Uno degli
aspetti più importanti della vita cristiana, ma allo stesso tempo, uno degli aspetti
più fraintesi, è la preghiera. Come è vero che la preghiera è uno degli aspetti
più importanti della vita cristiana, è altrettanto vero che è estremamente
facile sbagliare grandemente in questo campo. Un errore è quello di non pregare
abbastanza. È molto facile credere di non avere tempo di pregare. Questo è un
ragionamento sbagliato, perché alla base di questa convinzione c'è il pensiero
che non abbiamo veramente bisogno di Dio.
Però,
dall'altro estremo, uno può anche pregare tanto, ma pregare in modo sbagliato.
Vogliamo
esaminare alcuni brani della Bibbia che parlano della preghiera, affinché
possiamo averne un concetto più conforme alla Bibbia. Se preghiamo a modo
nostro, che però non è conformato alle verità che Dio ci ha lasciato nella
Bibbia, le nostre preghiere possono essere inutili, o peggio ancora, possono
essere un'offesa a Dio. Perciò, prestate molta attenzione alle verità che Dio
ci insegna nella sua parola sulla preghiera.
La Bibbia
insegna che dobbiamo pregare al PADRE. Troviamo questo insegnamento
ripetutamente, come anche quello che lo Spirito Santo prega per noi.
Ma la verità
che vogliamo considerare molto più a fondo in questo studio riguarda il fatto
che dobbiamo pregare nel nome di Gesù Cristo. Consideriamo, molto attentamente,
che cosa significa pregare nel nome di Gesù.
Chi può pregare?
La prima
verità da capire quando consideriamo la preghiera è: chi ha diritto di pregare?
Ovvero, chi può pregare, avendo la certezza biblica che Dio lo ascolterà?
Chiaramente,
oggi, come sempre, tante persone pregano. Ma il fatto che tante persone pregano
non significa che vengono ascoltate da Dio.
Secondo la
Bibbia, sono coloro che hanno Gesù Cristo come Signore e Salvatore, e perciò
come Sacerdote e Mediatore, che possono pregare.
Per esempio,
in Ebrei 4:14-16, che è stato scritto per coloro che hanno Cristo come
Sacerdote e Signore, leggiamo che è per mezzo di Lui che abbiamo accesso al
trono di Dio per essere soccorsi. Quindi, è per mezzo di Cristo che possiamo
pregare. Chi è senza Cristo non ha questo libero accesso al trono di Dio.
Leggiamo il brano.
“14 Avendo dunque un grande sommo sacerdote che è
passato attraverso i cieli, Gesù, il Figlio di Dio, stiamo fermi nella fede che
professiamo. 15 Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non possa
simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, poiché egli è stato tentato come
noi in ogni cosa, senza commettere peccato. 16 Accostiamoci dunque con piena
fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovar grazia ed
essere soccorsi al momento opportuno.” (Ebr 4:14-16)
Quindi,
solamente chi è un vero figlio di Dio ha diritto di pregare.
A CHI si deve pregare?
Quando
preghiamo, a chi dobbiamo rivolgere le nostre preghiere?
E' giusto
pregare solo a Dio Padre, o si dovrebbe pregare anche a Gesù e allo Spirito
Santo? Cosa ne dice la Bibbia?
In Matt. 6:9
Gesù ci insegna a pregare, e Lui ci dichiara chiaramente di pregare a Dio
Padre.
“Voi dunque pregate così: "Padre nostro che sei
nei cieli, sia santificato il tuo nome;” (Mat 6:9)
In Giov.
16:23 Gesù parla della preghiera al Padre.
“In quel giorno non mi rivolgerete alcuna domanda. In
verità, in verità vi dico che qualsiasi cosa domanderete al Padre nel mio nome,
egli ve la darà.” (Giov 16:23)
La Bibbia ci
insegna ripetutamente, sia con insegnamenti, sia con esempi, che dobbiamo
pregare a Dio Padre.
Allora, qual
è il ruolo di Gesù e qual è quello dello Spirito Santo?
Se dobbiamo
pregare a Dio Padre, che ruolo hanno Gesù Cristo e lo Spirito Santo?
Nel nome di Gesù
Gesù ci ha
insegnato di pregare nel suo nome. Fra poco esamineremo questo concetto.
Lo Spirito Santo
Per quanto
riguarda lo Spirito Santo, non esiste alcuna preghiera nella Bibbia rivolta
allo Spirito Santo, tranne una profezia in Ezechiele 37. Quindi, visto che non
esiste alcuna preghiera rivolta allo Spirito Santo, è chiaro che non dobbiamo
pregare a Lui. Ma qual è il suo ruolo?
Lo Spirito
Santo ha il ruolo di glorificare Cristo e di indicarci la giusta strada per
giungere a questo fine.
“Egli mi glorificherà perché prenderà del mio e ve lo
annuncerà.” (Giov 16:14)
Si può anche
leggere Giov. 14:14-26.
Quando un
grande faro illumina un palazzo di notte, se fa un buon lavoro, non lo si nota
neanche, ma si nota ed ammira solamente il palazzo. Similmente lo Spirito Santo
è come il faro: ci aiuta a vedere ed ammirare la persona di Gesù Cristo.
Inoltre, lo
Spirito Santo, prega per noi aiutandoci nel nostro debole ed incerto modo di
porgere le nostre preghiere, perché, Egli conosce Dio nel suo profondo.
“26 Allo
stesso modo ancora, lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché non
sappiamo pregare come si conviene; ma lo Spirito intercede per noi con sospiri
ineffabili; 27 e colui che esamina i cuori sa quale sia il desiderio dello
Spirito, perché egli intercede per i santi secondo il volere di Dio.” (Rom
8:26-27)
Che
consolazione!
Quindi, a
chi dobbiamo pregare? Dobbiamo pregare a Dio Padre, nel nome di Gesù Cristo.
per COSA si deve pregare?
Per che cosa
dobbiamo pregare? Possiamo pregare per qualsiasi cosa? Dio esaudisce ogni
preghiera? È possibile chiedere qualsiasi cosa nel nome di Gesù, oppure,
pregare nel nome di Gesù ci limita nelle nostre richieste?
Chiaramente,
nella carne, l'uomo prega per ottenere tutto quello che desidera. Prega per
avere buona salute o per una guarigione, prega per avere successo negli affari,
prega di superare gli esami a scuola, prega per avere sicurezza in viaggio,
prega per un buon tempo durante le vacanze.
Che cosa ne dice la Bibbia?
Esaminiamo
alcuni brani fondamentali sulla preghiera. Questi brani sono importanti per il
loro insegnamento, ma spesso vengono presi fuori contesto ed interpretati male.
Quando abbiamo un concetto sbagliato della preghiera, questo ci fa molto male
spiritualmente.
Giovanni 14
Consideriamo
per primo il brano in Giovanni 14:12-14. Leggiamolo.
“12 In
verità, in verità vi dico che chi crede in me farà anch’egli le opere che
faccio io; e ne farà di maggiori, perché io me ne vado al Padre; 13 e quello
che chiederete nel mio nome, lo farò; affinché il Padre sia glorificato nel
Figlio. 14 Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.” (Giov
14:12-14)
Prima di
esaminare con cura questi versetti, ricordiamoci che a volte siamo tutti
tentati di voler far dire alla Bibbia quello che ci è comodo. Cioè, nella
carne, abbiamo la tendenza di interpretare la Bibbia non in base a quello che è
realmente scritto, ma in base a quello che ci è comodo. Quindi, dobbiamo
sforzarci di dividere rettamente questo brano.
Alcuni
credenti, e purtroppo anche delle chiese intere, interpretano erroneamente
questo brano dicendo che noi possiamo chiedere qualsiasi cosa che desideriamo
nel nome di Gesù, e Dio sicuramente ci esaudirà. Questo implica che la frase
“nel nome di Gesù” diventa quasi una formula magica che ci fa ottenere quello
che vogliamo. Questa falsa interpretazione fa diventare Dio il nostro servo
celeste, soggetto ad ubbidire alla nostra volontà. Chi insegna questa falsa
interpretazione cita la parte del brano che dichiara: “quello che chiederete
nel mio nome, io la farò”, come se tutto l'insegnamento fosse racchiuso lì.
