Il mistero più grande | CONSAPEVOLI NELLA PAROLA

Ultime News

    • Pregare nel nome di Gesù

      Uno degli aspetti più importanti della vita cristiana, ma allo stesso tempo, uno degli aspetti più fraintesi, è la preghiera. Come è vero che la preghiera è uno degli aspetti più importanti della vita cristiana, è altrettanto vero che è estremamente facile sbagliare grandemente in questo campo. Un errore è quello di non pregare abbastanza. È molto facile credere di non avere tempo di pregare. Questo è un ragionamento sbagliato, perché alla base di questa convinzione c'è il pensiero che non abbiamo veramente bisogno di Dio. Però, dall'altro estremo, uno può anche pregare tanto, ma pregare in modo sbagliato. Vogliamo esaminare alcuni brani della Bibbia che parlano della preghiera, affinché possiamo averne un concetto più conforme alla Bibbia. Se preghiamo a modo nostro, che però non è conformato alle verità che Dio ci ha lasciato nella Bibbia, le nostre preghiere possono essere inutili, o peggio ancora, possono essere un'offesa a Dio. Perciò, prestate molta attenzione alle verità che Dio ci insegna nella sua parola sulla preghiera. La Bibbia insegna che dobbiamo pregare al PADRE. Troviamo questo insegnamento ripetutamente, come anche quello che lo Spirito Santo prega per noi. Ma la verità che vogliamo considerare molto più a fondo in questo studio riguarda il fatto che dobbiamo pregare nel nome di Gesù Cristo. Consideriamo, molto attentamente, che cosa significa pregare nel nome di Gesù. Chi può pregare? La prima verità da capire quando consideriamo la preghiera è: chi ha diritto di pregare? Ovvero, chi può pregare, avendo la certezza biblica che Dio lo ascolterà? Chiaramente, oggi, come sempre, tante persone pregano. Ma il fatto che tante persone pregano non significa che vengono ascoltate da Dio. Secondo la Bibbia, sono coloro che hanno Gesù Cristo come Signore e Salvatore, e perciò come Sacerdote e Mediatore, che possono pregare. Per esempio, in Ebrei 4:14-16, che è stato scritto per coloro che hanno Cristo come Sacerdote e Signore, leggiamo che è per mezzo di Lui che abbiamo accesso al trono di Dio per essere soccorsi. Quindi, è per mezzo di Cristo che possiamo pregare. Chi è senza Cristo non ha questo libero accesso al trono di Dio. Leggiamo il brano. “14 Avendo dunque un grande sommo sacerdote che è passato attraverso i cieli, Gesù, il Figlio di Dio, stiamo fermi nella fede che professiamo. 15 Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, poiché egli è stato tentato come noi in ogni cosa, senza commettere peccato. 16 Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovar grazia ed essere soccorsi al momento opportuno.” (Ebr 4:14-16) Quindi, solamente chi è un vero figlio di Dio ha diritto di pregare. A CHI si deve pregare? Quando preghiamo, a chi dobbiamo rivolgere le nostre preghiere? E' giusto pregare solo a Dio Padre, o si dovrebbe pregare anche a Gesù e allo Spirito Santo? Cosa ne dice la Bibbia? In Matt. 6:9 Gesù ci insegna a pregare, e Lui ci dichiara chiaramente di pregare a Dio Padre. “Voi dunque pregate così: "Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome;” (Mat 6:9) In Giov. 16:23 Gesù parla della preghiera al Padre. “In quel giorno non mi rivolgerete alcuna domanda. In verità, in verità vi dico che qualsiasi cosa domanderete al Padre nel mio nome, egli ve la darà.” (Giov 16:23) La Bibbia ci insegna ripetutamente, sia con insegnamenti, sia con esempi, che dobbiamo pregare a Dio Padre. Allora, qual è il ruolo di Gesù e qual è quello dello Spirito Santo? Se dobbiamo pregare a Dio Padre, che ruolo hanno Gesù Cristo e lo Spirito Santo? Nel nome di Gesù Gesù ci ha insegnato di pregare nel suo nome. Fra poco esamineremo questo concetto. Lo Spirito Santo Per quanto riguarda lo Spirito Santo, non esiste alcuna preghiera nella Bibbia rivolta allo Spirito Santo, tranne una profezia in Ezechiele 37. Quindi, visto che non esiste alcuna preghiera rivolta allo Spirito Santo, è chiaro che non dobbiamo pregare a Lui. Ma qual è il suo ruolo? Lo Spirito Santo ha il ruolo di glorificare Cristo e di indicarci la giusta strada per giungere a questo fine. “Egli mi glorificherà perché prenderà del mio e ve lo annuncerà.” (Giov 16:14) Si può anche leggere Giov. 14:14-26. Quando un grande faro illumina un palazzo di notte, se fa un buon lavoro, non lo si nota neanche, ma si nota ed ammira solamente il palazzo. Similmente lo Spirito Santo è come il faro: ci aiuta a vedere ed ammirare la persona di Gesù Cristo. Inoltre, lo Spirito Santo, prega per noi aiutandoci nel nostro debole ed incerto modo di porgere le nostre preghiere, perché, Egli conosce Dio nel suo profondo. “26 Allo stesso modo ancora, lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché non sappiamo pregare come si conviene; ma lo Spirito intercede per noi con sospiri ineffabili; 27 e colui che esamina i cuori sa quale sia il desiderio dello Spirito, perché egli intercede per i santi secondo il volere di Dio.” (Rom 8:26-27) Che consolazione! Quindi, a chi dobbiamo pregare? Dobbiamo pregare a Dio Padre, nel nome di Gesù Cristo. per COSA si deve pregare? Per che cosa dobbiamo pregare? Possiamo pregare per qualsiasi cosa? Dio esaudisce ogni preghiera? È possibile chiedere qualsiasi cosa nel nome di Gesù, oppure, pregare nel nome di Gesù ci limita nelle nostre richieste? Chiaramente, nella carne, l'uomo prega per ottenere tutto quello che desidera. Prega per avere buona salute o per una guarigione, prega per avere successo negli affari, prega di superare gli esami a scuola, prega per avere sicurezza in viaggio, prega per un buon tempo durante le vacanze. Che cosa ne dice la Bibbia? Esaminiamo alcuni brani fondamentali sulla preghiera. Questi brani sono importanti per il loro insegnamento, ma spesso vengono presi fuori contesto ed interpretati male. Quando abbiamo un concetto sbagliato della preghiera, questo ci fa molto male spiritualmente. Giovanni 14 Consideriamo per primo il brano in Giovanni 14:12-14. Leggiamolo. “12 In verità, in verità vi dico che chi crede in me farà anch’egli le opere che faccio io; e ne farà di maggiori, perché io me ne vado al Padre; 13 e quello che chiederete nel mio nome, lo farò; affinché il Padre sia glorificato nel Figlio. 