"E
questi andranno nelle pene eterne" (Matteo 25:46).
L'eccellenza della dispensazione del vangelo è evidenziata con forza da quei decreti di ricompensa e di punizione che esso rimette alla scelta di tutti i suoi uditori, perché essi si impegnino ad essere ubbidienti ai suoi precetti. Poiché il vangelo promette non meno della felicità eterna ai giusti, e una punizione non inferiore a una sofferenza eterna agli empi: da una parte, "un odore di vita a vita", dall'altra "un odore di morte a morte" (cfr. 2 Corinzi 2:16). Si potrebbe immaginare che basti menzionare il primo di questi due argomenti per spingere gli uomini al loro dovere, eppure ministri in ogni epoca hanno dovuto ricordare frequentemente alla gente il secondo, e mostrare loro i terrori del Signore, per dissuaderli dal peccare.
Ma per quale
motivo gli uomini sono tanto ostinati? La ragione sembra essere la
seguente: la promessa della felicità eterna è tanto
gradita agli uomini, che tutti coloro che si definiscono cristiani,
universalmente e volontariamente affermano di crederci e di essere
d'accordo con questa dottrina; ma c'è qualcosa di tanto spaventoso
nel considerare i tormenti eterni, sembra essere infinitamente sproporzionata
la durata eterna delle pene in confronto alla breve vita umana spesa
nei piaceri della vita, che gli uomini (o almeno parte di loro) sono
restii a confessare anche questa parte della dottrina come elemento
di base della propria fede: cioè, che un'eternità di
miseria attende gli empi nella vita dopo la morte fisica.
Desidero
pertanto insistere sulla necessità di riconoscere questa parte
come uno degli elementi della nostra fede, e cercare di farvi vedere
il bene che deriva dall'accettare le parole del nostro benedetto Signore:
"Questi" (cioè gli empi) "andranno nelle pene
eterne".
Quindi, senza considerare le parole in relazione al contesto, quello di cui voglio parlarvi si riassume in un solo pensiero: che i tormenti riservati per gli empi, dureranno per l'eternità.
Quindi, senza considerare le parole in relazione al contesto, quello di cui voglio parlarvi si riassume in un solo pensiero: che i tormenti riservati per gli empi, dureranno per l'eternità.
Ma, prima
di procedere, voglio che sappiate che prendo per scontato che ognuno
di voi che mi ascoltate creda che ciascuno di noi ha qualcosa dentro
di sé, che noi chiamiamo anima, e che è capace di sopravvivere
alla dissoluzione del corpo, e di vivere nella miseria o nella gioia
per tutta l'eternità.
Prenderò per scontato, inoltre, che crediate alla rivelazione divina: che quei libri, enfaticamente chiamati "le Scritture", sono stati scritti per ispirazione di Dio, e che le cose in essi contenute sono fondate sulla verità eterna.
Prenderò per scontato che voi crediate che il Figlio di Dio è venuto in terra a morire per i peccatori; e che c'è solo un Mediatore tra Dio e gli uomini, ed è Cristo Gesù.
Prenderò per scontato, inoltre, che crediate alla rivelazione divina: che quei libri, enfaticamente chiamati "le Scritture", sono stati scritti per ispirazione di Dio, e che le cose in essi contenute sono fondate sulla verità eterna.
Prenderò per scontato che voi crediate che il Figlio di Dio è venuto in terra a morire per i peccatori; e che c'è solo un Mediatore tra Dio e gli uomini, ed è Cristo Gesù.
Fatta questa
necessaria premessa, procederemo ora a comprendere il bene contenuto
nelle parole del nostro testo, ovvero nel fatto che i tormenti riservati
per gli empi sono eterni: "questi andranno nelle pene eterne".
Il primo
motivo che ci dovrebbe rendere certi del fatto che le sofferenze che
attendono i peccatori sono eterne, è che è proprio la
Parola di Dio ad affermarlo.
Mancherebbe
il tempo per citare tutti i passaggi che convalidano questa dottrina.