Chi crede a
questa menzogna, pensa che se preghiamo qualcosa con cuore, Dio la farà. Questo
è un pensiero molto falso, e molto pericoloso.
Pensiamo a
come una persona che crede a questa falsità potrebbe pregare in diverse
situazioni. Immaginate un credente che lavora in proprio. La sua attività
comincia ad andare molto male, e lui rischia di perdere tutto. Non solo, ma ha
anche dei grossi debiti con la banca legati all'attività. Citando questo
versetto, egli chiede a Dio di salvare la sua attività. Perciò questo credente
è sicuro, visto che ha pregato nel nome di Gesù, che Dio salverà la sua ditta.
In un
secondo esempio, un credente ha un figlio adulto ribelle, lontano dal Signore.
Il credente prega, citando questo versetto, e così è convinto che Dio salverà
suo figlio.
In un altro
esempio, un credente ha un figlio con una grave malattia. Il credente, prega, e
citando questo versetto, dichiara che è sicuro che Dio guarirà suo figlio,
visto che è convinto che si può ottenere qualsiasi cosa se la si chiede a Dio
nel nome di Gesù.
In un altro
esempio, un credente sta cercando di comprare una casa, e avendone trovato una
che gli piace tantissimo, prega, chiedendo a Dio di operare in modo che il
proprietario abbassi il prezzo abbastanza da permettergli di comprarla. È
convinto che Dio opererà per fargli ottenere quella casa al prezzo che
desidera.
Senza andare
ad analizzare questi esempi in dettaglio, considerate il principio che sta alla
base di questo modo di pensare. Se fosse vero che possiamo chiedere a Dio
qualsiasi cosa che desideriamo, avendo la certezza che Lui ci esaudirà
solamente perché abbiamo citato la frase “nel nome di Gesù”, allora, Dio
diventerebbe il nostro servo celeste, pronto ad esaudire ogni nostra richiesta.
Dio sarebbe soggetto alla nostra
volontà.
Se è così,
allora Gesù ha sbagliato quando ha insegnato il Padre Nostro, perché avrebbe
dovuto insegnarci a pregare:
“sia fatta
la nostra volontà, non la Tua”
Però, Dio
NON è il nostro servo, e NON esiste per esaudire le nostre preghiere come
vogliamo noi. Non dobbiamo pregare che
la nostra volontà sia fatta, ma che la volontà di DIO sia fatta!
Ci sono
tante verità bibliche che ci aiutano a capire questo principio.
Per esempio,
leggiamo Matteo 26:39, quando Gesù era nel Giardino:
“E, andato
un po’ più avanti, si gettò con la faccia a terra, pregando, e dicendo: «Padre
mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non come voglio
io, ma come tu vuoi».” (Mat 26:39)
Gesù,
nonostante i suoi diritti di Figlio di Dio, non chiese al Padre che cambiasse
la sua volontà per esaudire la propria richiesta. Piuttosto, rese nota la sua
richiesta al Padre, e poi, chiese che la volontà del Padre fosse fatta, non la
sua.
In Luca 22,
Gesù stava preparando i discepoli per la sua morte. Egli spiegò a Pietro che
sarebbe stato provato duramente. Notiamo che Gesù non chiese che Pietro potesse
evitare la prova, pregò solamente per la fede di Pietro. Vi leggo.
“31 «Simone,
Simone, ecco, Satana ha chiesto di vagliarvi come si vaglia il grano; 32 ma io
ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno; e tu, quando sarai
convertito, fortifica i tuoi fratelli».” (Luca 22:31-32)
Gesù NON ha chiesto che Dio gli
togliesse la prova.
In
Apocalisse 2, Gesù sta parlando alle sette chiese. Notiamo quello che dichiara
alla chiesa di Smirne.
“8
«All’angelo della chiesa di Smirne scrivi: Queste cose dice il primo e
l’ultimo, che fu morto e tornò in vita: 9 Io conosco la tua tribolazione, la
tua povertà (tuttavia sei ricco) e le calunnie lanciate da quelli che dicono di
essere Giudei e non lo sono, ma sono una sinagoga di Satana. 10 Non temere
quello che avrai da soffrire; ecco, il diavolo sta per cacciare alcuni di voi
in prigione, per mettervi alla prova, e avrete una tribolazione per dieci
giorni. Sii fedele fino alla morte e io ti darò la corona della vita. 11 Chi ha
orecchi ascolti ciò che che lo Spirito dice alle chiese. Chi vince non sarà
colpito dalla morte seconda.” (Apo 2:8-11)
Egli spiegò
che vari credenti in questa chiesa sarebbero stati messi a morte per la loro
fede. Possiamo presumere che questi credenti erano padri e madri, e avessero le
loro famiglie. Però, è evidente che la volontà di Dio per loro era che
morissero per la loro fede. Dal brano però comprendiamo che la morte fisica non
era una sconfitta, perché poi Gesù dichiarò che se quei credenti fossero
rimasti fedeli fino alla morte, avrebbe dato loro la corona della vita. Quindi, Dio aveva stabilito il suo piano
per quei credenti, e nessuna loro preghiera avrebbe potuto cambiare il perfetto
piano di Dio. Non dovevano pregare Dio affinché li salvasse dalla morte
fisica, presumendo per di più che Dio li avrebbe esauditi.
Infatti, Dio
ha un piano perfetto, che è la SUA propria volontà, e Dio fa TUTTO secondo la
decisione della Sua volontà. È importante capire questa verità basilare. Quello
che Dio fa, lo fa secondo la decisione della Sua volontà. Leggiamo Efesini 1:11
“In
lui siamo anche stati fatti eredi, essendo stati predestinati secondo il
proposito di colui che compie ogni cosa secondo la decisione della propria
volontà,” (Efe 1:11)
Se le nostre
preghiere potessero cambiare la volontà di Dio, il mondo non sarebbe stabile,
Dio non sarebbe Dio, e nulla sarebbe sicuro. La volontà di Dio cambierebbe di minuto in minuto, in base alle diverse
preghiere che Gli arrivano da tutto il mondo.
Se le nostre
preghiere potessero cambiare la volontà di Dio, per esempio, non sarebbe vero
quello che è scritto nel Salmo 139:15,16 che riguarda il momento della nostra
morte e di quella dei nostri cari.
“15 Le mie
ossa non ti erano nascoste, quando fui formato in segreto e intessuto nelle
profondità della terra. 16 I tuoi occhi videro la massa informe del mio corpo e
nel tuo libro erano tutti scritti i giorni che mi eran destinati, quando
nessuno d’essi era sorto ancora.” (Sal 139:15-16)
Se Dio ci
desse qualunque cosa che Gli chiediamo, questo brano non sarebbe vero, perché
tante persone, vedendo arrivare la morte, pregherebbero, chiedendoGli di
guarire o di superare il pericolo, e in questo modo sarebbe stata fatta la loro
volontà, non quella di Dio. Se fosse
così la morte non dipenderebbe più dalla volontà di Dio, ma dalla volontà
dell'uomo. Non arriverebbe più al momento stabilito nel libro di Dio, ma
nel momento stabilito da noi.
Ma non è
così! Non è l'uomo che stabilisce quando morirà, come non è l'uomo che
stabilisce quando un certo problema deve risolversi come vuole lui. È il Signore che opera tutte le cose
secondo la decisione della Sua volontà!
Per esempio,
leggiamo in 1Samuele 2:6-8
“6 Il
SIGNORE fa morire e fa vivere; fa scendere nel soggiorno dei morti e ne fa
risalire. 7 Il SIGNORE fa impoverire e fa arricchire, egli abbassa e innalza. 8
Alza il misero dalla polvere e innalza il povero dal letame, per farli sedere
con i nobili, per farli eredi di un trono di gloria; poiché le colonne della
terra sono del SIGNORE e su queste ha poggiato il mondo.” (1Sam 2:6-8)
E' il
Signore che determina le cose, tramite le nostre preghiere, non noi!
