La cittadinanza di Israele | CONSAPEVOLI NELLA PAROLA

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    • Pregare nel nome di Gesù

      Uno degli aspetti più importanti della vita cristiana, ma allo stesso tempo, uno degli aspetti più fraintesi, è la preghiera. Come è vero che la preghiera è uno degli aspetti più importanti della vita cristiana, è altrettanto vero che è estremamente facile sbagliare grandemente in questo campo. Un errore è quello di non pregare abbastanza. È molto facile credere di non avere tempo di pregare. Questo è un ragionamento sbagliato, perché alla base di questa convinzione c'è il pensiero che non abbiamo veramente bisogno di Dio. Però, dall'altro estremo, uno può anche pregare tanto, ma pregare in modo sbagliato. Vogliamo esaminare alcuni brani della Bibbia che parlano della preghiera, affinché possiamo averne un concetto più conforme alla Bibbia. Se preghiamo a modo nostro, che però non è conformato alle verità che Dio ci ha lasciato nella Bibbia, le nostre preghiere possono essere inutili, o peggio ancora, possono essere un'offesa a Dio. Perciò, prestate molta attenzione alle verità che Dio ci insegna nella sua parola sulla preghiera. La Bibbia insegna che dobbiamo pregare al PADRE. Troviamo questo insegnamento ripetutamente, come anche quello che lo Spirito Santo prega per noi. Ma la verità che vogliamo considerare molto più a fondo in questo studio riguarda il fatto che dobbiamo pregare nel nome di Gesù Cristo. Consideriamo, molto attentamente, che cosa significa pregare nel nome di Gesù. Chi può pregare? La prima verità da capire quando consideriamo la preghiera è: chi ha diritto di pregare? Ovvero, chi può pregare, avendo la certezza biblica che Dio lo ascolterà? Chiaramente, oggi, come sempre, tante persone pregano. Ma il fatto che tante persone pregano non significa che vengono ascoltate da Dio. Secondo la Bibbia, sono coloro che hanno Gesù Cristo come Signore e Salvatore, e perciò come Sacerdote e Mediatore, che possono pregare. Per esempio, in Ebrei 4:14-16, che è stato scritto per coloro che hanno Cristo come Sacerdote e Signore, leggiamo che è per mezzo di Lui che abbiamo accesso al trono di Dio per essere soccorsi. Quindi, è per mezzo di Cristo che possiamo pregare. Chi è senza Cristo non ha questo libero accesso al trono di Dio. Leggiamo il brano. “14 Avendo dunque un grande sommo sacerdote che è passato attraverso i cieli, Gesù, il Figlio di Dio, stiamo fermi nella fede che professiamo. 15 Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, poiché egli è stato tentato come noi in ogni cosa, senza commettere peccato. 16 Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovar grazia ed essere soccorsi al momento opportuno.” (Ebr 4:14-16) Quindi, solamente chi è un vero figlio di Dio ha diritto di pregare. A CHI si deve pregare? Quando preghiamo, a chi dobbiamo rivolgere le nostre preghiere? E' giusto pregare solo a Dio Padre, o si dovrebbe pregare anche a Gesù e allo Spirito Santo? Cosa ne dice la Bibbia? In Matt. 6:9 Gesù ci insegna a pregare, e Lui ci dichiara chiaramente di pregare a Dio Padre. “Voi dunque pregate così: "Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome;” (Mat 6:9) In Giov. 16:23 Gesù parla della preghiera al Padre. “In quel giorno non mi rivolgerete alcuna domanda. In verità, in verità vi dico che qualsiasi cosa domanderete al Padre nel mio nome, egli ve la darà.” (Giov 16:23) La Bibbia ci insegna ripetutamente, sia con insegnamenti, sia con esempi, che dobbiamo pregare a Dio Padre. Allora, qual è il ruolo di Gesù e qual è quello dello Spirito Santo? Se dobbiamo pregare a Dio Padre, che ruolo hanno Gesù Cristo e lo Spirito Santo? Nel nome di Gesù Gesù ci ha insegnato di pregare nel suo nome. Fra poco esamineremo questo concetto. Lo Spirito Santo Per quanto riguarda lo Spirito Santo, non esiste alcuna preghiera nella Bibbia rivolta allo Spirito Santo, tranne una profezia in Ezechiele 37. Quindi, visto che non esiste alcuna preghiera rivolta allo Spirito Santo, è chiaro che non dobbiamo pregare a Lui. Ma qual è il suo ruolo? Lo Spirito Santo ha il ruolo di glorificare Cristo e di indicarci la giusta strada per giungere a questo fine. “Egli mi glorificherà perché prenderà del mio e ve lo annuncerà.” (Giov 16:14) Si può anche leggere Giov. 14:14-26. Quando un grande faro illumina un palazzo di notte, se fa un buon lavoro, non lo si nota neanche, ma si nota ed ammira solamente il palazzo. Similmente lo Spirito Santo è come il faro: ci aiuta a vedere ed ammirare la persona di Gesù Cristo. Inoltre, lo Spirito Santo, prega per noi aiutandoci nel nostro debole ed incerto modo di porgere le nostre preghiere, perché, Egli conosce Dio nel suo profondo. “26 Allo stesso modo ancora, lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché non sappiamo pregare come si conviene; ma lo Spirito intercede per noi con sospiri ineffabili; 27 e colui che esamina i cuori sa quale sia il desiderio dello Spirito, perché egli intercede per i santi secondo il volere di Dio.” (Rom 8:26-27) Che consolazione! Quindi, a chi dobbiamo pregare? Dobbiamo pregare a Dio Padre, nel nome di Gesù Cristo. per COSA si deve pregare? Per che cosa dobbiamo pregare? Possiamo pregare per qualsiasi cosa? Dio esaudisce ogni preghiera? È possibile chiedere qualsiasi cosa nel nome di Gesù, oppure, pregare nel nome di Gesù ci limita nelle nostre richieste? Chiaramente, nella carne, l'uomo prega per ottenere tutto quello che desidera. Prega per avere buona salute o per una guarigione, prega per avere successo negli affari, prega di superare gli esami a scuola, prega per avere sicurezza in viaggio, prega per un buon tempo durante le vacanze. Che cosa ne dice la Bibbia? Esaminiamo alcuni brani fondamentali sulla preghiera. Questi brani sono importanti per il loro insegnamento, ma spesso vengono presi fuori contesto ed interpretati male. Quando abbiamo un concetto sbagliato della preghiera, questo ci fa molto male spiritualmente. Giovanni 14 Consideriamo per primo il brano in Giovanni 14:12-14. Leggiamolo. “12 In verità, in verità vi dico che chi crede in me farà anch’egli le opere che faccio io; e ne farà di maggiori, perché io me ne vado al Padre; 13 e quello che chiederete nel mio nome, lo farò; affinché il Padre sia glorificato nel Figlio. 