Uno degli
aspetti più importanti della vita cristiana, ma allo stesso tempo, uno degli aspetti
più fraintesi, è la preghiera. Come è vero che la preghiera è uno degli aspetti
più importanti della vita cristiana, è altrettanto vero che è estremamente
facile sbagliare grandemente in questo campo. Un errore è quello di non pregare
abbastanza. È molto facile credere di non avere tempo di pregare. Questo è un
ragionamento sbagliato, perché alla base di questa convinzione c'è il pensiero
che non abbiamo veramente bisogno di Dio.
Però,
dall'altro estremo, uno può anche pregare tanto, ma pregare in modo sbagliato.
Vogliamo
esaminare alcuni brani della Bibbia che parlano della preghiera, affinché
possiamo averne un concetto più conforme alla Bibbia. Se preghiamo a modo
nostro, che però non è conformato alle verità che Dio ci ha lasciato nella
Bibbia, le nostre preghiere possono essere inutili, o peggio ancora, possono
essere un'offesa a Dio. Perciò, prestate molta attenzione alle verità che Dio
ci insegna nella sua parola sulla preghiera.
La Bibbia
insegna che dobbiamo pregare al PADRE. Troviamo questo insegnamento
ripetutamente, come anche quello che lo Spirito Santo prega per noi.
Ma la verità
che vogliamo considerare molto più a fondo in questo studio riguarda il fatto
che dobbiamo pregare nel nome di Gesù Cristo. Consideriamo, molto attentamente,
che cosa significa pregare nel nome di Gesù.
Chi può pregare?
La prima
verità da capire quando consideriamo la preghiera è: chi ha diritto di pregare?
Ovvero, chi può pregare, avendo la certezza biblica che Dio lo ascolterà?
Chiaramente,
oggi, come sempre, tante persone pregano. Ma il fatto che tante persone pregano
non significa che vengono ascoltate da Dio.
Secondo la
Bibbia, sono coloro che hanno Gesù Cristo come Signore e Salvatore, e perciò
come Sacerdote e Mediatore, che possono pregare.
Per esempio,
in Ebrei 4:14-16, che è stato scritto per coloro che hanno Cristo come
Sacerdote e Signore, leggiamo che è per mezzo di Lui che abbiamo accesso al
trono di Dio per essere soccorsi. Quindi, è per mezzo di Cristo che possiamo
pregare. Chi è senza Cristo non ha questo libero accesso al trono di Dio.
Leggiamo il brano.
“14 Avendo dunque un grande sommo sacerdote che è
passato attraverso i cieli, Gesù, il Figlio di Dio, stiamo fermi nella fede che
professiamo. 15 Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non possa
simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, poiché egli è stato tentato come
noi in ogni cosa, senza commettere peccato. 16 Accostiamoci dunque con piena
fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovar grazia ed
essere soccorsi al momento opportuno.” (Ebr 4:14-16)
Quindi,
solamente chi è un vero figlio di Dio ha diritto di pregare.
A CHI si deve pregare?
Quando
preghiamo, a chi dobbiamo rivolgere le nostre preghiere?
E' giusto
pregare solo a Dio Padre, o si dovrebbe pregare anche a Gesù e allo Spirito
Santo? Cosa ne dice la Bibbia?
In Matt. 6:9
Gesù ci insegna a pregare, e Lui ci dichiara chiaramente di pregare a Dio
Padre.
“Voi dunque pregate così: "Padre nostro che sei
nei cieli, sia santificato il tuo nome;” (Mat 6:9)
In Giov.
16:23 Gesù parla della preghiera al Padre.
“In quel giorno non mi rivolgerete alcuna domanda. In
verità, in verità vi dico che qualsiasi cosa domanderete al Padre nel mio nome,
egli ve la darà.” (Giov 16:23)
La Bibbia ci
insegna ripetutamente, sia con insegnamenti, sia con esempi, che dobbiamo
pregare a Dio Padre.
Allora, qual
è il ruolo di Gesù e qual è quello dello Spirito Santo?
Se dobbiamo
pregare a Dio Padre, che ruolo hanno Gesù Cristo e lo Spirito Santo?
Nel nome di Gesù
Gesù ci ha
insegnato di pregare nel suo nome. Fra poco esamineremo questo concetto.
Lo Spirito Santo
Per quanto
riguarda lo Spirito Santo, non esiste alcuna preghiera nella Bibbia rivolta
allo Spirito Santo, tranne una profezia in Ezechiele 37. Quindi, visto che non
esiste alcuna preghiera rivolta allo Spirito Santo, è chiaro che non dobbiamo
pregare a Lui. Ma qual è il suo ruolo?
Lo Spirito
Santo ha il ruolo di glorificare Cristo e di indicarci la giusta strada per
giungere a questo fine.
“Egli mi glorificherà perché prenderà del mio e ve lo
annuncerà.” (Giov 16:14)
Si può anche
leggere Giov. 14:14-26.
Quando un
grande faro illumina un palazzo di notte, se fa un buon lavoro, non lo si nota
neanche, ma si nota ed ammira solamente il palazzo. Similmente lo Spirito Santo
è come il faro: ci aiuta a vedere ed ammirare la persona di Gesù Cristo.
Inoltre, lo
Spirito Santo, prega per noi aiutandoci nel nostro debole ed incerto modo di
porgere le nostre preghiere, perché, Egli conosce Dio nel suo profondo.
“26 Allo
stesso modo ancora, lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché non
sappiamo pregare come si conviene; ma lo Spirito intercede per noi con sospiri
ineffabili; 27 e colui che esamina i cuori sa quale sia il desiderio dello
Spirito, perché egli intercede per i santi secondo il volere di Dio.” (Rom
8:26-27)
Che
consolazione!
Quindi, a
chi dobbiamo pregare? Dobbiamo pregare a Dio Padre, nel nome di Gesù Cristo.
per COSA si deve pregare?
Per che cosa
dobbiamo pregare? Possiamo pregare per qualsiasi cosa? Dio esaudisce ogni
preghiera? È possibile chiedere qualsiasi cosa nel nome di Gesù, oppure,
pregare nel nome di Gesù ci limita nelle nostre richieste?
Chiaramente,
nella carne, l'uomo prega per ottenere tutto quello che desidera. Prega per
avere buona salute o per una guarigione, prega per avere successo negli affari,
prega di superare gli esami a scuola, prega per avere sicurezza in viaggio,
prega per un buon tempo durante le vacanze.
Che cosa ne dice la Bibbia?
Esaminiamo
alcuni brani fondamentali sulla preghiera. Questi brani sono importanti per il
loro insegnamento, ma spesso vengono presi fuori contesto ed interpretati male.
Quando abbiamo un concetto sbagliato della preghiera, questo ci fa molto male
spiritualmente.
Giovanni 14
Consideriamo
per primo il brano in Giovanni 14:12-14. Leggiamolo.
“12 In
verità, in verità vi dico che chi crede in me farà anch’egli le opere che
faccio io; e ne farà di maggiori, perché io me ne vado al Padre; 13 e quello
che chiederete nel mio nome, lo farò; affinché il Padre sia glorificato nel
Figlio. 14 Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.” (Giov
14:12-14)
Prima di
esaminare con cura questi versetti, ricordiamoci che a volte siamo tutti
tentati di voler far dire alla Bibbia quello che ci è comodo. Cioè, nella
carne, abbiamo la tendenza di interpretare la Bibbia non in base a quello che è
realmente scritto, ma in base a quello che ci è comodo. Quindi, dobbiamo
sforzarci di dividere rettamente questo brano.
Alcuni
credenti, e purtroppo anche delle chiese intere, interpretano erroneamente
questo brano dicendo che noi possiamo chiedere qualsiasi cosa che desideriamo
nel nome di Gesù, e Dio sicuramente ci esaudirà. Questo implica che la frase
“nel nome di Gesù” diventa quasi una formula magica che ci fa ottenere quello
che vogliamo. Questa falsa interpretazione fa diventare Dio il nostro servo
celeste, soggetto ad ubbidire alla nostra volontà. Chi insegna questa falsa
interpretazione cita la parte del brano che dichiara: “quello che chiederete
nel mio nome, io la farò”, come se tutto l'insegnamento fosse racchiuso lì.