Allora, qual
è il senso di Giovanni 14:13, quando Gesù dichiara:
“e quello
che chiederete nel mio nome, lo farò” (Giov 14:13)?
Per capire
bene questa verità, dobbiamo leggere non solo questa frase, ma tutto il suo
contesto.
Cosa significa “nel mio nome”?
Dobbiamo
capire il senso della frase, “nel mio nome”. Dobbiamo anche capire il motivo
che ci spinge a pregare nel nome di Gesù. Gesù stesso ci spiega questa
motivazione. Infine, dobbiamo capire altre condizioni che la Bibbia ci dà per
poter pregare. Molto spesso, un brano non insegna tutta la verità biblica di un
certo argomento, e deve essere considerato insieme ad altri brani.
Quindi, qual
è il senso della frase: “nel mio nome?”
Chiedere
“nel nome di Gesù” non è una formula magica che, aggiunta ad una preghiera,
costringe Dio ad esaudirci. A quel punto, Dio sarebbe il nostro servo, e noi
saremo i sovrani. Ma non è così!
Pregare “nel
nome di Gesù” non è una frase che si aggiunge a qualsiasi preghiera, per
garantire che Dio farà come Gli abbiamo chiesto. Invece significa almeno due
cose:
1. chiedere per i Suoi meriti
Prima di
tutto, pregare nel nome di Gesù significa pregare per i Suoi meriti,
riconoscendo che noi non ne abbiamo.
Nessun di
noi merita alcuna cosa buona da Dio. Quindi, dobbiamo chiedere per i meriti di
Gesù. Se chiedo un favore al mio migliore amico, lo chiedo nel mio proprio
nome, cioè riconoscendomi degno, visto che sono il SUO migliore amico, che mi
venga fatto questo favore. Però, se devo chiedere un grande favore all'amico
del mio amico, che non conosco personalmente, so di non meritare da lui nulla
(visto che non mi conosce), e perciò, non gli chiedo nel mio nome, ma gli
chiedo nel nome del mio amico.
Allora, chiedere nel nome di Gesù
necessariamente implica un cuore umile. Chi chiede nel nome di Gesù SA che, per
conto suo, non merita nulla da Dio. Perciò, questa consapevolezza della propria
insufficienza cambia anche la richiesta stessa. Infatti chi sa di non aver
nessun merito, non pretende nulla, e non considera Dio come Colui che esiste
per esaudire i nostri desideri. Sa che Dio è sovrano, e va ai piedi di Dio umilmente,
pronto ad essere sottomesso alla Sua volontà. Tutti questi sono aspetti del
pregare nel nome di Gesù.
2. chiedere secondo la volontà di
Gesù
Dobbiamo però
considerare anche una seconda verità estremamente importante nel fatto di
chiedere nel nome di Gesù. Chiedere nel nome di Gesù significa anche chiedere
secondo la Sua volontà, non la nostra. È importantissimo capire questo
principio. Ripeto: chiedere nel nome di
Gesù significa chiedere secondo la SUA volontà, non la nostra.
Un soldato
semplice, che porta gli ordini dati dal comandante agli altri, chiede nel nome
del comandante. Non chiede quello che vuole lui, chiede quello che è la volontà
del comandante. Infatti, se dovesse chiedere quello che vuole lui, usando il
nome del comandante per ottenerla, sarebbe colpevole di un grave reato.
In 1Giovanni
5:14,15, leggiamo una chiara spiegazione di quali sono le preghiere che Dio
esaudirà. Leggiamo.
“14 Questa è
la fiducia che abbiamo in lui: che se domandiamo qualche cosa secondo la sua
volontà, egli ci esaudisce. 15 Se sappiamo che egli ci esaudisce in ciò che gli
chiediamo, noi sappiamo di aver le cose che gli abbiamo chieste.” (1Giov
5:14-15)
Avete notato
la frase: “se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci
esaudisce”? Chiedere nel nome di Gesù DEVE essere secondo la SUA volontà, non
la nostra.
Quindi, se
preghiamo per ottenere qualcosa che desideriamo tantissimo, ma se non è la
volontà di Dio, non possiamo chiederla nel nome di Gesù. Se preghiamo per
quello che vogliamo noi, e aggiungiamo le parole, “nel nome di Gesù”, siamo
come i pagani, usando quelle parole come un talismano, cercando di controllare
Dio.
Quindi,
ricordiamo che chiedere nel nome di Gesù significa chiedere con umiltà, sapendo
di non meritare alcuna cosa buona da Dio, e questo atteggiamento ci aiuta ad
accettare qualsiasi cosa che Egli ci darà. Significa anche chiedere secondo la
volontà di Cristo, non seconda la nostra volontà.
Affinché il Padre sia glorificato
Allora, qual
è il senso di Giovanni 14:12-14? Per capire correttamente questo brano,
dobbiamo leggerlo tutto, e leggere anche il suo contesto.
“12 In
verità, in verità vi dico che chi crede in me farà anch’egli le opere che
faccio io; e ne farà di maggiori, perché io me ne vado al Padre; 13 e quello
che chiederete nel mio nome, lo farò; affinché il Padre sia glorificato nel
Figlio. 14 Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.” (Giov
14:12-14)
Notiamo che
le richieste che facciamo qua sono legate al fare opere per la gloria di Dio, e
infatti, il MOTIVO per cui Gesù ci esaudisce è per glorificare il Padre. Gesù
non risponde ad ogni nostra richiesta. Risponde se la richiesta glorificherà il
Padre.
Infatti, in
Giacomo 4:2-4 leggiamo:
“2 Voi
bramate e non avete; voi uccidete e invidiate e non potete ottenere; voi
litigate e fate la guerra; non avete, perché non domandate; 3 domandate e non
ricevete, perché domandate male per spendere nei vostri piaceri. 4 O gente
adultera, non sapete che l’amicizia del mondo è inimicizia verso Dio? Chi
dunque vuol essere amico del mondo si rende nemico di Dio.” (Giacomo 4:2-4)
Non avete perché non domandate,
ovvero, perché non pregate, e se domandate spesso non ricevete, perché
domandate per spendere nei vostri piaceri.
Quando
chiediamo per ottenere quella che è la nostra volontà, Dio non risponde.
Torniamo
agli esempi che ho dato all'inizio di questo studio.
Pensiamo
all'uomo che lavora in proprio e la sua attività comincia ad andare molto male,
e si ritrova con tanti debiti. Egli prega Dio affinché salvi la sua attività. Sta
pregando affinché Dio risolva i suoi problemi. Non sta cercando la gloria di
Dio.
Nell'esempio
del genitore che ha un figlio che spiritualmente cammina male (che è ribelle),
quel credente chiaramente vuole che suo figlio sia salvato. È buono pregare per
la salvezza dei nostri cari. Però, in un certo senso, quella preghiera può
essere anche un frutto di egoismo, perché quel genitore non sta cercando per
prima cosa la gloria di Dio. Non gli pesa il fatto che tanti altri genitori
hanno figli ribelli. Egli vuole che SUO figlio sia salvato. Sta pensando, in
fin dei conti, a se stesso.
Poi ho fatto
l'esempio del credente con il figlio con una grave malattia. Il genitore vuole
che il figlio sia guarito, perché vuole il piacere di goderlo per tanti anni
ancora. Però, nemmeno questa richiesta è cercare la gloria di Dio. È una
preghiera per non dover subire la sofferenza della morte di una persona cara.
Poi c'era il
credente che chiedeva l'intervento di Dio affinché potesse comprare la casa che
gli piaceva tanto. Anche qua, il credente sta cercando di ottenere da Dio
quello che sarebbe il suo gradimento. Non sta cercando in primo luogo la gloria
di Dio.
Quindi, non
dobbiamo credere la terribile menzogna che basta pregare aggiungendo la frase
“nel nome di Gesù” e possiamo essere sicuri che Dio ci darà quello che Gli
chiediamo. Chiedere nel nome di Gesù significa chiedere che sia fatta la Sua
volontà e significa anche farlo con un cuore umile, che quindi cerca non il
proprio comodo, ma la gloria di Dio.