14 Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.” (Giov 14:12-14) Prima di esaminare con cura questi versetti, ricordiamoci che a volte siamo tutti tentati di voler far dire alla Bibbia quello che ci è comodo. Cioè, nella carne, abbiamo la tendenza di interpretare la Bibbia non in base a quello che è realmente scritto, ma in base a quello che ci è comodo. Quindi, dobbiamo sforzarci di dividere rettamente questo brano. Alcuni credenti, e purtroppo anche delle chiese intere, interpretano erroneamente questo brano dicendo che noi possiamo chiedere qualsiasi cosa che desideriamo nel nome di Gesù, e Dio sicuramente ci esaudirà. Questo implica che la frase “nel nome di Gesù” diventa quasi una formula magica che ci fa ottenere quello che vogliamo. Questa falsa interpretazione fa diventare Dio il nostro servo celeste, soggetto ad ubbidire alla nostra volontà. Chi insegna questa falsa interpretazione cita la parte del brano che dichiara: “quello che chiederete nel mio nome, io la farò”, come se tutto l'insegnamento fosse racchiuso lì. Chi crede a questa menzogna, pensa che se preghiamo qualcosa con cuore, Dio la farà. Questo è un pensiero molto falso, e molto pericoloso. Pensiamo a come una persona che crede a questa falsità potrebbe pregare in diverse situazioni. Immaginate un credente che lavora in proprio. La sua attività comincia ad andare molto male, e lui rischia di perdere tutto. Non solo, ma ha anche dei grossi debiti con la banca legati all'attività. Citando questo versetto, egli chiede a Dio di salvare la sua attività. Perciò questo credente è sicuro, visto che ha pregato nel nome di Gesù, che Dio salverà la sua ditta. In un secondo esempio, un credente ha un figlio adulto ribelle, lontano dal Signore. Il credente prega, citando questo versetto, e così è convinto che Dio salverà suo figlio. In un altro esempio, un credente ha un figlio con una grave malattia. Il credente, prega, e citando questo versetto, dichiara che è sicuro che Dio guarirà suo figlio, visto che è convinto che si può ottenere qualsiasi cosa se la si chiede a Dio nel nome di Gesù. In un altro esempio, un credente sta cercando di comprare una casa, e avendone trovato una che gli piace tantissimo, prega, chiedendo a Dio di operare in modo che il proprietario abbassi il prezzo abbastanza da permettergli di comprarla. È convinto che Dio opererà per fargli ottenere quella casa al prezzo che desidera. Senza andare ad analizzare questi esempi in dettaglio, considerate il principio che sta alla base di questo modo di pensare. Se fosse vero che possiamo chiedere a Dio qualsiasi cosa che desideriamo, avendo la certezza che Lui ci esaudirà solamente perché abbiamo citato la frase “nel nome di Gesù”, allora, Dio diventerebbe il nostro servo celeste, pronto ad esaudire ogni nostra richiesta. Dio sarebbe soggetto alla nostra volontà. Se è così, allora Gesù ha sbagliato quando ha insegnato il Padre Nostro, perché avrebbe dovuto insegnarci a pregare: “sia fatta la nostra volontà, non la Tua” Però, Dio NON è il nostro servo, e NON esiste per esaudire le nostre preghiere come vogliamo noi. Non dobbiamo pregare che la nostra volontà sia fatta, ma che la volontà di DIO sia fatta! Ci sono tante verità bibliche che ci aiutano a capire questo principio. Per esempio, leggiamo Matteo 26:39, quando Gesù era nel Giardino: “E, andato un po’ più avanti, si gettò con la faccia a terra, pregando, e dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non come voglio io, ma come tu vuoi».” (Mat 26:39) Gesù, nonostante i suoi diritti di Figlio di Dio, non chiese al Padre che cambiasse la sua volontà per esaudire la propria richiesta. Piuttosto, rese nota la sua richiesta al Padre, e poi, chiese che la volontà del Padre fosse fatta, non la sua. In Luca 22, Gesù stava preparando i discepoli per la sua morte. Egli spiegò a Pietro che sarebbe stato provato duramente. Notiamo che Gesù non chiese che Pietro potesse evitare la prova, pregò solamente per la fede di Pietro. Vi leggo. “31 «Simone, Simone, ecco, Satana ha chiesto di vagliarvi come si vaglia il grano; 32 ma io ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno; e tu, quando sarai convertito, fortifica i tuoi fratelli».” (Luca 22:31-32) Gesù NON ha chiesto che Dio gli togliesse la prova. In Apocalisse 2, Gesù sta parlando alle sette chiese. Notiamo quello che dichiara alla chiesa di Smirne. “8 «All’angelo della chiesa di Smirne scrivi: Queste cose dice il primo e l’ultimo, che fu morto e tornò in vita: 9 Io conosco la tua tribolazione, la tua povertà (tuttavia sei ricco) e le calunnie lanciate da quelli che dicono di essere Giudei e non lo sono, ma sono una sinagoga di Satana. 10 Non temere quello che avrai da soffrire; ecco, il diavolo sta per cacciare alcuni di voi in prigione, per mettervi alla prova, e avrete una tribolazione per dieci giorni. Sii fedele fino alla morte e io ti darò la corona della vita. 11 Chi ha orecchi ascolti ciò che che lo Spirito dice alle chiese. Chi vince non sarà colpito dalla morte seconda.” (Apo 2:8-11) Egli spiegò che vari credenti in questa chiesa sarebbero stati messi a morte per la loro fede. Possiamo presumere che questi credenti erano padri e madri, e avessero le loro famiglie. Però, è evidente che la volontà di Dio per loro era che morissero per la loro fede. Dal brano però comprendiamo che la morte fisica non era una sconfitta, perché poi Gesù dichiarò che se quei credenti fossero rimasti fedeli fino alla morte, avrebbe dato loro la corona della vita. Quindi, Dio aveva stabilito il suo piano per quei credenti, e nessuna loro preghiera avrebbe potuto cambiare il perfetto piano di Dio. Non dovevano pregare Dio affinché li salvasse dalla morte fisica, presumendo per di più che Dio li avrebbe esauditi. Infatti, Dio ha un piano perfetto, che è la SUA propria volontà, e Dio fa TUTTO secondo la decisione della Sua volontà. È importante capire questa verità basilare. Quello che Dio fa, lo fa secondo la decisione della Sua volontà. Leggiamo Efesini 1:11 “In lui siamo anche stati fatti eredi, essendo stati predestinati secondo il proposito di colui che compie ogni cosa secondo la decisione della propria volontà,” (Efe 1:11) Se le nostre preghiere potessero cambiare la volontà di Dio, il mondo non sarebbe stabile, Dio non sarebbe Dio, e nulla sarebbe sicuro. La volontà di Dio cambierebbe di minuto in minuto, in base alle diverse preghiere che Gli arrivano da tutto il mondo. Se le nostre preghiere potessero cambiare la volontà di Dio, per esempio, non sarebbe vero quello che è scritto nel Salmo 139:15,16 che riguarda il momento della nostra morte e di quella dei nostri cari. “15 Le mie ossa non ti erano nascoste, quando fui formato in segreto e intessuto nelle profondità della terra. 16 I tuoi occhi videro la massa informe del mio corpo e nel tuo libro erano tutti scritti i giorni che mi eran destinati, quando nessuno d’essi era sorto ancora.” (Sal 139:15-16) Se Dio ci desse qualunque cosa che Gli chiediamo, questo brano non sarebbe vero, perché tante persone, vedendo arrivare la morte, pregherebbero, chiedendoGli di guarire o di superare il pericolo, e in questo modo sarebbe stata fatta la loro volontà, non quella di Dio. Se fosse così la morte non dipenderebbe più dalla volontà di Dio, ma dalla volontà dell'uomo. Non arriverebbe più al momento stabilito nel libro di Dio, ma nel momento stabilito da noi. Ma non è così! Non è l'uomo che stabilisce quando morirà, come non è l'uomo che stabilisce quando un certo problema deve risolversi come vuole lui. È il Signore che opera tutte le cose secondo la decisione della Sua volontà! Per esempio, leggiamo in 1Samuele 2:6-8 “6 Il SIGNORE fa morire e fa vivere; fa scendere nel soggiorno dei morti e ne fa risalire. 7 Il SIGNORE fa impoverire e fa arricchire, egli abbassa e innalza. 