L'umiltà una dote vincente | CONSAPEVOLI NELLA PAROLA

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    • Pregare nel nome di Gesù

      Uno degli aspetti più importanti della vita cristiana, ma allo stesso tempo, uno degli aspetti più fraintesi, è la preghiera. Come è vero che la preghiera è uno degli aspetti più importanti della vita cristiana, è altrettanto vero che è estremamente facile sbagliare grandemente in questo campo. Un errore è quello di non pregare abbastanza. È molto facile credere di non avere tempo di pregare. Questo è un ragionamento sbagliato, perché alla base di questa convinzione c'è il pensiero che non abbiamo veramente bisogno di Dio. Però, dall'altro estremo, uno può anche pregare tanto, ma pregare in modo sbagliato. Vogliamo esaminare alcuni brani della Bibbia che parlano della preghiera, affinché possiamo averne un concetto più conforme alla Bibbia. Se preghiamo a modo nostro, che però non è conformato alle verità che Dio ci ha lasciato nella Bibbia, le nostre preghiere possono essere inutili, o peggio ancora, possono essere un'offesa a Dio. Perciò, prestate molta attenzione alle verità che Dio ci insegna nella sua parola sulla preghiera. La Bibbia insegna che dobbiamo pregare al PADRE. Troviamo questo insegnamento ripetutamente, come anche quello che lo Spirito Santo prega per noi. Ma la verità che vogliamo considerare molto più a fondo in questo studio riguarda il fatto che dobbiamo pregare nel nome di Gesù Cristo. Consideriamo, molto attentamente, che cosa significa pregare nel nome di Gesù. Chi può pregare? La prima verità da capire quando consideriamo la preghiera è: chi ha diritto di pregare? Ovvero, chi può pregare, avendo la certezza biblica che Dio lo ascolterà? Chiaramente, oggi, come sempre, tante persone pregano. Ma il fatto che tante persone pregano non significa che vengono ascoltate da Dio. Secondo la Bibbia, sono coloro che hanno Gesù Cristo come Signore e Salvatore, e perciò come Sacerdote e Mediatore, che possono pregare. Per esempio, in Ebrei 4:14-16, che è stato scritto per coloro che hanno Cristo come Sacerdote e Signore, leggiamo che è per mezzo di Lui che abbiamo accesso al trono di Dio per essere soccorsi. Quindi, è per mezzo di Cristo che possiamo pregare. Chi è senza Cristo non ha questo libero accesso al trono di Dio. Leggiamo il brano. “14 Avendo dunque un grande sommo sacerdote che è passato attraverso i cieli, Gesù, il Figlio di Dio, stiamo fermi nella fede che professiamo. 15 Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, poiché egli è stato tentato come noi in ogni cosa, senza commettere peccato. 16 Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovar grazia ed essere soccorsi al momento opportuno.” (Ebr 4:14-16) Quindi, solamente chi è un vero figlio di Dio ha diritto di pregare. A CHI si deve pregare? Quando preghiamo, a chi dobbiamo rivolgere le nostre preghiere? E' giusto pregare solo a Dio Padre, o si dovrebbe pregare anche a Gesù e allo Spirito Santo? Cosa ne dice la Bibbia? In Matt. 6:9 Gesù ci insegna a pregare, e Lui ci dichiara chiaramente di pregare a Dio Padre. “Voi dunque pregate così: "Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome;” (Mat 6:9) In Giov. 16:23 Gesù parla della preghiera al Padre. “In quel giorno non mi rivolgerete alcuna domanda. In verità, in verità vi dico che qualsiasi cosa domanderete al Padre nel mio nome, egli ve la darà.” (Giov 16:23) La Bibbia ci insegna ripetutamente, sia con insegnamenti, sia con esempi, che dobbiamo pregare a Dio Padre. Allora, qual è il ruolo di Gesù e qual è quello dello Spirito Santo? Se dobbiamo pregare a Dio Padre, che ruolo hanno Gesù Cristo e lo Spirito Santo? Nel nome di Gesù Gesù ci ha insegnato di pregare nel suo nome. Fra poco esamineremo questo concetto. Lo Spirito Santo Per quanto riguarda lo Spirito Santo, non esiste alcuna preghiera nella Bibbia rivolta allo Spirito Santo, tranne una profezia in Ezechiele 37. Quindi, visto che non esiste alcuna preghiera rivolta allo Spirito Santo, è chiaro che non dobbiamo pregare a Lui. Ma qual è il suo ruolo? Lo Spirito Santo ha il ruolo di glorificare Cristo e di indicarci la giusta strada per giungere a questo fine. “Egli mi glorificherà perché prenderà del mio e ve lo annuncerà.” (Giov 16:14) Si può anche leggere Giov. 14:14-26. Quando un grande faro illumina un palazzo di notte, se fa un buon lavoro, non lo si nota neanche, ma si nota ed ammira solamente il palazzo. Similmente lo Spirito Santo è come il faro: ci aiuta a vedere ed ammirare la persona di Gesù Cristo. Inoltre, lo Spirito Santo, prega per noi aiutandoci nel nostro debole ed incerto modo di porgere le nostre preghiere, perché, Egli conosce Dio nel suo profondo. “26 Allo stesso modo ancora, lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché non sappiamo pregare come si conviene; ma lo Spirito intercede per noi con sospiri ineffabili; 27 e colui che esamina i cuori sa quale sia il desiderio dello Spirito, perché egli intercede per i santi secondo il volere di Dio.” (Rom 8:26-27) Che consolazione! Quindi, a chi dobbiamo pregare? Dobbiamo pregare a Dio Padre, nel nome di Gesù Cristo. per COSA si deve pregare? Per che cosa dobbiamo pregare? Possiamo pregare per qualsiasi cosa? Dio esaudisce ogni preghiera? È possibile chiedere qualsiasi cosa nel nome di Gesù, oppure, pregare nel nome di Gesù ci limita nelle nostre richieste? Chiaramente, nella carne, l'uomo prega per ottenere tutto quello che desidera. Prega per avere buona salute o per una guarigione, prega per avere successo negli affari, prega di superare gli esami a scuola, prega per avere sicurezza in viaggio, prega per un buon tempo durante le vacanze. Che cosa ne dice la Bibbia? Esaminiamo alcuni brani fondamentali sulla preghiera. Questi brani sono importanti per il loro insegnamento, ma spesso vengono presi fuori contesto ed interpretati male. Quando abbiamo un concetto sbagliato della preghiera, questo ci fa molto male spiritualmente. Giovanni 14 Consideriamo per primo il brano in Giovanni 14:12-14. Leggiamolo. “12 In verità, in verità vi dico che chi crede in me farà anch’egli le opere che faccio io; e ne farà di maggiori, perché io me ne vado al Padre; 13 e quello che chiederete nel mio nome, lo farò; affinché il Padre sia glorificato nel Figlio. 