14 Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.” (Giov 14:12-14) Prima di esaminare con cura questi versetti, ricordiamoci che a volte siamo tutti tentati di voler far dire alla Bibbia quello che ci è comodo. Cioè, nella carne, abbiamo la tendenza di interpretare la Bibbia non in base a quello che è realmente scritto, ma in base a quello che ci è comodo. Quindi, dobbiamo sforzarci di dividere rettamente questo brano. Alcuni credenti, e purtroppo anche delle chiese intere, interpretano erroneamente questo brano dicendo che noi possiamo chiedere qualsiasi cosa che desideriamo nel nome di Gesù, e Dio sicuramente ci esaudirà. Questo implica che la frase “nel nome di Gesù” diventa quasi una formula magica che ci fa ottenere quello che vogliamo. Questa falsa interpretazione fa diventare Dio il nostro servo celeste, soggetto ad ubbidire alla nostra volontà. Chi insegna questa falsa interpretazione cita la parte del brano che dichiara: “quello che chiederete nel mio nome, io la farò”, come se tutto l'insegnamento fosse racchiuso lì. Chi crede a questa menzogna, pensa che se preghiamo qualcosa con cuore, Dio la farà. Questo è un pensiero molto falso, e molto pericoloso. Pensiamo a come una persona che crede a questa falsità potrebbe pregare in diverse situazioni. Immaginate un credente che lavora in proprio. La sua attività comincia ad andare molto male, e lui rischia di perdere tutto. Non solo, ma ha anche dei grossi debiti con la banca legati all'attività. Citando questo versetto, egli chiede a Dio di salvare la sua attività. Perciò questo credente è sicuro, visto che ha pregato nel nome di Gesù, che Dio salverà la sua ditta. In un secondo esempio, un credente ha un figlio adulto ribelle, lontano dal Signore. Il credente prega, citando questo versetto, e così è convinto che Dio salverà suo figlio. In un altro esempio, un credente ha un figlio con una grave malattia. Il credente, prega, e citando questo versetto, dichiara che è sicuro che Dio guarirà suo figlio, visto che è convinto che si può ottenere qualsiasi cosa se la si chiede a Dio nel nome di Gesù. In un altro esempio, un credente sta cercando di comprare una casa, e avendone trovato una che gli piace tantissimo, prega, chiedendo a Dio di operare in modo che il proprietario abbassi il prezzo abbastanza da permettergli di comprarla. È convinto che Dio opererà per fargli ottenere quella casa al prezzo che desidera. Senza andare ad analizzare questi esempi in dettaglio, considerate il principio che sta alla base di questo modo di pensare. Se fosse vero che possiamo chiedere a Dio qualsiasi cosa che desideriamo, avendo la certezza che Lui ci esaudirà solamente perché abbiamo citato la frase “nel nome di Gesù”, allora, Dio diventerebbe il nostro servo celeste, pronto ad esaudire ogni nostra richiesta. Dio sarebbe soggetto alla nostra volontà. Se è così, allora Gesù ha sbagliato quando ha insegnato il Padre Nostro, perché avrebbe dovuto insegnarci a pregare: “sia fatta la nostra volontà, non la Tua” Però, Dio NON è il nostro servo, e NON esiste per esaudire le nostre preghiere come vogliamo noi. Non dobbiamo pregare che la nostra volontà sia fatta, ma che la volontà di DIO sia fatta! Ci sono tante verità bibliche che ci aiutano a capire questo principio. Per esempio, leggiamo Matteo 26:39, quando Gesù era nel Giardino: “E, andato un po’ più avanti, si gettò con la faccia a terra, pregando, e dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non come voglio io, ma come tu vuoi».” (Mat 26:39) Gesù, nonostante i suoi diritti di Figlio di Dio, non chiese al Padre che cambiasse la sua volontà per esaudire la propria richiesta. Piuttosto, rese nota la sua richiesta al Padre, e poi, chiese che la volontà del Padre fosse fatta, non la sua. In Luca 22, Gesù stava preparando i discepoli per la sua morte. Egli spiegò a Pietro che sarebbe stato provato duramente. Notiamo che Gesù non chiese che Pietro potesse evitare la prova, pregò solamente per la fede di Pietro. Vi leggo. “31 «Simone, Simone, ecco, Satana ha chiesto di vagliarvi come si vaglia il grano; 32 ma io ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno; e tu, quando sarai convertito, fortifica i tuoi fratelli».” (Luca 22:31-32) Gesù NON ha chiesto che Dio gli togliesse la prova. In Apocalisse 2, Gesù sta parlando alle sette chiese. Notiamo quello che dichiara alla chiesa di Smirne. “8 «All’angelo della chiesa di Smirne scrivi: Queste cose dice il primo e l’ultimo, che fu morto e tornò in vita: 9 Io conosco la tua tribolazione, la tua povertà (tuttavia sei ricco) e le calunnie lanciate da quelli che dicono di essere Giudei e non lo sono, ma sono una sinagoga di Satana. 10 Non temere quello che avrai da soffrire; ecco, il diavolo sta per cacciare alcuni di voi in prigione, per mettervi alla prova, e avrete una tribolazione per dieci giorni. Sii fedele fino alla morte e io ti darò la corona della vita. 11 Chi ha orecchi ascolti ciò che che lo Spirito dice alle chiese. Chi vince non sarà colpito dalla morte seconda.” (Apo 2:8-11) Egli spiegò che vari credenti in questa chiesa sarebbero stati messi a morte per la loro fede. Possiamo presumere che questi credenti erano padri e madri, e avessero le loro famiglie. Però, è evidente che la volontà di Dio per loro era che morissero per la loro fede. Dal brano però comprendiamo che la morte fisica non era una sconfitta, perché poi Gesù dichiarò che se quei credenti fossero rimasti fedeli fino alla morte, avrebbe dato loro la corona della vita. Quindi, Dio aveva stabilito il suo piano per quei credenti, e nessuna loro preghiera avrebbe potuto cambiare il perfetto piano di Dio. Non dovevano pregare Dio affinché li salvasse dalla morte fisica, presumendo per di più che Dio li avrebbe esauditi. Infatti, Dio ha un piano perfetto, che è la SUA propria volontà, e Dio fa TUTTO secondo la decisione della Sua volontà. È importante capire questa verità basilare. Quello che Dio fa, lo fa secondo la decisione della Sua volontà. Leggiamo Efesini 1:11 “In lui siamo anche stati fatti eredi, essendo stati predestinati secondo il proposito di colui che compie ogni cosa secondo la decisione della propria volontà,” (Efe 1:11) Se le nostre preghiere potessero cambiare la volontà di Dio, il mondo non sarebbe stabile, Dio non sarebbe Dio, e nulla sarebbe sicuro. La volontà di Dio cambierebbe di minuto in minuto, in base alle diverse preghiere che Gli arrivano da tutto il mondo. Se le nostre preghiere potessero cambiare la volontà di Dio, per esempio, non sarebbe vero quello che è scritto nel Salmo 139:15,16 che riguarda il momento della nostra morte e di quella dei nostri cari. “15 Le mie ossa non ti erano nascoste, quando fui formato in segreto e intessuto nelle profondità della terra. 16 I tuoi occhi videro la massa informe del mio corpo e nel tuo libro erano tutti scritti i giorni che mi eran destinati, quando nessuno d’essi era sorto ancora.” (Sal 139:15-16) Se Dio ci desse qualunque cosa che Gli chiediamo, questo brano non sarebbe vero, perché tante persone, vedendo arrivare la morte, pregherebbero, chiedendoGli di guarire o di superare il pericolo, e in questo modo sarebbe stata fatta la loro volontà, non quella di Dio. Se fosse così la morte non dipenderebbe più dalla volontà di Dio, ma dalla volontà dell'uomo. Non arriverebbe più al momento stabilito nel libro di Dio, ma nel momento stabilito da noi. Ma non è così! Non è l'uomo che stabilisce quando morirà, come non è l'uomo che stabilisce quando un certo problema deve risolversi come vuole lui. È il Signore che opera tutte le cose secondo la decisione della Sua volontà! Per esempio, leggiamo in 1Samuele 2:6-8 “6 Il SIGNORE fa morire e fa vivere; fa scendere nel soggiorno dei morti e ne fa risalire. 7 Il SIGNORE fa impoverire e fa arricchire, egli abbassa e innalza. 