto quello che hai e dallo ai
poveri", "egli, rattristato da quella parola, se ne andò dolente, perché
aveva molti beni" (versi 21-22). Povero giovane! Aveva in cuore di
diventare un Cristiano, e di ereditare la vita eterna, ma reputò troppo
caro il prezzo per riceverla, trattandosi di donare i suoi beni! E così
oggigiorno molti, sia giovani che anziani, vengono correndo per adorare
il nostro benedetto Signore in pubblico, e si inginocchiano davanti a
Lui in privato, e chiedono al Suo Vangelo cosa devono fare per ereditare
la vita eterna: ma quando comprendono che devono rinunciare a godere
delle ricchezze, e che devono abbandonare tutte le cose cui sono
affezionati, gridano: "Signore perdonami in questa cosa! Ti prego,
abbimi per scusato".
Il
cielo è dunque una sciocchezza tanto piccola agli occhi degli uomini,
da non valere più di un po' di terra dorata? La vita eterna è per essi
un acquisto troppo costoso, da non meritare la rinuncia temporanea a
poche ricchezze transitorie? Evidentemente è così. Ma per quanto tale
comportamento sia inconsistente, questo amore smodato per il denaro è
chiaramente la comune e fatale causa del fatto che molti siano solo
quasi Cristiani.
L'amore
per i piaceri non è un motivo meno comune o meno fatale per cui molti
sono nient'altro che quasi Cristiani. Migliaia, decine di migliaia sono
coloro che disprezzano le ricchezze e vorrebbero volontariamente essere
dei veri discepoli di Gesù Cristo, se abbandonare i propri averi li
rendesse tali; ma quando viene loro ricordato che il nostro benedetto
Signore ha detto: "Se uno vuol venire dietro a me, rinunzi a sé stesso" (Matteo 16:24),
essi, come il giovane di cui abbiamo parlato prima, se ne vanno
dolenti, perché hanno un amore troppo grande per i piaceri dei sensi.
Forse chiameranno dei ministri di Cristo, come Erode fece con Giovanni
(cfr. Marco 6:20),
e li ascolteranno volentieri: ma toglietegli la loro Erodiade, ditegli
che devono lasciare quel piacere o quella passione cui sono così
attaccati; e come il malvagio Acab grideranno: "Mi hai trovato, nemico
mio?"(1 Re 21:20). Parlategli della necessità della mortificazione e dell'abnegazione, e
sarà per loro difficile come se aveste detto loro "tagliati la mano
destra, o cavati l'occhio destro". Essi non concepiscono che il nostro
benedetto Signore possa chiederci tanto, sebbene un apostolo ispirato ci
abbia comandato: "Fate dunque morire le vostre membra che sono sulla
terra" (cfr. Colossesi 3:5);
e quello stesso apostolo, che aveva convertito migliaia di persone, ed
era quasi giunto alla fine della corsa, dichiarò quale pratica seguisse
quotidianamente: "disciplino il mio corpo e lo riduco in servitù perché,
dopo aver predicato agli altri, non sia io stesso riprovato" (1 Corinzi 9:27).
Ma
alcuni uomini vorrebbero reputarsi più saggi di questo grande apostolo,
e illustrarci quella che loro falsamente credono essere la via più
facile per raggiungere la gioia. Vorrebbero adularci facendoci credere
di poter andare in cielo senza rinunciare ai nostri appetiti sensuali,
ed entrare per la porta stretta senza combattere contro le nostre
inclinazioni carnali. E questo è un altro motivo per cui così tante
persone sono solo quasi, ma non del tutto, Cristiani.
Il
quinto e ultimo motivo che voglio illustrare, come causa del fatto che
molti sono solo quasi Cristiani, è una volubilità e instabilità di
temperamento.
Senza dubbio, una disgrazia che molti ministri e credenti sinceri hanno incontrato, è quella di iniziare nello Spirito, ma dopo un po' cadere, e finire nella carne; e questo, non per mancanza delle giuste nozioni religiose, né per un servile spirito di timore dell'uomo, né per amore del denaro, o dei piaceri dei sensi, ma a causa della volubilità e dell'instabilità del loro carattere.