Basti dunque ricordarne solo alcuni. Nell'Antico Testamento, nel libro
di Daniele, al capitolo 12 verso 2, ci viene detto che "molti
di quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno;
gli uni per la vita eterna, gli altri per la vergogna e per una eterna
infamia" (Daniele 12:2). Nel libro di Isaia, parlando di coloro
che hanno trasgredito la legge di Dio, vivendo e infine morendo da
ribelli impenitenti, ci viene detto che "il loro verme non morirà,
e il loro fuoco non si estinguerà" (cfr. Isaia 66:24).
E altrove, il santo profeta, senza dubbio colpito e attonito per
la prospettiva per i dannati di vivere per l'eternità nei
tormenti, "chi di noi potrà dimorare con le fiamme eterne?"
(Isaia 33:14).
Il Nuovo
Testamento è ancora più chiaro in tale proposito, essendo
una rivelazione che ha portato questo ed altri particolari simili
alla luce. L'apostolo Giuda, parlando dei profani che disprezzano
la dignità, ci dice che ad essi "è riservata l'oscurità
delle tenebre in eterno" (cfr. Giuda 8, 13). E nel libro della
Rivelazione di Gesù Cristo, o Apocalisse, è scritto
che "il fumo del loro tormento sale nei secoli dei secoli"
(Apocalisse 14:11). E se crediamo alla testimonianza degli uomini
ispirati da Dio, la testimonianza del Figlio di Dio, al quale lo Spirito
è dato senza misura, è di gran lunga maggiore. E nel
vangelo di san Marco, Cristo ripete questa solenne dichiarazione per
tre volte: "meglio è per te entrare monco nella vita",
cioè è meglio abbandonare i piaceri delle tue concupiscenze,
o essere disprezzato da un amico per perseguire una santa condotta,
piuttosto "che avere due mani" (cioè indulgere nel
peccato o disubbidire a Dio per non dispiacere un amico) "e andartene
nella geenna, nel fuoco inestinguibile, dove il verme loro non muore
e il fuoco non si spegne" (Marco 9:44, cfr. Matteo 18:8). E di
nuovo troviamo, nelle parole del testo, "questi andranno nelle
pene eterne" (Matteo 25:46).
So che alcuni
di quelli che negano l'esistenza di un'eternità di tormenti
per gli empi, asseriscono che parole come "eterne" e "per
sempre" sono spesso usate nelle Sacre Scritture (in special modo
nell'Antico Testamento) per indicare non una durata infinita, ma una
quantità di tempo limitata.
Rispondo che, quando le parole sono utilizzate
in questo senso limitato, ci si rende subito conto di ciò dal
contesto in cui esse si trovano; o si trovano in alcuni modelli prescritti
da Dio in occasioni particolari, come quando viene detto: "sarà
un patto eterno" e anche "come uno statuto… un patto
eterno"; cioè si tratta di un modello stabile, non soltanto
temporaneo o occasionale come la colonna di nuvola o la manna. O,
infine, c'è una qualche relazione con il patto che Dio stipulò
con la Sua Israele spirituale; il quale, se compreso nel suo significato
spirituale, è e resterà eterno, sebbene i cerimoniali
richiesti siano stati aboliti.
È
evidente che le parole: "questi andranno nelle pene eterne"
non possono essere interpretate in modo da significare una durata
limitata, come si comprende leggendo le parole che seguono nello stesso
verso: "ma i giusti a vita eterna" (Matteo 25:46).
Leggendo queste parole, tutti sono concordi nel dire che la vita promessa ai giusti sarà eterna. E per quale motivo la punizione per i malvagi non dovrebbe essere intesa anch'ella come eterna, dal momento che vengono utilizzate le stesse parole per entrambe le affermazioni, nello stesso verso?
Leggendo queste parole, tutti sono concordi nel dire che la vita promessa ai giusti sarà eterna. E per quale motivo la punizione per i malvagi non dovrebbe essere intesa anch'ella come eterna, dal momento che vengono utilizzate le stesse parole per entrambe le affermazioni, nello stesso verso?