14 Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.” (Giov 14:12-14) Prima di esaminare con cura questi versetti, ricordiamoci che a volte siamo tutti tentati di voler far dire alla Bibbia quello che ci è comodo. Cioè, nella carne, abbiamo la tendenza di interpretare la Bibbia non in base a quello che è realmente scritto, ma in base a quello che ci è comodo. Quindi, dobbiamo sforzarci di dividere rettamente questo brano. Alcuni credenti, e purtroppo anche delle chiese intere, interpretano erroneamente questo brano dicendo che noi possiamo chiedere qualsiasi cosa che desideriamo nel nome di Gesù, e Dio sicuramente ci esaudirà. Questo implica che la frase “nel nome di Gesù” diventa quasi una formula magica che ci fa ottenere quello che vogliamo. Questa falsa interpretazione fa diventare Dio il nostro servo celeste, soggetto ad ubbidire alla nostra volontà. Chi insegna questa falsa interpretazione cita la parte del brano che dichiara: “quello che chiederete nel mio nome, io la farò”, come se tutto l'insegnamento fosse racchiuso lì. Chi crede a questa menzogna, pensa che se preghiamo qualcosa con cuore, Dio la farà. Questo è un pensiero molto falso, e molto pericoloso. Pensiamo a come una persona che crede a questa falsità potrebbe pregare in diverse situazioni. Immaginate un credente che lavora in proprio. La sua attività comincia ad andare molto male, e lui rischia di perdere tutto. Non solo, ma ha anche dei grossi debiti con la banca legati all'attività. Citando questo versetto, egli chiede a Dio di salvare la sua attività. Perciò questo credente è sicuro, visto che ha pregato nel nome di Gesù, che Dio salverà la sua ditta. In un secondo esempio, un credente ha un figlio adulto ribelle, lontano dal Signore. Il credente prega, citando questo versetto, e così è convinto che Dio salverà suo figlio. In un altro esempio, un credente ha un figlio con una grave malattia. Il credente, prega, e citando questo versetto, dichiara che è sicuro che Dio guarirà suo figlio, visto che è convinto che si può ottenere qualsiasi cosa se la si chiede a Dio nel nome di Gesù. In un altro esempio, un credente sta cercando di comprare una casa, e avendone trovato una che gli piace tantissimo, prega, chiedendo a Dio di operare in modo che il proprietario abbassi il prezzo abbastanza da permettergli di comprarla. È convinto che Dio opererà per fargli ottenere quella casa al prezzo che desidera. Senza andare ad analizzare questi esempi in dettaglio, considerate il principio che sta alla base di questo modo di pensare. Se fosse vero che possiamo chiedere a Dio qualsiasi cosa che desideriamo, avendo la certezza che Lui ci esaudirà solamente perché abbiamo citato la frase “nel nome di Gesù”, allora, Dio diventerebbe il nostro servo celeste, pronto ad esaudire ogni nostra richiesta. Dio sarebbe soggetto alla nostra volontà. Se è così, allora Gesù ha sbagliato quando ha insegnato il Padre Nostro, perché avrebbe dovuto insegnarci a pregare: “sia fatta la nostra volontà, non la Tua” Però, Dio NON è il nostro servo, e NON esiste per esaudire le nostre preghiere come vogliamo noi. Non dobbiamo pregare che la nostra volontà sia fatta, ma che la volontà di DIO sia fatta! Ci sono tante verità bibliche che ci aiutano a capire questo principio. Per esempio, leggiamo Matteo 26:39, quando Gesù era nel Giardino: “E, andato un po’ più avanti, si gettò con la faccia a terra, pregando, e dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non come voglio io, ma come tu vuoi».” (Mat 26:39) Gesù, nonostante i suoi diritti di Figlio di Dio, non chiese al Padre che cambiasse la sua volontà per esaudire la propria richiesta. Piuttosto, rese nota la sua richiesta al Padre, e poi, chiese che la volontà del Padre fosse fatta, non la sua. In Luca 22, Gesù stava preparando i discepoli per la sua morte. Egli spiegò a Pietro che sarebbe stato provato duramente. Notiamo che Gesù non chiese che Pietro potesse evitare la prova, pregò solamente per la fede di Pietro. Vi leggo. “31 «Simone, Simone, ecco, Satana ha chiesto di vagliarvi come si vaglia il grano; 32 ma io ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno; e tu, quando sarai convertito, fortifica i tuoi fratelli».” (Luca 22:31-32) Gesù NON ha chiesto che Dio gli togliesse la prova. In Apocalisse 2, Gesù sta parlando alle sette chiese. Notiamo quello che dichiara alla chiesa di Smirne. “8 «All’angelo della chiesa di Smirne scrivi: Queste cose dice il primo e l’ultimo, che fu morto e tornò in vita: 9 Io conosco la tua tribolazione, la tua povertà (tuttavia sei ricco) e le calunnie lanciate da quelli che dicono di essere Giudei e non lo sono, ma sono una sinagoga di Satana. 