8 Alza il misero dalla polvere e innalza il povero dal letame, per farli sedere con i nobili, per farli eredi di un trono di gloria; poiché le colonne della terra sono del SIGNORE e su queste ha poggiato il mondo.” (1Sam 2:6-8) E' il Signore che determina le cose, tramite le nostre preghiere, non noi! Allora, qual è il senso di Giovanni 14:13, quando Gesù dichiara:    “e quello che chiederete nel mio nome, lo farò” (Giov 14:13)? Per capire bene questa verità, dobbiamo leggere non solo questa frase, ma tutto il suo contesto. Cosa significa “nel mio nome”? Dobbiamo capire il senso della frase, “nel mio nome”. Dobbiamo anche capire il motivo che ci spinge a pregare nel nome di Gesù. Gesù stesso ci spiega questa motivazione. Infine, dobbiamo capire altre condizioni che la Bibbia ci dà per poter pregare. Molto spesso, un brano non insegna tutta la verità biblica di un certo argomento, e deve essere considerato insieme ad altri brani. Quindi, qual è il senso della frase: “nel mio nome?” Chiedere “nel nome di Gesù” non è una formula magica che, aggiunta ad una preghiera, costringe Dio ad esaudirci. A quel punto, Dio sarebbe il nostro servo, e noi saremo i sovrani. Ma non è così! Pregare “nel nome di Gesù” non è una frase che si aggiunge a qualsiasi preghiera, per garantire che Dio farà come Gli abbiamo chiesto. Invece significa almeno due cose: 1. chiedere per i Suoi meriti Prima di tutto, pregare nel nome di Gesù significa pregare per i Suoi meriti, riconoscendo che noi non ne abbiamo. Nessun di noi merita alcuna cosa buona da Dio. Quindi, dobbiamo chiedere per i meriti di Gesù. Se chiedo un favore al mio migliore amico, lo chiedo nel mio proprio nome, cioè riconoscendomi degno, visto che sono il SUO migliore amico, che mi venga fatto questo favore. Però, se devo chiedere un grande favore all'amico del mio amico, che non conosco personalmente, so di non meritare da lui nulla (visto che non mi conosce), e perciò, non gli chiedo nel mio nome, ma gli chiedo nel nome del mio amico. Allora, chiedere nel nome di Gesù necessariamente implica un cuore umile. Chi chiede nel nome di Gesù SA che, per conto suo, non merita nulla da Dio. Perciò, questa consapevolezza della propria insufficienza cambia anche la richiesta stessa. Infatti chi sa di non aver nessun merito, non pretende nulla, e non considera Dio come Colui che esiste per esaudire i nostri desideri. Sa che Dio è sovrano, e va ai piedi di Dio umilmente, pronto ad essere sottomesso alla Sua volontà. Tutti questi sono aspetti del pregare nel nome di Gesù. 2. chiedere secondo la volontà di Gesù Dobbiamo però considerare anche una seconda verità estremamente importante nel fatto di chiedere nel nome di Gesù. Chiedere nel nome di Gesù significa anche chiedere secondo la Sua volontà, non la nostra. È importantissimo capire questo principio. Ripeto: chiedere nel nome di Gesù significa chiedere secondo la SUA volontà, non la nostra. Un soldato semplice, che porta gli ordini dati dal comandante agli altri, chiede nel nome del comandante. Non chiede quello che vuole lui, chiede quello che è la volontà del comandante. Infatti, se dovesse chiedere quello che vuole lui, usando il nome del comandante per ottenerla, sarebbe colpevole di un grave reato. In 1Giovanni 5:14,15, leggiamo una chiara spiegazione di quali sono le preghiere che Dio esaudirà. Leggiamo. “14 Questa è la fiducia che abbiamo in lui: che se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce. 15 Se sappiamo che egli ci esaudisce in ciò che gli chiediamo, noi sappiamo di aver le cose che gli abbiamo chieste.” (1Giov 5:14-15) Avete notato la frase: “se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce”? Chiedere nel nome di Gesù DEVE essere secondo la SUA volontà, non la nostra. Quindi, se preghiamo per ottenere qualcosa che desideriamo tantissimo, ma se non è la volontà di Dio, non possiamo chiederla nel nome di Gesù. Se preghiamo per quello che vogliamo noi, e aggiungiamo le parole, “nel nome di Gesù”, siamo come i pagani, usando quelle parole come un talismano, cercando di controllare Dio. Quindi, ricordiamo che chiedere nel nome di Gesù significa chiedere con umiltà, sapendo di non meritare alcuna cosa buona da Dio, e questo atteggiamento ci aiuta ad accettare qualsiasi cosa che Egli ci darà. Significa anche chiedere secondo la volontà di Cristo, non seconda la nostra volontà. Affinché il Padre sia glorificato Allora, qual è il senso di Giovanni 14:12-14? Per capire correttamente questo brano, dobbiamo leggerlo tutto, e leggere anche il suo contesto. “12 In verità, in verità vi dico che chi crede in me farà anch’egli le opere che faccio io; e ne farà di maggiori, perché io me ne vado al Padre; 13 e quello che chiederete nel mio nome, lo farò; affinché il Padre sia glorificato nel Figlio. 14 Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.” (Giov 14:12-14) Notiamo che le richieste che facciamo qua sono legate al fare opere per la gloria di Dio, e infatti, il MOTIVO per cui Gesù ci esaudisce è per glorificare il Padre. Gesù non risponde ad ogni nostra richiesta. Risponde se la richiesta glorificherà il Padre. Infatti, in Giacomo 4:2-4 leggiamo: “2 Voi bramate e non avete; voi uccidete e invidiate e non potete ottenere; voi litigate e fate la guerra; non avete, perché non domandate; 3 domandate e non ricevete, perché domandate male per spendere nei vostri piaceri. 4 O gente adultera, non sapete che l’amicizia del mondo è inimicizia verso Dio? Chi dunque vuol essere amico del mondo si rende nemico di Dio.” (Giacomo 4:2-4) Non avete perché non domandate, ovvero, perché non pregate, e se domandate spesso non ricevete, perché domandate per spendere nei vostri piaceri. Quando chiediamo per ottenere quella che è la nostra volontà, Dio non risponde. Torniamo agli esempi che ho dato all'inizio di questo studio. Pensiamo all'uomo che lavora in proprio e la sua attività comincia ad andare molto male, e si ritrova con tanti debiti. Egli prega Dio affinché salvi la sua attività. Sta pregando affinché Dio risolva i suoi problemi. Non sta cercando la gloria di Dio. Nell'esempio del genitore che ha un figlio che spiritualmente cammina male (che è ribelle), quel credente chiaramente vuole che suo figlio sia salvato. È buono pregare per la salvezza dei nostri cari. Però, in un certo senso, quella preghiera può essere anche un frutto di egoismo, perché quel genitore non sta cercando per prima cosa la gloria di Dio. Non gli pesa il fatto che tanti altri genitori hanno figli ribelli. Egli vuole che SUO figlio sia salvato. Sta pensando, in fin dei conti, a se stesso. Poi ho fatto l'esempio del credente con il figlio con una grave malattia. Il genitore vuole che il figlio sia guarito, perché vuole il piacere di goderlo per tanti anni ancora. Però, nemmeno questa richiesta è cercare la gloria di Dio. È una preghiera per non dover subire la sofferenza della morte di una persona cara.    Poi c'era il credente che chiedeva l'intervento di Dio affinché potesse comprare la casa che gli piaceva tanto. Anche qua, il credente sta cercando di ottenere da Dio quello che sarebbe il suo gradimento. Non sta cercando in primo luogo la gloria di Dio. Quindi, non dobbiamo credere la terribile menzogna che basta pregare aggiungendo la frase “nel nome di Gesù” e possiamo essere sicuri che Dio ci darà quello che Gli chiediamo. Chiedere nel nome di Gesù significa chiedere che sia fatta la Sua volontà e significa anche farlo con un cuore umile, che quindi cerca non il proprio comodo, ma la gloria di Dio. Un brutto risultato Che cosa succede, quando uno crede la menzogna che Dio esaudirà qualsiasi sua richiesta? Quando Dio NON esaudisce quella preghiera, la fede di quel credente viene fortemente scossa. Egli sta molto male, e solitamente, o cade in grave depressione spirituale, oppure, si arrabbia con Dio. Perciò credendo a quella menzogna quel credente rimane deluso di Dio. Giov. 15:5-7,16 Quindi, è importante capire il senso vero dei principi di Giovanni 14. Per capire meglio questo discorso, esaminiamo qualche altro brano in cui Gesù parla della preghiera. Questi brani fanno parte del contesto di Giovanni 14. Giovanni 15:5-7 “5 Io sono la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro, porta molto frutto; perché senza di me non potete far nulla. 