Hanno volto la loro attenzione alla religione solo come novità, come un qualcosa che potesse soddisfarli per un po' di tempo; ma, una volta che la loro curiosità è stata soddisfatta, l'hanno messa da parte: come il giovane che venne a vedere Gesù, vestito di abiti di lino, essi Lo hanno seguito per un periodo, ma quando sono arrivate le tentazioni su di loro, per mancanza di risolutezza si sono lasciati derubare di tutte le loro buone intenzioni, e sono corsi via nudi. Inizialmente, come alberi piantati in riva a un fiume, sono cresciuti e sono fioriti per un periodo; ma non avendo radici in sé, non possedendo un principio di santità e carità, presto si sono seccati e avvizziti (cfr. Luca 8:5 e segg.). Le loro buone intenzioni assomigliano troppo ai movimenti violenti di un animale che viene ammazzato; sebbene impetuosi, hanno breve durata. In breve, cominciano bene il loro cammino verso il cielo, ma quando si accorgono che la strada è più stretta o più lunga di quanto si aspettavano, a causa della loro indole instabile si fermano per sempre, e così "il cane è tornato al suo vomito, e: la scrofa lavata è tornata a rotolarsi nel fango" (2 Pietro 2:22).
Senza dubbio, una disgrazia che molti ministri e credenti sinceri hanno incontrato, è quella di iniziare nello Spirito, ma dopo un po' cadere, e finire nella carne; e questo, non per mancanza delle giuste nozioni religiose, né per un servile spirito di timore dell'uomo, né per amore del denaro, o dei piaceri dei sensi, ma a causa della volubilità e dell'instabilità del loro carattere.
Hanno volto la loro attenzione alla religione solo come novità, come un qualcosa che potesse soddisfarli per un po' di tempo; ma, una volta che la loro curiosità è stata soddisfatta, l'hanno messa da parte: come il giovane che venne a vedere Gesù, vestito di abiti di lino, essi Lo hanno seguito per un periodo, ma quando sono arrivate le tentazioni su di loro, per mancanza di risolutezza si sono lasciati derubare di tutte le loro buone intenzioni, e sono corsi via nudi. Inizialmente, come alberi piantati in riva a un fiume, sono cresciuti e sono fioriti per un periodo; ma non avendo radici in sé, non possedendo un principio di santità e carità, presto si sono seccati e avvizziti (cfr. Luca 8:5 e segg.). Le loro buone intenzioni assomigliano troppo ai movimenti violenti di un animale che viene ammazzato; sebbene impetuosi, hanno breve durata. In breve, cominciano bene il loro cammino verso il cielo, ma quando si accorgono che la strada è più stretta o più lunga di quanto si aspettavano, a causa della loro indole instabile si fermano per sempre, e così "il cane è tornato al suo vomito, e: la scrofa lavata è tornata a rotolarsi nel fango" (2 Pietro 2:22).
Ma
io tremo nel pronunciarmi sul destino di questi Cristiani instabili
che, dopo aver messo mano all'aratro, per mancanza di un po' più di
determinazione, guardano indietro a loro vergogna (cfr. Luca 9:62). Come farò a ripetere loro quella terribile sentenza, "se si tira indietro l'anima mia non lo gradisce" (Ebrei 10:38),
e ancora, "[quelli] che sono stati una volta illuminati, hanno gustato
il dono celeste, sono stati fatti partecipi dello Spirito Santo, e hanno
gustato la buona parola di Dio e le potenze del mondo a venire, se
cadono, è impossibile riportarli un'altra volta al ravvedimento" (Ebrei 6:4-6).
Ma nonostante il Vangelo sia tanto severo verso gli apostati, molti che
hanno iniziato bene, per il loro carattere incostante (oh, che nessuno
di coloro che sono qui presenti sia così) finiscono nel numero di quelli
che si tirano indietro a loro perdizione. E questo è il quinto ed
ultimo motivo che elencherò per cui così tanti sono solo quasi, ma non
del tutto, Cristiani.
III. La follia di essere solo quasi Cristiani
E il primo effetto della follia di tale comportamento è l'impossibilità di essere salvati. È vero, queste persone sono quasi rette; ma centrare quasi il bersaglio significa mancarlo. Dio richiede da noi che lo amiamo "con tutto il nostro cuore, con tutta la nostra anima, con tutta la nostra mente e con tutta la nostra forza" (cfr. Marco 12:30; Deuteronomio 6:5). Egli ci ama troppo per permettere qualunque rivalità; poiché, più i nostri cuori sono vuoti di Dio, più sono pieni di tristezza. Il diavolo, infatti, come la falsa madre che si presentò davanti a Salomone (cfr. 1 Re 3:17), vorrebbe che i nostri cuori fossero divisi, come quella donna chiedeva che fosse fatto per il bambino; ma Dio, come la vera madre, voleva tutto o niente. "Figlio mio, dammi il tuo cuore" (Proverbi 23:26), tutto il tuo cuore; questa è la chiamata che viene rivolta a tutti: e se ciò non viene fatto, non potremo mai aspettarci la misericordia divina.