Un brutto risultato
Che cosa
succede, quando uno crede la menzogna che Dio esaudirà qualsiasi sua richiesta?
Quando Dio
NON esaudisce quella preghiera, la fede di quel credente viene fortemente
scossa. Egli sta molto male, e solitamente, o cade in grave depressione
spirituale, oppure, si arrabbia con Dio. Perciò credendo a quella menzogna quel
credente rimane deluso di Dio.
Giov. 15:5-7,16
Quindi, è
importante capire il senso vero dei principi di Giovanni 14. Per capire meglio
questo discorso, esaminiamo qualche altro brano in cui Gesù parla della
preghiera. Questi brani fanno parte del contesto di Giovanni 14.
Giovanni
15:5-7
“5 Io sono
la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro,
porta molto frutto; perché senza di me non potete far nulla. 6 Se uno non
dimora in me, è gettato via come il tralcio, e si secca; questi tralci si
raccolgono, si gettano nel fuoco e si bruciano. 7 Se dimorate in me e le mie
parole dimorano in voi, domandate quello che volete e vi sarà fatto.” (Giov
15:5-7)
Qui, Gesù
insegna che dobbiamo dimorare in Lui, e che lo scopo è affinché possiamo
portare molto frutto. Poi, Egli dichiara che solamente se dimoriamo in Lui e se
le sue parole dimorano in noi, sarà fatto quello che domandiamo.
Questa è una
condizione importantissima. “Dimorare in Cristo” significa essere in una
condizione di umiltà, di santità di vita e di sottomissione alla sua volontà.
Quando le parole di Cristo dimorano in noi, esse ci esortano a conoscere e a
seguire la Parola di Dio. Quindi, non viviamo più per la nostra volontà, ma per
la sua.
Solamente se
ci ritroviamo in questa condizione possiamo domandare a Dio quello che vogliamo
e ci sarà fatto, perché significherà che domanderemo quella che è la volontà di
Dio.
Un altro
versetto importante è Giovanni 15:16
“Non siete
voi che avete scelto me, ma sono io che ho scelto voi, e vi ho costituiti perché
andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; affinché tutto quello che
chiederete al Padre, nel mio nome, egli ve lo dia.” (Giov 15:16)
Gesù
risponde alle nostre preghiere quando servono per portare frutto che rimane in
eterno.
Ostacoli alle nostre preghiere
È importante
menzionare alcuni ostacoli alle nostre preghiere.
L'orgoglio
Una cosa che
ostacola sempre la preghiere è l'orgoglio. Se abbiamo orgoglio, Dio si
allontana da noi.
“Il SIGNORE
è vicino a quelli che hanno il cuore afflitto, salva gli umili di spirito.”
(Sal 34:18)
Quando
abbiamo orgoglio non confessato, Dio resta lontano da noi. Possiamo fare bella
figura davanti agli altri, possiamo apparire di essere zelanti, possiamo
pregare tanto, ma sarà tutto inutile, tutto invano. Fino a quando non
confessiamo il nostro orgoglio, Dio resterà lontano da noi.
Mancanza di fede
Un altro
ostacolo alle nostre preghiere è la mancanza di fede, come leggiamo in Giacomo
1.
“5 Se poi
qualcuno di voi manca di saggezza, la chieda a Dio che dona a tutti
generosamente senza rinfacciare, e gli sarà data. 6 Ma la chieda con fede,
senza dubitare; perché chi dubita rassomiglia a un’onda del mare, agitata dal
vento e spinta qua e là. 7 Un tale uomo non pensi di ricevere qualcosa dal
Signore,” (Giac 1:5-7)
Questo brano
ci insegna l'importanza della fede. Chiaramente, dobbiamo ricordare le altre
verità che abbiamo visto. Se prego qualcosa che non è secondo la volontà di
Dio, posso avere la fede più grande del mondo, ma Dio non mi risponderà. Però,
dall'altro lato, quando preghiamo secondo la volontà di Dio, è importante avere
fede in Dio. Così, Dio viene glorificato, e noi saremo edificati.
La Preghiera fatta con egoismo
Abbiamo già
menzionato prima che Dio non risponde alle preghiere fatte con egoismo, cioè,
alle preghiere attraverso le quali vogliamo ottenere qualcosa NON per la gloria
di Dio, ma perché è il nostro desiderio.
Questo è ciò
che ci dice Giacomo 4, quando parla delle preghiere fatte per spendere nei
piaceri. Dobbiamo pregare, invece, per la gloria di Dio.
Come conoscere la volontà di Gesù
Visto che la
preghiera che Dio esaudisce è quella preghiera fatta secondo la sua volontà,
come possiamo sapere qual'è la volontà di Dio?
Dio ci ha
già rivelato molto della sua volontà, e ci insegna anche il modo in cui pregare
quando non la conosciamo.
Prima di
tutto, come dobbiamo pregare quando non siamo sicuri della volontà di Dio?
Sappiamo quasi sempre quello che vorremmo noi, ma come dobbiamo pregare quando
non siamo sicuri della volontà di Dio?
Gesù stesso
ci dà un esempio di come pregare in questi casi in Matt. 26:39; Marco 14:36;
Luca 22:42. Leggo da Matteo.
“E, andato
un po’ più avanti, si gettò con la faccia a terra, pregando, e dicendo: «Padre
mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non come voglio
io, ma come tu vuoi».” (Mat 26:39)
Nella sua
umanità, Gesù non voleva affrontare la sofferenza che sapeva di dover subire
sulla croce. Però, il suo desiderio più forte rispetto al non voler subire
quelle sofferenze, fu quello di voler fare la volontà del Padre. Quindi, ha
esposto a Dio il suo desiderio, ma chiese che fosse fatta la volontà di Dio.
Ed è così
che anche noi dobbiamo pregare, quando non conosciamo con certezza la volontà
di Dio in una certa situazione. Certamente possiamo portare tutti i nostri pesi
a Dio, e anche dirGli quello che sarebbe il nostro desiderio, però poi dobbiamo
confidare nella sua perfetta saggezza, e chiedere che sia fatta la Sua volontà.
Conclusione
La preghiera
è una parte essenziale della vita cristiana e della nostra crescita. La
preghiera è la nostra comunicazione con Dio, mentre lo studio della Bibbia è
ascoltare Dio che ci parla.
E importante
pregare, però, è importante pregare nel modo che Dio stabilisce, per le cose
giuste. L'unico vero accesso a Dio che abbiamo è quello per mezzo di Gesù, per
merito di Cristo. Non solo, ma dobbiamo pregare secondo la SUA volontà, non
secondo la nostra. Quando non siamo sicuri della volontà di Dio, è importante
accettare la sua volontà, anche se è il contrario di quello che vorremmo noi.
Infatti noi non sappiamo qual è la cosa migliore. Dobbiamo avere fede che la
volontà di Dio è la cosa perfetta, anche se non siamo in grado di capire tutto
quello che Dio sta facendo. Preghiamo, chiedendo che la volontà perfetta di Dio
sia fatta!
Preghiamo
poi con fede, fede che Dio ci ascolta e ci esaudisce sempre, secondo la sua
perfetta volontà.
Non
dimentichiamo che la preghiera non serve solo per fare richieste a Dio. Anche
il ringraziamento ne è una parte molto importante. Inoltre, la preghiera serve
anche per confessare i nostri peccati. E serve poi principalmente per chiedere
che Dio sia glorificato. Le nostre richieste dovrebbero sempre essere per la
gloria di Dio.
Oh che
possiamo diventare un popolo che prega sempre di più, non vedendo Dio come un
servo celeste che esiste per darci quello che vogliamo noi, ma essendo spinti
dal desiderio di vedere il nostro grande Dio glorificato! La nostra vera gioia,
quella che ci riempirà per tutta l'eternità, consisterà nel vedere Dio
glorificato. Quindi, che la gloria di Dio sia il desiderio del nostro cuore!