10 Non temere quello che avrai da soffrire; ecco, il diavolo sta per cacciare alcuni di voi in prigione, per mettervi alla prova, e avrete una tribolazione per dieci giorni. Sii fedele fino alla morte e io ti darò la corona della vita. 11 Chi ha orecchi ascolti ciò che che lo Spirito dice alle chiese. Chi vince non sarà colpito dalla morte seconda.” (Apo 2:8-11) Egli spiegò che vari credenti in questa chiesa sarebbero stati messi a morte per la loro fede. Possiamo presumere che questi credenti erano padri e madri, e avessero le loro famiglie. Però, è evidente che la volontà di Dio per loro era che morissero per la loro fede. Dal brano però comprendiamo che la morte fisica non era una sconfitta, perché poi Gesù dichiarò che se quei credenti fossero rimasti fedeli fino alla morte, avrebbe dato loro la corona della vita. Quindi, Dio aveva stabilito il suo piano per quei credenti, e nessuna loro preghiera avrebbe potuto cambiare il perfetto piano di Dio. Non dovevano pregare Dio affinché li salvasse dalla morte fisica, presumendo per di più che Dio li avrebbe esauditi. Infatti, Dio ha un piano perfetto, che è la SUA propria volontà, e Dio fa TUTTO secondo la decisione della Sua volontà. È importante capire questa verità basilare. Quello che Dio fa, lo fa secondo la decisione della Sua volontà. Leggiamo Efesini 1:11 “In lui siamo anche stati fatti eredi, essendo stati predestinati secondo il proposito di colui che compie ogni cosa secondo la decisione della propria volontà,” (Efe 1:11) Se le nostre preghiere potessero cambiare la volontà di Dio, il mondo non sarebbe stabile, Dio non sarebbe Dio, e nulla sarebbe sicuro. La volontà di Dio cambierebbe di minuto in minuto, in base alle diverse preghiere che Gli arrivano da tutto il mondo. Se le nostre preghiere potessero cambiare la volontà di Dio, per esempio, non sarebbe vero quello che è scritto nel Salmo 139:15,16 che riguarda il momento della nostra morte e di quella dei nostri cari. “15 Le mie ossa non ti erano nascoste, quando fui formato in segreto e intessuto nelle profondità della terra. 16 I tuoi occhi videro la massa informe del mio corpo e nel tuo libro erano tutti scritti i giorni che mi eran destinati, quando nessuno d’essi era sorto ancora.” (Sal 139:15-16) Se Dio ci desse qualunque cosa che Gli chiediamo, questo brano non sarebbe vero, perché tante persone, vedendo arrivare la morte, pregherebbero, chiedendoGli di guarire o di superare il pericolo, e in questo modo sarebbe stata fatta la loro volontà, non quella di Dio. Se fosse così la morte non dipenderebbe più dalla volontà di Dio, ma dalla volontà dell'uomo. Non arriverebbe più al momento stabilito nel libro di Dio, ma nel momento stabilito da noi. Ma non è così! Non è l'uomo che stabilisce quando morirà, come non è l'uomo che stabilisce quando un certo problema deve risolversi come vuole lui. È il Signore che opera tutte le cose secondo la decisione della Sua volontà! Per esempio, leggiamo in 1Samuele 2:6-8 “6 Il SIGNORE fa morire e fa vivere; fa scendere nel soggiorno dei morti e ne fa risalire. 7 Il SIGNORE fa impoverire e fa arricchire, egli abbassa e innalza. 8 Alza il misero dalla polvere e innalza il povero dal letame, per farli sedere con i nobili, per farli eredi di un trono di gloria; poiché le colonne della terra sono del SIGNORE e su queste ha poggiato il mondo.” (1Sam 2:6-8) E' il Signore che determina le cose, tramite le nostre preghiere, non noi! Allora, qual è il senso di Giovanni 14:13, quando Gesù dichiara:    “e quello che chiederete nel mio nome, lo farò” (Giov 14:13)? Per capire bene questa verità, dobbiamo leggere non solo questa frase, ma tutto il suo contesto. Cosa significa “nel mio nome”? Dobbiamo capire il senso della frase, “nel mio nome”. Dobbiamo anche capire il motivo che ci spinge a pregare nel nome di Gesù. Gesù stesso ci spiega questa motivazione. Infine, dobbiamo capire altre condizioni che la Bibbia ci dà per poter pregare. Molto spesso, un brano non insegna tutta la verità biblica di un certo argomento, e deve essere considerato insieme ad altri brani. Quindi, qual è il senso della frase: “nel mio nome?” Chiedere “nel nome di Gesù” non è una formula magica che, aggiunta ad una preghiera, costringe Dio ad esaudirci. A quel punto, Dio sarebbe il nostro servo, e noi saremo i sovrani. Ma non è così! Pregare “nel nome di Gesù” non è una frase che si aggiunge a qualsiasi preghiera, per garantire che Dio farà come Gli abbiamo chiesto. Invece significa almeno due cose: 1. chiedere per i Suoi meriti Prima di tutto, pregare nel nome di Gesù significa pregare per i Suoi meriti, riconoscendo che noi non ne abbiamo. Nessun di noi merita alcuna cosa buona da Dio. Quindi, dobbiamo chiedere per i meriti di Gesù. Se chiedo un favore al mio migliore amico, lo chiedo nel mio proprio nome, cioè riconoscendomi degno, visto che sono il SUO migliore amico, che mi venga fatto questo favore. Però, se devo chiedere un grande favore all'amico del mio amico, che non conosco personalmente, so di non meritare da lui nulla (visto che non mi conosce), e perciò, non gli chiedo nel mio nome, ma gli chiedo nel nome del mio amico. Allora, chiedere nel nome di Gesù necessariamente implica un cuore umile. Chi chiede nel nome di Gesù SA che, per conto suo, non merita nulla da Dio. Perciò, questa consapevolezza della propria insufficienza cambia anche la richiesta stessa. Infatti chi sa di non aver nessun merito, non pretende nulla, e non considera Dio come Colui che esiste per esaudire i nostri desideri. Sa che Dio è sovrano, e va ai piedi di Dio umilmente, pronto ad essere sottomesso alla Sua volontà. Tutti questi sono aspetti del pregare nel nome di Gesù. 2. chiedere secondo la volontà di Gesù Dobbiamo però considerare anche una seconda verità estremamente importante nel fatto di chiedere nel nome di Gesù. Chiedere nel nome di Gesù significa anche chiedere secondo la Sua volontà, non la nostra. È importantissimo capire questo principio. Ripeto: chiedere nel nome di Gesù significa chiedere secondo la SUA volontà, non la nostra. Un soldato semplice, che porta gli ordini dati dal comandante agli altri, chiede nel nome del comandante. Non chiede quello che vuole lui, chiede quello che è la volontà del comandante. Infatti, se dovesse chiedere quello che vuole lui, usando il nome del comandante per ottenerla, sarebbe colpevole di un grave reato. In 1Giovanni 5:14,15, leggiamo una chiara