Modi di “risolvere” le “dìfficoltà” della Bibbia
Il mondo moderno, quello di cui tutti noi facciamo parte, si sta
allontanando sempre di più dalla concezione biblica del mondo e della
vita. Anche la stessa concezione di Dio, quando oggi si ammette la
Sua esistenza, è generalmente molto diversa, nella sensibilità
popolare, da quella che ci presenta la Bibbia (sia dell'Antico che del
Nuovo Testamento). Si tratta forse di un'evoluzione del pensiero a cui
dobbiamo plaudire? Questo sembrano pensare quelle chiese compiacenti
verso il mondo moderno, che non esitano ad adattare il messaggio
cristiano alla "sensibilità contemporanea" con l'intenzione, conclamata,
di essere "rilevanti". Che siamo di fronte ad uno sviluppo, un
cambiamento, delle idee e delle credenze è indubitabile. Davvero, però,
si tratta di un'evoluzione, nel senso di un "miglioramento" della
concezioni bibliche, di una "migliore comprensione" di Dio, dell'uomo o
della via che porta alla salvezza?
La filosofia evoluzionista, oggi molto diffusa, porta la gente a
pensare che il nuovo sia sempre migliore del vecchio. Non è sempre così.
Non è così nel campo delle idee, della concezione del mondo e della
vita. Nella maggior parte dei casi, infatti, sfruttando l’ignoranza
della storia, oggi vengono fatte passare per “nuove” e “aggiornate” idee
che, di fatto, sono vecchie di millenni, concezioni già presenti
nell’antichità e in concorrenza con la visione biblica del mondo e della
vita. Tornano oggi pure d’attualità e vengono riproposte con
compiacimento “ardite” interpretazioni eterodosse della fede cristiana
che da tempo, però, erano state confutate come insostenibili. Tutto
questo conquista diffusione e popolarità per motivi diversi, non ultimo
dei quali la semplice, e sfacciata convenienza.
Spesso oggi la concezione biblica del mondo e della vita viene
considerata “superata”, solo perché, di fatto, è piuttosto “scomoda”,
sgradita a quello che si ritiene “più conveniente” alle ambizioni umane.
C’è chi nega l’esistenza di Dio e di una legge morale universale da Lui
stabilita e lo cerca di giustificare, perché vorrebbe essere legge e
Dio a sé stesso, “finalmente libero” da queste “imposizioni”. C’è però
anche chi si immagina un Dio bonario fatto solo di “amore”, un Dio che
“accoglie”, non giudica, perdona, salva e “lascia liberi” e che questo
sarebbe “il Dio di Gesù Cristo”, questo il suo “vangelo”. E’ un “dio”
evidentemente molto “conveniente”: non parla di legge e di peccato, è
alieno da colpa e condanne e la sua unica legge sarebbe un non meglio
precisato “amore”. Se però gli dici: “Guarda che la Bibbia non dice
così” e glielo dimostri, la risposta è pronta: “Ah, ma la Bibbia non va
presa alla lettera … la Bibbia va "interpretata"! Sì, “interpretata”,
secondo i nostri comodi! Patetico, non è vero? Eppure ci sono anche
chiese compiacenti che sostengono, teorizzano e promuovono questo modo
di ragionare per essere, a loro dire, “rilevanti” e “in linea con i
tempi”! Se questa non è prostituzione spirituale, non vedo che altro
potrebbe esserlo. Questo, però, non si può dire perché sennò “si
offendono” e ti accusano di quello che per loro è il peccato oggi più
grave, vale a dire quello di “giudicare”!
E’ proprio questa “magnifica” evoluzione culturale che oggi rende
praticamente “incomprensibile” il messaggio del vangelo, quello autentico, quello che ci proviene dal Nuovo Testamento, il “vecchio”
vangelo di Matteo, Marco, Luca, Giovanni, Paolo, Pietro… (in versione
originale, non quello riveduto e corretto, quello “interpretato”). E’
forse “incomprensibile”, però, perché appartiene ad “un contesto
culturale primitivo” e diverso dal nostro, o perché quello, oggi, non ci
è “conveniente”?