Marco deFelice
"Questa è la fiducia che abbiamo in lui: che se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce. Se sappiamo che egli ci esaudisce in ciò che gli chiediamo, noi sappiamo di aver le cose che gli abbiamo chieste" (1 Giovanni 5:14-15)
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"Per poco non mi persuadi a diventar cristiano" (Atti 26:28)
Il capitolo da cui è tratto questo verso contiene il mirabile resoconto
di Paolo sulla sua meravigliosa conversione dal Giudaismo al
Cristianesimo, narrato davanti al re Agrippa e a Festo, un governatore
dei Gentili, quando fu chiamato, da questi, per parlare a sua difesa. Il
nostro benedetto Signore aveva da tempo predetto che quando il Figliuol
dell'uomo sarebbe stato innalzato, i Suoi discepoli sarebbero stati
condotti davanti a re e governatori "per servire da testimonianza
davanti a loro e ai pagani" (cfr. Matteo 10:18; Luca 21:12).
E molto buono fu il piano dell'infinita saggezza di Dio nell'aver così
disposto, in quanto la Cristianità è sempre stata fin dal principio la
dottrina della Croce; e i prìncipi e i governatori della terra avevano
un concetto troppo alto di sé per lasciarsi istruire da insegnanti tanto
infimi ai loro occhi, o per lasciarsi disturbare da verità tanto
scomode. E dunque sarebbero per sempre restati stranieri a Gesù Cristo, e
a Lui crocifisso, se l'apostolo, essendo stato condotto davanti a loro,
non avesse colto l'occasione di parlare loro di Gesù e della Sua
resurrezione. Paolo sapeva bene che era questo il motivo principale per
il quale il suo benedetto Maestro aveva permesso che i suoi nemici lo
accusassero e lo conducessero davanti ai tribuni e al re; e dunque,
secondo la volontà divina, Paolo non si limitò a parlare a sua difesa,
ma allo stesso tempo cercò di convertire i suoi giudici. E fece questo
con tale dimostrazione di spirito e forza, che Festo, non volendo farsi
convincere da quella potente testimonianza, gridò a gran voce: "Paolo,
tu vaneggi; la molta dottrina ti mette fuori di senno" (Atti 26:24).
Al che il coraggioso apostolo (come un vero seguace del santo Gesù)
replicò con mansuetudine: "Non vaneggio, eccellentissimo Festo; ma
pronunzio parole di verità, e di buon senno" (verso 25). Ma con tutta
probabilità, vedendo che il re Agrippa era stato colpito dalle sue
parole, e osservando in lui un'inclinazione a conoscere la verità, cercò
di parlare a lui in particolare. "Il re, al quale parlo con franchezza,
conosce queste cose; perché sono persuaso che nessuna di esse gli è
nascosta; poiché esse non sono accadute in segreto" (verso 26). E
dunque, nella speranza che possa completare in lui la conversione
desiderata, con inimitabile oratoria si rivolge a lui ancor più da
vicino: "O re Agrippa, credi tu nei profeti? Io so che ci credi" (verso
27). Al che i sentimenti del re lo spinsero a dichiarare apertamente di
essere stato toccato dalla predicazione del prigioniero, e a confessare
con ingenuità: "Per poco non mi persuadi a diventar cristiano" (verso
28).
Queste
parole, prese nel loro contesto, ci forniscono una vivida
rappresentazione del diverso modo di accogliere la dottrina presentata
da ministri di Cristo come Paolo, da parte degli uomini dei nostri
giorni. Poiché nonostante essi, come questo grande apostolo, pronunciano
"parole di verità e di buon senno", e con tale forza e potenza che i
loro avversari non possono contraddire o resistere, troppi sono come il
nobile Festo, o troppo pieni di sé per accettare degli insegnamenti, o
troppo sensuali, o troppo noncuranti, o hanno una mente troppo carnale
per accettare la dottrina, e dunque trovano scuse, gridando come Festo:
"tu vaneggi; la molta dottrina (o, ciò che è più importante, la molta
carità) ti mette fuori di senno". Ma comunque, sia benedetto Dio! Non
tutti rifiutano di credere alla nostra testimonianza; eppure tra quelli
che accettano con allegrezza la parola e che confessano che abbiamo
pronunciato parole di verità e di buon senno, sono così pochi quelli che
arrivano a superare il grado di compunzione mostrato da Agrippa, così
pochi quelli che arrivano ad essere persuasi ad essere più che "quasi
Cristiani", che non posso fare a meno di credere che sia assolutamente
necessario avvertire le care persone che mi ascoltano dei pericoli di
una tale condizione. E perciò, dalle parole del testo che stiamo
considerando, considererò queste tre cose: PRIMO, che cosa significa essere quasi Cristiano. SECONDO, quali sono i motivi principali per cui così tante persone non sono altro che quasi Cristiani. TERZO, considererò l'inutilità, il pericolo, l'assurdità, e l'angoscia
che attendono coloro che sono solo dei quasi Cristiani; e concluderò con
un'esortazione generale affinché tutti ci sforziamo a non essere solo
quasi Cristiani, ma Cristiani completi.
I. Cosa significa essere quasi Cristiano
Un quasi Cristiano, se lo consideriamo rispetto ai suoi doveri verso
Dio, è una persona divisa tra due opinioni; vacilla tra Cristo e il
mondo; vorrebbe riconciliare Dio e Mammona, la luce e l'oscurità, Cristo
e Belial. È vero, ha un'inclinazione verso la religione, ma è molto
cauto a non addentrarsi troppo in essa: il suo cuore falso grida in
continuazione: "risparmiati, non farti alcun male". Costui prega: "Sia
fatta la tua volontà in terra come in cielo" (Matteo 6:10),
ma nonostante ciò la sua ubbidienza è solo parziale; egli accarezza la
speranza che Dio non sarà tanto severo da ricordare tutte le sue
mancanze volontarie, sebbene un apostolo ispirato disse che "chiunque
infatti osserva tutta la legge, ma la trasgredisce in un punto solo, si
rende colpevole su tutti i punti" (Giacomo 2:10).
Ma principalmente, si tratta di una persona che dipende molto dalle
pratiche esteriori, e sulla base di esse reputa se stesso giusto,
disprezzando gli altri, nonostante egli sia estraneo alla vita divina
proprio come tutte le altre persone incredule. In breve, è attaccato
alla forma, ma non ha mai sperimentato la potenza della grazia nel suo
cuore. Va avanti anno dopo anno, seguendo le abitudini e i riti
religiosi, ma, come le vacche magre del sogno di Faraone, stanno sempre
peggio e non meglio.
Se
considerate questa persona rispetto ai suoi vicini, riconoscerete che
si tratta di una persona che osserva la giustizia in tutto; ma ciò non
procede dall'amore per Dio o per il prossimo, ma solo da un principio di
amor proprio: egli sa che la disonestà può rovinare la sua reputazione,
e di conseguenza i favori che riceve nel mondo.
È
una persona che dipende molto dall'essere giusto a modo suo, e si
accontenta della coscienza di non aver fatto danno a nessuno, sebbene
legga nel Vangelo che i servi inutili saranno gettati "nelle tenebre di
fuori" (cfr. Matteo 25:30), e che il fico sterile fu maledetto e si
seccò fin dalle radici (cfr. Marco 11:20-21), non per aver portato un
cattivo frutto, ma per non averlo portato affatto.