Chi crede a
questa menzogna, pensa che se preghiamo qualcosa con cuore, Dio la farà. Questo
è un pensiero molto falso, e molto pericoloso.
Pensiamo a
come una persona che crede a questa falsità potrebbe pregare in diverse
situazioni. Immaginate un credente che lavora in proprio. La sua attività
comincia ad andare molto male, e lui rischia di perdere tutto. Non solo, ma ha
anche dei grossi debiti con la banca legati all'attività. Citando questo
versetto, egli chiede a Dio di salvare la sua attività. Perciò questo credente
è sicuro, visto che ha pregato nel nome di Gesù, che Dio salverà la sua ditta.
In un
secondo esempio, un credente ha un figlio adulto ribelle, lontano dal Signore.
Il credente prega, citando questo versetto, e così è convinto che Dio salverà
suo figlio.
In un altro
esempio, un credente ha un figlio con una grave malattia. Il credente, prega, e
citando questo versetto, dichiara che è sicuro che Dio guarirà suo figlio,
visto che è convinto che si può ottenere qualsiasi cosa se la si chiede a Dio
nel nome di Gesù.
In un altro
esempio, un credente sta cercando di comprare una casa, e avendone trovato una
che gli piace tantissimo, prega, chiedendo a Dio di operare in modo che il
proprietario abbassi il prezzo abbastanza da permettergli di comprarla. È
convinto che Dio opererà per fargli ottenere quella casa al prezzo che
desidera.
Senza andare
ad analizzare questi esempi in dettaglio, considerate il principio che sta alla
base di questo modo di pensare. Se fosse vero che possiamo chiedere a Dio
qualsiasi cosa che desideriamo, avendo la certezza che Lui ci esaudirà
solamente perché abbiamo citato la frase “nel nome di Gesù”, allora, Dio
diventerebbe il nostro servo celeste, pronto ad esaudire ogni nostra richiesta.
Dio sarebbe soggetto alla nostra
volontà.
Se è così,
allora Gesù ha sbagliato quando ha insegnato il Padre Nostro, perché avrebbe
dovuto insegnarci a pregare:
“sia fatta
la nostra volontà, non la Tua”
Però, Dio
NON è il nostro servo, e NON esiste per esaudire le nostre preghiere come
vogliamo noi. Non dobbiamo pregare che
la nostra volontà sia fatta, ma che la volontà di DIO sia fatta!
Ci sono
tante verità bibliche che ci aiutano a capire questo principio.
Per esempio,
leggiamo Matteo 26:39, quando Gesù era nel Giardino:
“E, andato
un po’ più avanti, si gettò con la faccia a terra, pregando, e dicendo: «Padre
mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non come voglio
io, ma come tu vuoi».” (Mat 26:39)
Gesù,
nonostante i suoi diritti di Figlio di Dio, non chiese al Padre che cambiasse
la sua volontà per esaudire la propria richiesta. Piuttosto, rese nota la sua
richiesta al Padre, e poi, chiese che la volontà del Padre fosse fatta, non la
sua.
In Luca 22,
Gesù stava preparando i discepoli per la sua morte. Egli spiegò a Pietro che
sarebbe stato provato duramente. Notiamo che Gesù non chiese che Pietro potesse
evitare la prova, pregò solamente per la fede di Pietro. Vi leggo.
“31 «Simone,
Simone, ecco, Satana ha chiesto di vagliarvi come si vaglia il grano; 32 ma io
ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno; e tu, quando sarai
convertito, fortifica i tuoi fratelli».” (Luca 22:31-32)
Gesù NON ha chiesto che Dio gli
togliesse la prova.
In
Apocalisse 2, Gesù sta parlando alle sette chiese. Notiamo quello che dichiara
alla chiesa di Smirne.
“8
«All’angelo della chiesa di Smirne scrivi: Queste cose dice il primo e
l’ultimo, che fu morto e tornò in vita: 9 Io conosco la tua tribolazione, la
tua povertà (tuttavia sei ricco) e le calunnie lanciate da quelli che dicono di
essere Giudei e non lo sono, ma sono una sinagoga di Satana. 10 Non temere
quello che avrai da soffrire; ecco, il diavolo sta per cacciare alcuni di voi
in prigione, per mettervi alla prova, e avrete una tribolazione per dieci
giorni. Sii fedele fino alla morte e io ti darò la corona della vita. 11 Chi ha
orecchi ascolti ciò che che lo Spirito dice alle chiese. Chi vince non sarà
colpito dalla morte seconda.” (Apo 2:8-11)
Egli spiegò
che vari credenti in questa chiesa sarebbero stati messi a morte per la loro
fede. Possiamo presumere che questi credenti erano padri e madri, e avessero le
loro famiglie. Però, è evidente che la volontà di Dio per loro era che
morissero per la loro fede. Dal brano però comprendiamo che la morte fisica non
era una sconfitta, perché poi Gesù dichiarò che se quei credenti fossero
rimasti fedeli fino alla morte, avrebbe dato loro la corona della vita. Quindi, Dio aveva stabilito il suo piano
per quei credenti, e nessuna loro preghiera avrebbe potuto cambiare il perfetto
piano di Dio. Non dovevano pregare Dio affinché li salvasse dalla morte
fisica, presumendo per di più che Dio li avrebbe esauditi.
Infatti, Dio
ha un piano perfetto, che è la SUA propria volontà, e Dio fa TUTTO secondo la
decisione della Sua volontà. È importante capire questa verità basilare. Quello
che Dio fa, lo fa secondo la decisione della Sua volontà. Leggiamo Efesini 1:11
“In
lui siamo anche stati fatti eredi, essendo stati predestinati secondo il
proposito di colui che compie ogni cosa secondo la decisione della propria
volontà,” (Efe 1:11)
Se le nostre
preghiere potessero cambiare la volontà di Dio, il mondo non sarebbe stabile,
Dio non sarebbe Dio, e nulla sarebbe sicuro. La volontà di Dio cambierebbe di minuto in minuto, in base alle diverse
preghiere che Gli arrivano da tutto il mondo.
Se le nostre
preghiere potessero cambiare la volontà di Dio, per esempio, non sarebbe vero
quello che è scritto nel Salmo 139:15,16 che riguarda il momento della nostra
morte e di quella dei nostri cari.
“15 Le mie
ossa non ti erano nascoste, quando fui formato in segreto e intessuto nelle
profondità della terra. 16 I tuoi occhi videro la massa informe del mio corpo e
nel tuo libro erano tutti scritti i giorni che mi eran destinati, quando
nessuno d’essi era sorto ancora.” (Sal 139:15-16)
Se Dio ci
desse qualunque cosa che Gli chiediamo, questo brano non sarebbe vero, perché
tante persone, vedendo arrivare la morte, pregherebbero, chiedendoGli di
guarire o di superare il pericolo, e in questo modo sarebbe stata fatta la loro
volontà, non quella di Dio. Se fosse
così la morte non dipenderebbe più dalla volontà di Dio, ma dalla volontà
dell'uomo. Non arriverebbe più al momento stabilito nel libro di Dio, ma
nel momento stabilito da noi.
Ma non è
così! Non è l'uomo che stabilisce quando morirà, come non è l'uomo che
stabilisce quando un certo problema deve risolversi come vuole lui. È il Signore che opera tutte le cose
secondo la decisione della Sua volontà!
Per esempio,
leggiamo in 1Samuele 2:6-8
“6 Il
SIGNORE fa morire e fa vivere; fa scendere nel soggiorno dei morti e ne fa
risalire. 7 Il SIGNORE fa impoverire e fa arricchire, egli abbassa e innalza. 8
Alza il misero dalla polvere e innalza il povero dal letame, per farli sedere
con i nobili, per farli eredi di un trono di gloria; poiché le colonne della
terra sono del SIGNORE e su queste ha poggiato il mondo.” (1Sam 2:6-8)
E' il
Signore che determina le cose, tramite le nostre preghiere, non noi!
Allora, qual
è il senso di Giovanni 14:13, quando Gesù dichiara:
“e quello
che chiederete nel mio nome, lo farò” (Giov 14:13)?