Inoltre,
se Dio ricompenserà i Suoi santi con una vita eterna di felicità,
ciò prova che eterna sarà anche la vita di miseria riservata
ai peccatori. Poiché noi non sappiamo nulla con certezza, tranne
quello che ci è stato detto per rivelazione divina, di quello
che avverrà al giudizio; e ciò che sappiamo è
che Egli ha stabilito di punire eternamente i malvagi, e di ricompensare
i giusti. Ne consegue che la Sua giustizia sarebbe messa in dubbio
se non condannasse, o se non ricompensasse.
Alcuni obiettano
anche che sebbene Dio sia obbligato dalla Sua promessa a ricompensare
i giusti, la veracità della promessa non va presa in considerazione
in quanto Egli potrebbe non punire i malvagi come avvenne nel caso
di Ninive. Dio dichiarò espressamente al Suo profeta Giona
che Ninive sarebbe stata distrutta in quaranta giorni; ma, leggendo
la storia (cfr. Giona 3:4-10), apprendiamo del pentimento dei niniviti:
"Dio vide ciò che facevano, vide che si convertivano dalla
loro malvagità, e si pentì del male che aveva minacciato
di far loro; e non lo fece" (Giona 3:10).
In risposta
a questa obiezione dirò che le minacce di Dio, come pure le
sue promesse, sono senza ripensamento, perché fondate sulle
leggi della giustizia eterna. Vediamo che quando l'uomo non ubbidiva
a delle condizioni sulla base delle quali Dio avrebbe risparmiato
la giusta punizione, Egli mandava sempre ad effetto quanto aveva minacciato
di fare: la cacciata di Adamo dall'Eden, la distruzione del vecchio
mondo tramite il diluvio, la rovina di Sodoma e Gomorra, sono tutti
esempi che, come monumenti, stanno a ricordarci del fatto che Dio
esegue le sue minacce, sebbene alla nostra debole comprensione le
punizioni possano talvolta sembrare sproporzionate rispetto al crimine.
È
vero, Dio risparmiò Ninive, e lo fece perché gli abitanti
si pentirono, soddisfacendo così la condizione per cui Dio
aveva mandato il profeta ad avvertirli: affinché si pentissero,
e Lui potesse perdonarli, e risparmiarli.
Allo stesso
modo, se agli avvertimenti del vangelo gli uomini rispondono con ravvedimento
e ubbidienza, seguendo gli insegnamenti del vangelo mentre ancora
sono in vita, Dio certamente non li punirà; al contrario, darà
loro la ricompensa riservata ai giusti. Ma affermare che Egli non
punirà, e per tutta l'eternità, i peccatori impenitenti,
ribelli, ostinati, secondo quanto ha promesso, non è altro
che fare Dio bugiardo come gli uomini: "Dio non è un uomo,
perché possa mentire, né un figlio d'uomo, perché
possa pentirsi. Quando ha detto una cosa, non la farà? O quando
ha dichiarato una cosa, non la compirà?" (Numeri 23:19).
Ma l'assurdità
di una simile opinione apparirà ancor più evidente guardando
la natura del patto cristiano. E qui devo di nuovo farvi osservare
che, come ho detto all'inizio di questo discorso, assumerò
che crediate che il Figlio di Dio è venuto in terra per salvare
i peccatori; e che esiste un solo Mediatore tra Dio e gli uomini,
e cioè Cristo Gesù.
E assumerò,
inoltre, (a meno che non siate di quelli che credono all'assurda e
infondata dottrina del purgatorio) che siate pienamente persuasi che
questa vita è l'unica concessaci da Dio Onnipotente per scegliere
la via della salvezza, e quando saranno trascorsi questi pochi anni,
non rimarrà più alcun sacrificio per il peccato.
E come questo
è vero, ne consegue che se gli empi muoiono nel peccato, e
sotto l'ira di Dio, tale sarà il loro stato per tutta l'eternità.