Le
persone possono giocare a fare gli ipocriti, ma Dio nel gran giorno del
giudizio li abbatterà con la morte, come fece ad Anania e a Saffira
(cfr. Atti 5:1-11)
per bocca del Suo servitore Pietro; poiché fingono di offrirgli tutto
il loro cuore, ma in realtà gran parte la tengono per sé. Forse possono
illudere i loro simili per un tempo; ma Colui che diede ad Ahijah la
capacità di gridare "Entra pure, moglie di Geroboamo" (1 Re 14:6),
smascherando la donna che, fingendosi un'altra, era venuta a
consultarlo per avere notizie su suo figlio che era malato, lo stesso
Dio svelerà anche le loro più astute dissimulazioni; e se i loro cuori
non appartengono completamente a Lui, essi avranno la stessa sorte degli
ipocriti e degli increduli.
Ma,
come seconda cosa, quello che rende una "mezza devozione" ancora più
inescusabile è il fatto che essa non solo è insufficiente alla loro
stessa salvezza, ma anche pericolosa per quella degli altri. Un quasi
Cristiano è una delle creature più dannose del mondo; è un lupo vestito
da agnello; è uno di quei falsi profeti di cui il nostro benedetto
Signore ci ha parlato, nel sermone sul monte: uno di quelli che cercano
di persuadere le persone che la via per il cielo è più larga di quanto è
in realtà; e dunque, come è stato osservato prima, "non vi entrano
loro, né lasciano entrare quelli che cercano di entrare" (cfr. Matteo 23:13).
Questi, questi sono gli uomini che corrompono il mondo con uno spirito
Laodiceano di tiepidezza, che accendono false luci, facendo naufragare
le anime ignare che sono in cammino verso la meta. Essi sono per la
croce di Cristo dei nemici peggiori degli infedeli: poiché gli increduli
sono ben conosciuti; ma un quasi Cristiano, con subdola ipocrisia,
attrae molti a sé; e dunque deve aspettarsi di ricevere per questo
maggiore dannazione.
Come
terza cosa, non solo ciò è dannoso per noi e per gli altri, ma è anche
il massimo esempio di ingratitudine che possiamo esprimere al nostro
Signore e Maestro Gesù Cristo. Poiché Egli è venuto dal cielo e ha
sparso il Suo prezioso sangue per acquistare questi nostri cuori; e noi
gliene vogliamo dare solo metà? Oh, come possiamo affermare di amarLo,
quando i nostri cuori non sono uno con Lui? Come possiamo chiamarlo
nostro Salvatore, quando non ci sforziamo sinceramente di essere
approvati da Lui, affinché Egli veda il frutto del travaglio dell'anima
sua e ne sia soddisfatto (cfr. Isaia 53:11) ?
Supponiamo,
per esempio, che qualcuno tra noi abbia acquistato un servo per una
gran somma di denaro, e che questo servo prima di essere acquistato
abbia vissuto nella povertà e nel dolore più estremi, e che sarebbe
rimasto in quelle condizioni se non l'avessimo preso in casa nostra;
supponiamo anche che, qualche tempo più tardi, questo servo diventasse
ribelle, o che si rifiutasse di eseguire più di metà dei suoi doveri;
quanto, quanto potremmo rimproverarlo per la sua vile ingratitudine! E
questo servo meschino sei tu, o uomo, che ti riconosci redento
dall'infinita e inevitabile miseria e punizione eterna grazie alla morte
di Gesù Cristo, eppure non dai tutto te stesso a Lui. Ci comporteremo
noi con Dio il nostro Creatore in un modo col quale non tratteremo
neppure un uomo nostro simile? No, Dio ce ne guardi!