6 Se uno non dimora in me, è gettato via come il tralcio, e si secca; questi tralci si raccolgono, si gettano nel fuoco e si bruciano. 7 Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi, domandate quello che volete e vi sarà fatto.” (Giov 15:5-7) Qui, Gesù insegna che dobbiamo dimorare in Lui, e che lo scopo è affinché possiamo portare molto frutto. Poi, Egli dichiara che solamente se dimoriamo in Lui e se le sue parole dimorano in noi, sarà fatto quello che domandiamo. Questa è una condizione importantissima. “Dimorare in Cristo” significa essere in una condizione di umiltà, di santità di vita e di sottomissione alla sua volontà. Quando le parole di Cristo dimorano in noi, esse ci esortano a conoscere e a seguire la Parola di Dio. Quindi, non viviamo più per la nostra volontà, ma per la sua. Solamente se ci ritroviamo in questa condizione possiamo domandare a Dio quello che vogliamo e ci sarà fatto, perché significherà che domanderemo quella che è la volontà di Dio. Un altro versetto importante è Giovanni 15:16 “Non siete voi che avete scelto me, ma sono io che ho scelto voi, e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; affinché tutto quello che chiederete al Padre, nel mio nome, egli ve lo dia.” (Giov 15:16) Gesù risponde alle nostre preghiere quando servono per portare frutto che rimane in eterno. Ostacoli alle nostre preghiere È importante menzionare alcuni ostacoli alle nostre preghiere. L'orgoglio Una cosa che ostacola sempre la preghiere è l'orgoglio. Se abbiamo orgoglio, Dio si allontana da noi. “Il SIGNORE è vicino a quelli che hanno il cuore afflitto, salva gli umili di spirito.” (Sal 34:18) Quando abbiamo orgoglio non confessato, Dio resta lontano da noi. Possiamo fare bella figura davanti agli altri, possiamo apparire di essere zelanti, possiamo pregare tanto, ma sarà tutto inutile, tutto invano. Fino a quando non confessiamo il nostro orgoglio, Dio resterà lontano da noi. Mancanza di fede Un altro ostacolo alle nostre preghiere è la mancanza di fede, come leggiamo in Giacomo 1. “5 Se poi qualcuno di voi manca di saggezza, la chieda a Dio che dona a tutti generosamente senza rinfacciare, e gli sarà data. 6 Ma la chieda con fede, senza dubitare; perché chi dubita rassomiglia a un’onda del mare, agitata dal vento e spinta qua e là. 7 Un tale uomo non pensi di ricevere qualcosa dal Signore,” (Giac 1:5-7) Questo brano ci insegna l'importanza della fede. Chiaramente, dobbiamo ricordare le altre verità che abbiamo visto. Se prego qualcosa che non è secondo la volontà di Dio, posso avere la fede più grande del mondo, ma Dio non mi risponderà. Però, dall'altro lato, quando preghiamo secondo la volontà di Dio, è importante avere fede in Dio. Così, Dio viene glorificato, e noi saremo edificati. La Preghiera fatta con egoismo Abbiamo già menzionato prima che Dio non risponde alle preghiere fatte con egoismo, cioè, alle preghiere attraverso le quali vogliamo ottenere qualcosa NON per la gloria di Dio, ma perché è il nostro desiderio. Questo è ciò che ci dice Giacomo 4, quando parla delle preghiere fatte per spendere nei piaceri. Dobbiamo pregare, invece, per la gloria di Dio. Come conoscere la volontà di Gesù Visto che la preghiera che Dio esaudisce è quella preghiera fatta secondo la sua volontà, come possiamo sapere qual'è la volontà di Dio? Dio ci ha già rivelato molto della sua volontà, e ci insegna anche il modo in cui pregare quando non la conosciamo. Prima di tutto, come dobbiamo pregare quando non siamo sicuri della volontà di Dio? Sappiamo quasi sempre quello che vorremmo noi, ma come dobbiamo pregare quando non siamo sicuri della volontà di Dio? Gesù stesso ci dà un esempio di come pregare in questi casi in Matt. 26:39; Marco 14:36; Luca 22:42. Leggo da Matteo. “E, andato un po’ più avanti, si gettò con la faccia a terra, pregando, e dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non come voglio io, ma come tu vuoi».” (Mat 26:39) Nella sua umanità, Gesù non voleva affrontare la sofferenza che sapeva di dover subire sulla croce. Però, il suo desiderio più forte rispetto al non voler subire quelle sofferenze, fu quello di voler fare la volontà del Padre. Quindi, ha esposto a Dio il suo desiderio, ma chiese che fosse fatta la volontà di Dio. Ed è così che anche noi dobbiamo pregare, quando non conosciamo con certezza la volontà di Dio in una certa situazione. Certamente possiamo portare tutti i nostri pesi a Dio, e anche dirGli quello che sarebbe il nostro desiderio, però poi dobbiamo confidare nella sua perfetta saggezza, e chiedere che sia fatta la Sua volontà. Conclusione La preghiera è una parte essenziale della vita cristiana e della nostra crescita. La preghiera è la nostra comunicazione con Dio, mentre lo studio della Bibbia è ascoltare Dio che ci parla. E importante pregare, però, è importante pregare nel modo che Dio stabilisce, per le cose giuste. L'unico vero accesso a Dio che abbiamo è quello per mezzo di Gesù, per merito di Cristo. Non solo, ma dobbiamo pregare secondo la SUA volontà, non secondo la nostra. Quando non siamo sicuri della volontà di Dio, è importante accettare la sua volontà, anche se è il contrario di quello che vorremmo noi. Infatti noi non sappiamo qual è la cosa migliore. Dobbiamo avere fede che la volontà di Dio è la cosa perfetta, anche se non siamo in grado di capire tutto quello che Dio sta facendo. Preghiamo, chiedendo che la volontà perfetta di Dio sia fatta! Preghiamo poi con fede, fede che Dio ci ascolta e ci esaudisce sempre, secondo la sua perfetta volontà. Non dimentichiamo che la preghiera non serve solo per fare richieste a Dio. Anche il ringraziamento ne è una parte molto importante. Inoltre, la preghiera serve anche per confessare i nostri peccati. E serve poi principalmente per chiedere che Dio sia glorificato. Le nostre richieste dovrebbero sempre essere per la gloria di Dio. Oh che possiamo diventare un popolo che prega sempre di più, non vedendo Dio come un servo celeste che esiste per darci quello che vogliamo noi, ma essendo spinti dal desiderio di vedere il nostro grande Dio glorificato! La nostra vera gioia, quella che ci riempirà per tutta l'eternità, consisterà nel vedere Dio glorificato. Quindi, che la gloria di Dio sia il desiderio del nostro cuore! Marco deFelice "Questa è la fiducia che abbiamo in lui: che se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce. Se sappiamo che egli ci esaudisce in ciò che gli chiediamo, noi sappiamo di aver le cose che gli abbiamo chieste" (1 Giovanni 5:14-15) «Ti è piaciuto questo articolo? Non perderti i post futuri seguendoci»