Poiché non esiste alcuna possibilità di essere liberati
da tale condizione, tranne che mediante Cristo soltanto, durante questa
vita; e dunque, all'ora della morte, il tempo per la mediazione e
l'intercessione di Cristo sarà irrevocabilmente finito; per
questo motivo la punizione per un peccatore che muore nelle colpe
delle sue iniquità non durerà soltanto un giorno, un
anno, un secolo, ma per tutta l'eternità.
Infine, desidero
provarvi che i tormenti riservati ai malvagi nella vita dopo la morte
sono eterni, in quanto i tormenti del diavolo sono tali.
Apprendiamo dalle Scritture che esiste un essere chiamato diavolo, che una volta era un angelo di luce, ma per il suo orgoglio e la sua ribellione contro Dio fu scacciato dal cielo ed ora, con il resto degli angeli caduti, percorre e domina il mondo, cercando chi poter divorare; sappiamo inoltre che esiste un luogo di tormento riservato ad essi, e che, per usare le parole dell'apostolo, "Egli ha pure custodito nelle tenebre e in catene eterne, per il gran giorno del giudizio, gli angeli che non conservarono la loro dignità e abbandonarono la loro dimora" (Giuda 6). Accetterete queste verità se, come ho premesso all'inizio del mio discorso, siete di coloro che credono che le Sacre Scritture siano state scritte per ispirazione e rivelazione di Dio.
Se dunque
crediamo in questo, e troviamo giusto che Dio punisca quegli spiriti
una volta gloriosi, ma ora caduti per la loro ribellione, come possiamo
pensare che Egli sia ingiusto nel punire uomini malvagi e peccatori
per la loro impenitenza, per tutta l'eternità?
Mi direte,
forse, che essi peccarono contro una luce maggiore, e meritano dunque
un castigo maggiore. E così pensate che la punizione per gli
angeli caduti possa essere più severa di quella degli uomini
peccatori; ma vi dico che eterno sarà il castigo per entrambi:
poiché in quel giorno, come ci dicono gli oracoli viventi di
Dio, il Figlio dell'Uomo dirà a quelli della sua sinistra:
"Andate via da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per
il diavolo e per i suoi angeli!" (Matteo 25:41). Qui troviamo
che i peccatori impenitenti saranno gettati nelle stesse fiamme eterne
con il diavolo e i suoi angeli; e ciò è fin troppo giusto.
Poiché quand'anche questi ultimi avessero peccato contro una
luce maggiore, i cristiani peccano contro una grazia maggiore. Cristo
non morì per gli angeli, ma per gli uomini, perché fossimo
salvati. Perciò, se Dio non risparmiò quegli esseri
eccelsi, siate certi, o peccatori ostinati, chiunque voi siate, che
non sarete risparmiati.
Da quello
che ho detto è chiaro che i tormenti riservati ai peccatori
sono eterni. E se è così, fratelli e sorelle, dobbiamo
correre a Gesù Cristo, il nostro rifugio; dobbiamo essere santi
in ogni conversazione, devoti, affinché possiamo scampare all'ira
a venire!
Ma prima
di procedere a un'esortazione pratica, permettetemi di aggiungere
qualche parola a quanto è stato detto.
Come prima
cosa, se i tormenti riservati ai malvagi sono eterni, cosa dirò
a coloro che professano apertamente di credere in una vita eterna
di ricompensa per gli uni, e di tormento per gli altri, eppure osano
vivere ancora nei peccati, che senza dubbio, a meno che non ci sia
un sincero ravvedimento, li condurrà al luogo del tormento?
Voi sapete che le pene per i malvagi impenitenti nella vita a venire
sono eterne. "E fai bene; anche i demòni lo credono e
tremano" (Giacomo 2:19). Ma sappi, o uomo vano, che a meno che
questo credere non influenzi la tua vita e ti faccia abbandonare i
tuoi peccati, ogni volta che ripeti questo credo stai dicendo, in
effetti: "io credo che sarò dannato per l'eternità".