8 Alza il misero dalla polvere e innalza il povero dal letame, per farli sedere con i nobili, per farli eredi di un trono di gloria; poiché le colonne della terra sono del SIGNORE e su queste ha poggiato il mondo.” (1Sam 2:6-8) E' il Signore che determina le cose, tramite le nostre preghiere, non noi! Allora, qual è il senso di Giovanni 14:13, quando Gesù dichiara:    “e quello che chiederete nel mio nome, lo farò” (Giov 14:13)? Per capire bene questa verità, dobbiamo leggere non solo questa frase, ma tutto il suo contesto. Cosa significa “nel mio nome”? Dobbiamo capire il senso della frase, “nel mio nome”. Dobbiamo anche capire il motivo che ci spinge a pregare nel nome di Gesù. Gesù stesso ci spiega questa motivazione. Infine, dobbiamo capire altre condizioni che la Bibbia ci dà per poter pregare. Molto spesso, un brano non insegna tutta la verità biblica di un certo argomento, e deve essere considerato insieme ad altri brani. Quindi, qual è il senso della frase: “nel mio nome?” Chiedere “nel nome di Gesù” non è una formula magica che, aggiunta ad una preghiera, costringe Dio ad esaudirci. A quel punto, Dio sarebbe il nostro servo, e noi saremo i sovrani. Ma non è così! Pregare “nel nome di Gesù” non è una frase che si aggiunge a qualsiasi preghiera, per garantire che Dio farà come Gli abbiamo chiesto. Invece significa almeno due cose: 1. chiedere per i Suoi meriti Prima di tutto, pregare nel nome di Gesù significa pregare per i Suoi meriti, riconoscendo che noi non ne abbiamo. Nessun di noi merita alcuna cosa buona da Dio. Quindi, dobbiamo chiedere per i meriti di Gesù. Se chiedo un favore al mio migliore amico, lo chiedo nel mio proprio nome, cioè riconoscendomi degno, visto che sono il SUO migliore amico, che mi venga fatto questo favore. Però, se devo chiedere un grande favore all'amico del mio amico, che non conosco personalmente, so di non meritare da lui nulla (visto che non mi conosce), e perciò, non gli chiedo nel mio nome, ma gli chiedo nel nome del mio amico. Allora, chiedere nel nome di Gesù necessariamente implica un cuore umile. Chi chiede nel nome di Gesù SA che, per conto suo, non merita nulla da Dio. Perciò, questa consapevolezza della propria insufficienza cambia anche la richiesta stessa. Infatti chi sa di non aver nessun merito, non pretende nulla, e non considera Dio come Colui che esiste per esaudire i nostri desideri. Sa che Dio è sovrano, e va ai piedi di Dio umilmente, pronto ad essere sottomesso alla Sua volontà. Tutti questi sono aspetti del pregare nel nome di Gesù. 2. chiedere secondo la volontà di Gesù Dobbiamo però considerare anche una seconda verità estremamente importante nel fatto di chiedere nel nome di Gesù. Chiedere nel nome di Gesù significa anche chiedere secondo la Sua volontà, non la nostra. È importantissimo capire questo principio. Ripeto: chiedere nel nome di Gesù significa chiedere secondo la SUA volontà, non la nostra. Un soldato semplice, che porta gli ordini dati dal comandante agli altri, chiede nel nome del comandante. Non chiede quello che vuole lui, chiede quello che è la volontà del comandante. Infatti, se dovesse chiedere quello che vuole lui, usando il nome del comandante per ottenerla, sarebbe colpevole di un grave reato. In 1Giovanni 5:14,15, leggiamo una chiara spiegazione di quali sono le preghiere che Dio esaudirà. Leggiamo. “14 Questa è la fiducia che abbiamo in lui: che se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce. 15 Se sappiamo che egli ci esaudisce in ciò che gli chiediamo, noi sappiamo di aver le cose che gli abbiamo chieste.” (1Giov 5:14-15) Avete notato la frase: “se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce”? Chiedere nel nome di Gesù DEVE essere secondo la SUA volontà, non la nostra. Quindi, se preghiamo per ottenere qualcosa che desideriamo tantissimo, ma se non è la volontà di Dio, non possiamo chiederla nel nome di Gesù. Se preghiamo per quello che vogliamo noi, e aggiungiamo le parole, “nel nome di Gesù”, siamo come i pagani, usando quelle parole come un talismano, cercando di controllare Dio. Quindi, ricordiamo che chiedere nel nome di Gesù significa chiedere con umiltà, sapendo di non meritare alcuna cosa buona da Dio, e questo atteggiamento ci aiuta ad accettare qualsiasi cosa che Egli ci darà. Significa anche chiedere secondo la volontà di Cristo, non seconda la nostra volontà. Affinché il Padre sia glorificato Allora, qual è il senso di Giovanni 14:12-14? Per capire correttamente questo brano, dobbiamo leggerlo tutto, e leggere anche il suo contesto. “12 In verità, in verità vi dico che chi crede in me farà anch’egli le opere che faccio io; e ne farà di maggiori, perché io me ne vado al Padre; 13 e quello che chiederete nel mio nome, lo farò; affinché il Padre sia glorificato nel Figlio. 14 Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.” (Giov 14:12-14) Notiamo che le richieste che facciamo qua sono legate al fare opere per la gloria di Dio, e infatti, il MOTIVO per cui Gesù ci esaudisce è per glorificare il Padre. Gesù non risponde ad ogni nostra richiesta. Risponde se la richiesta glorificherà il Padre. Infatti, in Giacomo 4:2-4 leggiamo: “2 Voi bramate e non avete; voi uccidete e invidiate e non potete ottenere; voi litigate e fate la guerra; non avete, perché non domandate; 3 domandate e non ricevete, perché domandate male per spendere nei vostri piaceri. 4 O gente adultera, non sapete che l’amicizia del mondo è inimicizia verso Dio? Chi dunque vuol essere amico del mondo si rende nemico di Dio.” (Giacomo 4:2-4) Non avete perché non domandate, ovvero, perché non pregate, e se domandate spesso non ricevete, perché domandate per spendere nei vostri piaceri. Quando chiediamo per ottenere quella che è la nostra volontà, Dio non risponde. Torniamo agli esempi che ho dato all'inizio di questo studio. Pensiamo all'uomo che lavora in proprio e la sua attività comincia ad andare molto male, e si ritrova con tanti debiti. Egli prega Dio affinché salvi la sua attività. Sta pregando affinché Dio risolva i suoi problemi. Non sta cercando la gloria di Dio. Nell'esempio del genitore che ha un figlio che spiritualmente cammina male (che è ribelle), quel credente chiaramente vuole che suo figlio sia salvato. È buono pregare per la salvezza dei nostri cari. Però, in un certo senso, quella preghiera può essere anche un frutto di egoismo, perché quel genitore non sta cercando per prima cosa la gloria di Dio. Non gli pesa il fatto che tanti altri genitori hanno figli ribelli. Egli vuole che SUO figlio sia salvato. Sta pensando, in fin dei conti, a se stesso. Poi ho fatto l'esempio del credente con il figlio con una grave malattia. Il genitore vuole che il figlio sia guarito, perché vuole il piacere di goderlo per tanti anni ancora. Però, nemmeno questa richiesta è cercare la gloria di Dio. È una preghiera per non dover subire la sofferenza della morte di una persona cara.    Poi c'era il credente che chiedeva l'intervento di Dio affinché potesse comprare la casa che gli piaceva tanto. Anche qua, il credente sta cercando di ottenere da Dio quello che sarebbe il suo gradimento. Non sta cercando in primo luogo la gloria di Dio. Quindi, non dobbiamo credere la terribile menzogna che basta pregare aggiungendo la frase “nel nome di Gesù” e possiamo essere sicuri che Dio ci darà quello che Gli chiediamo. Chiedere nel nome di Gesù significa chiedere che sia fatta la Sua volontà e significa anche farlo con un cuore umile, che quindi cerca non il proprio comodo, ma la gloria di Dio. Un brutto risultato Che cosa succede, quando uno crede la menzogna che Dio esaudirà qualsiasi sua richiesta? Quando Dio NON esaudisce quella preghiera, la fede di quel credente viene fortemente scossa. Egli sta molto male, e solitamente, o cade in grave depressione spirituale, oppure, si arrabbia con Dio. Perciò credendo a quella menzogna quel credente rimane deluso di Dio. Giov. 15:5-7,16 Quindi, è importante capire il senso vero dei principi di Giovanni 14. Per capire meglio questo discorso, esaminiamo qualche altro brano in cui Gesù parla della preghiera. Questi brani fanno parte del contesto di Giovanni 14. Giovanni 15:5-7 “5 Io sono la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro, porta molto frutto; perché senza di me non potete far nulla. 