Non
è avverso a fare opere di bene in pubblico, purché non debbano essere
fatte troppo frequentemente: ma non è avvezzo alla pratica di visitare i
malati e i carcerati, di vestire coloro che non hanno di che coprirsi, e
di sfamare gli affamati senza mettersi in mostra. Pensa che tutte
queste cose appartengono solo al clero, sebbene il suo cuore falso gli
dica che nient'altro che l'orgoglio lo trattiene dal praticare questi
atti di umiltà; e che Gesù Cristo, nel capitolo 25 del libro di Matteo,
condanna le persone alle sofferenze eterne non soltanto perché siano
fornicatori, ubriachi, o estorsori, ma per aver rifiutato di fare quelle
opere di carità: "Allora egli dirà ancora a coloro che saranno a
sinistra: 'Andate via da me maledetti, nel fuoco eterno che è stato
preparato per il diavolo e per i suoi angeli. Poiché ebbi fame e non mi
deste da mangiare, ebbi sete e non mi deste da bere, fui forestiero e
non mi accoglieste, ignudo e non mi rivestiste, infermo e in prigione e
non mi visitaste'. Allora anche questi gli risponderanno, dicendo:
'Signore, quando ti abbiamo visto affamato, o assetato, o forestiero, o
ignudo, o infermo, o in prigione e non ti abbiamo soccorso?'. Allora
egli risponderà loro dicendo: 'in verità vi dico: tutte le volte che non
l'avete fatto a uno di questi minimi, non l'avete fatto neppure a me. E
questi andranno nelle pene eterne'" (Matteo 25:41-46).
Ho ritenuto opportuno citarvi l'intero passaggio della Scrittura,
poiché il nostro Salvatore vi attribuisce particolare importanza; eppure
viene preso in considerazione così poco spesso, che se dovessimo
giudicare dalla pratica della maggior parte dei Cristiani, si sarebbe
tentati di pensare che non esistono questi insegnamenti nella Bibbia.
Il carattere del QUASI CRISTIANO
Consideriamolo rispetto a se stesso: come abbiamo detto, se lo
confrontiamo con i suoi vicini appare una persona onesta, ed è sobrio
anche rispetto a se stesso; ma sia la sua onestà che la sua sobrietà
procedono dallo stesso principio di un falso amor proprio. È vero, egli
non corre negli eccessi di ribellione con gli altri uomini; ma non lo fa
per ubbidienza alle leggi di Dio, bensì lo fa o perché per carattere
non apprezza la smoderatezza, o per timore di perdere la propria
reputazione, o di fare cose sconvenienti che possano danneggiare i
propri affari materiali. Ma nonostante la sua prudenza nell'evitare la
smoderatezza e gli eccessi, per le ragioni appena menzionate, costui si
dirige sempre verso gli estremi di ciò che è ammesso. È vero, non è un
ubriacone; ma non ha ABNEGAZIONE CRISTIANA. Non ammette il pensiero che
il nostro Salvatore sia un Maestro tanto severo da negarci di poter
indulgere in alcuni particolari: e per questo è privo di un senso della
vera religione allo stesso modo di quelli che vivono nella depravazione o
in altri crimini. Nel mettere in pratica i suoi principi egli è guidato
più dal mondo che dalla Parola di Dio: da parte sua, non riesce a
concepire che la via del paradiso sia poi così stretta; e quindi non
segue tanto gli insegnamenti della Scrittura, quanto piuttosto cosa
dicono e fanno gli uomini che si dicono giusti, o cosa si adatti
maggiormente alle sue inclinazioni corrotte. Per questo, egli non è solo
molto cauto verso se stesso, ma lo è anche verso i nuovi convertiti, i
cui volti sono rivolti verso il cielo; e, parlando loro da parte del
diavolo, cerca di convincerli a risparmiare se stessi, sebbene essi non
facciano più di quello che la Scrittura chiede loro di fare. Come
conseguenza, "non vi entrano loro, né lasciano entrare quelli che
cercano di entrare" (cfr. Matteo 23:13).
In
questo modo vive il quasi Cristiano: non posso dire di avervelo
descritto appieno; ma da questi esempi e descrizioni del suo carattere,
se le vostre coscienze non sono addormentate e hanno applicato il
discorso ai vostri cuori, temo che alcuni tra voi si riconoscano in
alcuni dei tratti descritti, per quanto odiosi; e dunque non posso che
sperare che vi unirete all'apostolo nelle parole da lui pronunciate nel
verso immediatamente seguente, e preghiate che possiate diventare anche
voi non solo in parte, ma Cristiani completi.
II. Le ragioni per cui
così tante persone non sono altro che quasi Cristiani
Il primo
motivo che voglio menzionare è che sono in molti a esporre false nozioni
religiose; sebbene vivano in un paese cristiano, non sanno cosa sia la
Cristianità. Questo forse può essere reputato da alcuni un "parlare
duro", ma dall'esperienza purtroppo se ne evince la sincerità; poiché
alcuni dicono che la religione consista nell'appartenere a questa o a
quella chiesa; molti dicono che consista nella moralità; la maggior
parte ritiene che consista nel praticare dei doveri secondo un certo
modello di esecuzione; e pochi, molto pochi, riconoscono che consiste in
quello che realmente è, e cioè un cambiamento profondo nella propria
natura, una vita divina, una partecipazione vitale di Gesù Cristo,
un'unione dell'anima con Dio; cosa che l'apostolo esprime quando dice:
"Chi si unisce al Signore è uno spirito solo con lui" (1 Corinzi 6:17).
Perciò accade che molti, anche i praticanti più istruiti, quando ci si
trova a conversare con loro dell'essenza, la vita, l'anima della
religione, intendo la nostra nuova nascita in Gesù Cristo come insegnata
dal Vangelo, si confessano ignoranti sulla materia, e come Nicodemo
esclamano: "Come possono accadere queste cose?" (cfr. Giovanni 3:9).
Non c'è da meravigliarsi, dunque, che così tanti siano solo quasi
Cristiani, quando così tante persone non sanno cosa sia la Cristianità:
non c'è da meravigliarsi che così tanti seguano solo la forma religiosa,
essendo in realtà estranei alla potenza della grazia; o che si
accontentino della sua ombra, conoscendo così poco della sua sostanza. E
questo è uno dei motivi per cui così pochi sono veri Cristiani.
Un
secondo motivo che è causa del fatto che molti non sono altro che quasi
Cristiani è una servile paura degli uomini: ci sono state e ci sono
moltitudini di persone qui che, risvegliate alla percezione della vita
divina, hanno gustato e sentito la potenza del mondo a venire; ma per un
peccaminoso timore di essere additati o condannati dagli uomini per
questa fede, hanno lasciato svanire quella vita. È vero, hanno della
stima per Gesù Cristo; ma, come Nicodemo, vanno a lui solo di notte,
nell'ombra: vogliono servirlo, ma in segreto, per timore del giudizio
degli uomini: hanno in cuore di vedere Gesù, ma non riescono a
raggiungerlo a causa della folla, e per paura di essere derisi, e
ridicolizzati da quelle stesse persone con le quali siedono a tavola per
mangiare. Ben profetizzò il nostro Salvatore di tali persone, dicendo:
Come potete amarmi, voi che prendete gloria gli uni dagli altri? Ahimè!
Non hanno mai letto che "l'amicizia del mondo è inimicizia verso Dio?" (Giacomo 4:4)? E che il nostro Signore stesso ha detto: "Perché chi si vergognerà di
me e delle mie parole, in mezzo a questa generazione adultera e
peccatrice, anche il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui, quando verrà
nella gloria del Padre suo, con i santi angeli" (Marco 8:38)? Non c'è da meravigliarsi se così tante persone non sono altro che
quasi Cristiani, dato che così tanti hanno preferito "la gloria degli
uomini alla gloria di Dio" (Giovanni 12:43).
Un
terzo motivo per il quale molti sono nient'altro che quasi Cristiani è
che nei loro cuori regna l'amore per il denaro. Questo era il caso
pietoso di quel giovane di cui leggiamo nel Vangelo, che andò correndo
verso il nostro benedetto Signore, e inginocchiatosi davanti a Lui,
chiese: "cosa devo fare per ereditare la vita eterna?" (Marco 10:17);
al che il nostro benedetto Maestro rispose: "Tu conosci i comandamenti:
'Non commettere adulterio. Non uccidere. Non rubare. Non dire falsa
testimonianza. Non frodare. Onora tuo padre e tua madre'" (verso 19).