Per capire
bene questa verità, dobbiamo leggere non solo questa frase, ma tutto il suo
contesto.
Cosa significa “nel mio nome”?
Dobbiamo
capire il senso della frase, “nel mio nome”. Dobbiamo anche capire il motivo
che ci spinge a pregare nel nome di Gesù. Gesù stesso ci spiega questa
motivazione. Infine, dobbiamo capire altre condizioni che la Bibbia ci dà per
poter pregare. Molto spesso, un brano non insegna tutta la verità biblica di un
certo argomento, e deve essere considerato insieme ad altri brani.
Quindi, qual
è il senso della frase: “nel mio nome?”
Chiedere
“nel nome di Gesù” non è una formula magica che, aggiunta ad una preghiera,
costringe Dio ad esaudirci. A quel punto, Dio sarebbe il nostro servo, e noi
saremo i sovrani. Ma non è così!
Pregare “nel
nome di Gesù” non è una frase che si aggiunge a qualsiasi preghiera, per
garantire che Dio farà come Gli abbiamo chiesto. Invece significa almeno due
cose:
1. chiedere per i Suoi meriti
Prima di
tutto, pregare nel nome di Gesù significa pregare per i Suoi meriti,
riconoscendo che noi non ne abbiamo.
Nessun di
noi merita alcuna cosa buona da Dio. Quindi, dobbiamo chiedere per i meriti di
Gesù. Se chiedo un favore al mio migliore amico, lo chiedo nel mio proprio
nome, cioè riconoscendomi degno, visto che sono il SUO migliore amico, che mi
venga fatto questo favore. Però, se devo chiedere un grande favore all'amico
del mio amico, che non conosco personalmente, so di non meritare da lui nulla
(visto che non mi conosce), e perciò, non gli chiedo nel mio nome, ma gli
chiedo nel nome del mio amico.
Allora, chiedere nel nome di Gesù
necessariamente implica un cuore umile. Chi chiede nel nome di Gesù SA che, per
conto suo, non merita nulla da Dio. Perciò, questa consapevolezza della propria
insufficienza cambia anche la richiesta stessa. Infatti chi sa di non aver
nessun merito, non pretende nulla, e non considera Dio come Colui che esiste
per esaudire i nostri desideri. Sa che Dio è sovrano, e va ai piedi di Dio umilmente,
pronto ad essere sottomesso alla Sua volontà. Tutti questi sono aspetti del
pregare nel nome di Gesù.
2. chiedere secondo la volontà di
Gesù
Dobbiamo però
considerare anche una seconda verità estremamente importante nel fatto di
chiedere nel nome di Gesù. Chiedere nel nome di Gesù significa anche chiedere
secondo la Sua volontà, non la nostra. È importantissimo capire questo
principio. Ripeto: chiedere nel nome di
Gesù significa chiedere secondo la SUA volontà, non la nostra.
Un soldato
semplice, che porta gli ordini dati dal comandante agli altri, chiede nel nome
del comandante. Non chiede quello che vuole lui, chiede quello che è la volontà
del comandante. Infatti, se dovesse chiedere quello che vuole lui, usando il
nome del comandante per ottenerla, sarebbe colpevole di un grave reato.
In 1Giovanni
5:14,15, leggiamo una chiara spiegazione di quali sono le preghiere che Dio
esaudirà. Leggiamo.
“14 Questa è
la fiducia che abbiamo in lui: che se domandiamo qualche cosa secondo la sua
volontà, egli ci esaudisce. 15 Se sappiamo che egli ci esaudisce in ciò che gli
chiediamo, noi sappiamo di aver le cose che gli abbiamo chieste.” (1Giov
5:14-15)
Avete notato
la frase: “se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci
esaudisce”? Chiedere nel nome di Gesù DEVE essere secondo la SUA volontà, non
la nostra.
Quindi, se
preghiamo per ottenere qualcosa che desideriamo tantissimo, ma se non è la
volontà di Dio, non possiamo chiederla nel nome di Gesù. Se preghiamo per
quello che vogliamo noi, e aggiungiamo le parole, “nel nome di Gesù”, siamo
come i pagani, usando quelle parole come un talismano, cercando di controllare
Dio.
Quindi,
ricordiamo che chiedere nel nome di Gesù significa chiedere con umiltà, sapendo
di non meritare alcuna cosa buona da Dio, e questo atteggiamento ci aiuta ad
accettare qualsiasi cosa che Egli ci darà. Significa anche chiedere secondo la
volontà di Cristo, non seconda la nostra volontà.
Affinché il Padre sia glorificato
Allora, qual
è il senso di Giovanni 14:12-14? Per capire correttamente questo brano,
dobbiamo leggerlo tutto, e leggere anche il suo contesto.
“12 In
verità, in verità vi dico che chi crede in me farà anch’egli le opere che
faccio io; e ne farà di maggiori, perché io me ne vado al Padre; 13 e quello
che chiederete nel mio nome, lo farò; affinché il Padre sia glorificato nel
Figlio. 14 Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.” (Giov
14:12-14)
Notiamo che
le richieste che facciamo qua sono legate al fare opere per la gloria di Dio, e
infatti, il MOTIVO per cui Gesù ci esaudisce è per glorificare il Padre. Gesù
non risponde ad ogni nostra richiesta. Risponde se la richiesta glorificherà il
Padre.
Infatti, in
Giacomo 4:2-4 leggiamo:
“2 Voi
bramate e non avete; voi uccidete e invidiate e non potete ottenere; voi
litigate e fate la guerra; non avete, perché non domandate; 3 domandate e non
ricevete, perché domandate male per spendere nei vostri piaceri. 4 O gente
adultera, non sapete che l’amicizia del mondo è inimicizia verso Dio? Chi
dunque vuol essere amico del mondo si rende nemico di Dio.” (Giacomo 4:2-4)
Non avete perché non domandate,
ovvero, perché non pregate, e se domandate spesso non ricevete, perché
domandate per spendere nei vostri piaceri.
Quando
chiediamo per ottenere quella che è la nostra volontà, Dio non risponde.
Torniamo
agli esempi che ho dato all'inizio di questo studio.
Pensiamo
all'uomo che lavora in proprio e la sua attività comincia ad andare molto male,
e si ritrova con tanti debiti. Egli prega Dio affinché salvi la sua attività. Sta
pregando affinché Dio risolva i suoi problemi. Non sta cercando la gloria di
Dio.
Nell'esempio
del genitore che ha un figlio che spiritualmente cammina male (che è ribelle),
quel credente chiaramente vuole che suo figlio sia salvato. È buono pregare per
la salvezza dei nostri cari. Però, in un certo senso, quella preghiera può
essere anche un frutto di egoismo, perché quel genitore non sta cercando per
prima cosa la gloria di Dio. Non gli pesa il fatto che tanti altri genitori
hanno figli ribelli. Egli vuole che SUO figlio sia salvato. Sta pensando, in
fin dei conti, a se stesso.
Poi ho fatto
l'esempio del credente con il figlio con una grave malattia. Il genitore vuole
che il figlio sia guarito, perché vuole il piacere di goderlo per tanti anni
ancora. Però, nemmeno questa richiesta è cercare la gloria di Dio. È una
preghiera per non dover subire la sofferenza della morte di una persona cara.
Poi c'era il
credente che chiedeva l'intervento di Dio affinché potesse comprare la casa che
gli piaceva tanto. Anche qua, il credente sta cercando di ottenere da Dio
quello che sarebbe il suo gradimento. Non sta cercando in primo luogo la gloria
di Dio.
Quindi, non
dobbiamo credere la terribile menzogna che basta pregare aggiungendo la frase
“nel nome di Gesù” e possiamo essere sicuri che Dio ci darà quello che Gli
chiediamo. Chiedere nel nome di Gesù significa chiedere che sia fatta la Sua
volontà e significa anche farlo con un cuore umile, che quindi cerca non il
proprio comodo, ma la gloria di Dio.
Un brutto risultato
Che cosa
succede, quando uno crede la menzogna che Dio esaudirà qualsiasi sua richiesta?
Quando Dio
NON esaudisce quella preghiera, la fede di quel credente viene fortemente
scossa. Egli sta molto male, e solitamente, o cade in grave depressione
spirituale, oppure, si arrabbia con Dio. Perciò credendo a quella menzogna quel
credente rimane deluso di Dio.