Come seconda
cosa, se le pene riservate agli empi, ai peccatori, sono eterne, ciò
sia di monito a quelle persone che cercano di dissuadere i credenti
dal credere in questa verità: poiché, in tutta probabilità,
non esiste un modo migliore per incoraggiare e promuovere l'infedeltà
e la profanità. Poiché se gli avvertimenti che Dio,
per il nostro bene, ci dà sulla fine di coloro che amano l'iniquità
e non vogliono ravvedersi, non bastano come deterrente per far allontanare
gli uomini dal peccato, a quali alte vette di malvagità e perversione
potranno essi velocemente arrivare se gli viene insegnato che c'è
speranza di un perdono futuro? O ancora peggio, se gli viene detto
che dopo la morte non esiste una vita, che le loro anime periranno
come le bestie? Guai a quei falsi insegnanti, quelle guide cieche
che guidano altri ciechi. "Può un cieco guidare un altro
cieco? Non cadranno tutti e due in un fosso?" (Luca 6:39). E
tali corruttori della Parola di Dio sappiano che quest'oggi io testimonio
ad ogni uomo o donna che mi sta ascoltando, che "se qualcuno
vi aggiunge qualcosa, Dio aggiungerà ai suoi mali i flagelli
descritti in questo libro; se qualcuno toglie qualcosa dalle parole
del libro di questa profezia, Dio gli toglierà la sua parte
dell'albero della vita e della santa città che sono descritti
in questo libro" (Apocalisse 22:19).
Terzo e ultimo,
se i tormenti riservati agli empi sono eterni, serva questo come rimprovero
a coloro che disputano con Dio, e affermano che è ingiusto
punire una persona per l'eternità per aver vissuto nei piaceri
del peccato per un tempo. Tali persone sappiano che non sarà
il loro pensare o definire Dio ingiusto a renderlo tale, non più
di quanto le grida e le lamentele di un criminale condannato possano
far diventare ingiusta la legge o un giudice. Non sai, o verme, di
quale blasfemia ti rendi colpevole nell'accusare Dio di essere ingiusto?
"La cosa plasmata dirà forse a colui che la plasmò:
Perché mi hai fatta così?" (Romani 9:20). Presumi
di accusare l'Onnipotente con i tuoi vili ragionamenti? E di chiamarlo
ingiusto per averti punito per l'eternità, solo perché
tu desideri che ciò non accada? Dio l'ha detto, e non lo farà
forse? Egli lo ha detto: "sia Dio riconosciuto veritiero e ogni
uomo bugiardo" (Romani 3:4). "Il giudice di tutta la terra
non farà forse giustizia?" (Genesi 18:25). Certamente
lo farà. E se i peccatori non riconosceranno la giustizia dei
suoi avvertimenti in vita, si troveranno a doverli subire quando saranno
tormentati nella vita a venire.
Ma avviamoci
ora alla conclusione di quanto è stato detto.
Avete visto, fratelli e sorelle, che le pene eterne sono una realtà, per espressa dichiarazione delle Sacre Scritture, e avete ascoltato quali sono le conseguenze del rifiutare tale avvertimento. Non è necessario essere esperti di retorica per persuadere una persona saggia ad aborrire e abbandonare i peccati, poiché senza ravvedimento essi la porteranno nelle sofferenze eterne. La sproporzione tra il piacere e la sofferenza (ammesso che vi sia alcun reale piacere nel peccato) è così infinitamente grande che, supponendo che fosse possibile ma non certo che gli empi saranno puniti, nessuno uomo assennato, per godersi un temporaneo piacere materiale, si azzarderebbe a fare qualcosa per cui un giorno dovrà pagare con i tormenti eterni. Ma, dal momento che i tormenti dei dannati non solo sono possibili, ma certi (dal momento che Dio stesso, che non può mentire, ce lo ha detto nella Sua Parola) per gli uomini peccatori, perseverare nella disubbidienza, e lusingarsi che non li aspetta nessun castigo, non è altro che un eccesso di follia e presunzione.