Allora il giovane rispose: "Maestro, tutte queste cose le ho osservate
fin dalla mia fanciullezza" (verso 20). Ma quando il nostro Signore gli
disse: "Una cosa ti manca; va', vendi tutto quello che hai e dallo ai
poveri", "egli, rattristato da quella parola, se ne andò dolente, perché
aveva molti beni" (versi 21-22). Povero giovane! Aveva in cuore di
diventare un Cristiano, e di ereditare la vita eterna, ma reputò troppo
caro il prezzo per riceverla, trattandosi di donare i suoi beni! E così
oggigiorno molti, sia giovani che anziani, vengono correndo per adorare
il nostro benedetto Signore in pubblico, e si inginocchiano davanti a
Lui in privato, e chiedono al Suo Vangelo cosa devono fare per ereditare
la vita eterna: ma quando comprendono che devono rinunciare a godere
delle ricchezze, e che devono abbandonare tutte le cose cui sono
affezionati, gridano: "Signore perdonami in questa cosa! Ti prego,
abbimi per scusato".
Il
cielo è dunque una sciocchezza tanto piccola agli occhi degli uomini,
da non valere più di un po' di terra dorata? La vita eterna è per essi
un acquisto troppo costoso, da non meritare la rinuncia temporanea a
poche ricchezze transitorie? Evidentemente è così. Ma per quanto tale
comportamento sia inconsistente, questo amore smodato per il denaro è
chiaramente la comune e fatale causa del fatto che molti siano solo
quasi Cristiani.
L'amore
per i piaceri non è un motivo meno comune o meno fatale per cui molti
sono nient'altro che quasi Cristiani. Migliaia, decine di migliaia sono
coloro che disprezzano le ricchezze e vorrebbero volontariamente essere
dei veri discepoli di Gesù Cristo, se abbandonare i propri averi li
rendesse tali; ma quando viene loro ricordato che il nostro benedetto
Signore ha detto: "Se uno vuol venire dietro a me, rinunzi a sé stesso" (Matteo 16:24),
essi, come il giovane di cui abbiamo parlato prima, se ne vanno
dolenti, perché hanno un amore troppo grande per i piaceri dei sensi.
Forse chiameranno dei ministri di Cristo, come Erode fece con Giovanni
(cfr. Marco 6:20),
e li ascolteranno volentieri: ma toglietegli la loro Erodiade, ditegli
che devono lasciare quel piacere o quella passione cui sono così
attaccati; e come il malvagio Acab grideranno: "Mi hai trovato, nemico
mio?"(1 Re 21:20).Parlategli della necessità della mortificazione e dell'abnegazione, e
sarà per loro difficile come se aveste detto loro "tagliati la mano
destra, o cavati l'occhio destro". Essi non concepiscono che il nostro
benedetto Signore possa chiederci tanto, sebbene un apostolo ispirato ci
abbia comandato: "Fate dunque morire le vostre membra che sono sulla
terra" (cfr. Colossesi 3:5);
e quello stesso apostolo, che aveva convertito migliaia di persone, ed
era quasi giunto alla fine della corsa, dichiarò quale pratica seguisse
quotidianamente: "disciplino il mio corpo e lo riduco in servitù perché,
dopo aver predicato agli altri, non sia io stesso riprovato" (1 Corinzi 9:27).
Ma
alcuni uomini vorrebbero reputarsi più saggi di questo grande apostolo,
e illustrarci quella che loro falsamente credono essere la via più
facile per raggiungere la gioia. Vorrebbero adularci facendoci credere
di poter andare in cielo senza rinunciare ai nostri appetiti sensuali,
ed entrare per la porta stretta senza combattere contro le nostre
inclinazioni carnali. E questo è un altro motivo per cui così tante
persone sono solo quasi, ma non del tutto, Cristiani.
Il
quinto e ultimo motivo che voglio illustrare, come causa del fatto che
molti sono solo quasi Cristiani, è una volubilità e instabilità di
temperamento. Senza dubbio, una disgrazia che molti ministri e
credenti sinceri hanno incontrato, è quella di iniziare nello Spirito,
ma dopo un po' cadere, e finire nella carne; e questo, non per mancanza
delle giuste nozioni religiose, né per un servile spirito di timore
dell'uomo, né per amore del denaro, o dei piaceri dei sensi, ma a causa
della volubilità e dell'instabilità del loro carattere. Hanno volto
la loro attenzione alla religione solo come novità, come un qualcosa che
potesse soddisfarli per un po' di tempo; ma, una volta che la loro
curiosità è stata soddisfatta, l'hanno messa da parte: come il giovane
che venne a vedere Gesù, vestito di abiti di lino, essi Lo hanno seguito
per un periodo, ma quando sono arrivate le tentazioni su di loro, per
mancanza di risolutezza si sono lasciati derubare di tutte le loro buone
intenzioni, e sono corsi via nudi. Inizialmente, come alberi piantati
in riva a un fiume, sono cresciuti e sono fioriti per un periodo; ma non
avendo radici in sé, non possedendo un principio di santità e carità,
presto si sono seccati e avvizziti (cfr. Luca 8:5
e segg.). Le loro buone intenzioni assomigliano troppo ai movimenti
violenti di un animale che viene ammazzato; sebbene impetuosi, hanno
breve durata. In breve, cominciano bene il loro cammino verso il cielo,
ma quando si accorgono che la strada è più stretta o più lunga di quanto
si aspettavano, a causa della loro indole instabile si fermano per
sempre, e così "il cane è tornato al suo vomito, e: la scrofa lavata è
tornata a rotolarsi nel fango" (2 Pietro 2:22).
Ma
io tremo nel pronunciarmi sul destino di questi Cristiani instabili
che, dopo aver messo mano all'aratro, per mancanza di un po' più di
determinazione, guardano indietro a loro vergogna (cfr. Luca 9:62). Come farò a ripetere loro quella terribile sentenza, "se si tira indietro l'anima mia non lo gradisce" (Ebrei 10:38),
e ancora, "[quelli] che sono stati una volta illuminati, hanno gustato
il dono celeste, sono stati fatti partecipi dello Spirito Santo, e hanno
gustato la buona parola di Dio e le potenze del mondo a venire, se
cadono, è impossibile riportarli un'altra volta al ravvedimento" (Ebrei 6:4-6).
Ma nonostante il Vangelo sia tanto severo verso gli apostati, molti che
hanno iniziato bene, per il loro carattere incostante (oh, che nessuno
di coloro che sono qui presenti sia così) finiscono nel numero di quelli
che si tirano indietro a loro perdizione. E questo è il quinto ed
ultimo motivo che elencherò per cui così tanti sono solo quasi, ma non
del tutto, Cristiani.
III. La follia di essere solo quasi Cristiani
E il primo effetto della follia di tale comportamento è l'impossibilità
di essere salvati. È vero, queste persone sono quasi rette; ma centrare
quasi il bersaglio significa mancarlo. Dio richiede da noi che lo
amiamo "con tutto il nostro cuore, con tutta la nostra anima, con tutta
la nostra mente e con tutta la nostra forza" (cfr. Marco 12:30; Deuteronomio 6:5).
Egli ci ama troppo per permettere qualunque rivalità; poiché, più i
nostri cuori sono vuoti di Dio, più sono pieni di tristezza. Il diavolo,
infatti, come la falsa madre che si presentò davanti a Salomone (cfr. 1 Re 3:17),
vorrebbe che i nostri cuori fossero divisi, come quella donna chiedeva
che fosse fatto per il bambino; ma Dio, come la vera madre, voleva tutto
o niente. "Figlio mio, dammi il tuo cuore" (Proverbi 23:26),
tutto il tuo cuore; questa è la chiamata che viene rivolta a tutti: e
se ciò non viene fatto, non potremo mai aspettarci la misericordia
divina.