spiegazione di quali sono le preghiere che Dio esaudirà. Leggiamo. “14 Questa è la fiducia che abbiamo in lui: che se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce. 15 Se sappiamo che egli ci esaudisce in ciò che gli chiediamo, noi sappiamo di aver le cose che gli abbiamo chieste.” (1Giov 5:14-15) Avete notato la frase: “se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce”? Chiedere nel nome di Gesù DEVE essere secondo la SUA volontà, non la nostra. Quindi, se preghiamo per ottenere qualcosa che desideriamo tantissimo, ma se non è la volontà di Dio, non possiamo chiederla nel nome di Gesù. Se preghiamo per quello che vogliamo noi, e aggiungiamo le parole, “nel nome di Gesù”, siamo come i pagani, usando quelle parole come un talismano, cercando di controllare Dio. Quindi, ricordiamo che chiedere nel nome di Gesù significa chiedere con umiltà, sapendo di non meritare alcuna cosa buona da Dio, e questo atteggiamento ci aiuta ad accettare qualsiasi cosa che Egli ci darà. Significa anche chiedere secondo la volontà di Cristo, non seconda la nostra volontà. Affinché il Padre sia glorificato Allora, qual è il senso di Giovanni 14:12-14? Per capire correttamente questo brano, dobbiamo leggerlo tutto, e leggere anche il suo contesto. “12 In verità, in verità vi dico che chi crede in me farà anch’egli le opere che faccio io; e ne farà di maggiori, perché io me ne vado al Padre; 13 e quello che chiederete nel mio nome, lo farò; affinché il Padre sia glorificato nel Figlio. 14 Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.” (Giov 14:12-14) Notiamo che le richieste che facciamo qua sono legate al fare opere per la gloria di Dio, e infatti, il MOTIVO per cui Gesù ci esaudisce è per glorificare il Padre. Gesù non risponde ad ogni nostra richiesta. Risponde se la richiesta glorificherà il Padre. Infatti, in Giacomo 4:2-4 leggiamo: “2 Voi bramate e non avete; voi uccidete e invidiate e non potete ottenere; voi litigate e fate la guerra; non avete, perché non domandate; 3 domandate e non ricevete, perché domandate male per spendere nei vostri piaceri. 4 O gente adultera, non sapete che l’amicizia del mondo è inimicizia verso Dio? Chi dunque vuol essere amico del mondo si rende nemico di Dio.” (Giacomo 4:2-4) Non avete perché non domandate, ovvero, perché non pregate, e se domandate spesso non ricevete, perché domandate per spendere nei vostri piaceri. Quando chiediamo per ottenere quella che è la nostra volontà, Dio non risponde. Torniamo agli esempi che ho dato all'inizio di questo studio. Pensiamo all'uomo che lavora in proprio e la sua attività comincia ad andare molto male, e si ritrova con tanti debiti. Egli prega Dio affinché salvi la sua attività. Sta pregando affinché Dio risolva i suoi problemi. Non sta cercando la gloria di Dio. Nell'esempio del genitore che ha un figlio che spiritualmente cammina male (che è ribelle), quel credente chiaramente vuole che suo figlio sia salvato. È buono pregare per la salvezza dei nostri cari. Però, in un certo senso, quella preghiera può essere anche un frutto di egoismo, perché quel genitore non sta cercando per prima cosa la gloria di Dio. Non gli pesa il fatto che tanti altri genitori hanno figli ribelli. Egli vuole che SUO figlio sia salvato. Sta pensando, in fin dei conti, a se stesso. Poi ho fatto l'esempio del credente con il figlio con una grave malattia. Il genitore vuole che il figlio sia guarito, perché vuole il piacere di goderlo per tanti anni ancora. Però, nemmeno questa richiesta è cercare la gloria di Dio. È una preghiera per non dover subire la sofferenza della morte di una persona cara.    Poi c'era il credente che chiedeva l'intervento di Dio affinché potesse comprare la casa che gli piaceva tanto. Anche qua, il credente sta cercando di ottenere da Dio quello che sarebbe il suo gradimento. Non sta cercando in primo luogo la gloria di Dio. Quindi, non dobbiamo credere la terribile menzogna che basta pregare aggiungendo la frase “nel nome di Gesù” e possiamo essere sicuri che Dio ci darà quello che Gli chiediamo. Chiedere nel nome di Gesù significa chiedere che sia fatta la Sua volontà e significa anche farlo con un cuore umile, che quindi cerca non il proprio comodo, ma la gloria di Dio. Un brutto risultato Che cosa succede, quando uno crede la menzogna che Dio esaudirà qualsiasi sua richiesta? Quando Dio NON esaudisce quella preghiera, la fede di quel credente viene fortemente scossa. Egli sta molto male, e solitamente, o cade in grave depressione spirituale, oppure, si arrabbia con Dio. Perciò credendo a quella menzogna quel credente rimane deluso di Dio. Giov. 15:5-7,16 Quindi, è importante capire il senso vero dei principi di Giovanni 14. Per capire meglio questo discorso, esaminiamo qualche altro brano in cui Gesù parla della preghiera. Questi brani fanno parte del contesto di Giovanni 14. Giovanni 15:5-7 “5 Io sono la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro, porta molto frutto; perché senza di me non potete far nulla. 6 Se uno non dimora in me, è gettato via come il tralcio, e si secca; questi tralci si raccolgono, si gettano nel fuoco e si bruciano. 