Avete visto, fratelli e sorelle, che le pene eterne sono una realtà, per espressa dichiarazione delle Sacre Scritture, e avete ascoltato quali sono le conseguenze del rifiutare tale avvertimento. Non è necessario essere esperti di retorica per persuadere una persona saggia ad aborrire e abbandonare i peccati, poiché senza ravvedimento essi la porteranno nelle sofferenze eterne. La sproporzione tra il piacere e la sofferenza (ammesso che vi sia alcun reale piacere nel peccato) è così infinitamente grande che, supponendo che fosse possibile ma non certo che gli empi saranno puniti, nessuno uomo assennato, per godersi un temporaneo piacere materiale, si azzarderebbe a fare qualcosa per cui un giorno dovrà pagare con i tormenti eterni. Ma, dal momento che i tormenti dei dannati non solo sono possibili, ma certi (dal momento che Dio stesso, che non può mentire, ce lo ha detto nella Sua Parola) per gli uomini peccatori, perseverare nella disubbidienza, e lusingarsi che non li aspetta nessun castigo, non è altro che un eccesso di follia e presunzione.
Anche il
ricco della nota parabola credeva che, se qualcuno fosse risorto dai
morti e fosse apparso ai suoi figli per avvertirli del pericolo che
correvano vivendo nel peccato, essi avrebbero creduto e si sarebbero
ravveduti (cfr. Luca 16:27 e segg.); ma i cristiani, a quanto pare,
non si ravvedono, nonostante il Figlio di Dio sia morto e risorto,
e abbia detto loro quello che devono aspettarsi, se continuano nelle
loro vie malvagie e ribelli.
Se ogni tanto
distogliessimo i nostri sguardi dalle cose visibili, e per fede meditassimo
un po' sulle miserie e le sofferenze dei perduti, non dubito che sentiremmo
i pietosi lamenti di molte anime infelici: "O miserabile uomo
che sono! Chi mi libererà da questo corpo di morte?" (Romani
7:24). O sciocco essere mortale che sono stato, mi sono causato questa
vita di tormenti eterni per aver vissuto per poco tempo in piaceri
che mi hanno dato solo scarse, fugaci soddisfazioni. Ah! È
questo il salario, sono questi gli effetti del peccato? O dannato
apostata! Prima mi ha illuso con presunte promesse di felicità,
e dopo molti anni di faticoso lavoro per lui, mi ha ripagato con queste
pene eterne. Oh se non avessi mai dato retta alle sue allettanti insinuazioni!
Oh se avessi respinto i suoi consigli fin dall'inizio con orrore e
ripugnanza! Oh se avessi preso la mia croce e seguito Cristo! Oh se
non avessi ridicolizzato la vera devozione, vantandomi della mia finta
educazione, condannando i veri credenti come troppo bacchettoni o fanatici!
Sarei stato felice, avrei avuto gioia oltre quello
che saprei spiegare a parole, felice per tutta l'eternità,
in quei luoghi benedetti dove sono i santi, i credenti riscattati,
rivestiti di gloria ineffabile, che cantano con serenità le
loro lodi all'Agnello che siede sul trono in eterno. Ma, ahimè,
è ormai troppo tardi per queste riflessioni; ora sono solo
desideri vani e inutili. Non ho sofferto con loro, e dunque non posso
regnare insieme a loro. Ho in pratica rinnegato il Signore che mi
ha acquistato col Suo sangue, e ora giustamente sono rinnegato da
Lui. Ma devo proprio vivere per l'eternità tormentato da queste
fiamme? Il mio corpo che una volta era vestito di porpora e lino fine,
di abiti sontuosi, deve ora restare confinato eternamente in questo
luogo di sofferenza, tra gli insulti e le beffe dei demoni? O eternità!
Quel pensiero mi riempie di disperazione: resterò miserabile
per sempre".