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domenica 14 febbraio 2016
Consapevoli nella Parola

La cittadinanza di Israele

menorah

Legge e grazia: la grazia del Messia, sommo sacerdote, e il suo regno di giustizia. 

La doppia unzione dai due olivi: i due testimoni di Zaccaria 4 e Apocalisse 11; le luci delle due candele di sabbath ; i due offici del Messia come sommo sacerdote e re nell’ordine di Melchisedec (vedi Salmo 110:1-4)

[In questo articolo l’autore utilizza il termine “Commonwealth”, un concetto tutto anglosassone, per sottolineare l’idealità del regno di Israele, cioè il regno del Messia come “congregazione di Israele” e differenziarlo dal più comune concetto terreno di “stato” nazionale, ndt].
Due olivi forniscono l’olio per la menorah, che è il vero emblema di Israele, indicando la doppia unzione del Messia, sommo sacerdote e re di Salem nell’ordine di Melchisedec.
Sembra che il ruolo principale della chiesa sia il vangelo della grazia e il peso principale della casa reale di Giuda, in Israele, sia la legge di Dio. Attualmente, questi due gruppi non si apprezzano né si comprendono molto bene reciprocamente. Questo fatto è destinato a cambiare in futuro? Sicuramente! I credenti cristiani non apprezzano molto la legge di Dio al momento. Sono inclini a bollarla come “legge di Mosè” e ad insistere con il fatto che essa è stata ormai “abolita”. Quindi si rivolgono esclusivamente alla grazia. Dopotutto, è questa che Dio ci ha fornito, nella sua misericordia, o no?
Però qui giace il problema. Il concetto di “grazia”, nella mentalità di molti, si trova fin troppo in prossimità della totale mancanza di legge. Molte persone che si definiscono cristiane vengono spinte ad una vita priva di Dio dalla mera dialettica hegeliana e scivolano lungo il sentiero della distruzione. Come leggiamo nel Salmo 2, l’indulgenza verso il peccato è proprio quello che i pagani gentili vorrebbero. E, se ci guardiamo intorno, vediamo che la chiesa occidentale di oggi sta diventando sempre più accomodante nei riguardi del catastrofico declino morale che avanza.
Ma il Dio dei cristiani è il Santo di Israele. È il Dio della giustizia. La sua legge, la sua Torah, è parte integrante del suo piano divino. Il profeta Geremia parlò del nuovo patto e sembra che in esso la legge non venga affatto “abolita”. Egli dichiara chiaramente che, con il progresso della storia sacra, la legge è destinata ad essere scritta nei cuori (Geremia 31:31-33).
La legge comprende l’unzione di un re che porterà avanti un giusto regno: il regno di YHVH-Dio è un trono di giustizia. Egli stabilisce e fonda la sua legge nel cuore del suo popolo attraverso la persona di Cristo. Ma questo è solo l’inizio. Il futuro millennio del Messia vedrà il regno andare oltre i confini della città santa, Gerusalemme. Sia l’unzione della legge nel ruolo di re, che quella della grazia nel ruolo di sommo sacerdote, appartengono al nostro Messia, che regnerà come sacerdote-re nell’ordine di Melchisedec. Il Messia stesso rappresenterà la perfetta unione dei due offici ed è proprio questa unione che determinerà tale doppia unzione, che sarà a sua volta la base per il risveglio degli ultimi tempi, mirante alla restaurazione delle dodici tribù di Israele.
Questa doppia unzione è al momento divisa. La porzione del regno dell’unzione messianica, nell’ordine di Melchisedec, è attualmente separata dalla chiesa e posta per la gran parte nella casa di Israele. La porzione sacerdotale dell’unzione, invece, è nel vangelo e affidata ad un’entità che noi chiamiamo “la chiesa”. La parola “chiesa” significa “assemblea” e proviene dalla parola greca ekklesia, che vuol dire, semplicemente, “chiamati fuori”. Ma queste due parti hanno in comune un’unzione combinata, focalizzata sul Messia. Ed è in Lui che il giusto regno e il misericordioso sommo sacerdozio sono destinati a scorrere insieme, in perfetta armonia.
Così, quando avrà luogo la restaurazione effettiva di Israele, non si tratterà solo di una faccenda teologica. Questo rivivere e questa riunione sotto il Messia sarà la meraviglia delle meraviglie. Cambierà la storia di questo mondo per sempre. La restaurazione di Israele stabilirà la lungamente attesa “pace in terra agli uomini che Egli gradisce”.

Questa straordinaria sequenza di eventi, come avrà luogo?

Durante le nozze di Cana, il Messia mostra che Dio agisce in modo diverso dalle vie di questo mondo e riserva le cose migliori per la fine. Il Dio di Israele sta per svelare il completo mistero della cittadinanza di Israele e del suo eletto, unificato durante gli ultimi giorni. È una grossa impresa, ma Dio ha promesso nella sua Parola che compirà la restaurazione di Israele (Romani 11). Questo, chiaramente, non è ancora avvenuto, ma l’apice della storia arriverà presto o tardi e, in base all’unanime consenso delle Sacre Scritture, arriverà durante l’Apocalisse.
Entrambe le case di Israele saranno radunate “e così tutto Israele sarà salvato” (Romani 11).
Gesù pregò il Padre per questo, dicendo: “Io ho dato loro la gloria che tu hai data a me, affinché siano uno come noi siamo uno” (vedi Giovanni 17:20-22).
Il popolo eletto di Dio non sarà più in stato di divisione e contesa. Non ci saranno più due regni estranei, uno per la “legge” e uno per la “grazia”. Essi si uniranno nel Messia, così come, sia Mosè che l’apostolo Pietro hanno dichiarato. Essi diverranno un singolo, indivisibile, “sacerdozio regale e una nazione santa”.
La regalità del regno sarà applicata al sacerdozio e la santità del sacerdozio sarà applicata al regno: così la breccia di Geroboamo sarà sanata. I due gruppi che abbiamo oggi diverranno, secondo profezia, un unico popolo scelto ed eletto.
Come vediamo, il piano di Dio è lungi dall’essere compiuto. La lunga saga dei figli di Abramo va ancora avanti e un gran numero di elementi è ancora lì fuori, avvolto nel mistero. Ma la grande avventura di Dio è anche un romanzo divino che avrà l’apice nell’Apocalisse, in un’esplosione di gloria.

Siamo salvati e abbiamo il via libera per il paradiso. Apparteniamo alla chiesa, cioè alla “congregazione dei chiamati fuori”. Ma chiamati a cosa, da chi e, soprattutto, perché?

I cristiani occidentali sono indulgenti verso il mondo pagano. Essi ricevono i loro insegnamenti per lo più dalla chiesa dei mercanti. Siamo salvati e nati di nuovo. Molti di noi sono stati convinti che “Gesù l’ha già fatto” e che la loro salvezza è ormai stabilita e dunque non c’è più nulla da aggiungere, da parte della chiesa, prima che Cristo torni. E questo evento, essi credono, avverrà sette anni prima della fine di quest’era.
Come cristiani, siamo soddisfatti. Andiamo in chiesa la domenica e inseguiamo la nostra felicità personale il resto della settimana, avendo relativamente poche preoccupazioni. Abbiamo il biglietto per il paradiso in tasca e le valige pronte per un convenientissimo "rapimento", stranamente scollegato dalla resurrezione dei giusti. Ci hanno insegnato che il treno per la gloria potrebbe passare a prenderci in “qualsiasi momento”. Non dobbiamo fare più nulla per quanto riguarda il patto eterno.
Noi crediamo in tutto ciò che ci viene insegnato e la gran parte di noi non si premura di controllarlo nella Bibbia. Come pecore, siamo guidati soprattutto dalla pressione dei nostri pari. Crediamo che “tutto è sistemato” e non ci sia bisogno di preparazione, né pazienza o forza, per sopportare fino alla fine la tribolazione. La Pax Americana ha preparato la storia per il trionfo della cristianità, che si prepara a ricevere fin da ora la sua ricompensa, in “qualunque momento”. La nostra dipartita tramite il rapimento è “imminente”, come pure l’apice della storia sacra. Quando l’ultima tromba suonerà, e molti credono che ciò accadrà all’inizio degli ultimi sette anni di quest’era, noi saremo, come ci viene detto, “fuori dai giochi”!
Tutto ciò suona bene, ma fermiamoci un momento a riflettere. Noi apparteniamo alla chiesa, cioè alla “congregazione dei chiamati fuori”. Chiamati a chi, da chi e perché? Che vi sia un’altra storia, un’altra strada che si snoda al di là della Pax Americana? C’è dell’altro, oltre a ciò che ci hanno insegnato, nell’essere un cristiano biblico?