Giov. 15:5-7,16
Quindi, è
importante capire il senso vero dei principi di Giovanni 14. Per capire meglio
questo discorso, esaminiamo qualche altro brano in cui Gesù parla della
preghiera. Questi brani fanno parte del contesto di Giovanni 14.
Giovanni
15:5-7
“5 Io sono
la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro,
porta molto frutto; perché senza di me non potete far nulla. 6 Se uno non
dimora in me, è gettato via come il tralcio, e si secca; questi tralci si
raccolgono, si gettano nel fuoco e si bruciano. 7 Se dimorate in me e le mie
parole dimorano in voi, domandate quello che volete e vi sarà fatto.” (Giov
15:5-7)
Qui, Gesù
insegna che dobbiamo dimorare in Lui, e che lo scopo è affinché possiamo
portare molto frutto. Poi, Egli dichiara che solamente se dimoriamo in Lui e se
le sue parole dimorano in noi, sarà fatto quello che domandiamo.
Questa è una
condizione importantissima. “Dimorare in Cristo” significa essere in una
condizione di umiltà, di santità di vita e di sottomissione alla sua volontà.
Quando le parole di Cristo dimorano in noi, esse ci esortano a conoscere e a
seguire la Parola di Dio. Quindi, non viviamo più per la nostra volontà, ma per
la sua.
Solamente se
ci ritroviamo in questa condizione possiamo domandare a Dio quello che vogliamo
e ci sarà fatto, perché significherà che domanderemo quella che è la volontà di
Dio.
Un altro
versetto importante è Giovanni 15:16
“Non siete
voi che avete scelto me, ma sono io che ho scelto voi, e vi ho costituiti perché
andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; affinché tutto quello che
chiederete al Padre, nel mio nome, egli ve lo dia.” (Giov 15:16)
Gesù
risponde alle nostre preghiere quando servono per portare frutto che rimane in
eterno.
Ostacoli alle nostre preghiere
È importante
menzionare alcuni ostacoli alle nostre preghiere.
L'orgoglio
Una cosa che
ostacola sempre la preghiere è l'orgoglio. Se abbiamo orgoglio, Dio si
allontana da noi.
“Il SIGNORE
è vicino a quelli che hanno il cuore afflitto, salva gli umili di spirito.”
(Sal 34:18)
Quando
abbiamo orgoglio non confessato, Dio resta lontano da noi. Possiamo fare bella
figura davanti agli altri, possiamo apparire di essere zelanti, possiamo
pregare tanto, ma sarà tutto inutile, tutto invano. Fino a quando non
confessiamo il nostro orgoglio, Dio resterà lontano da noi.
Mancanza di fede
Un altro
ostacolo alle nostre preghiere è la mancanza di fede, come leggiamo in Giacomo
1.
“5 Se poi
qualcuno di voi manca di saggezza, la chieda a Dio che dona a tutti
generosamente senza rinfacciare, e gli sarà data. 6 Ma la chieda con fede,
senza dubitare; perché chi dubita rassomiglia a un’onda del mare, agitata dal
vento e spinta qua e là. 7 Un tale uomo non pensi di ricevere qualcosa dal
Signore,” (Giac 1:5-7)
Questo brano
ci insegna l'importanza della fede. Chiaramente, dobbiamo ricordare le altre
verità che abbiamo visto. Se prego qualcosa che non è secondo la volontà di
Dio, posso avere la fede più grande del mondo, ma Dio non mi risponderà. Però,
dall'altro lato, quando preghiamo secondo la volontà di Dio, è importante avere
fede in Dio. Così, Dio viene glorificato, e noi saremo edificati.
La Preghiera fatta con egoismo
Abbiamo già
menzionato prima che Dio non risponde alle preghiere fatte con egoismo, cioè,
alle preghiere attraverso le quali vogliamo ottenere qualcosa NON per la gloria
di Dio, ma perché è il nostro desiderio.
Questo è ciò
che ci dice Giacomo 4, quando parla delle preghiere fatte per spendere nei
piaceri. Dobbiamo pregare, invece, per la gloria di Dio.
Come conoscere la volontà di Gesù
Visto che la
preghiera che Dio esaudisce è quella preghiera fatta secondo la sua volontà,
come possiamo sapere qual'è la volontà di Dio?
Dio ci ha
già rivelato molto della sua volontà, e ci insegna anche il modo in cui pregare
quando non la conosciamo.
Prima di
tutto, come dobbiamo pregare quando non siamo sicuri della volontà di Dio?
Sappiamo quasi sempre quello che vorremmo noi, ma come dobbiamo pregare quando
non siamo sicuri della volontà di Dio?
Gesù stesso
ci dà un esempio di come pregare in questi casi in Matt. 26:39; Marco 14:36;
Luca 22:42. Leggo da Matteo.
“E, andato
un po’ più avanti, si gettò con la faccia a terra, pregando, e dicendo: «Padre
mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non come voglio
io, ma come tu vuoi».” (Mat 26:39)
Nella sua
umanità, Gesù non voleva affrontare la sofferenza che sapeva di dover subire
sulla croce. Però, il suo desiderio più forte rispetto al non voler subire
quelle sofferenze, fu quello di voler fare la volontà del Padre. Quindi, ha
esposto a Dio il suo desiderio, ma chiese che fosse fatta la volontà di Dio.
Ed è così
che anche noi dobbiamo pregare, quando non conosciamo con certezza la volontà
di Dio in una certa situazione. Certamente possiamo portare tutti i nostri pesi
a Dio, e anche dirGli quello che sarebbe il nostro desiderio, però poi dobbiamo
confidare nella sua perfetta saggezza, e chiedere che sia fatta la Sua volontà.
Conclusione
La preghiera
è una parte essenziale della vita cristiana e della nostra crescita. La
preghiera è la nostra comunicazione con Dio, mentre lo studio della Bibbia è
ascoltare Dio che ci parla.
E importante
pregare, però, è importante pregare nel modo che Dio stabilisce, per le cose
giuste. L'unico vero accesso a Dio che abbiamo è quello per mezzo di Gesù, per
merito di Cristo. Non solo, ma dobbiamo pregare secondo la SUA volontà, non
secondo la nostra. Quando non siamo sicuri della volontà di Dio, è importante
accettare la sua volontà, anche se è il contrario di quello che vorremmo noi.
Infatti noi non sappiamo qual è la cosa migliore. Dobbiamo avere fede che la
volontà di Dio è la cosa perfetta, anche se non siamo in grado di capire tutto
quello che Dio sta facendo. Preghiamo, chiedendo che la volontà perfetta di Dio
sia fatta!
Preghiamo
poi con fede, fede che Dio ci ascolta e ci esaudisce sempre, secondo la sua
perfetta volontà.
Non
dimentichiamo che la preghiera non serve solo per fare richieste a Dio. Anche
il ringraziamento ne è una parte molto importante. Inoltre, la preghiera serve
anche per confessare i nostri peccati. E serve poi principalmente per chiedere
che Dio sia glorificato. Le nostre richieste dovrebbero sempre essere per la
gloria di Dio.
Oh che
possiamo diventare un popolo che prega sempre di più, non vedendo Dio come un
servo celeste che esiste per darci quello che vogliamo noi, ma essendo spinti
dal desiderio di vedere il nostro grande Dio glorificato! La nostra vera gioia,
quella che ci riempirà per tutta l'eternità, consisterà nel vedere Dio
glorificato. Quindi, che la gloria di Dio sia il desiderio del nostro cuore!
Marco deFelice
"Questa è la fiducia che abbiamo in lui: che se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce. Se sappiamo che egli ci esaudisce in ciò che gli chiediamo, noi sappiamo di aver le cose che gli abbiamo chieste" (1 Giovanni 5:14-15)
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Legge e grazia: la grazia del Messia, sommo sacerdote, e il suo regno di giustizia.