Il testo biblico
E’ anche per questo motivo che il testo biblico sottoposto alla
nostra attenzione risulta parecchio “ostico” al nostro attuale contesto
culturale. Non sorprende che oggi molti predicatori lo leggano e poi
discorrano di questioni che ne sono marginali, ne stravolgano il senso,
o, “più onestamente”, semplicemente “parlino d’altro”. Il testo proviene
dal vangelo secondo Giovanni ed è incentrato su Giovanni il Battista
che presenta Gesù di Nazareth come “l’Agnello di Dio” e sulle prime
persone che Lo seguono come Suoi discepoli. Sembra un argomento
piuttosto “innocuo”, ma solo per chi non si rende conto delle sue
implicazioni! Leggiamone il testo in Giovanni 1:29-42: “Il giorno seguente, Giovanni vide Gesù che veniva verso di lui e
disse: «Ecco l'Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo! Questi è
colui del quale dicevo: "Dopo di me viene un uomo che mi ha preceduto,
perché egli era prima di me". Io non lo conoscevo; ma appunto perché
egli sia manifestato a Israele, io sono venuto a battezzare in acqua».
Giovanni rese testimonianza, dicendo: «Ho visto lo Spirito scendere dal
cielo come una colomba e fermarsi su di lui. Io non lo conoscevo, ma
colui che mi ha mandato a battezzare in acqua, mi ha detto: "Colui sul
quale vedrai lo Spirito scendere e fermarsi, è quello che battezza con
lo Spirito Santo". E io ho veduto e ho attestato che questi è il Figlio
di Dio». Il giorno seguente, Giovanni era di nuovo là con due dei suoi
discepoli; e fissando lo sguardo su Gesù, che passava, disse: «Ecco
l'Agnello di Dio!» I suoi due discepoli, avendolo udito parlare,
seguirono Gesù. Gesù, voltatosi, e osservando che lo seguivano, domandò
loro: «Che cercate?» Ed essi gli dissero: «Rabbì (che, tradotto, vuol
dire Maestro), dove abiti?» Egli rispose loro: «Venite e vedrete». Essi
dunque andarono, videro dove abitava e stettero con lui quel giorno. Era
circa la decima ora. Andrea, fratello di Simon Pietro, era uno dei due
che avevano udito Giovanni e avevano seguito Gesù. Egli per primo trovò
suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» (che,
tradotto, vuol dire Cristo); e lo condusse da Gesù. Gesù lo guardò e
disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; tu sarai chiamato Cefa»
(che si traduce «Pietro»)” .
Una designazione fondamentale
L’evangelista continua qui il suo racconto sulla figura ed il
messaggio di Giovanni “il battezzatore” rilevando il modo con il quale
egli espressamente presenta Gesù di Nazareth chiamando tutti a
riconoscerlo ed affidarsi a Lui. A proposito della Persona e della
missione di Gesù, Giovanni battista e, con lui gli scrittori del Nuovo
Testamento, insistono su un unico punto dicendo: «Ecco l'Agnello di Dio,
che toglie il peccato del mondo!” (v.29).
Si tratta di una designazione fondamentale su Gesù radicata
nell’intera millenaria storia e cultura del popolo di Dio. Come dimostra
la storia della chiesa cristiana, non si tratta di un dato accessorio.
Gesù di Nazareth, come “Agnello di Dio” (o in latino “Agnus Dei”) ha
sempre avuto un ruolo importante nel messaggio, nella liturgia e nella
simbologia dell’arte cristiana, dove Egli viene rappresentato come un
agnello che porta una croce.
La designazione di Gesù come “Agnello di Dio” era risultata
perfettamente comprensibile da tutti coloro che, rispondendo a questo
messaggio, avevano cominciato a seguirlo come Suoi discepoli e dei quali
il nostro stesso testo parla. A non comprenderlo più com’era compreso
allora, in tutta la sua importanza, siamo noi che viviamo in un contesto
e quadro culturale diverso. Al massimo, oggi qualcuno potrebbe pensare
alla tradizione di mangiare a Pasqua agnelli arrosto, altri, magari
animalisti e vegetariani, rispondono scandalizzati: “Povere creature!”.
Non comprendere oggi questa designazione, non significa
abbandonarla e cambiarla, come se fosse trascurabile e sostituibile, ma
esige che noi, se non siamo consapevoli del suo significato, visto che è
così essenziale per comprendere l’Evangelo, ci si informi
diligentemente a suo riguardo e debitamente vi rispondiamo. Questa è
pure la funzione della predicazione.
Il concetto di “Agnello di Dio” si fonda su precisi presupposti e
proprio per questo, come dicevamo all’inizio, oggi essi non sono
affatto popolari, anzi, sono contraddetti dal sentire comune. La cosa è
tragica, perché priva la nostra generazione dell’Evangelo stesso! Ecco
perché il messaggio su Gesù come Agnello di Dio è rivoluzionario.