Venite, dunque,
voi tutti peccatori che vi state illudendo, e immaginatevi al posto
di quell'uomo miserabile che vi ho appena descritto. Pensateci, vi
supplico per la grazia di Dio in Cristo Gesù, pensate dentro
di voi a quanto angoscianti e insopportabili saranno le interminabili
accuse della coscienza dentro di voi. Pensate a quanto insostenibile
sarà per voi rimanere per l'eternità in quelle fiamme.
Venite, voi
tutti cristiani tiepidi, come quelli di Laodicea, che professate una
religione, che vi occupate un poco, ma non abbastanza, delle cose
di Dio; oh pensate, riflettete dentro di voi, quanto deplorevole sarà
perdere il vostro ingresso al cielo, e finire nei tormenti eterni,
soltanto perché vi accontentate di essere dei "quasi cristiani"
e non perseguite la pienezza della speranza e dello zelo. Considerate,
vi imploro, considerate quanto disprezzerete e inveirete contro quella
fatale stoltezza che vi ha fatto credere che sarebbe bastato qualcosa
di meno della vera fede in Gesù - producente una vita di vera
devozione, abnegazione e mortificazione delle opere della carne -
per preservarvi da quei tormenti senza fine.
Ma ora devo
fermarmi. Questi pensieri sono troppo angoscianti perché io,
e anche voi, ci soffermiamo ancora su di essi; e Dio sa che come giudicare
è il Suo dovere, così avvertire gli uomini affinché
siano salvati è il mio. Ma se il solo parlare dei tormenti
dei perduti è così sconvolgente, quanto dev'essere terribile
subirli!
E ora, ci
sono forse alcuni tra di voi che, come i discepoli, diranno: "Questo
parlare è duro; chi può ascoltarlo?". Ma i cristiani
sinceri non siano terrorizzati dalla parola che ho annunciato: no,
per voi è riservata una corona, un regno, uno smisurato peso
eterno di gloria. Cristo non ha mai detto che i giusti, i credenti,
i retti, i sinceri, andranno nelle pene eterne, ma piuttosto i malvagi,
gli spietati, i formalisti che ragionano come detto prima. Per voi
che Lo amate con sincerità, una via nuova e vivente è
stata inaugurata mediante il sangue di Gesù Cristo, per accedere
al Santo dei Santi: e, nel grande giorno del giudizio, vi sarà
concesso ampio ingresso nella vita eterna. Badate, dunque, e fate
attenzione che non ci sia tra voi nessuna radice d'amarezza causata
dall'incredulità: ma, al contrario, con fermezza e sincerità
abbiate fede nelle molte preziose promesse largitevi dal vangelo,
sapendo che Colui che ha fatto le promesse è fedele, e dunque
le manterrà.
Ma gli empi
e i formalisti che si ostinano a peccare non osino applicare alcuna
delle promesse divine a se stessi: "non è bene prendere
il pane dei figli per buttarlo ai cagnolini"; no, ad essi rimangono
solo i terrori del Signore. E, come certamente Cristo dirà
ai suoi fedeli servitori: "Venite, voi, i benedetti del Padre
mio; ereditate il regno che v'è stato preparato fin dalla fondazione
del mondo" (Matteo 25:34), con altrettanta certezza Egli pronuncerà
questa terribile sentenza contro tutti quelli che muoiono nei loro
peccati: "Andate via da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato
per il diavolo e per i suoi angeli!" (Matteo 25:41).
Da quello
stato infelice, possa Dio nella Sua infinita misericordia liberare
tutti per mezzo di Gesù Cristo; al quale, con Te, o Padre,
o Te, o Spirito Santo, tre persone e un solo eterno Dio, sia reso,
poiché Ti è dovuto, tutto l'onore, la potenza, la forza,
la maestà, e il dominio, ora e per sempre.
di George Whitefield
"Cristo ci ha
riscattati dalla maledizione della legge, essendo diventato maledizione
per noi (poiché sta scritto: «Maledetto chiunque è appeso al legno»),
affinché
la benedizione di Abrahamo pervenisse ai gentili in Cristo Gesú, perché
noi ricevessimo la promessa dello Spirito mediante la fede."
(Galati 3:13-14)
"
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