7 Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi, domandate quello che volete e vi sarà fatto.” (Giov 15:5-7) Qui, Gesù insegna che dobbiamo dimorare in Lui, e che lo scopo è affinché possiamo portare molto frutto. Poi, Egli dichiara che solamente se dimoriamo in Lui e se le sue parole dimorano in noi, sarà fatto quello che domandiamo. Questa è una condizione importantissima. “Dimorare in Cristo” significa essere in una condizione di umiltà, di santità di vita e di sottomissione alla sua volontà. Quando le parole di Cristo dimorano in noi, esse ci esortano a conoscere e a seguire la Parola di Dio. Quindi, non viviamo più per la nostra volontà, ma per la sua. Solamente se ci ritroviamo in questa condizione possiamo domandare a Dio quello che vogliamo e ci sarà fatto, perché significherà che domanderemo quella che è la volontà di Dio. Un altro versetto importante è Giovanni 15:16 “Non siete voi che avete scelto me, ma sono io che ho scelto voi, e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; affinché tutto quello che chiederete al Padre, nel mio nome, egli ve lo dia.” (Giov 15:16) Gesù risponde alle nostre preghiere quando servono per portare frutto che rimane in eterno. Ostacoli alle nostre preghiere È importante menzionare alcuni ostacoli alle nostre preghiere. L'orgoglio Una cosa che ostacola sempre la preghiere è l'orgoglio. Se abbiamo orgoglio, Dio si allontana da noi. “Il SIGNORE è vicino a quelli che hanno il cuore afflitto, salva gli umili di spirito.” (Sal 34:18) Quando abbiamo orgoglio non confessato, Dio resta lontano da noi. Possiamo fare bella figura davanti agli altri, possiamo apparire di essere zelanti, possiamo pregare tanto, ma sarà tutto inutile, tutto invano. Fino a quando non confessiamo il nostro orgoglio, Dio resterà lontano da noi. Mancanza di fede Un altro ostacolo alle nostre preghiere è la mancanza di fede, come leggiamo in Giacomo 1. “5 Se poi qualcuno di voi manca di saggezza, la chieda a Dio che dona a tutti generosamente senza rinfacciare, e gli sarà data. 6 Ma la chieda con fede, senza dubitare; perché chi dubita rassomiglia a un’onda del mare, agitata dal vento e spinta qua e là. 7 Un tale uomo non pensi di ricevere qualcosa dal Signore,” (Giac 1:5-7) Questo brano ci insegna l'importanza della fede. Chiaramente, dobbiamo ricordare le altre verità che abbiamo visto. Se prego qualcosa che non è secondo la volontà di Dio, posso avere la fede più grande del mondo, ma Dio non mi risponderà. Però, dall'altro lato, quando preghiamo secondo la volontà di Dio, è importante avere fede in Dio. Così, Dio viene glorificato, e noi saremo edificati. La Preghiera fatta con egoismo Abbiamo già menzionato prima che Dio non risponde alle preghiere fatte con egoismo, cioè, alle preghiere attraverso le quali vogliamo ottenere qualcosa NON per la gloria di Dio, ma perché è il nostro desiderio. Questo è ciò che ci dice Giacomo 4, quando parla delle preghiere fatte per spendere nei piaceri. Dobbiamo pregare, invece, per la gloria di Dio. Come conoscere la volontà di Gesù Visto che la preghiera che Dio esaudisce è quella preghiera fatta secondo la sua volontà, come possiamo sapere qual'è la volontà di Dio? Dio ci ha già rivelato molto della sua volontà, e ci insegna anche il modo in cui pregare quando non la conosciamo. Prima di tutto, come dobbiamo pregare quando non siamo sicuri della volontà di Dio? Sappiamo quasi sempre quello che vorremmo noi, ma come dobbiamo pregare quando non siamo sicuri della volontà di Dio? Gesù stesso ci dà un esempio di come pregare in questi casi in Matt. 26:39; Marco 14:36; Luca 22:42. Leggo da Matteo. “E, andato un po’ più avanti, si gettò con la faccia a terra, pregando, e dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non come voglio io, ma come tu vuoi».” (Mat 26:39) Nella sua umanità, Gesù non voleva affrontare la sofferenza che sapeva di dover subire sulla croce. Però, il suo desiderio più forte rispetto al non voler subire quelle sofferenze, fu quello di voler fare la volontà del Padre. Quindi, ha esposto a Dio il suo desiderio, ma chiese che fosse fatta la volontà di Dio. Ed è così che anche noi dobbiamo pregare, quando non conosciamo con certezza la volontà di Dio in una certa situazione. Certamente possiamo portare tutti i nostri pesi a Dio, e anche dirGli quello che sarebbe il nostro desiderio, però poi dobbiamo confidare nella sua perfetta saggezza, e chiedere che sia fatta la Sua volontà. Conclusione La preghiera è una parte essenziale della vita cristiana e della nostra crescita. La preghiera è la nostra comunicazione con Dio, mentre lo studio della Bibbia è ascoltare Dio che ci parla. E importante pregare, però, è importante pregare nel modo che Dio stabilisce, per le cose giuste. L'unico vero accesso a Dio che abbiamo è quello per mezzo di Gesù, per merito di Cristo. Non solo, ma dobbiamo pregare secondo la SUA volontà, non secondo la nostra. Quando non siamo sicuri della volontà di Dio, è importante accettare la sua volontà, anche se è il contrario di quello che vorremmo noi. Infatti noi non sappiamo qual è la cosa migliore. Dobbiamo avere fede che la volontà di Dio è la cosa perfetta, anche se non siamo in grado di capire tutto quello che Dio sta facendo. Preghiamo, chiedendo che la volontà perfetta di Dio sia fatta! Preghiamo poi con fede, fede che Dio ci ascolta e ci esaudisce sempre, secondo la sua perfetta volontà. Non dimentichiamo che la preghiera non serve solo per fare richieste a Dio. Anche il ringraziamento ne è una parte molto importante. Inoltre, la preghiera serve anche per confessare i nostri peccati. E serve poi principalmente per chiedere che Dio sia glorificato. Le nostre richieste dovrebbero sempre essere per la gloria di Dio. Oh che possiamo diventare un popolo che prega sempre di più, non vedendo Dio come un servo celeste che esiste per darci quello che vogliamo noi, ma essendo spinti dal desiderio di vedere il nostro grande Dio glorificato! La nostra vera gioia, quella che ci riempirà per tutta l'eternità, consisterà nel vedere Dio glorificato. Quindi, che la gloria di Dio sia il desiderio del nostro cuore! Marco deFelice "Questa è la fiducia che abbiamo in lui: che se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce. Se sappiamo che egli ci esaudisce in ciò che gli chiediamo, noi sappiamo di aver le cose che gli abbiamo chieste" (1 Giovanni 5:14-15) «Ti è piaciuto questo articolo? Non perderti i post futuri seguendoci»