Implica necessariamente il completo cambiamento delle nostre
prospettive, della nostra concezione del mondo! Implica la nostra
conversione, quella alla quale erano pure, allora, chiamati i popoli
diversi, da quello ebraico, a cui giungeva questo messaggio, non meno
estranei di noi, ai suoi presupposti.
Il concetto di Gesù come “Agnello di Dio che toglie il peccato
dal mondo” è la sostanza stessa dell’Evangelo cristiano. Altro che
“adattare” il messaggio alla “sensibilità moderna”! Supporre di poter
modificare il messaggio cristiano “adattandolo” significa di fatto
tradirlo, e tradirlo significa vanificarlo,“rimanere nei nostri peccati”
e perduti!. Domandiamoci chi fa comodo che questo avvenga!
Separati da un muro invalicabile
Il primo presupposto su cui si fonda il messaggio al riguardo
dell’Agnello di Dio è che Dio non è affatto, come qualcuno pensa oggi,
“a portata di mano” o incondizionatamente amichevole e accogliente.
Tutt’altro!
All’antico Israele, e notate bene, persino al Suo popolo eletto,
in un particolare momento della sua storia, Dio dice loro tramite il
profeta: “...le vostre iniquità vi hanno separato dal vostro Dio; i
vostri peccati gli hanno fatto nascondere la faccia da voi, per non
darvi più ascolto. Le vostre mani infatti sono contaminate dal sangue,
le vostre dita dall'iniquità; le vostre labbra proferiscono menzogna, la
vostra lingua sussurra perversità. Nessuno muove causa con giustizia,
nessuno la discute con verità; si appoggiano su ciò che non è, dicono
menzogne,concepiscono il male, partoriscono l'iniquità (...) I loro
piedi corrono al male, essi si affrettano a spargere sangue innocente; i
loro pensieri sono pensieri iniqui, la desolazione e la rovina sono
sulla loro strada. La via della pace non la conoscono, non c'è equità
nel loro procedere; si fanno dei sentieri tortuosi, chiunque vi cammina
non conosce la pace” (Isaia 59:2-8).
Sì, fra noi e Dio c’è un muro divisorio invalicabile e questo
muro è stato eretto dai nostri peccati, dalle nostre trasgressioni alla
Legge morale che Egli ha stabilito su di noi, per il nostro bene,
affinché la praticassimo. Inoltre, anticipando possibili obiezioni,
questo non riguarda solo Israele nel particolare periodo storico in cui
Isaia rivolge loro quelle parole. Questa è, infatti, la descrizione
della condizione umana. L’apostolo Paolo, infatti, riporta stralci di
questo testo nella lettera ai Romani, dove egli descrive l’alienazione
dell’umanità da Dio, la fondamentale corruzione morale e spirituale
dell’umanità, quella che la separa radicalmente da Dio, tanto che si può
parlare dell’umanità, rispetto a Dio, come di una massa condannata,
maledetta e perduta. La Bibbia lo afferma nonostante gli aneliti
religiosi che l’umanità accampa di avere e che tanto valuta, ma che,
agli occhi di Dio, a nulla valgono per venire a capo di questa
situazione. Riascoltiamo le parole dell’Apostolo Paolo al riguardo.
"Che dire dunque? Noi siamo forse superiori? No affatto! Perché
abbiamo già dimostrato che tutti, Giudei e Greci, sono sottoposti al
peccato, com'è scritto: «Non c'è nessun giusto, neppure uno. Non c'è
nessuno che capisca, non c'è nessuno che cerchi Dio. Tutti si sono
sviati, tutti quanti si sono corrotti. Non c'è nessuno che pratichi la
bontà, no, neppure uno». «La loro gola è un sepolcro aperto; con le loro
lingue hanno tramato frode». Sotto le loro labbra c'è un veleno di
serpenti». «La loro bocca è piena di maledizione e di amarezza». «I loro
piedi sono veloci a spargere il sangue. Rovina e calamità sono sul loro
cammino e non conoscono la via della pace». «Non c'è timor di Dio
davanti ai loro occhi. Or noi sappiamo che tutto quel che la legge dice,
lo dice a quelli che sono sotto la legge, affinché sia chiusa ogni
bocca e tutto il mondo sia riconosciuto colpevole di fronte a Dio»"
(Romani 3:9-19).