6 Se uno non dimora in me, è gettato via come il tralcio, e si secca; questi tralci si raccolgono, si gettano nel fuoco e si bruciano. 7 Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi, domandate quello che volete e vi sarà fatto.” (Giov 15:5-7) Qui, Gesù insegna che dobbiamo dimorare in Lui, e che lo scopo è affinché possiamo portare molto frutto. Poi, Egli dichiara che solamente se dimoriamo in Lui e se le sue parole dimorano in noi, sarà fatto quello che domandiamo. Questa è una condizione importantissima. “Dimorare in Cristo” significa essere in una condizione di umiltà, di santità di vita e di sottomissione alla sua volontà. Quando le parole di Cristo dimorano in noi, esse ci esortano a conoscere e a seguire la Parola di Dio. Quindi, non viviamo più per la nostra volontà, ma per la sua. Solamente se ci ritroviamo in questa condizione possiamo domandare a Dio quello che vogliamo e ci sarà fatto, perché significherà che domanderemo quella che è la volontà di Dio. Un altro versetto importante è Giovanni 15:16 “Non siete voi che avete scelto me, ma sono io che ho scelto voi, e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; affinché tutto quello che chiederete al Padre, nel mio nome, egli ve lo dia.” (Giov 15:16) Gesù risponde alle nostre preghiere quando servono per portare frutto che rimane in eterno. Ostacoli alle nostre preghiere È importante menzionare alcuni ostacoli alle nostre preghiere. L'orgoglio Una cosa che ostacola sempre la preghiere è l'orgoglio. Se abbiamo orgoglio, Dio si allontana da noi. “Il SIGNORE è vicino a quelli che hanno il cuore afflitto, salva gli umili di spirito.” (Sal 34:18) Quando abbiamo orgoglio non confessato, Dio resta lontano da noi. Possiamo fare bella figura davanti agli altri, possiamo apparire di essere zelanti, possiamo pregare tanto, ma sarà tutto inutile, tutto invano. Fino a quando non confessiamo il nostro orgoglio, Dio resterà lontano da noi. Mancanza di fede Un altro ostacolo alle nostre preghiere è la mancanza di fede, come leggiamo in Giacomo 1. “5 Se poi qualcuno di voi manca di saggezza, la chieda a Dio che dona a tutti generosamente senza rinfacciare, e gli sarà data. 6 Ma la chieda con fede, senza dubitare; perché chi dubita rassomiglia a un’onda del mare, agitata dal vento e spinta qua e là. 7 Un tale uomo non pensi di ricevere qualcosa dal Signore,” (Giac 1:5-7) Questo brano ci insegna l'importanza della fede. Chiaramente, dobbiamo ricordare le altre verità che abbiamo visto. Se prego qualcosa che non è secondo la volontà di Dio, posso avere la fede più grande del mondo, ma Dio non mi risponderà. Però, dall'altro lato, quando preghiamo secondo la volontà di Dio, è importante avere fede in Dio. Così, Dio viene glorificato, e noi saremo edificati. La Preghiera fatta con egoismo Abbiamo già menzionato prima che Dio non risponde alle preghiere fatte con egoismo, cioè, alle preghiere attraverso le quali vogliamo ottenere qualcosa NON per la gloria di Dio, ma perché è il nostro desiderio. Questo è ciò che ci dice Giacomo 4, quando parla delle preghiere fatte per spendere nei piaceri. Dobbiamo pregare, invece, per la gloria di Dio. Come conoscere la volontà di Gesù Visto che la preghiera che Dio esaudisce è quella preghiera fatta secondo la sua volontà, come possiamo sapere qual'è la volontà di Dio? Dio ci ha già rivelato molto della sua volontà, e ci insegna anche il modo in cui pregare quando non la conosciamo. Prima di tutto, come dobbiamo pregare quando non siamo sicuri della volontà di Dio? Sappiamo quasi sempre quello che vorremmo noi, ma come dobbiamo pregare quando non siamo sicuri della volontà di Dio? Gesù stesso ci dà un esempio di come pregare in questi casi in Matt. 26:39; Marco 14:36; Luca 22:42. Leggo da Matteo. “E, andato un po’ più avanti, si gettò con la faccia a terra, pregando, e dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non come voglio io, ma come tu vuoi».” (Mat 26:39) Nella sua umanità, Gesù non voleva affrontare la sofferenza che sapeva di dover subire sulla croce. Però, il suo desiderio più forte rispetto al non voler subire quelle sofferenze, fu quello di voler fare la volontà del Padre. Quindi, ha esposto a Dio il suo desiderio, ma chiese che fosse fatta la volontà di Dio. Ed è così che anche noi dobbiamo pregare, quando non conosciamo con certezza la volontà di Dio in una certa situazione. Certamente possiamo portare tutti i nostri pesi a Dio, e anche dirGli quello che sarebbe il nostro desiderio, però poi dobbiamo confidare nella sua perfetta saggezza, e chiedere che sia fatta la Sua volontà. Conclusione La preghiera è una parte essenziale della vita cristiana e della nostra crescita. La preghiera è la nostra comunicazione con Dio, mentre lo studio della Bibbia è ascoltare Dio che ci parla. E importante pregare, però, è importante pregare nel modo che Dio stabilisce, per le cose giuste. L'unico vero accesso a Dio che abbiamo è quello per mezzo di Gesù, per merito di Cristo. Non solo, ma dobbiamo pregare secondo la SUA volontà, non secondo la nostra. Quando non siamo sicuri della volontà di Dio, è importante accettare la sua volontà, anche se è il contrario di quello che vorremmo noi. Infatti noi non sappiamo qual è la cosa migliore. Dobbiamo avere fede che la volontà di Dio è la cosa perfetta, anche se non siamo in grado di capire tutto quello che Dio sta facendo. Preghiamo, chiedendo che la volontà perfetta di Dio sia fatta! Preghiamo poi con fede, fede che Dio ci ascolta e ci esaudisce sempre, secondo la sua perfetta volontà. Non dimentichiamo che la preghiera non serve solo per fare richieste a Dio. Anche il ringraziamento ne è una parte molto importante. Inoltre, la preghiera serve anche per confessare i nostri peccati. E serve poi principalmente per chiedere che Dio sia glorificato. Le nostre richieste dovrebbero sempre essere per la gloria di Dio. Oh che possiamo diventare un popolo che prega sempre di più, non vedendo Dio come un servo celeste che esiste per darci quello che vogliamo noi, ma essendo spinti dal desiderio di vedere il nostro grande Dio glorificato! La nostra vera gioia, quella che ci riempirà per tutta l'eternità, consisterà nel vedere Dio glorificato. Quindi, che la gloria di Dio sia il desiderio del nostro cuore! Marco deFelice "Questa è la fiducia che abbiamo in lui: che se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce. Se sappiamo che egli ci esaudisce in ciò che gli chiediamo, noi sappiamo di aver le cose che gli abbiamo chieste" (1 Giovanni 5:14-15) «Ti è piaciuto questo articolo? Non perderti i post futuri seguendoci»