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giovedì 14 ottobre 2010
Unknown

L'umiltà una dote vincente

umiltà
“Non colui che denigra se stesso è umile, ma colui che riceve con gioia le ingiurie, gli affronti e le critiche del prossimo”

Un termine impopolare

"... E tutti rivestitevi di umiltà gli uni verso gli altri, perché Dio resiste ai superbi, ma dà grazia agli umili. Umiliatevi dunque sotto la potente mano di Dio, affinché Egli vi innalzi a suo tempo; gettando su di Lui ogni vostra preoccupazione, perché Egli ha cura di voi" (1 Pietro 5:5-7)
 
Quando ad un grande santo venne chiesto quale secondo lui fosse la più importante virtù cristiana, egli rispose: l’umiltà. E la seconda? L’umiltà. E la terza? L’umiltà.
Siate umili... umiliatevi... umiltà: non esiste oggi virtù che sia più impopolare di questa. Un moto di orrore e di incredulità aveva colto una persona che conoscevo quando aveva udito le parole di un canto cristiano che dicono: "Umilia te stesso davanti a Dio". Nella nostra cultura moderna, infatti, umiliarsi è soltanto un concetto negativo, del tutto riprovevole e persino patologico! Com’è possibile, si osserva stupefatti, che l’umiliazione possa essere un atteggiamento positivo e lodevole? In un’epoca come la nostra, infatti, in cui si mette così tanto in evidenza la grandezza, la nobiltà, la dignità dell’essere umano, dove il valore più importante è l’affermazione di sé stessi, avere un alto concetto di sé stessi, non piegarsi di fronte a niente e a nessuno, "non lasciarsi calpestare", umiliarsi volontariamente è considerato qualcosa di aberrante. Si dice: "ha dovuto subire tante umiliazioni", oppure "non tollero umiliazioni di sorta". Da molti persino l’atteggiamento tipico della religione, cioè la preghiera e il senso di dipendenza da Dio, è visto come "umiliante", cioè qualcosa che degrada e che è lesivo della propria dignità. Non per nulla molti "si vergognano" a dare intendere di essere "religiosi".
Un semplice vocabolario della lingua italiana, però, dimostra, al contrario, che "umiliarsi" può essere qualcosa di molto sobrio ed onesto da parte nostra... Umiliarsi, secondo il vocabolario, significa infatti: "dichiarare apertamente i propri limiti, la propria inferiorità, i propri difetti; fare atto di sottomissione". Non volersi umiliare significa di fatto credere di essere onnipotenti, di potere agire senza limite alcuno, di essere superiori agli altri, di essere un "Dio in terra" che non deve sottomissione a niente ed a nessuno... in una parola, di essere degli intollerabili presuntuosi!
Andiamo avanti nella nostra ricerca su un semplice e comune vocabolario. L’aggettivo umile deriva dal latino humilis, che a sua volta proviene da humus cioè "terra", propriamente di chi è "terra terra". Questo aggettivo si riferisce a persona che, consapevole dei propri limiti, non si inorgoglisce né aspira a riconoscimenti, a lodi, a onori non dovuti; persona che di buon grado si sottomette all’autorità o al volere di chi oggettivamente gli è superiore. La persona umile è immune da ogni sentimento di orgoglio, è remissiva, sottomessa, pronta ad ubbidire a ciò che è giusto.
Umiliarsi significa così forse: degradarsi, ledere la propria dignità? Non necessariamente. Umiliarsi significa vedersi quali effettivamente noi siamo, ammettere onestamente i propri limiti, riconoscere un’autorità legittima al di sopra di noi e sottomettersi volentieri ad essa.

Il termine originale

La stessa "allergia" moderna all’umiltà la troviamo nel significato originale del termine greco usato dal nostro testo. Quando, infatti, la Parola di Dio, nel nostro testo ci esorta a rivestirci di umiltà gli uni verso gli altri e ad umiliarsi davanti a Dio, essa usa una famiglia di vocaboli collegati a tapeinós, da cui deriva il termine italiano "tapino", un termine letterario che designa chi è misero ed infelice, oppresso da continue tribolazioni, disgraziato, meschino, sventurato.
Tapeinós significa: essere situato in basso, socialmente in basso, povero, privo di potere e di posizione sociale, impotente, insignificante, servile, non libero, e persino scoraggiato ed abbattuto. Il verbo derivato presenta le accezioni di: abbassare, livellare, danneggiare, rendere inferiore in senso sociale, politico ed economico, indurre ad ubbidienza, a modestia, sottomettersi ad un ordinamento. Umile, secondo il pensiero greco è chi è ...pusillanime, debole e servile.

Un appello al realismo


Scopriamo dunque come quella che abbiamo definito come "allergia all’umiltà", non sia tanto un pensiero "moderno", ma una costante del carattere umano, dell’uomo che orgogliosamente si ritiene "signore e padrone" della propria vita, "Dio e legge a sé stesso".
Nel mondo greco, caratterizzato da una visione antropocentrica dell’uomo (dove cioè l’uomo è al centro di ogni cosa e dove pure le divinità non sono che proiezioni della natura umana), l’inferiorità è una vergogna da evitare, qualcosa che va superato, sia nel pensiero che nell’azione. Nella Bibbia, però, caratterizzata da un’immagine teocentrica dell’uomo (cioè che mette Dio al centro di ogni cosa, e non l’uomo), i termini riguardanti l’umiltà servono prevalentemente a designare il fatto per il quale l’uomo è indotto ad un adeguato rapporto con Dio e anche ad un adeguato e corretto rapporto con i suoi simili.
Quando la Parola di Dio, nel nostro testo ci esorta a rivestirci di umiltà gli uni verso gli altri e ad umiliarci davanti a Dio, e quando davanti a queste esortazioni sorge naturale la nostra ribellione e "scandalo" si rivela così la radicale contrapposizione fra due modi di vedere le cose, tra due "sovranità": la pretesa sovranità e grandezza dell’essere umano che vuole essere Dio a sé stesso e la legittima sovranità di Dio alla quale noi dobbiamo essere sottomessi in quanto siamo solo creature da Lui in tutto e per tutto dipendenti.
L’appello ad umiliarsi diventa così una denuncia senza compromessi della colpevole arroganza umana, esortazione ad avere un concetto sobrio, realista ed autentico di chi siamo, un’intimazione al ravvedimento. Per questo l’apostolo Paolo, nel riassumere il succo della sua missione, dice: "ho avvertito solennemente Giudei e Greci di ravvedersi davanti a Dio e di credere nel Signore nostro Gesù Cristo" (At. 20:21).
L’apostolo Giacomo similmente esorta: "Sottomettetevi dunque a Dio... avvicinatevi a Dio, ed egli si avvicinerà a voi. Pulite le vostre mani, o peccatori; e purificate i vostri cuori, o doppi d’animo! ... Umiliatevi davanti al Signore, ed egli vi innalzerà" (Gm. 4:7-10).

Le caratteristiche dell’umiltà

Sebbene l’orgoglio sia un peccato, l’umiltà, il suo opposto, non è tanto una virtù, ma una grazia, grazia che solo un rapporto autentico con Dio ci può conferire. Esaminiamo però quali siano le caratteristiche dell’umiltà a cui Dio ci chiama. 