Permettetemi,
dunque, di aggiungere un paio di parole di esortazione per voi, per
incitarvi a non essere solo quasi, ma del tutto Cristiani. Oh, che noi
possiamo disprezzare ogni comportamento vile e sleale verso il nostro Re
e Salvatore, il nostro Dio e Creatore. Non attraversiamo delle
tribolazioni durante la nostra vita per poi gettarci nell'inferno alla
fine. Diamo a Dio tutto il nostro cuore, e non restiamo un attimo di più
divisi tra due scelte: se il mondo è Dio, serviamolo; se il piacere è
Dio, serviamolo; ma se il Signore è Dio, serviamo, oh, serviamo soltanto
Lui! Perché, perché dovremmo aspettare ancora? Perché amare la
schiavitù, al punto di non rinunciare completamente al mondo, alla
carne, e al diavolo, che con tante catene spirituali lega le nostre
anime, impedendo loro di arrivare a Dio? Ahimè! Di cosa abbiamo paura?
Dio non è forse in grado di ricompensare la nostra completa ubbidienza?
Se lo è, perché non Lo serviamo appieno? Per lo stesso motivo per cui
facciamo tanto, perché non facciamo di più? O pensate che essere
religiosi solo per metà vi renderà felici, ma andando oltre vi
ritroverete miserabili e infelici? Oh, questo, miei fratelli e sorelle, è
un inganno: perché questa mezza devozione, questo vacillare tra Dio e
il mondo, che rendono così tante persone, all'apparenza ben disposte,
dei completi estranei alle consolazioni della fede? Essi seguono la
religione solo fino al punto in cui essa disturba le loro concupiscenze,
e seguono le loro concupiscenze fino al punto di essere da queste
private delle consolazioni della religione. Se invece, al contrario,
abbandonassero sinceramente ogni cosa a cui sono legati, e dessero i
loro cuori interamente a Dio, sperimenterebbero allora (e non prima di
allora) l'inesprimibile gioia di avere una mente in armonia con se
stessi, e una tale pace con Dio, che sorpassa ogni conoscenza, e alla
quale essi erano stati estranei prima di allora. È vero, se dedichiamo
tutti noi stessi interamente a Dio, dovremo affrontare il disprezzo
degli uomini; ma esso è necessario a guarirci dal nostro orgoglio.
Dobbiamo rinunciare alle gioie dei sensi, perché essi ci impediscono di
ricevere quelli spirituali, che sono infinitamente migliori. Dobbiamo
rinunciare all'amore del mondo; e questo perché possiamo essere riempiti
dell'amore di Dio: e quando esso avrà allargato i nostri cuori, noi,
come Giacobbe quando servì per amore della sua amata Rachele (cfr. Genesi 29:20),
non reputeremo nulla troppo difficile da sopportare, né ci sarà
sofferenza troppo dura da attraversare, per l'amore che allora avremo
per il nostro caro Redentore. Così facili, così piacevoli saranno le vie
di Dio anche in questa vita: ma quando ci libereremo di questi corpi, e
le nostre anime saranno ripiene di tutta la pienezza di Dio, oh, quale
cuore può concepire, quale lingua può esprimere con quale ineffabile
gioia e consolazione guarderemo indietro ai giorni passati di sincero e
umile servizio per il Signore. Pensate allora, miei cari che mi
ascoltate, che ci pentiremo di aver fatto troppo? O piuttosto non
pensate che ci vergogneremo di non aver fatto di più, e arrossiremo per
essere stati così restii ad arrenderci completamente a Dio, sapendo che
in futuro Lui voleva darci Se stesso per l'eternità?
Permettetemi,
dunque, di concludere, esortandovi, fratelli e sorelle, ad avere sempre
davanti ai vostri occhi l'ineffabile felicità di rallegrarvi in Dio. E
ricordate che ogni minima parte di santificazione che trascurate, è un
gioiello mancante nella vostra corona, un grado inferiore di benedizione
eterna quando saremo davanti a Dio. Oh! Pensate e agite sempre così, e
non starete più a cercare di conciliare le cose di Dio con quelle mondo;
ma, al contrario, sforzatevi quotidianamente di dare sempre di più voi
stessi a Lui; e sarete sempre vigili, sempre in preghiera, sempre
aspiranti ai più alti livelli di purezza e di amore, e conseguentemente
vi preparerete per una sempre maggiore rivelazione dell'amore di Dio,
nella cui presenza c'è gioia completa, e alla cui destra vi è la
felicità eterna. Amen! Amen!
di George Whitefield
“Non sapete voi che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non v’ingannate: né i fornicatori, né gli idolatri, né gli adulteri, né gli effeminati, né gli omosessuali, né i ladri, né gli avari, né gli ubriaconi, né gli oltraggiatori, né i rapinatori erediteranno il regno di Dio.”
(1 Corinzi 6:9-10)
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