La doppia unzione dai due olivi: i due testimoni di Zaccaria 4 e Apocalisse 11; le luci delle due candele di sabbath ; i due offici del Messia come sommo sacerdote e re nell’ordine di Melchisedec (vedi Salmo 110:1-4)
[In
questo articolo l’autore utilizza il termine “Commonwealth”, un concetto
tutto anglosassone, per sottolineare l’idealità del regno di Israele,
cioè il regno del Messia come “congregazione di Israele” e
differenziarlo dal più comune concetto terreno di “stato”
nazionale, ndt].
Due olivi forniscono l’olio per la menorah, che
è il vero emblema di Israele, indicando la doppia unzione del Messia,
sommo sacerdote e re di Salem nell’ordine di Melchisedec.
Sembra che il ruolo
principale della chiesa sia il vangelo della grazia e il peso principale
della casa reale di Giuda, in Israele, sia la legge di
Dio. Attualmente, questi due gruppi non si apprezzano né si comprendono
molto bene reciprocamente. Questo fatto è destinato a cambiare in
futuro? Sicuramente! I credenti cristiani non apprezzano molto la legge
di Dio al momento. Sono inclini a bollarla come “legge di Mosè” e ad
insistere con il fatto che essa è stata ormai “abolita”. Quindi si
rivolgono esclusivamente alla grazia. Dopotutto, è questa che Dio ci ha
fornito, nella sua misericordia, o no?
Però qui giace il problema. Il concetto di “grazia”, nella mentalità
di molti, si trova fin troppo in prossimità della totale mancanza di
legge. Molte persone che si definiscono cristiane vengono spinte ad una
vita priva di Dio dalla mera dialettica hegeliana e scivolano lungo il
sentiero della distruzione. Come leggiamo nel Salmo 2, l’indulgenza
verso il peccato è proprio quello che i pagani gentili vorrebbero. E, se
ci guardiamo intorno, vediamo che la chiesa occidentale di oggi sta
diventando sempre più accomodante nei riguardi del catastrofico declino
morale che avanza.
Ma il Dio dei cristiani è il Santo di Israele. È il Dio della giustizia. La sua legge, la sua Torah,
è parte integrante del suo piano divino. Il profeta Geremia parlò del
nuovo patto e sembra che in esso la legge non venga affatto “abolita”.
Egli dichiara chiaramente che, con il progresso della storia sacra, la
legge è destinata ad essere scritta nei cuori (Geremia 31:31-33).
La legge comprende l’unzione di un re che porterà avanti un giusto
regno: il regno di YHVH-Dio è un trono di giustizia. Egli stabilisce e
fonda la sua legge nel cuore del suo popolo attraverso la persona di
Cristo. Ma questo è solo l’inizio. Il futuro millennio del Messia vedrà
il regno andare oltre i confini della città santa, Gerusalemme. Sia
l’unzione della legge nel ruolo di re, che quella della grazia nel
ruolo di sommo sacerdote, appartengono al nostro Messia, che regnerà
come sacerdote-re nell’ordine di Melchisedec. Il Messia stesso
rappresenterà la perfetta unione dei due offici ed è proprio questa
unione che determinerà tale doppia unzione, che sarà a sua volta la base
per il risveglio degli ultimi tempi, mirante alla restaurazione delle
dodici tribù di Israele.
Questa doppia unzione è al momento divisa. La
porzione del regno dell’unzione messianica, nell’ordine di Melchisedec, è
attualmente separata dalla chiesa e posta per la gran parte nella casa
di Israele. La porzione sacerdotale dell’unzione, invece, è nel vangelo e
affidata ad un’entità che noi chiamiamo “la chiesa”. La parola “chiesa”
significa “assemblea” e proviene dalla parola greca ekklesia,
che vuol dire, semplicemente, “chiamati fuori”. Ma queste due parti
hanno in comune un’unzione combinata, focalizzata sul Messia. Ed è in
Lui che il giusto regno e il misericordioso sommo sacerdozio sono
destinati a scorrere insieme, in perfetta armonia.
Così, quando avrà luogo la restaurazione effettiva di Israele, non si tratterà solo di una faccenda teologica. Questo rivivere e questa riunione sotto il Messia sarà la meraviglia delle meraviglie. Cambierà la storia di questo mondo per sempre. La restaurazione di Israele stabilirà la lungamente attesa “pace in terra agli uomini che Egli gradisce”.
Questa straordinaria sequenza di eventi, come avrà luogo?
Durante le nozze di Cana, il Messia mostra che Dio agisce in modo
diverso dalle vie di questo mondo e riserva le cose migliori per la
fine. Il Dio di Israele sta per svelare il completo mistero della
cittadinanza di Israele e del suo eletto, unificato durante gli ultimi giorni. È una grossa impresa, ma Dio ha promesso nella sua Parola che
compirà la restaurazione di Israele (Romani 11). Questo, chiaramente,
non è ancora avvenuto, ma l’apice della storia arriverà presto o tardi
e, in base all’unanime consenso delle Sacre Scritture, arriverà durante
l’Apocalisse.
Entrambe le case di Israele saranno radunate “e così tutto Israele sarà salvato” (Romani 11).
Gesù pregò il Padre per questo, dicendo: “Io ho dato loro la gloria che tu hai data a me, affinché siano uno come noi siamo uno” (vedi Giovanni 17:20-22).
Il popolo eletto di Dio non sarà più in stato di divisione e
contesa. Non ci saranno più due regni estranei, uno per la “legge” e uno
per la “grazia”. Essi si uniranno nel Messia, così come, sia Mosè che
l’apostolo Pietro hanno dichiarato. Essi diverranno un singolo,
indivisibile, “sacerdozio regale e una nazione santa”.
La regalità del regno sarà applicata al sacerdozio e la santità del
sacerdozio sarà applicata al regno: così la breccia di Geroboamo sarà
sanata. I due gruppi che abbiamo oggi diverranno, secondo profezia, un unico popolo scelto ed eletto.
Come vediamo, il piano di Dio è lungi dall’essere compiuto. La lunga
saga dei figli di Abramo va ancora avanti e un gran numero di elementi è
ancora lì fuori, avvolto nel mistero. Ma la grande avventura di Dio è
anche un romanzo divino che avrà l’apice nell’Apocalisse, in
un’esplosione di gloria.
Siamo salvati e abbiamo il via
libera per il paradiso. Apparteniamo alla chiesa, cioè alla
“congregazione dei chiamati fuori”. Ma chiamati a cosa, da chi e,
soprattutto, perché?
I cristiani occidentali sono indulgenti verso il mondo pagano. Essi
ricevono i loro insegnamenti per lo più dalla chiesa dei mercanti. Siamo
salvati e nati di nuovo. Molti di noi sono stati convinti che “Gesù
l’ha già fatto” e che la loro salvezza è ormai stabilita e dunque non
c’è più nulla da aggiungere, da parte della chiesa, prima che Cristo
torni. E questo evento, essi credono, avverrà sette anni prima della
fine di quest’era.
Come cristiani, siamo soddisfatti. Andiamo in chiesa la domenica e
inseguiamo la nostra felicità personale il resto della settimana, avendo
relativamente poche preoccupazioni. Abbiamo il biglietto per il
paradiso in tasca e le valige pronte per un convenientissimo "rapimento",
stranamente scollegato dalla resurrezione dei giusti. Ci hanno insegnato
che il treno per la gloria potrebbe passare a prenderci in “qualsiasi
momento”. Non dobbiamo fare più nulla per quanto riguarda il patto
eterno.
Noi crediamo in tutto ciò che ci viene insegnato e la gran parte di
noi non si premura di controllarlo nella Bibbia. Come pecore, siamo
guidati soprattutto dalla pressione dei nostri pari. Crediamo che “tutto
è sistemato” e non ci sia bisogno di preparazione, né pazienza o forza,
per sopportare fino alla fine la tribolazione. La Pax Americana
ha preparato la storia per il trionfo della cristianità, che si prepara
a ricevere fin da ora la sua ricompensa, in “qualunque momento”. La
nostra dipartita tramite il rapimento è “imminente”, come pure l’apice
della storia sacra. Quando l’ultima tromba suonerà, e molti credono che
ciò accadrà all’inizio degli ultimi sette anni di quest’era, noi saremo,
come ci viene detto, “fuori dai giochi”!