1. Coscienza dell’essere dipendenti

 
 Se da una parte l’orgoglio, l’alterigia, l’arroganza, la presunzione, è quel sentimento che procede da un’eccessiva stima di sé stessi o poca o nessuna degli altri, l’umiltà consiste nell’avere una concezione realista di noi stessi, una concezione che corrisponda alla realtà dei fatti, come Dio ce l’ha rivelata. Si può dire così che l’orgoglio sia figlio dell’ignoranza o della cieca illusione e che l’umiltà sia frutto della conoscenza. L’orgoglio viene generato quando si crede ad una menzogna, come quella che si illude che l’uomo sia grande, libero, indipendente... l’altra è il sentimento prodotto dall’avere accolto la verità, la verità su noi stessi e la verità su Dio, quella che autorevolmente ci viene rivelata dalla Bibbia. L’umiltà può essere riferita sia al nostro rapporto con Dio che al nostro rapporto con gli altri: non si tratta però di due virtù, ma della stessa valutazione corretta della realtà dei fatti che ci porta a rapportarci in modo sobrio sia con Dio che con il nostro prossimo. L’umiltà consiste in un debito senso di dipendenza, l’orgoglio può solo esistere nel fantasticare una nostra presunta indipendenza.
Noi siamo esseri totalmente dipendenti. Ogni cosa che siamo ed abbiamo deriva da Dio: "Difatti, in lui viviamo, ci muoviamo, e siamo" (At. 17:28) dice la Scrittura. Se siamo umili, sarà per noi un pensiero consolante e non minaccioso il fatto che Dio abbia controllo illimitato su di noi, che a Lui dobbiamo tutto, e che indiscutibilmente Egli abbia diritto a condurre la nostra vita secondo il beneplacito della Sua volontà. Nell’adempimento dei suoi doveri, nella prosperità come nell’avversità, quando la vita le infonde un senso di insicurezza ed incertezza, o quando fa i suoi piani per il futuro, la persona umile non si affida al suo discernimento, né sulla sua forza, ma piuttosto confida nel Signore con tutto il suo cuore, Lo riconosce in tutte le sue vie e guarda a Lui affinché guidi ogni suo passo. L’apostolo Giacomo scrive:
"E ora a voi che dite: Oggi o domani andremo nella tal città, vi staremo un anno, trafficheremo e guadagneremo, mentre non sapete quel che succederà domani! Che cos’è infatti la vostra vita? Siete un vapore che appare per un istante e poi svanisce. Dovreste dire: Se Dio vuole, saremo in vita e faremo questo o quest’altro. Invece voi vi vantate con la vostra arroganza. Un tale vanto è cattivo" (Gm. 4:13-16).
Siamo però anche dipendenti, in modo subordinato, da tutte le altre creature. La società umana è un complesso ordinato di rapporti, c’è una stretta connessione fra tutte le sue parti, ed una costante dipendenza dell’una dall’altra. Umiltà è non disprezzare il contributo nemmeno di colui che riteniamo più insignificante. Nessuno può dire: "Io non ho bisogno di te, sono sufficiente a me stesso". Il Signore dice in Apocalisse ad una chiesa orgogliosa della propria "autonomia":
"Sono ricco, mi sono arricchito, e non ho bisogno di niente! Tu non sai, invece, che sei infelice fra tutti, miserabile, povero, cieco e nudo" (Ap. 3:17).
Quelli di grado più alto non possono fare a meno di quelli di grado più basso, e questi ultimi sono ugualmente dipendenti dai primi. Per questo il nostro testo dice: "Così anche voi, giovani, siate sottomessi agli anziani". Guai a pensare di non aver bisogno degli altri!

  2. Coscienza della nostra importanza relativa 

L’umiltà consiste in una valutazione appropriata della nostra importanza relativa. Rispetto a Dio, noi siamo nulla davanti a Lui; Egli è l’Altissimo e l’Eccelso che dimora nell’eternità; da sempre e per sempre Egli è Dio; Egli è illimitato in potenza, infinito nelle Sue perfezioni. E noi, chi pretendiamo di essere?
L’umiltà verso gli altri consiste in una debita valutazione della nostra importanza relativa, non solo dell’uno verso l’altro, ma davanti a Dio stesso.
Quante distinzioni facciamo in seno all’umanità! Diciamo "I bianchi sono i migliori, quelli del nord sono migliori di quelli del sud... quelli là sono ...una sottospecie umana!" Dice la Scrittura: "Egli ha tratto da uno solo tutte le nazioni degli uomini" (At. 17:26). La Scrittura dice pure: "Non fate nulla per spirito di parte o per vanagloria, ma ciascuno, con umiltà, stimi gli altri superiori a sé stesso" (Fl. 2:3).
Quando contempliamo la massa dell’umanità e gli immensi valori morali e spirituali in essa nascosti, che cosa pensiamo di essere agli occhi di Dio, il quale non fa distinzione di persone? L’umiltà non metterà valore decisivo alle distinzioni che facciamo sulla terra; sarà gentile e cortese verso tutti, e soprattutto di fronte alle sofferenze ed alle miserie che contempliamo in altri. Umiltà sarà pure rendere a ciascuno il dovuto: "Rendete a ciascuno il dovuto: l’imposta a chi è dovuta l’imposta, la tassa a chi la tassa; il timore a chi il timore; l’onore a chi l’onore" (Ro. 13:7).
L’umiltà è ciò che meglio di ogni altra cosa preserva la pace e l’ordine, e di conseguenza l’orgoglio è ciò che più di ogni altra cosa può disturbarla. Dice l’apostolo Giacomo:
"Da dove vengono le guerre e le contese fra di voi? Non derivano forse dalle passioni che si agitano nelle vostre membra? Voi bramate e non avete; voi uccidete ed invidiate e non potete ottenere..." (Gm. 3:1,2).


3. Coscienza di sapere solo in modo limitato


 L’umiltà consiste un una sobria valutazione di ciò che di fatto noi conosciamo. "Non vi stimate saggi da voi stessi" (Ro. 12:16) dice l’Apostolo. Quante volte ci vantiamo di sapere tutto e meglio degli altri! La persona umile dice: "Io so di non sapere". Quante volte ci ostiniamo a pretendere di saperla più lunga di tutti gli altri! Umiltà è disponibilità ad ascoltare e ad imparare, "Esaminate ogni cosa e ritenete il bene" (1 Ts. 5:21), dice la Scrittura.
A volte riteniamo che la scienza sia onnipotente, che sappia e possa conoscere ogni cosa, che abbia ogni risposta indipendentemente da Dio. L’arroganza dell’approccio scientifico che disprezza la religione e non ne vuole nemmeno tenere conto, non è qualità del vero scienziato. Lo scienziato è cosciente di conoscere solo un’infinitesima parte del reale. Il fisico Tullio Regge scrive nel suo libro "Infinito":
"Noi ci troviamo più o meno nella situazione di chi cerca di ricostruire cos’è avvenuto negli ultimi anni in una certa stanza, avendo a disposizione solo poche fotografie riprese dal buco della serratura lungo un intervallo di pochi secondi... Da cambiamenti quasi impercettibili nella posizione e nell’aspetto di cose o persone, potremmo indovinare il loro movimento o il loro stato d’animo, ma anche essere indotti da circostanze accidentali o non significative a commettere grossolani errori" (p. 10).
L’umiltà ci poterà a moderare la nostra valutazione di ciò che conosciamo. Chi ha molto studiato di solito corre il rischio di vantarsi della propria conoscenza e sottovalutare gli altri o diversi punti di vista. Molta sapienza, però, vi può essere anche in chi non ha fatto molte scuole. L’umiltà metterà in rilievo come le nostre capacità di conoscere siano limitate. La persona umile dice: "Non pretendo di sapere ogni cosa né di poter spiegare ogni cosa". In ogni campo della conoscenza umana sentirà il limite della Parola di Dio che dice: "Fin qui e non più oltre".