    • Abramo era giudeo?

    • Un unico eletto

    • Vicini alla fine

    • Il quasi cristiano

giovedì 16 maggio 2013
Unknown

Il mistero più grande

Gesù Bambino
Non c'è da stupirsi se le persone riflessive trovano che l'Evangelo di Gesù Cristo sia difficile da credersi, perché la realtà di cui si occupa va al di là della comprensione umana. Ma è triste il fatto che tanti rendono la fede ancor più ardua di quanto sia in realtà, trovando delle difficoltà nei punti sbagliati.

Prendiamo l'espiazione ad esempio. Molti hanno problemi a riguardo. Come si fa a credere, essi chiedono, che la morte di Gesù di Nazaret - un uomo solo, che spirò su una forca romana - fece piazza pulita dei peccati di tanti? Come può quella morte avere una valenza oggi per il perdono di Dio dei nostri peccati?

Oppure, prendiamo la risurrezione, che pare essere un vera pietra d'inciampo per molti. Come si può credere, essi domandano, che Gesù risuscitò fisicamente dai morti? D'accordo, è difficile negare che la tomba fosse vuota - ma non è ancor più difficile credere che Gesù ne uscì con una vita corporale eterna? Non è più facile dar credito a teorie tipo un temporaneo ritorno alla vita dopo una perdita di sensi o il trafugamento del corpo, anziché alla dottrina cristiana della risurrezione?

O ancora, prendiamo la nascita verginale, che fra i protestanti di questo secolo è stata ampiamente negata, la gente chiede come si fa a credere a una simile anomalia biologica.

Oppure prendiamo i miracoli riportati negli Evangeli; sono in molti a trovare delle difficoltà in questo aspetto. Ammesso, dicono, che Gesù abbia operato delle guarigioni (di fronte all'evidenza dei fatti è difficile dubitarne, e in ogni modo la storia ha conosciuto altri guaritori), come si può però credere che Egli abbia camminato sull'acqua, o dato da mangiare a cinquemila persone, o risuscitato dei morti? Storie del genere sono certamente a dir poco incredibili. A causa di questi e altri simili problemi, molte menti ai margini della fede si sentono oggi profondamente perplesse.

DIO INCARNATO

In realtà, la vera difficoltà, il mistero supremo che l'Evangelo ci presenta, non si trova affatto in queste cose accennate sopra. Risiede, non nel messaggio di espiazione del tradizionale "venerdì santo" né nel messaggio di risurrezione del giorno di Pasqua, ma piuttosto nel messaggio natalizio dell'incarnazione. La dichiarazione cristiana veramente sconvolgente è che Gesù di Nazareth era Dio fattosi uomo — che la seconda persona della Divinità divenne "il secondo uomo" (I Corinzi 15:47), determinando il destino umano, il secondo capostipite rappresentativo della razza, e che Egli rivestì l'umanità senza perdere la deità, così che Gesù di Nazareth era veramente e completamente divino nella stessa misura in cui era umano.

Ecco due misteri in uno: la pluralità delle persone all'interno dell'unità di Dio, e l'unione della divinità e dell'umanità nella persona di Gesù. È qui, in ciò che avvenne in quella nascita, che risiedono le profondità più abissali e insondabili della rivelazione cristiana.

"E la Parola divenne carne" (Giovanni 1:14); Dio divenne uomo; il Figlio di Dio diventò un ebreo; l'Onnipotente apparve sulla terra sotto le spoglie di un bimbo umano indifeso, incapace di fare altro che stare coricato, sgranare gli occhi, agitarsi e far sentire la propria voce; un neonato bisognoso di essere nutrito, cambiato, ammaestrato come un qualsiasi altro bambino. E in questo non c'erano né illusione né inganno: l'infanzia del Figlio di Dio fu una realtà. Più ci si pensa, più la cosa diventa sconvolgente.