Tutto ciò suona bene, ma fermiamoci un momento a riflettere. Noi
apparteniamo alla chiesa, cioè alla “congregazione dei chiamati fuori”.
Chiamati a chi, da chi e perché? Che vi sia un’altra storia, un’altra
strada che si snoda al di là della Pax Americana? C’è dell’altro, oltre a
ciò che ci hanno insegnato, nell’essere un cristiano biblico?
Noi apparteniamo alla chiesa,
che assume un ruolo sacerdotale presso Dio. Ma come si collegano i
cristiani biblici al regno di Dio? E come dobbiamo chiamare la politica
del regno della fine dei tempi?
Come cristiani, apparteniamo al regno di Dio. Ma esso è una
“faccenda” solo inerente la chiesa? E se fossimo stati chiamati a
gestire altri “affari” del regno prima del nostro rapimento?
Apparteniamo, allora, a una compagnia più ampia di quel che pensiamo? E
la congregazione di Israele? E il suo Stato? L’apostolo Paolo parla
della fine di quest’ultimo in Efesini 2:12-13.
Il Messia sarà stabilito nei cuori umani di tutti attraverso
il vangelo. Eppure si verificano eventi catastrofici e straordinari
mutamenti nella storia mentre il suo regno si avvicina (Matteo 11:12).
Il regno di Dio soffre e sopporta la violenza, che avanza mentre il
Messia guida il suo popolo. Il suo nome, il nome del Messia che viene, è
Perez, “Colui che fa breccia” (vedi Matteo 11:12 e, soprattutto, Michea 2:12-13). Allora, perché stiamo facendo le valige? Non è possibile che, come Ester, anche noi siamo stati “chiamati per tempi come questi”?
Non dobbiamo avere paura. Il treno per la gloria arriverà comunque a
prenderci, senza tardare un minuto! Perciò fermiamoci un istante e
riflettiamo in preghiera. Può essere che noi, cristiani biblici, abbiamo
un ruolo vitale di testimoni, che dobbiamo ancora attuare, come popolo
eletto di Dio? Se siamo noi la futura Sposa di Cristo su questa terra, è
forse strano che come Sposa, e non come passiva concubina, siamo ora al
bivio?
Le Sacre Scritture sono chiare, così come il messaggio. Yeshua-Gesù
ci dice che noi siamo i suoi agenti. Che siamo stati “chiamati fuori”
per essere dei testimoni davanti, e contro, re e principati (vedi Luca
21:12-19). Perciò, abbiamo o no una responsabilità precisa a cui
ottemperare nella fine dei tempi? Cosa dichiara al riguardo il nostro
mandato? Non siamo stati forse “chiamati fuori” per correre la corsa
fino alla linea di arrivo? Vediamo questo glorioso traguardo schiudersi
per tutti i santi in Ebrei 12:1.
Abbiamo letto Apocalisse 7:9-17 e visto la grande moltitudine dei
santi radunarsi davanti al gran trono di Dio. Essi hanno una forte
connessione con Israele e sono mostrati nello stesso contesto e capitolo
delle dodici tribù. Allora perché i nostri insegnanti ci dicono che i
santi della tribolazione non appartengono alla chiesa? Queste persone
hanno lavato le loro vesti nel sangue dell’Agnello e sono morte per la
testimonianza. Allora perché non sarebbero degne di far parte della
chiesa?
Questo atteggiamento della chiesa occidentale è assai stano. Alcune
chiese sono contente di aprirsi a stili di vita neo-pagani come quello
gay, eppure non vogliono ammettere nella chiesa i santi della
tribolazione! Che cosa abbiamo che non va?
Il nostro Signore si siederà in giudizio, e quest’ultimo sarà
riservato per prima cosa alla casa di Dio. È sempre stato così. Dio
chiamerà alla sbarra i suoi testimoni e cercherà chi saprà testimoniare
del suo Messia.
Se ci sarà davvero un’epica “testimonianza finale” dei santi,
all’apertura del quinto sigillo, questo cosa comporterà per i freddi
cristiani di Laodicea di quest’era?
La testimonianza dei cristiani
davanti a re e principati e la nostra chiamata in Cristo, il Messia di
Israele e futuro Re dei re nel regno millenario
L’Apocalisse è lo svelamento di Cristo, dove i misteri saranno
risolti con l’arrivo all’apice dell’era. Giovanni venne rapito e portato
in cielo, in un luogo nell’eternità chiamato “giorno del Signore”, e si
vide davanti una visione spettacolare: una corte celeste presieduta da
Dio. Egli è il sovrano regnante sul nostro cosmo. Giovanni vide i
quattro cavalieri e i quattro sistemi politici terreni terminare la loro
corsa al quinto sigillo. Dopodiché, Egli chiama i Suoi testimoni, i
testimoni di Cristo, il Messia.
I santi della chiesa, la congregazione allargata di Israele, saranno
dunque chiamati a recare la testimonianza in questo tempo? O tutto sarà
gestito dai 144.000 ebrei neo-cristiani, come ci dicono i nostri
insegnanti?
Gesù stesso disse ai suoi discepoli quello che stava per accadere nel
discorso sul Monte degli Olivi e, insieme, diede anche degli
ammonimenti personali. Ma a noi viene spesso insegnato che quel discorso
di Gesù fosse rivolto “solo agli ebrei”. Non è questa, forse,
disinformazione?
Ed ecco un’altra questione importante. Quand’è, esattamente, che
scade il nostro mandato in Cristo? Dovremmo portarlo a far valutare da
un avvocato per sapere a che punto saremo sciolti dall’impegno? E se vi
fossero altre trombe prima dell’ultima? Sette anni prima, magari? Non
dovremmo aprire le nostre Bibbie e controllare questo fatto di persona?
Siamo certi che la Bibbia ci riveli uno speciale rapimento della
chiesa? Che alla chiesa venga riservato un trattamento di favore? Che ci
parli di una glorificazione separata per i santi della chiesa e per
quelli di Israele? O del fatto che alla chiesa sia concesso un rapimento
precedente la settantesima settimana e i fatti seguenti siano relativi
al solo Israele? Il nostro Dio, il Dio di Israele, presiede tutti e due
gli eletti o solo uno? Vi sono due salvezze diverse nei cieli? Il Santo
dei santi esercita forse una sporca e vile politica di apartheid?
L’apostolo Paolo ci dà la risposta in Efesini 2:12-13. Quando i
credenti cristiani vengono salvati, essi entrano in intima comunione
con Cristo, che è il seme di Abramo (vedi Galati 3:29). E, sotto il Suo
sangue, il seme di Israele, essi adottano una nuova identità nazionale,
non secondo il DNA, ma come adozione spirituale, in Israele. Così, in
Lui, coloro che sono salvati diventano “nuove creature”. Come tali, in
Cristo, il seme di Abramo risiede in loro, dando vita all’uomo nuovo con
un glorioso destino nel regno della vita eterna. In Cristo, essi
ricevono una nuova identità spirituale, l’appartenenza ad una nuova casa
spirituale e ad una nuova nazione, che si aggiunge all’identità
nazionale che essi già hanno. Tutto ciò è dato da Cristo che risiede in
loro, con la potenza dello Spirito Santo. È così che i credenti
cristiani entrano nella cittadinanza di Israele.
Il fatto di avere due passaporti è ignoto a molto cristiani. Uno di
essi è un mistero, ancora nascosto nella Parola di Dio, che essi finora
non hanno conosciuto né potuto apprezzare. È il passaporto per il regno
di Dio, una cittadinanza impartita spiritualmente che va oltre la
nazione, la razza e la tribù. È una compagnia dalle molte bandiere e
colori, come la veste che venne donata a Giuseppe da suo padre. La
benedizione di Giacobbe a Giuseppe in Genesi 49:22 fu: “Giuseppe è un albero fruttifero, un albero fruttifero vicino ad una sorgente; i suoi rami si stendono sopra il muro”.
La cittadinanza nello Stato di Israele non è legata alla razza.
Spesso accompagna lo scorrere del DNA nelle generazioni, specie nei
tempi più antichi, ma dopo la Pentecoste le benedizioni di Israele si
sono estese oltre i legami nazionali, così come il fiume Giordano rompe i
suoi argini durante il tempo della raccolta. È vero che il promesso
seme di donna di cui si parla nella Genesi è rintracciato storicamente
lungo la linea di sangue di Abramo, Isacco e Giacobbe, ma quello fu solo
l’inizio della storia.