4. Coscienza della corruzione umana

L’umiltà consiste in una valutazione corretta della nostra condizione morale. La filosofia umanista, derivante dalla new age, molto corrente oggi, ritiene che l’uomo in sé stesso sia buono e non vuole ammettere il contrario neppure di fronte alle evidenze.
In realtà, non solo siamo soggetti ai divini ordinamenti, ma siamo pure creature colpevoli, sotto la condanna della legge di Dio. Qualunque cosa possa suggerire l’orgoglio umano "Tutti si sono sviati, tutti sono corrotti, non c’è nessuno che faccia il bene, neppure uno" (Salmo 14:3). L’umiltà valuta giustamente la desolazione morale in cui giace l’umanità. Essa prepara così la mente per la rivelazione della misericordia di Dio, ad accogliere volentieri la buona notizia al riguardo di un Salvatore, e a sottomettersi al metodo che Dio ha stabilito per rigenerare l’essere umano. E se per grazia siamo condotti a dipendere solo da Cristo per la nostra salvezza, l’umiltà caratterizzerà in questo modo ogni susseguente valutazione di noi stessi. "Per la grazia di Dio io sono quel che sono; e la sua grazia verso di me non è stata vana; anzi, ho faticato più di tutti loro; non io però, ma la grazia di Dio che è con me" (1 Co. 15:10).
Una valutazione appropriata della nostra condizione morale si esprimerà pure adeguatamente nei nostri rapporti con i nostri simili ispirandoci tolleranza e comprensione per i sbagli altrui, spirito di perdono e di solidarietà.

La promozione dell’umiltà

Ecco così che comprendiamo come l’umiltà sia fondamentale nella prospettiva cristiana e la necessità di promuovere e coltivare in noi stessi l’umiltà studiandoci di viverla in ogni circostanza della nostra vita. L’umiltà viene descritta dal nostro testo come "un abito" o "un’abitudine" da indossare. La parola che il testo usa per "indossare" è la stessa che indica l’indossare il grembiule bianco del servitore, ed indubbiamente ricorda ciò che fece Gesù in occasione dell’ultima cena quando cintosi di un asciugamano, aveva incominciato a lavare i piedi dei suoi discepoli. Gesù disse: "Se dunque io, che sono il Signore ed il Maestro, vi ho lavato i piedi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni degli altri. Io vi ho dato un esempio, affinché anche voi facciate come vi ho fatto io" (Gv. 13:14,15). Per questo l’umiltà è:
1. Implicita alla fede cristiana. 
Per sua natura essa è necessaria per ricevere la fede cristiana stessa. Quant’è difficile per un superbo ed un arrogante entrare nel regno di Dio perché la porta della salvezza è bassa e la si entra solo abbassandoci. Gesù disse: "Chi pertanto si farà piccolo come questo bambino, sarà lui il più grande nel regno dei cieli" (Mt. 18:4).
2. Implicita al concetto stesso di religione.  
Essa è parte essenziale della religione intesa come sentimento di debita dipendenza da Dio. Il nostro cuore non può essere a posto con Dio fintanto che non comprendiamo la Sua maestà e la nostra piccolezza, fintanto che non ci rendiamo conto di essere totalmente dipendenti da Lui, fintanto che, con fede umile e implorante, cerchiamo il Salvatore Gesù per la nostra salvezza, e siamo disposti a dire: "Signore, io credo, ma sovvieni alla mia incredulità".
L’umiltà è pure necessaria per perseverare nella grazia di Dio. E’ il senso della nostra dipendenza da Dio che generà vitalità nella nostra religione; nostra miglior sicurezza è il senso di diffidare di noi stessi.
3. Grandemente valorizzata da Dio.  
Dio ha posto un particolare onore sull’umiltà di mente, mentre Egli ha detto chiaramente quanto detesti lo spirito opposto. Il nostro testo dice: "Dio resiste ai superbi, ma dà grazia agli umili". E poi per esempio: "Chi ha un cuore superbo è in abominio al Signore; certo è che non rimarrà impunito" (Pr. 16:5). "Gli occhi alteri ed il cuore superbo, lucerna degli empi, sono peccato" (Pr. 21:4). Dovunque però Egli raccomanda uno spirito umile: è la disposizione di mente che Egli si compiace di favorire. "Si, eccelso è il Signore, eppure ha riguardo per gli umili" (Salmo 138:6).
4. Esemplificata dal Signore Gesù.  
Questa virtù viene promossa dallo stesso comportamento del Signore Gesù, l’abbiamo già visto nell’episodio della lavanda dei piedi. L’Apostolo Paolo dice: 
"Abbiate in voi lo stesso sentimento che è stato anche in Cristo Gesù, il quale, pur essendo in forma di Dio, non considerò l’essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, ma spogliò sé stesso, prendendo la forma di servo, divenendo simile agli uomini... ubbidiente fino alla morte" (Fl. 2:2:5-7).
5. Il futuro appartiene all’umiltà. L’umiltà è una grazia immortale: fiorirà più perfettamente in cielo. Il Signore Gesù disse: "Beati i mansueti, perché erediteranno la terra" (Mt. 5:5). Tutti i santi e gli angeli sono rivestiti di questa appropriata veste della creatura. Coltiviamo dunque una qualità del carattere che rimarrà con noi per l’eternità, la sola che ci renderà degni della gloria futura. "A suo tempo", dice il nostro testo, al tempo che Dio riterrà più opportuno e producente per la Sua propria gloria e nostro vero benessere, Egli ci eleverà a grande onore.

Un’inaspettata conclusione

C’è uno strano, ma illuminante poscritto a queste esortazioni all’umiltà. Che c’entra quanto dice l’apostolo Pietro con queste parole: "...gettando su di Lui ogni vostra preoccupazione, perché Egli ha cura di voi"? C’entra perché la fiducia riposta in noi stessi è tale da deluderci sempre.   Abbiamo molte preoccupazioni nella vita, ma non le risolveremo contando solo su noi stessi. Sottomettendoci alla mano potente di Dio, scopriremo quanto sia vero che Egli ha cura di noi. Sottomettendo o meglio, sottoponendo a Dio le nostre preoccupazioni quelle che ci appesantiscono e ci tormentano scopriremo che Egli se ne prenderà efficacemente cura.
Siate umili... umiliatevi... umiltà: non esiste oggi virtù che sia più impopolare di questa, eppure, davanti a Dio, essa si rivelerà sempre vincente.


 

"Tutte queste cose le ha fatte la mia mano, e così son tutte venute all’esistenza, dice l’Eterno. Ecco su chi io poserò lo sguardo: su colui ch’è umile, che ha lo spirito contrito, e trema alla mia parola."
(Isaia 66:2)

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