Noi apparteniamo alla chiesa, che assume un ruolo sacerdotale presso Dio. Ma come si collegano i cristiani biblici al regno di Dio? E come dobbiamo chiamare la politica del regno della fine dei tempi?

Come cristiani, apparteniamo al regno di Dio. Ma esso è una “faccenda” solo inerente la chiesa? E se fossimo stati chiamati a gestire altri “affari” del regno prima del nostro rapimento? Apparteniamo, allora, a una compagnia più ampia di quel che pensiamo? E la congregazione di Israele? E il suo Stato? L’apostolo Paolo parla della fine di quest’ultimo in Efesini 2:12-13.
Il Messia sarà stabilito nei cuori umani di tutti attraverso il vangelo. Eppure si verificano eventi catastrofici e straordinari mutamenti nella storia mentre il suo regno si avvicina (Matteo 11:12). Il regno di Dio soffre e sopporta la violenza, che avanza mentre il Messia guida il suo popolo. Il suo nome, il nome del Messia che viene, è Perez, “Colui che fa breccia” (vedi Matteo 11:12 e, soprattutto, Michea 2:12-13). Allora, perché stiamo facendo le valige? Non è possibile che, come Ester, anche noi siamo stati “chiamati per tempi come questi”?
Non dobbiamo avere paura. Il treno per la gloria arriverà comunque a prenderci, senza tardare un minuto! Perciò fermiamoci un istante e riflettiamo in preghiera. Può essere che noi, cristiani biblici, abbiamo un ruolo vitale di testimoni, che dobbiamo ancora attuare, come popolo eletto di Dio? Se siamo noi la futura Sposa di Cristo su questa terra, è forse strano che come Sposa, e non come passiva concubina, siamo ora al bivio?
Le Sacre Scritture sono chiare, così come il messaggio. Yeshua-Gesù ci dice che noi siamo i suoi agenti. Che siamo stati “chiamati fuori” per essere dei testimoni davanti, e contro, re e principati (vedi Luca 21:12-19). Perciò, abbiamo o no una responsabilità precisa a cui ottemperare nella fine dei tempi? Cosa dichiara al riguardo il nostro  mandato? Non siamo stati forse “chiamati fuori” per correre la corsa fino alla linea di arrivo? Vediamo questo glorioso traguardo schiudersi per tutti i santi in Ebrei 12:1.
Abbiamo letto Apocalisse 7:9-17 e visto la grande moltitudine dei santi radunarsi davanti al gran trono di Dio. Essi hanno una forte connessione con Israele e sono mostrati nello stesso contesto e capitolo delle dodici tribù. Allora perché i nostri insegnanti ci dicono che i santi della tribolazione non appartengono alla chiesa? Queste persone hanno lavato le loro vesti nel sangue dell’Agnello e sono morte per la testimonianza. Allora perché non sarebbero degne di far parte della chiesa?
Questo atteggiamento della chiesa occidentale è assai stano. Alcune chiese sono contente di aprirsi a stili di vita neo-pagani come quello gay, eppure non vogliono ammettere nella chiesa i santi della tribolazione! Che cosa abbiamo che non va?
Il nostro Signore si siederà in giudizio, e quest’ultimo sarà riservato per prima cosa alla casa di Dio. È sempre stato così. Dio chiamerà alla sbarra i suoi testimoni e cercherà chi saprà testimoniare del suo Messia.
Se ci sarà davvero un’epica “testimonianza finale” dei santi, all’apertura del quinto sigillo, questo cosa comporterà per i freddi cristiani di Laodicea di quest’era?

La testimonianza dei cristiani davanti a re e principati e la nostra chiamata in Cristo, il Messia di Israele e futuro Re dei re nel regno millenario

L’Apocalisse è lo svelamento di Cristo, dove i misteri saranno risolti con l’arrivo all’apice dell’era. Giovanni venne rapito e portato in cielo, in un luogo nell’eternità chiamato “giorno del Signore”, e si vide davanti una visione spettacolare: una corte celeste presieduta da Dio. Egli è il sovrano regnante sul nostro cosmo. Giovanni vide i quattro cavalieri e i quattro sistemi politici terreni terminare la loro corsa al quinto sigillo. Dopodiché, Egli chiama i Suoi testimoni, i testimoni di Cristo, il Messia.
I santi della chiesa, la congregazione allargata di Israele, saranno dunque chiamati a recare la testimonianza in questo tempo? O tutto sarà gestito dai 144.000 ebrei neo-cristiani, come ci dicono i nostri insegnanti?
Gesù stesso disse ai suoi discepoli quello che stava per accadere nel discorso sul Monte degli Olivi e, insieme, diede anche degli ammonimenti personali. Ma a noi viene spesso insegnato che quel discorso di Gesù fosse rivolto “solo agli ebrei”. Non è questa, forse, disinformazione?
Ed ecco un’altra questione importante. Quand’è, esattamente, che scade il nostro mandato in Cristo? Dovremmo portarlo a far valutare da un avvocato per sapere a che punto saremo sciolti dall’impegno? E se vi fossero altre trombe prima dell’ultima? Sette anni prima, magari? Non dovremmo aprire le nostre Bibbie e controllare questo fatto di persona?
Siamo certi che la Bibbia ci riveli uno speciale rapimento della chiesa? Che alla chiesa venga riservato un trattamento di favore? Che ci parli di una glorificazione separata per i santi della chiesa e per quelli di Israele? O del fatto che alla chiesa sia concesso un rapimento precedente la settantesima settimana e i fatti seguenti siano relativi al solo Israele? Il nostro Dio, il Dio di Israele, presiede tutti e due gli eletti o solo uno? Vi sono due salvezze diverse nei cieli? Il Santo dei santi esercita forse una sporca e vile politica di apartheid?
L’apostolo Paolo ci dà la risposta in Efesini 2:12-13. Quando i credenti cristiani vengono salvati, essi entrano in intima comunione  con Cristo, che è il seme di Abramo (vedi Galati 3:29). E, sotto il Suo sangue, il seme di Israele, essi adottano una nuova identità nazionale, non secondo il DNA, ma come adozione spirituale, in Israele. Così, in Lui, coloro che sono salvati diventano “nuove creature”. Come tali, in Cristo, il seme di Abramo risiede in loro, dando vita all’uomo nuovo con un glorioso destino nel regno della vita eterna. In Cristo, essi ricevono una nuova identità spirituale, l’appartenenza ad una nuova casa spirituale e ad una nuova nazione, che si aggiunge all’identità nazionale che essi già hanno. Tutto ciò è dato da Cristo che risiede in loro, con la potenza dello Spirito Santo. È così che i credenti cristiani entrano nella cittadinanza di Israele.
Il fatto di avere due passaporti è ignoto a molto cristiani. Uno di essi è un mistero, ancora nascosto nella Parola di Dio, che essi finora non hanno conosciuto né potuto apprezzare. È il passaporto per il regno di Dio, una cittadinanza impartita spiritualmente che va oltre la nazione, la razza e la tribù. È una compagnia dalle molte bandiere e colori, come la veste che venne donata a Giuseppe da suo padre. La benedizione di Giacobbe a Giuseppe in Genesi 49:22 fu: “Giuseppe è un albero fruttifero, un albero fruttifero vicino ad una sorgente; i suoi rami si stendono sopra il muro”.
La cittadinanza nello Stato di Israele non è legata alla razza. Spesso accompagna lo scorrere del DNA nelle generazioni, specie nei tempi più antichi, ma dopo la Pentecoste le benedizioni di Israele si sono estese oltre i legami nazionali, così come il fiume Giordano rompe i suoi argini durante il tempo della raccolta. È vero che il promesso seme di donna di cui si parla nella Genesi è rintracciato storicamente lungo la linea di sangue di Abramo, Isacco e Giacobbe, ma quello fu solo l’inizio della storia.
La luce di Israele sulle nazioni, sta risplendendo ancor di più ora che ci si avvicina alla fine dell’era. Questo è ciò di cui parla Isaia (49:6). Le fonti della salvezza sono sgorgate nel nuovo patto portando acqua nel deserto e Israele sta benedicendo le nazioni come il Giordano erompe fuori dai suoi argini nelle terre circostanti.