La luce di Israele sulle nazioni, sta risplendendo ancor di più ora
che ci si avvicina alla fine dell’era. Questo è ciò di cui parla Isaia
(49:6). Le fonti della salvezza sono sgorgate nel nuovo patto portando
acqua nel deserto e Israele sta benedicendo le nazioni come il Giordano
erompe fuori dai suoi argini nelle terre circostanti.
Politica e religione alla fine dell’era: il vangelo del regno è svelato
Strano ma vero. Abbiamo questa falsa dicotomia sui due presunti
diversi piani di salvezza e di resurrezione-rapimento: uno per Israele e
uno per la chiesa. Ma Dio ha mai parlato di una cosa simile nelle sue
Scritture? Ha mai detto che l’attuale divisione nel suo eletto andrà
avanti nell’eternità? Dio non voglia che ci attardiamo ancora su un
simile pensiero!
C’è solo un unico patto eterno e un singolo eletto e prescelto popolo. C’è una sola compagnia, composta da persone provenienti da tutte le nazioni, razze e tribù, inclusa la casa di Israele.
Tutti costoro, da entrambi i lati del Calvario, i giusti vivi e morti,
risorgeranno in gloria alla fine di quest’era. Il patto eterno con Dio
deve essere trovato in un solo piano d salvezza. Che sia il giusto
Abele, i santi della tribolazione, o qualunque persona si trovi nel
mezzo, la salvezza viene solo dalla grazia mediante la fede nel sangue
espiatorio dell’Agnello promesso di Israele.
Dopo la salvezza, alla fine realizzeremo che siamo in un patto eterno
con il nostro Messia ebreo. Ma questo è solo l’inizio. Una enorme
epifania attende i santi di Dio comprati dal sangue, che attualmente si
considerano “cristiani gentili”. Tale dicitura significa, letteralmente, “pagani dell’Unto”
ed è, di fatto, una contraddizione in termini. Questa verità apparirà,
alla fine, ai cristiani nati di nuovo come un’onda collettiva e ciò
accadrà quando i principi di questo mondo, in cui essi credono, si
rivolteranno contro di loro, così come Gomer venne abbandonata e
maltrattata dai suoi amanti. Quest’onda di comprensione spazzerà la
chiesa all’inizio della settantesima settimana e delle prove degli
ultimi giorni. Finalmente realizzeremo che apparteniamo allo Stato o
cittadinanza di Israele, fatto del quale molti cristiani sono, tuttora,
allo scuro. Perché?
Sappiamo che i principati e le potestà angeliche sono le gerarchie
nascoste che dirigono i passi dei re, dei presidenti, dei mercanti, dei
banchieri, degli idoli hollywoodiani e anche della chiesa di stato. Essi
e le persone profane di questo mondo non amano Israele né gioiscono
all’idea di un Messia ebreo-cristiano che torni a rovinare la loro festa
di peccato. I re insistono nel conferire la loro lealtà ad essi
soltanto e non ammettono nemmeno per un istante l’identità di Israele.
Ovviamente, i re e i principati di questo mondo permettono un minimo
grado di ritualismo religioso nei loro regni e pagano degli
ecclesiastici assunti apposta perché rendano loro conto e tengano sotto
controllo qualunque risveglio, riforma o revival dei cristiani. La
storia del cristianesimo occidentale è molto chiara. I re non vogliono
vedere i loro sudditi essere leali nei confronti di altri regni, anche
di quello del Re dei re! Per loro questo è troppo e, ai loro occhi, tale
“entusiasmo” o “fanatismo religioso” equivale a slealtà o addirittura
tradimento nei loro confronti. William Tyndale scoprì queste cose, come fecero molti altri santi e martiri che finirono bruciati sul rogo.
Ma perché i nostri capi di chiesa sono così soggetti a queste influenze del mondo?
Di certo questi uomini di chiesa sono più che semplici agenti religiosi
assunti da re, mercanti e simili. Perché la segretezza? Perché i cristiani non possono sapere della loro vitale connessione con Israele tramite il Messia?
Esiste una “correttezza ecclesiastica”? E chi è che ne tiene le fila?
Stiamo forse vedendo solo un’altra parte del più ampio mosaico globale
di “correttezza politica”? Questa “cospirazione del silenzio” è forse
parte della cospirazione tramata dalle nazioni di cui canta il re Davide
nel suo Salmo? È forse l’antisemitismo che alimenta questa negazione
teologica e getta un’ombra sulla verità?
Per fare un esempio. Dov’è posta l’israelologia nell’ambito dei vari settori della teologia sistematica? Esiste?
Senza dubbio le potenze mondiali, angeliche e umane, disprezzano e
temono la venuta del Messia di Israele. E così il loro atteggiamento,
man mano che il tempo si avvicina, non è inaspettato. Essi si sollevano
contro di Lui. Quando non ottengono ciò che vogliono con l’ira, essi
adottano la strategia di Fabiano, un generale romano che sceglieva il
regno che doveva essere abbattuto e si accampava in silenzio alle porte
delle sue città. Lì iniziava un “dialogo” con cui tentava di influenzare
il commercio e le notizie che arrivavano alla popolazione. Questo è il
metodo che le potenze delle tenebre adottano per infiltrarsi nella
chiesa. Con esso, riescono a manovrare le informazioni e le
comunicazioni delle persone all’interno e, sopra ogni cosa, essi
cospirano contro il messaggio del ritorno di Cristo. Essi cercano di
bloccare, diluire e distorcere la Parola di Dio e la verità relativa
alla seconda venuta e all’unificazione dei santi nello Stato di Israele
(congregazione o cittadinanza di Israele). Questo è ciò che chiamiamo disinformazione.
I principati e le potestà sono la chiave per comprendere queste cose.
Questi regnanti angelici hanno un sacro terrore della venuta del Messia
e i pagani, le nazioni gentili, sono sotto il loro controllo (vedi
Salmo 2).
Ci troviamo in una grande, mondiale, cospirazione ecumenica di
“chiesa e stato”, contro il Messia e il suo popolo eletto. Il loro piano
principale sembra essere questo: da un lato bloccare i nostri fratelli
ebrei dal riconoscere il Messia e non far rendere loro conto che Egli è
già venuto una prima volta come servo sofferente, circa duemila anni fa
(vedi Isaia 53); dall’altro lato, bloccare i cristiani dal riconoscere
la loro responsabilità ed identità nello Stato di Israele (congregazione
o cittadinanza di Israele).
Il travaglio della “donna vestita di sole” e l’identità della chiesa della fine dei tempi in Israele
Il libro dell’Apocalisse è la storia di due donne, due gruppi di
persone che affermano di conoscere Dio. Giovanni vide la prostituta di
Apocalisse 17 e la “donna vestita di sole” del capitolo 12, con
le dodici stelle di Israele sulla sua corona. La prima siede come una
regina, dicendo: “Io non vedrò sofferenza”; l’altra è in travaglio
mentre è avvolta dalla gloria del Padre. Queste due sono i personaggi
principali che vediamo sul palco della futura storia sacra.
L’Apocalisse è anche una corte celeste che sarà presieduta, negli
ultimi giorni, da Dio. Egli chiamerà i suoi testimoni e alcuni si
presenteranno, mentre altri si troveranno a “combattere il sistema” o a
nascondersi nelle caverne. I principati e le potestà sanno tutto di
questa finale testimonianza dei santi e del fatto che, quando avrà
luogo, sarà la loro fine. Per questo tentano di ingannare i cristiani e
di tenerli allo scuro sulla loro chiamata in Cristo.
Il profeta Zaccaria ci dice che ci sarà un pentimento nazionale e una
salvezza generale della nazione ebraica alla fine dei tempi (vedi
Zaccaria 12:9-14). Come cristiani evangelici, spesso pensiamo ai nostri
fratelli ebrei e alla loro “parziale cecità” riguardo all’identità del
Messia (Romani 11).