Le
persone possono giocare a fare gli ipocriti, ma Dio nel gran giorno del
giudizio li abbatterà con la morte, come fece ad Anania e a Saffira
(cfr. Atti 5:1-11)
per bocca del Suo servitore Pietro; poiché fingono di offrirgli tutto
il loro cuore, ma in realtà gran parte la tengono per sé. Forse possono
illudere i loro simili per un tempo; ma Colui che diede ad Ahijah la
capacità di gridare "Entra pure, moglie di Geroboamo" (1 Re 14:6),
smascherando la donna che, fingendosi un'altra, era venuta a
consultarlo per avere notizie su suo figlio che era malato, lo stesso
Dio svelerà anche le loro più astute dissimulazioni; e se i loro cuori
non appartengono completamente a Lui, essi avranno la stessa sorte degli
ipocriti e degli increduli.
Ma,
come seconda cosa, quello che rende una "mezza devozione" ancora più
inescusabile è il fatto che essa non solo è insufficiente alla loro
stessa salvezza, ma anche pericolosa per quella degli altri. Un quasi
Cristiano è una delle creature più dannose del mondo; è un lupo vestito
da agnello; è uno di quei falsi profeti di cui il nostro benedetto
Signore ci ha parlato, nel sermone sul monte: uno di quelli che cercano
di persuadere le persone che la via per il cielo è più larga di quanto è
in realtà; e dunque, come è stato osservato prima, "non vi entrano
loro, né lasciano entrare quelli che cercano di entrare" (cfr. Matteo 23:13).
Questi, questi sono gli uomini che corrompono il mondo con uno spirito
Laodiceano di tiepidezza, che accendono false luci, facendo naufragare
le anime ignare che sono in cammino verso la meta. Essi sono per la
croce di Cristo dei nemici peggiori degli infedeli: poiché gli increduli
sono ben conosciuti; ma un quasi Cristiano, con subdola ipocrisia,
attrae molti a sé; e dunque deve aspettarsi di ricevere per questo
maggiore dannazione.
Come
terza cosa, non solo ciò è dannoso per noi e per gli altri, ma è anche
il massimo esempio di ingratitudine che possiamo esprimere al nostro
Signore e Maestro Gesù Cristo. Poiché Egli è venuto dal cielo e ha
sparso il Suo prezioso sangue per acquistare questi nostri cuori; e noi
gliene vogliamo dare solo metà? Oh, come possiamo affermare di amarLo,
quando i nostri cuori non sono uno con Lui? Come possiamo chiamarlo
nostro Salvatore, quando non ci sforziamo sinceramente di essere
approvati da Lui, affinché Egli veda il frutto del travaglio dell'anima
sua e ne sia soddisfatto (cfr. Isaia 53:11) ?
Supponiamo,
per esempio, che qualcuno tra noi abbia acquistato un servo per una
gran somma di denaro, e che questo servo prima di essere acquistato
abbia vissuto nella povertà e nel dolore più estremi, e che sarebbe
rimasto in quelle condizioni se non l'avessimo preso in casa nostra;
supponiamo anche che, qualche tempo più tardi, questo servo diventasse
ribelle, o che si rifiutasse di eseguire più di metà dei suoi doveri;
quanto, quanto potremmo rimproverarlo per la sua vile ingratitudine! E
questo servo meschino sei tu, o uomo, che ti riconosci redento
dall'infinita e inevitabile miseria e punizione eterna grazie alla morte
di Gesù Cristo, eppure non dai tutto te stesso a Lui. Ci comporteremo
noi con Dio il nostro Creatore in un modo col quale non tratteremo
neppure un uomo nostro simile? No, Dio ce ne guardi!
Permettetemi,
dunque, di aggiungere un paio di parole di esortazione per voi, per
incitarvi a non essere solo quasi, ma del tutto Cristiani. Oh, che noi
possiamo disprezzare ogni comportamento vile e sleale verso il nostro Re
e Salvatore, il nostro Dio e Creatore. Non attraversiamo delle
tribolazioni durante la nostra vita per poi gettarci nell'inferno alla
fine. Diamo a Dio tutto il nostro cuore, e non restiamo un attimo di più
divisi tra due scelte: se il mondo è Dio, serviamolo; se il piacere è
Dio, serviamolo; ma se il Signore è Dio, serviamo, oh, serviamo soltanto
Lui! Perché, perché dovremmo aspettare ancora? Perché amare la
schiavitù, al punto di non rinunciare completamente al mondo, alla
carne, e al diavolo, che con tante catene spirituali lega le nostre
anime, impedendo loro di arrivare a Dio? Ahimè! Di cosa abbiamo paura?
Dio non è forse in grado di ricompensare la nostra completa ubbidienza?
Se lo è, perché non Lo serviamo appieno? Per lo stesso motivo per cui
facciamo tanto, perché non facciamo di più? O pensate che essere
religiosi solo per metà vi renderà felici, ma andando oltre vi
ritroverete miserabili e infelici? Oh, questo, miei fratelli e sorelle, è
un inganno: perché questa mezza devozione, questo vacillare tra Dio e
il mondo, che rendono così tante persone, all'apparenza ben disposte,
dei completi estranei alle consolazioni della fede? Essi seguono la
religione solo fino al punto in cui essa disturba le loro concupiscenze,
e seguono le loro concupiscenze fino al punto di essere da queste
private delle consolazioni della religione. Se invece, al contrario,
abbandonassero sinceramente ogni cosa a cui sono legati, e dessero i
loro cuori interamente a Dio, sperimenterebbero allora (e non prima di
allora) l'inesprimibile gioia di avere una mente in armonia con se
stessi, e una tale pace con Dio, che sorpassa ogni conoscenza, e alla
quale essi erano stati estranei prima di allora. È vero, se dedichiamo
tutti noi stessi interamente a Dio, dovremo affrontare il disprezzo
degli uomini; ma esso è necessario a guarirci dal nostro orgoglio.
Dobbiamo rinunciare alle gioie dei sensi, perché essi ci impediscono di
ricevere quelli spirituali, che sono infinitamente migliori. Dobbiamo
rinunciare all'amore del mondo; e questo perché possiamo essere riempiti
dell'amore di Dio: e quando esso avrà allargato i nostri cuori, noi,
come Giacobbe quando servì per amore della sua amata Rachele (cfr. Genesi 29:20),
non reputeremo nulla troppo difficile da sopportare, né ci sarà
sofferenza troppo dura da attraversare, per l'amore che allora avremo
per il nostro caro Redentore. Così facili, così piacevoli saranno le vie
di Dio anche in questa vita: ma quando ci libereremo di questi corpi, e
le nostre anime saranno ripiene di tutta la pienezza di Dio, oh, quale
cuore può concepire, quale lingua può esprimere con quale ineffabile
gioia e consolazione guarderemo indietro ai giorni passati di sincero e
umile servizio per il Signore. Pensate allora, miei cari che mi
ascoltate, che ci pentiremo di aver fatto troppo? O piuttosto non
pensate che ci vergogneremo di non aver fatto di più, e arrossiremo per
essere stati così restii ad arrenderci completamente a Dio, sapendo che
in futuro Lui voleva darci Se stesso per l'eternità?
Permettetemi,
dunque, di concludere, esortandovi, fratelli e sorelle, ad avere sempre
davanti ai vostri occhi l'ineffabile felicità di rallegrarvi in Dio. E
ricordate che ogni minima parte di santificazione che trascurate, è un
gioiello mancante nella vostra corona, un grado inferiore di benedizione
eterna quando saremo davanti a Dio. Oh! Pensate e agite sempre così, e
non starete più a cercare di conciliare le cose di Dio con quelle mondo;
ma, al contrario, sforzatevi quotidianamente di dare sempre di più voi
stessi a Lui; e sarete sempre vigili, sempre in preghiera, sempre
aspiranti ai più alti livelli di purezza e di amore, e conseguentemente
vi preparerete per una sempre maggiore rivelazione dell'amore di Dio,
nella cui presenza c'è gioia completa, e alla cui destra vi è la
felicità eterna. Amen! Amen!
di George Whitefield
“Non
sapete voi che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non
v’ingannate: né i fornicatori, né gli idolatri, né gli adulteri, né gli
effeminati, né gli omosessuali, né i ladri, né gli avari, né gli
ubriaconi, né gli oltraggiatori, né i rapinatori erediteranno il regno
di Dio.”
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