Ecco la vera "pietra d'inciampo" del Cristianesimo. È qui che hanno fallito ebrei, musulmani, unitariani (o anti-trinitariani), testimoni di Geova, e molti di coloro che provano le difficoltà succitate (vale a dire, la nascita verginale, i miracoli, l'espiazione e la risurrezione). È dalla miscredenza o da una fede come minimo inadeguata intorno all' incarnazione che di solito sorgono difficoltà anche su altri punti del racconto evangelico.

Ma una volta che l'incarnazione è capita come una realtà, queste altre difficoltà scompaiono. Se Gesù non fosse stato altro che un uomo fuori del comune e particolarmente pio, la difficoltà a credere in ciò che il Nuovo Testamento ci dice della Sua vita incredibile e delle Sue opere straordinarie sarebbe davvero enorme.

Ma se Gesù era effettivamente la Parola eterna, l'agente del Padre nella creazione, "mediante il quale ha pure creato l'universo" (Ebrei 1:2), non c'è da stupirsi se nuovi atti di potenza creativa contrassegnarono la Sua venuta su questa terra, la Sua vita su di essa, e la Sua uscita da essa. Non è cosa strana che Egli, l'autore della vita, risorgesse dai morti. Se Gesù era effettivamente Dio Figlio, è ben più sorprendente il fatto che Egli dovesse morire, piuttosto che risuscitare. E' un vero mistero! L'immortale muore...

E se l'immortale Figlio di Dio accettò davvero di gustare la morte, non è strano che tale morte avesse un significato di salvezza per una razza destinata alla perdizione. Una volta ammessa la divinità di Gesù, diventa irragionevole trovare difficoltà in una di queste cose; c'è una coerenza completa, tutto combacia perfettamente. L'incarnazione è di per sé un mistero insondabile, ma dà un senso a tutto il resto che è contenuto nel Nuovo Testamento.

CHI È QUESTO BAMBINO?

Gli Evangeli di Matteo e Luca ci dicono abbastanza dettagliatamente come il Figlio di Dio venne in questo mondo. Egli nacque fuori da alberghi in un oscuro paesino della Giudea nei giorni gloriosi dell'Impero Romano. Di solito la storia riceve qualche abbellimento quando la si racconta a Natale; in realtà, è piuttosto terribile e crudele. Il motivo per cui Gesù nacque fuori dell'albergo è che esso era pieno, e nessuno era disposto a offrire un letto a una donna partoriente; così, Maria fu costretta a far nascere il bambino in una stalla e a deporlo in una mangiatoia. La storia è narrata spassionatamente e senza commenti, ma nessun lettore attento può fare a meno di rabbrividire di fronte alla descrizione d'insensibilità e di degradazione che essa tratteggia.

Tuttavia, gli Evangelisti non riferiscono il racconto per trarne degli insegnamenti morali. Per loro, il punto centrale di questa storia non consiste nelle circostanze della nascita (se si eccettua il fatto che, essendo avvenuta a Betleem, essa adempì la profezia, vedi Matteo 2:1-6), ma è piuttosto nell'identità del neonato.

A questo riguardo, il Nuovo Testamento ci comunica due pensieri. Li abbiamo già accennati, ora esaminiamoli più dettagliatamente.

1. Il bimbo nato a Betleem era Dio

Più precisamente, per usare il linguaggio biblico, Egli era il Figlio di Dio, o, come regolarmente ne parla la teologia cristiana, Dio Figlio. Il Figlio, si noti, non un Figlio: Giovanni, per accertarsi che i suoi lettori capiscano l'unicità di Gesù, afferma per ben quattro volte nei primi tre capitoli del suo Evangelo che Egli era l'unigenito o l'unico Figlio di Dio (vedi Giovanni 1:14,18; 3:16,18). Di conseguenza, la Chiesa cristiana fa questa confessione: "Credo in Dio Padre... e in Gesù Cristo, Suo unico Figlio, nostro Signore".

Un momento, l'affermazione che Gesù è il Figlio di Dio significa forse che in realtà vi sono due dèi? Il Cristianesimo è dunque politeistico, come sostengono ebrei e maomettani? O forse l'espressione "Figlio di Dio" implica che Gesù, benché in una categoria tutta Sua fra gli esseri creati, non fosse personalmente divino nello stesso senso del Padre? Nella chiesa primitiva, gli ariani erano di questo ultimo avviso; ai giorni nostri, gli unitariani, i Testimoni di Geova e altri ancora sono sulla stessa linea. Ma è giusto? Che cosa intende dire veramente la Bibbia quando chiama Gesù il Figlio di Dio?

Queste domande hanno suscitato delle perplessità in alcuni, ma il Nuovo Testamento non ci lascia nel dubbio per quanto riguarda le risposte da dare. A livello di principio, queste domande furono tutte poste e risolte dall'apostolo Giovanni nel prologo del suo Evangelo. Egli scriveva, a quanto pare, per lettori di estrazione tanto ebraica quanto greca. E Giovanni ci dice che "queste cose sono state scritte, affinché crediate che Gesù è il Figlio di Dio, e affinché, credendo, abbiate vita nel suo nome" (Giovanni 20:31). Per tutto l'Evangelo, l'apostolo presenta Gesù come Figlio di Dio.

Tuttavia, Giovanni sapeva che l'espressione "Figlio di Dio" era danneggiata da associazioni fuorvianti nella mente dei suoi lettori. La teologia ebraica l'adoperava come appellativo per l'atteso Messia (umano). La mitologia greca parlava di molti "figli di dèi", ovvero super-uomini nati dall'unione fra un dio e una donna. In nessuno dei due casi l'espressione comunicava l'idea di deità personale; anzi, la escludevano entrambi. Giovanni voleva essere certo che, quando scriveva di Gesù come Figlio di Dio, non sarebbe stato capito (o mal capito) in questi due sensi, e voleva che fosse chiaro fin dall'inizio che la condizione di Figlio che Gesù reclamava, e che i cristiani gli attribuivano, era proprio una questione di deità personale e nulla di meno.

Osserviamo quanto accurata e convincente sia la spiegazione di questo tema da parte di Giovanni. Nelle prime frasi del suo Vangelo egli non usa il termine "Figlio", ma parla innanzi tutto di “Parola”. Non c'era pericolo che nascessero dei malintesi; i lettori dell'Antico Testamento avrebbero colto subito il riferimento. La Parola di Dio nell'Antico Testamento è la Sua espressione creativa, la Sua potenza in azione, che adempie il Suo disegno. L'Antico Testamento descriveva la Parola di Dio, cioè l'effettiva dichiarazione del Suo proposito, come avente potenza in sé stessa per realizzare la cosa determinata. Genesi 1 ci dice come all'atto della creazione Dio disse: "Sia... e... fu" (Genesi 1:3). "I cieli furono fatti dalla parola del Signore... Egli parlò, e la cosa fu" (Salmo 33:6,9). La Parola di Dio è dunque Dio all'opera.