Ma un momento! Se la parziale cecità ha colpito Israele e se noi,
credenti cristiani, siamo parte dello Stato di Israele e non lo
sappiamo, cosa si deve dire di noi stessi? Noi siamo sotto il sangue del
Messia di Israele e, in base ad Efesini 2:11-13, siamo nello Stato,
nella cittadinanza e nella congregazione di Israele. E non siamo anche
noi in stato di “parziale cecità”?
Certo, siamo sotto un incantesimo, soggetti ad una profonda e
duratura stregoneria religiosa. Perché non possiamo vedere la nostra
vitale connessione con Israele? Siamo certo affetti da amnesia e abbiamo
dimenticato a chi apparteniamo. Perché, a dispetto di tutte le evidenze
bibliche, siamo così decisamente ciechi di fronte alle nostre radici
ebraiche? Le nostre radici spirituali in Israele sono un dato di fatto.
Abbiamo visto lo Spirito Santo inondare Israele e il vangelo raggiungere
i pagani gentili dal giorno di Pentecoste. Senza contare che le radici
familiari di molti occidentali affondano, di fatto, nelle dieci tribù
disperse di Israele.
Perciò qual è il problema? Anche noi cristiani siamo affetti da cecità parziale?
Cosa significa realmente la nostra identificazione di cristiani nello
Stato di Israele? Ci definiamo cristiani di ogni nazione, sappiamo che
siamo sotto il nostro Messia ebreo della casa di Davide, il “leone della
tribù di Giuda”, ma che ne è della nostra identificazione con la
cittadinanza di Israele?
La chiesa, l’identità nazionale e lo Stato di Israele
Qui sta la domanda cruciale. Nell’identificare noi stessi, come
cristiani, con Israele, non ci rendiamo troppo poco patriottici nei
confronti della nostra nazione?
Ecco la realtà sulla cristianità occidentale. Dal Concilio di Nicea,
nel IV secolo, le nazioni occidentali hanno combattuto e versato sangue
per “Dio e la patria”. Per millesettecento anni il Dio della
cristianità occidentale non è mai stato messo in questione: Egli è il
Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe. Perciò anche sotto la persecuzione, la
nostra devozione di cristiani alla nostra patria resta ferma. La
devozione di tutte le nazioni, pagane e non, è dovuta a Lui.
Perciò in Cristo, il Messia di Israele, la nostra identità nazionale
non è in questione. Nella chiesa, la congregazione di Israele,
conosceremo un potere sovrano più grande di quanto si sia mai visto. E
nello studio della storia scopriamo che Egli è Colui che ha dato alla
nostra nazione qualunque gloria abbia mai raggiunto. Perciò se la nostra
nazione, attualmente sottoposta ai principati di questo mondo, ci
portasse in tribunale come testimoni nella tribolazione, come
risponderemmo? Fuggiremmo via? Se la nostra testimonianza di Gesù Cristo
ci causerà sofferenza davanti ai magistrati, sarà una “beata
sofferenza”, perché la nostra testimonianza del Dio di Israele non sarà
invano. Attraverso essa, Dio sta chiamando le nazioni ad un livello più
alto. E noi stessi, come credenti cristiani, siamo “chiamati fuori”
all’impegno del patto di sangue. Questo è vero patriottismo: portare la
nostra nazione ad un livello più alto e a una maggior gloria!
Stiamo parlando degli ultimi giorni, dove il “vangelo del regno” viene predicato, nel libro dell’Apocalisse. Il Signore Gesù (Yeshua Hamashiach) è il nostro sovrano supremo, il Messia. Ricordate che ogni volta che il Messia di Handel veniva suonato in Europa, tutti i re e i nobili si alzavano in piedi!
Perciò, come credenti cristiani noi siamo collegati ad Israele e, di
certo, non siamo chiamati a ripetere le sanguinose azioni delle
crociate. Piuttosto, siamo chiamati ad essere testimoni del Messia che
viene. Questa è l’essenza del nuovo patto di cui parla Geremia (vedi
Geremia 31:31-33).
La nostra testimonianza degli ultimi tempi, sarà la prova della legge
scritta nei cuori e la vera e pura cristianità del patto di sangue.
Storia futura, cambiamento e una
nuova sovranità globale. Ci saranno prove e tribolazioni per Israele e
la chiesa: un rapimento permetterà di evitarle?
Non importa se la storia sacra procede e noi vediamo un significativo
conflitto mondiale coinvolgere il Medio Oriente. Le potenze mondiali,
che si dividono i bottini, si divideranno forse la terra santa di Dio? E
tenteranno anche di dividersi la città santa? Se voleranno dei missili
nucleari, il mondo sarà gettato nel panico. Ma il nostro orgoglio
nazionale sarà forse criticato come politica del sangue e della
vergogna? E in questa atmosfera di paura e rabbia, le nazioni
occidentali saranno convinte a cedere la loro sovranità? Porteremo i
nostri standard a quelli di un nuovo ordine mondiale e di un
pacificatore globale che promette “pace e sicurezza”?
E se ci risvegliassimo, in un ignoto futuro, al suono delle trombe?
Come reagiremmo se scoprissimo che siamo andati oltre l’attuale schermo
protettivo della Pax Americana? E se i sette anni del “patto con molti”
ci portassero dritti in un nuovo ordine mondiale? Ci guarderemmo intorno
dandoci dei pizzicotti e ci renderemmo conto di non essere stati
rapiti.
E allora?
Siamo preparati a questo? Abbiamo l’olio per le nostre
lampade, per opporci alla notte che viene? Ci siamo preparati nella
devozione e nello Spirito Santo per un eventuale e più tardo rapimento
post-tribolazione?Possiamo affrontare questa
possibilità a testa alta? I nostri ministri ci hanno dato qualche avviso
di queste cose? Ci hanno detto che sarebbe meglio che preparassimo i
nostri cuori per la testimonianza durante la futura persecuzione?
La cittadinanza di Israele e la
nostra chiamata alla testimonianza, negli ultimi sette anni di
quest’era, sotto la doppia unzione di Giuseppe e Giuda
Stiamo ascoltando? E come risponderemo? Stiamo unendo i punti? Oppure siamo ancora legati ai nostri schemi?
“Questo messaggio di avviso ed esortazione alla preparazione
spirituale per la testimonianza della fine dei tempi riguarda solo gli
ebrei”…
“Questa è roba da Vecchio Testamento”…
“Ci troviamo in una diversa dispensazione”…
“Noi siamo la chiesa del Nuovo Testamento”…
“La preparazione riguarda le opere, noi siamo il popolo della grazia”…
Cari santi, potremmo essere in grave errore e non sappiamo quanto
tempo ci rimane prima che giunga la prova. Perciò è adesso il tempo di
dare un serio sguardo al nostro comportamento di testimoni cristiani.
Dio ci sta dando tempo per una riflessione pacifica e per la
preparazione nello Spirito Santo. E quel tempo è ora!
Un vero pastore sa che le pecore bevono solo acqua pura. Dio ci ha
dato questo tempo di pace per uno scopo. Questo è il momento di
abbandonare il perseguimento dei nostri piaceri e delle cose materiali. È
il momento di lasciarci guidare in silenzio nel profondo del cuore dal Pastore e sentire la Sua voce (vedi Giovanni 10:3-4). Un giorno buio e
nuvoloso sta arrivando (vedi Ezechiele 34:12) e i veri credenti avranno
bisogno di stare molto vicini al pastore di Israele.
Uniamoci all’apostolo Paolo e confermiamo la nostra fede fino alla fine.
“È anche per questo motivo che soffro queste cose; ma non me ne vergogno, perché so in chi ho creduto, e sono convinto che egli ha il poter
e di custodire il mio deposito fino a quel giorno”. (2 Timoteo 1:12)
La strada per la santificazione conduce sempre avanti e in alto, verso le porte di splendore.
"Io ho anche delle altre pecore che non sono di quest'ovile; anche quelle
io devo raccogliere, ed esse ascolteranno la mia voce, e vi sarà un
solo gregge e un solo pastore."
(Giovanni 10:16)
"L'Eterno, il loro DIO, li
salverà in quel giorno, come il gregge del suo popolo, perché saranno
come le pietre preziose di una corona, che saranno innalzate come una
bandiera sulla sua terra."
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