Politica e religione alla fine dell’era: il vangelo del regno è svelato

Strano ma vero. Abbiamo questa falsa dicotomia sui due presunti diversi piani di salvezza e di resurrezione-rapimento: uno per Israele e uno per la chiesa. Ma Dio ha mai parlato di una cosa simile nelle sue Scritture? Ha mai detto che l’attuale divisione nel suo eletto andrà avanti nell’eternità? Dio non voglia che ci attardiamo ancora su un simile pensiero!
C’è solo un unico patto eterno e un singolo eletto e prescelto popolo. C’è una sola compagnia, composta da persone provenienti da tutte le nazioni, razze e tribù, inclusa la casa di Israele. Tutti costoro, da entrambi i lati del Calvario, i giusti vivi e morti, risorgeranno in gloria alla fine di quest’era. Il patto eterno con Dio deve essere trovato in un solo piano d salvezza. Che sia il giusto Abele, i santi della tribolazione, o qualunque persona si trovi nel mezzo, la salvezza viene solo dalla grazia mediante la fede nel sangue espiatorio dell’Agnello promesso di Israele.
Dopo la salvezza, alla fine realizzeremo che siamo in un patto eterno con il nostro Messia ebreo. Ma questo è solo l’inizio. Una enorme epifania attende i santi di Dio comprati dal sangue, che attualmente si considerano “cristiani gentili”. Tale dicitura significa, letteralmente, “pagani dell’Unto” ed è, di fatto, una contraddizione in termini. Questa verità apparirà, alla fine, ai cristiani nati di nuovo come un’onda collettiva e ciò accadrà quando i principi di questo mondo, in cui essi credono, si rivolteranno contro di loro, così come Gomer venne abbandonata e maltrattata dai suoi amanti. Quest’onda di comprensione spazzerà la chiesa all’inizio della settantesima settimana e delle prove degli ultimi giorni. Finalmente realizzeremo che apparteniamo allo Stato o cittadinanza di Israele, fatto del quale molti cristiani sono, tuttora, allo scuro. Perché?
Sappiamo che i principati e le potestà angeliche sono le gerarchie nascoste che dirigono i passi dei re, dei presidenti, dei mercanti, dei banchieri, degli idoli hollywoodiani e anche della chiesa di stato. Essi e le persone profane di questo mondo non amano Israele né gioiscono all’idea di un Messia ebreo-cristiano che torni a rovinare la loro festa di peccato. I re insistono nel conferire la loro lealtà ad essi soltanto e non ammettono nemmeno per un istante l’identità di Israele.
Ovviamente, i re e i principati di questo mondo permettono un minimo grado di ritualismo religioso nei loro regni e pagano degli ecclesiastici assunti apposta perché rendano loro conto e tengano sotto controllo qualunque risveglio, riforma o revival dei cristiani. La storia del cristianesimo occidentale è molto chiara. I re non vogliono vedere i loro sudditi essere leali nei confronti di altri regni, anche di quello del Re dei re! Per loro questo è troppo e, ai loro occhi, tale “entusiasmo” o “fanatismo religioso” equivale a slealtà o addirittura tradimento nei loro confronti. William Tyndale scoprì queste cose, come fecero molti altri santi e martiri che finirono bruciati sul rogo.
Ma perché i nostri capi di chiesa sono così soggetti a queste influenze del mondo? Di certo questi uomini di chiesa sono più che semplici agenti religiosi assunti da re, mercanti e simili. Perché la segretezza? Perché i cristiani non possono sapere della loro vitale connessione con Israele tramite il Messia? Esiste una “correttezza ecclesiastica”? E chi è che ne tiene le fila? Stiamo forse vedendo solo un’altra parte del più ampio mosaico globale di “correttezza politica”? Questa “cospirazione del silenzio” è forse parte della cospirazione tramata dalle nazioni di cui canta il re Davide nel suo Salmo? È forse l’antisemitismo che alimenta questa negazione teologica e getta un’ombra sulla verità?
Per fare un esempio. Dov’è posta l’israelologia nell’ambito dei vari settori della teologia sistematica? Esiste?
Senza dubbio le potenze mondiali, angeliche e umane, disprezzano e temono la venuta del Messia di Israele. E così il loro atteggiamento, man mano che il tempo si avvicina, non è inaspettato. Essi si sollevano contro di Lui. Quando non ottengono ciò che vogliono con l’ira, essi adottano la strategia di Fabiano, un generale romano che sceglieva il regno che doveva essere abbattuto e si accampava in silenzio alle porte delle sue città. Lì iniziava un “dialogo” con cui tentava di influenzare il commercio e le notizie che arrivavano alla popolazione. Questo è il metodo che le potenze delle tenebre adottano per infiltrarsi nella chiesa. Con esso, riescono a manovrare le informazioni e le comunicazioni delle persone all’interno e, sopra ogni cosa, essi cospirano contro il messaggio del ritorno di Cristo. Essi cercano di bloccare, diluire e distorcere la Parola di Dio e la verità relativa alla seconda venuta e all’unificazione dei santi nello Stato di Israele (congregazione o cittadinanza di Israele). Questo è ciò che chiamiamo disinformazione.
I principati e le potestà sono la chiave per comprendere queste cose. Questi regnanti angelici hanno un sacro terrore della venuta del Messia e i pagani, le nazioni gentili, sono sotto il loro controllo (vedi Salmo 2).
Ci troviamo in una grande, mondiale, cospirazione ecumenica di “chiesa e stato”, contro il Messia e il suo popolo eletto. Il loro piano principale sembra essere questo: da un lato bloccare i nostri fratelli ebrei dal riconoscere il Messia e non far rendere loro conto che Egli è già venuto una prima volta come servo sofferente, circa duemila anni fa (vedi Isaia 53); dall’altro lato, bloccare i cristiani dal riconoscere la loro responsabilità ed identità nello Stato di Israele (congregazione o cittadinanza di Israele).

Il travaglio della “donna vestita di sole” e l’identità della chiesa della fine dei tempi in Israele

Il libro dell’Apocalisse è la storia di due donne, due gruppi di persone che affermano di conoscere Dio. Giovanni vide la prostituta di Apocalisse 17 e la “donna vestita di sole” del capitolo 12, con le dodici stelle di Israele sulla sua corona. La prima siede come una regina, dicendo: “Io non vedrò sofferenza”; l’altra è in travaglio mentre è avvolta dalla gloria del Padre. Queste due sono i personaggi principali che vediamo sul palco della futura storia sacra.
L’Apocalisse è anche una corte celeste che sarà presieduta, negli ultimi giorni, da Dio. Egli chiamerà i suoi testimoni e alcuni si presenteranno, mentre altri si troveranno a “combattere il sistema” o a nascondersi nelle caverne. I principati e le potestà sanno tutto di questa finale testimonianza dei santi e del fatto che, quando avrà luogo, sarà la loro fine. Per questo tentano di ingannare i cristiani e di tenerli allo scuro sulla loro chiamata in Cristo.
Il profeta Zaccaria ci dice che ci sarà un pentimento nazionale e una salvezza generale della nazione ebraica alla fine dei tempi (vedi Zaccaria 12:9-14). Come cristiani evangelici, spesso pensiamo ai nostri fratelli ebrei e alla loro “parziale cecità” riguardo all’identità del Messia (Romani 11).
Ma un momento! Se la parziale cecità ha colpito Israele e se noi, credenti cristiani, siamo parte dello Stato di Israele e non lo sappiamo, cosa si deve dire di noi stessi? Noi siamo sotto il sangue del Messia di Israele e, in base ad Efesini 2:11-13, siamo nello Stato, nella cittadinanza e nella congregazione di Israele. E non siamo anche noi in stato di “parziale cecità”?
Certo, siamo sotto un incantesimo, soggetti ad una profonda e duratura stregoneria religiosa. Perché non possiamo vedere la nostra vitale connessione con Israele? Siamo certo affetti da amnesia e abbiamo dimenticato a chi apparteniamo. Perché, a dispetto di tutte le evidenze bibliche, siamo così decisamente ciechi di fronte alle nostre radici ebraiche? Le nostre radici spirituali in Israele sono un dato di fatto. Abbiamo visto lo Spirito Santo inondare Israele e il vangelo raggiungere i pagani gentili dal giorno di Pentecoste. Senza contare che le radici familiari di molti occidentali affondano, di fatto, nelle dieci tribù disperse di Israele.
Perciò qual è il problema? Anche noi cristiani siamo affetti da cecità parziale?
Cosa significa realmente la nostra identificazione di cristiani nello Stato di Israele? Ci definiamo cristiani di ogni nazione, sappiamo che siamo sotto il nostro Messia ebreo della casa di Davide, il “leone della tribù di Giuda”, ma che ne è della nostra identificazione con la cittadinanza di Israele?