Giovanni riprende questa figura e procede dicendoci sette cose intorno alla Parola divina.

  1. "Nel principio era la Parola" (v. 1). Ecco l'eternità della Parola. Non ebbe un inizio; quando altre cose ebbero inizio, la Parola era.
  2. "La Parola era con Dio" (v. 1). Ecco la personalità della Parola. La potenza che adempie i disegni di Dio è la potenza di un essere personale distinto, che sta in un eterno rapporto di attiva comunione con Dio (questo è il significato della frase).
  3. "Ogni cosa è stata fatta per mezzo di lei" (v. 3). Qui la Parola crea, in quanto agente del Padre in ogni atto creativo operato dal Padre. Tutto ciò che fu creato, fu creato per mezzo di lei. (Ecco, a proposito, un'ulteriore prova che la Parola creatrice non appartiene alla categoria delle cose create, come non vi appartiene il Padre).
  4. "In lei era la vita" (v. 4). Ecco la Parola che dà vita. Non c'è vita fisica nel regno delle cose create, se non in, e tramite, lei. Abbiamo qui la risposta biblica al problema dell'origine e della continuità della vita, in tutte le sue forme: la vita è data e mantenuta dalla Parola. Le cose create non hanno vita in sé stesse, ma hanno vita nella Parola, la seconda persona della Divinità.
  5. "E la vita era la luce degli uomini" (v. 4). Qui abbiamo la Parola che rivela. Nel dare la vita, essa dà anche la luce; cioè, ogni essere umano riceve delle indicazioni di Dio dal fatto stesso di essere vivo nel mondo di Dio, e ciò, oltre al fatto di essere vivo, è dovuto all'opera della Parola.
  6. "E la Parola è diventata carne" (v. 14). Qui la Parola è incarnata. Il neonato nella mangiatoia di Betleem era l'eterna Parola di Dio.

E ora, dopo averci mostrato chi e che cosa è la Parola (cioè, una Persona divina, autrice di tutte le cose), Giovanni ne dà un'identificazione. La Parola, egli dice, fu rivelata attraverso l'incarnazione come Figlio di Dio. "E noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre" (v. 14). L'identificazione è confermata dal v. 18: "L'unigenito Figliuolo, che è nel seno del Padre..." (Versione Riveduta). Così, Giovanni stabilisce il punto a cui mirava fin dall'inizio: ora ha reso ben chiaro ciò che vuol dire chiamare Gesù il Figlio di Dio. Il Figlio di Dio è la Parola di Dio; noi intendiamo che cosa sia la Parola; bene, ecco che cos'è il Figlio. Questo è il messaggio del Prologo.

Perciò, quando la Bibbia proclama Gesù come Figlio di Dio, l'affermazione è intesa come un'asserzione della Sua distinta, personale deità. Il messaggio del Natale poggia sul fatto sconvolgente che il bambino nella mangiatoia era Dio. Ma questa non è che la metà della storia.

2. Il bimbo nato a Betleem era Dio fatto uomo

La Parola era diventata carne: un vero bimbo umano. Egli non aveva cessato di essere Dio; non era meno Dio di quanto lo fosse prima; ma aveva cominciato a essere uomo.

Egli ora non era Dio meno alcuni elementi della Sua deità, bensì Dio più tutto ciò che aveva fatto proprio, rivestendosi dell'umanità. Colui che aveva creato l'uomo imparava adesso che cosa si prova a essere uomini. Colui che aveva creato l'angelo che poi divenne il diavolo, si trovava ora nella condizione — inevitabile — di essere tentato dal diavolo; e la perfezione della Sua vita umana fu raggiunta soltanto mediante il conflitto con il diavolo. La Lettera agli Ebrei, guardando a Lui nella Sua gloria dopo l'ascensione, trae grande consolazione da questo fatto. "Egli doveva diventare simile ai suoi fratelli in ogni cosa... Infatti, poiché egli stesso ha sofferto la tentazione, può venire in aiuto di quelli che sono nella prova... Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, poiché egli stesso è stato tentato come noi in ogni cosa, senza commettere peccato. Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovar grazia e così essere soccorsi al momento opportuno" (Ebrei 2:17 e seguenti; 4:15 e seguenti).

Il mistero dell'incarnazione è insondabile. Non possiamo spiegarlo; possiamo soltanto formularlo. E forse non è mai stato espresso tanto bene quanto nelle parole del Credo Atanasiano: "Il nostro Signore Gesù Cristo, il Figlio di Dio, è ugualmente Dio e uomo... perfettamente Dio e perfettamente uomo... Benché egli sia Dio e anche uomo, è un Cristo solo, non due. Egli è uno, tuttavia, non per mezzo di una conversione in carne della sua deità, ma piuttosto attraverso l'assunzione della sua forma umana". La nostra mente non può andare oltre. Quel che vediamo nella mangiatoia è, per usare le parole di C. Wesley: Our God contracted to a span; incomprehensibly made man (Il nostro Dio ridotto a una spanna, incomprensibilmente fatto uomo).

"Incomprehensibly", cioè, incomprensibilmente: faremo bene a ricordarci di questo, evitando speculazioni e adorando con gioia.

NATO PER MORIRE

Che cosa pensare dell'incarnazione? Il Nuovo Testamento c'incoraggia ad adorare Dio per l'amore dimostrato nel farsi uomo. Questo fu infatti un grande atto di condiscendenza e auto-umiliazione. "Colui che per natura era sempre stato Dio", scrive Paolo, "non si aggrappò alle Sue prerogative di essere uguale a Dio, ma si spogliò di tutti i Suoi privilegi, acconsentendo a essere schiavo per natura e nascendo come un comune mortale. E, diventato uomo, umiliò Sé stesso vivendo in assoluta obbedienza, fino alla morte e alla morte di croce come un criminale" (Filippesi 2:6 e seguenti - parafrasi). E tutto questo, per la nostra salvezza.

Il significato cruciale della culla di Betleem risiede nella sua collocazione all'interno delle tappe che condussero il Figlio di Dio alla croce sul Calvario, e non riusciremo a capirlo finché non lo considereremo in questo contesto. Il testo chiave nel Nuovo Testamento per interpretare l'incarnazione non è, quindi, la semplice affermazione contenuta in Giovanni 1:14 "La Parola è diventata carne e ha abitato per un tempo tra di noi", ma è piuttosto l'asserzione più esauriente di II Corinzi 8:9 "Infatti voi conoscete la grazia del nostro Signore Gesù Cristo il quale, essendo ricco, si è fatto povero per amor vostro, affinché, mediante la sua povertà, voi poteste diventar ricchi".

RESO INFERIORE A DIO?

Qui, però, dobbiamo fare una pausa per esaminare un uso diverso che alcuni fanno dei testi paolini che abbiamo citato prima. In Filippesi 2:7 nella parafrasi di prima "si spogliò di tutti i Suoi privilegi" oppure secondo altre traduzioni "si privò di ogni reputazio-ne" oppure "annichilì sé stesso", come nelle versioni italiane Diodati e Riveduta o "spogliò sé stesso" della Nuova Riveduta vuol dire letteralmente "si svuotò". Questa espressione, si chiede, accanto all'affermazione di II Corinzi 8:9, secondo cui Gesù "si è fatto povero", non getta forse un po' di ombra sulla natura dell'incarnazione stessa? Non implica che, nel Suo farsi uomo, era compresa una certa diminuzione della deità del Figlio?

Questa è la cosiddetta "teoria della kénosis"; kénosis è un termine greco, che significa "svuotamento". L'idea che sta dietro questa teoria in tutte le sue forme è che, per poter essere completamente umano, il Figlio dovette rinunciare ad alcune delle Sue qualità divine, altrimenti non avrebbe potuto partecipare all'esperienza di essere limitato nello spazio, nel tempo, nella conoscenza e nella consapevolezza, il che è essenziale per una vita veramente umana.

La teoria è stata formulata in modi diversi.

Alcuni hanno asserito che il Figlio si spogliò soltanto dei Suoi attributi "metafisici" (onnipotenza, onnipresenza, onniscienza), conservando quelli "morali" (giustizia, santità, veracità, amore).

Altri hanno sostenuto che, nel farsi uomo, Egli rinunciò a tutti i suoi poteri specificamente divini e anche alla Sua autocoscienza divina (che, poi, ri-acquisì nel corso della Sua esistenza terrena).

In Inghilterra, chi per primo accennò alla "teoria della kénosis" fu il vescovo Gore nel 1889, ma la "teoria della kénosis" non durerà. Prima di tutto, perché è una speculazione alla quale i testi presi a sostegno non sono sufficienti a supportarla: quando Paolo parla del Figlio che spogliò Sé stesso e si fece povero, risulta dal contesto che si tratta di una deposizione, ma non dei poteri e degli attributi divini, bensì della gloria e della dignità divine, "la gloria che avevo presso di te prima che il mondo esistesse" - dirà Gesù nella famosa “preghiera sacerdotale” in Giovanni 17:5. Le versioni di Filippesi 2:7 che figurano in varie traduzioni sono quindi interpretazioni corrette del pensiero di Paolo e non c'è appoggio scritturale all'idea del Figlio che rinuncia a un qualche aspetto della Sua deità.

Il Nuovo Testamento è chiaro ed enfatico nel sottolineare l'onnipotenza, l'onnipresenza e l'onniscienza del Cristo risorto (Matteo 28:18,20; Giovanni 21:17; Efesini 4:10).

Inoltre, Cristo dichiarò in termini esaurienti e categorici che tutto il Suo insegnamento era da Dio, e che Egli era il messaggero di Suo Padre. "La mia dottrina non è mia, ma di Colui che mi ha mandato... Dico queste cose come il Padre mi ha insegnato... Io non ho parlato di mio; ma il Padre, che mi ha mandato, mi ha comandato Lui quello che devo dire... Le cose dunque che io dico, le dico così come il Padre le ha dette a me" (Giovanni 7:16; 8:28; 12:49,50).

È vero anche che la conoscenza di Gesù delle cose umane e divine era talvolta limitata, infatti in alcune occasioni Egli chiese delle informazioni del tipo "Chi mi ha toccato le vesti?... Quanti pani avete?" (Marco 5:30; 6:38) e dichiarò d'ignorare, alla pari degli angeli, il giorno stabilito per il Suo ritorno (Marco 13:32). Ma in altre circostanze manifestò una conoscenza soprannaturale. Egli conosceva il torbido passato della donna samaritana (Giovanni 4:17e seguenti). Sapeva che quando Pietro sarebbe andato a pescare, il primo pesce catturato avrebbe avuto una moneta in bocca (Matteo 17:27). Sapeva pure, senza che nessuno Lo avesse informato, che Lazzaro era morto (Giovanni 11:11-13). Similmente, di tanto in tanto mostrò di possedere una potenza soprannatura-le operando miracoli di guarigione, sfamando le folle, risuscitando i morti.

L'impressione che gli Evangeli dànno di Gesù non è che Egli fosse interamente spoglio di conoscenza e di potenza divine, ma piuttosto che attingesse da entrambe in maniera saltuaria, accontentandosi di non farlo per gran parte del tempo. In altri termini, l'impressione che se ne ricava è, non tanto quella di una deità ridotta, quanto piuttosto di capacità divine volutamente non usate.

Come considerare questo "contenersi" di Gesù? Certamente, nei termini della verità a cui l'Evangelo di Giovanni dà molta importanza: la completa sottomissione del Figlio alla volontà del Padre. Sappiamo bene che negli Evangeli il Figlio appare come una persona divina non indipendente, ma dipendente, una persona che pensa e agisce soltanto e interamente secondo le direttive del Padre. "Il Figlio non può da sé stesso far cosa alcuna... Io non posso far nulla da me stesso" (Giovanni 5:19 e 30), "Sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di Colui che mi ha mandato" (Giovanni 6:38), "Non faccio nulla da me... faccio sempre le cose che Gli piacciono" (Giovanni 8:28,29).

EGLI SI È FATTO POVERO

Ora capiamo che cosa volle dire per il Figlio di Dio spogliare Sé stesso e farsi povero.

Significò accantonamento della gloria (la vera "kénosis"); volontaria limitazione di potenza; accettazione di privazioni, isolamento, maltrattamenti, astio e incomprensioni; e, da ultimo, una morte che comportava un'angoscia - più spirituale che fisica - tale che la sua mente, al solo pensiero, ne era quasi sopraffatta (vedi Luca 12:50 e il racconto del Getsemani).

Significò amore fino all'estremo per uomini per nulla amabili, affinché, “mediante la sua povertà, [essi potessero] diventar ricchi”. Il messaggio vero del Natale è che c'è speranza per un'umanità rovinata - una speranza di perdono, di pace con Dio, di gloria - perché, secondo la volontà del Padre, Gesù Cristo si fece povero e nacque in una stalla, per essere appeso a una croce trent'anni dopo.

È il messaggio più meraviglioso che il mondo abbia mai udito, o mai udrà.


Tratto da: Conoscendo Dio


" Egli è l'immagine dell'invisibile Dio, il primogenito di ogni creatura,  poiché in lui sono state create tutte le cose, quelle che sono nei cieli e quelle che sono sulla terra, le cose visibili e quelle invisibili: troni, signorie, principati e potestà; tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui, Egli è prima di ogni cosa e tutte le cose sussistono in lui."
(Colossesi 1:15-18)
  • Blogger Commenti
  • Facebook Commenti

0 comments:

Posta un commento

Tutti i commenti non inerenti verranno cestinati

Item Reviewed: Il mistero più grande 9 out of 10 based on 10 ratings. 9 user reviews.