La chiesa, l’identità nazionale e lo Stato di Israele

Qui sta la domanda cruciale. Nell’identificare noi stessi, come cristiani, con Israele, non ci rendiamo troppo poco patriottici nei confronti della nostra nazione?
Ecco la realtà sulla cristianità occidentale. Dal Concilio di Nicea, nel IV secolo, le nazioni occidentali hanno combattuto e versato sangue per “Dio e la patria”. Per millesettecento anni il Dio della cristianità occidentale non è mai stato messo in questione: Egli è il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe. Perciò anche sotto la persecuzione, la nostra devozione di cristiani alla nostra patria resta ferma. La devozione di tutte le nazioni, pagane e non, è dovuta a Lui.
Perciò in Cristo, il Messia di Israele, la nostra identità nazionale non è in questione. Nella chiesa, la congregazione di Israele, conosceremo un potere sovrano più grande di quanto si sia mai visto. E nello studio della storia scopriamo che Egli è Colui che ha dato alla nostra nazione qualunque gloria abbia mai raggiunto. Perciò se la nostra nazione, attualmente sottoposta ai principati di questo mondo, ci portasse in tribunale come testimoni nella tribolazione, come risponderemmo? Fuggiremmo via? Se la nostra testimonianza di Gesù Cristo ci causerà sofferenza davanti ai magistrati, sarà una “beata sofferenza”, perché la nostra testimonianza del Dio di Israele non sarà invano. Attraverso essa, Dio sta chiamando le nazioni ad un livello più alto. E noi stessi, come credenti cristiani, siamo “chiamati fuori” all’impegno del patto di sangue. Questo è vero patriottismo: portare la nostra nazione ad un livello più alto e a una maggior gloria!
Stiamo parlando degli ultimi giorni, dove il “vangelo del regno” viene predicato, nel libro dell’Apocalisse. Il Signore Gesù (Yeshua Hamashiach) è il nostro sovrano supremo, il Messia. Ricordate che ogni volta che il Messia di Handel veniva suonato in Europa, tutti i re e i nobili si alzavano in piedi!
Perciò, come credenti cristiani noi siamo collegati ad Israele e, di certo, non siamo chiamati a ripetere le sanguinose azioni delle crociate. Piuttosto, siamo chiamati ad essere testimoni del Messia che viene. Questa è l’essenza del nuovo patto di cui parla Geremia (vedi Geremia 31:31-33).
La nostra testimonianza degli ultimi tempi, sarà la prova della legge scritta nei cuori e la vera e pura cristianità del patto di sangue.

Storia futura, cambiamento e una nuova sovranità globale. Ci saranno prove e tribolazioni per Israele e la chiesa: un rapimento permetterà di evitarle?

Non importa se la storia sacra procede e noi vediamo un significativo conflitto mondiale coinvolgere il Medio Oriente. Le potenze mondiali, che si dividono i bottini, si divideranno forse la terra santa di Dio? E tenteranno anche di dividersi la città santa? Se voleranno dei missili nucleari, il mondo sarà gettato nel panico. Ma il nostro orgoglio nazionale sarà forse criticato come politica del sangue e della vergogna? E in questa atmosfera di paura e rabbia, le nazioni occidentali saranno convinte a cedere la loro sovranità? Porteremo i nostri standard a quelli di un nuovo ordine mondiale e di un pacificatore globale che promette “pace e sicurezza”?
E se ci risvegliassimo, in un ignoto futuro, al suono delle trombe? Come reagiremmo se scoprissimo che siamo andati oltre l’attuale schermo protettivo della Pax Americana? E se i sette anni del “patto con molti” ci portassero dritti in un nuovo ordine mondiale? Ci guarderemmo intorno dandoci dei pizzicotti e ci renderemmo conto di non essere stati rapiti.
E allora?
Siamo preparati a questo? Abbiamo l’olio per le nostre lampade, per opporci alla notte che viene? Ci siamo preparati nella devozione e nello Spirito Santo per un eventuale e più tardo rapimento post-tribolazione? Possiamo affrontare questa possibilità a testa alta? I nostri ministri ci hanno dato qualche avviso di queste cose? Ci hanno detto che sarebbe meglio che preparassimo i nostri cuori per la testimonianza durante la futura persecuzione?

La cittadinanza di Israele e la nostra chiamata alla testimonianza, negli ultimi sette anni di quest’era, sotto la doppia unzione di Giuseppe e Giuda

Stiamo ascoltando? E come risponderemo? Stiamo unendo i punti? Oppure siamo ancora legati ai nostri schemi?
“Questo messaggio di avviso ed esortazione alla preparazione spirituale per la testimonianza della fine dei tempi riguarda solo gli ebrei”…
“Questa è roba da Vecchio Testamento”…
“Ci troviamo in una diversa dispensazione”…
“Noi siamo la chiesa del Nuovo Testamento”…
“La preparazione riguarda le opere, noi siamo il popolo della grazia”…
Cari santi, potremmo essere in grave errore e non sappiamo quanto tempo ci rimane prima che giunga la prova. Perciò è adesso il tempo di dare un serio sguardo al nostro comportamento di testimoni cristiani. Dio ci sta dando tempo per una riflessione pacifica e per la preparazione nello Spirito Santo. E quel tempo è ora!
Un vero pastore sa che le pecore bevono solo acqua pura. Dio ci ha dato questo tempo di pace per uno scopo. Questo è il momento di abbandonare il perseguimento dei nostri piaceri e delle cose materiali. È il momento di lasciarci guidare in silenzio nel profondo del cuore dal Pastore e sentire la Sua voce (vedi Giovanni 10:3-4). Un giorno buio e nuvoloso sta arrivando (vedi Ezechiele 34:12) e i veri credenti avranno bisogno di stare molto vicini al pastore di Israele.
Uniamoci all’apostolo Paolo e confermiamo la nostra fede fino alla fine.
 “È anche per questo motivo che soffro queste cose;
ma non me ne vergogno,
perché so in chi ho creduto,
e sono convinto che egli ha il poter e
di custodire il mio deposito
fino a quel giorno”.
(2 Timoteo 1:12)
 La strada per la santificazione conduce sempre avanti e in alto, verso le porte di splendore.
Grazia e pace siano con tutti i santi.

di Gavin Finley
Per gentile concessione di Sequenza Profetica

"Io ho anche delle altre pecore che non sono di quest'ovile; anche quelle io devo raccogliere, ed esse ascolteranno la mia voce, e vi sarà un solo gregge e un solo pastore."
(Giovanni 10:16)

"L'Eterno, il loro DIO, li salverà in quel giorno, come il gregge del suo popolo, perché saranno come le pietre preziose di una corona, che saranno innalzate come una bandiera sulla sua terra.
(Zaccaria 9:16)

Consapevoli nella Parola

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