La Parola di Dio, afferma dunque chiaramente la verità scomoda ed
impopolare che non c’è nulla, assolutamente nulla, che noi si possa
fare per ristabilire la nostra comunione con Dio, nessuna opera per
quanto la si consideri “buona” (perché non lo sarebbe di fronte ai
criteri di giustizia di Dio), e nessuna religione o atto religioso. Dio
ci è ostile e nemico a causa dei nostri peccati e noi meritiamo
giustamente di essere da Lui dannati, maledetti, respinti e, alla fine,
distrutti. Abbandoniamo pure ogni illusione.
Una pena inevitabilmente da espiare
La pena che il nostro peccato merita è solo la morte e la morte non è
una pena che noi si possa espiare e poi riprendere a vivere… “perché il
salario del peccato è la morte” (Romani 6:23).
Secondo l’inesorabile giustizia di Dio, la pena che il peccato
merita deve essere espiata, senza tanti sì, ma, e forse. Non c’è appello
per la giustizia di Dio, che ci piaccia o non ci piaccia. Ho usato qui
l’aggettivo “inesorabile” in modo del tutto appropriato, perché
“inesorabile” significa: “che non si lascia vincere, commuovere,
impietosire da preghiere, quindi implacabile, spietato”. E’ questo
il Dio in cui credete? No? Allora fareste meglio a crederlo, perché non
ve ne sono altri!
Ecco perché, durante l’Antico Testamento, Dio istruisce il Suo
popolo nella pratica dei sacrifici espiatori. Secondo la logica della
giustizia di Dio, la pena che noi meritiamo per i nostri peccati deve
essere espiata. Se fosse però eseguita su di noi, non avremmo più
speranza. La Scrittura dice: "Il riscatto dell'anima sua è troppo alto, e
il denaro sarà sempre insufficiente!" (Salmo 49:8). La pena, però,
attraverso la stessa logica può essere trasferita ad una terza persona
innocente che se ne faccia carico per noi, che paghi per noi quel prezzo
che noi non riusciremo mai a pagare. “Ah, ma questo non è giusto!”,
direbbe a questo punto qualcuno. Gli rispondiamo: “Chi sei tu per dire
che non è giusto? Giusto è ciò che Dio stabilisce essere tale e non
quello che tu pensi al riguardo. Tu devi solo tenere chiusa la tua bocca
maledetta e riconoscere di non aver diritto a proprio nulla davanti a
Dio. Se questo non ti piace e preferisci gli dei che più ti fanno
comodo, un giorno, inevitabilmente incontrerai il Dio vero e vivente e
ti accorgerai che tutte le tue fantasie non ti saranno servite a nulla!
Allora saresti anche accusato di non aver voluto ascoltare quello che
Egli ti diceva”.
Dio istruisce il Suo popolo, e tutti noi con esso, nella pratica
dei sacrifici di animali in espiazione dei peccati, in vista del
perdono, per rivolgere la nostra attenzione a Colui che sarebbe stato
l’Agnello di Dio per eccellenza, Colui che sarebbe stato Egli stesso il
sacrificio ultimo, Colui che avrebbe espiato Egli stesso, al nostro
posto e per noi, la pena che noi dovremmo espiare per i nostri peccati,
liberarci dalla pena che meritiamo ed aprirci la via della
riconciliazione con Dio, la comunione con Lui e quindi la salvezza.
Questa è la salvezza che Dio, nella Sua misericordia, offre per grazia
in Cristo Gesù. Egli diventa così, volontariamente, lo strumento del
nostro riscatto, del nostro perdono, del nostro ristabilimento, della
nostra rigenerazione a vita nuova.
L’Agnello risolutore
Allora “Ecco l’Agnello di Dio che toglie il peccato dal mondo!”. Egli
è il solo che possa toglierlo di mezzo affinché fra te e Dio non ci sia
più un muro, un ostacolo di non-comunicazione. Egli non “toglie” il
peccato come farebbe magari piacere a qualcuno, eliminandone il concetto
stesso, come se la cosa non importasse, fosse relativa, o si potesse
perdonare facilmente. Egli non fa come i moderni psicoterapeuti che si
propongono di togliere dai loro pazienti i loro sensi di colpa
“castranti” relativizzando o scusando le loro trasgressioni. Dio
conferma la nostra reale colpevolezza, ci porta a riconoscerla
onestamente e, con il nostro ravvedimento, ci porta a ricevere
riconoscenti l’espiazione che per noi Egli ha provveduto morendo in
croce per i nostri peccati. Il peccato Egli lo toglie nel senso che ne
elimina per noi la forza delle conseguenze, perché a suo riguardo Egli per
noi soddisfa le esigenze della giustizia.
Egli, Gesù di Nazareth, è l’Agnello che dall’eternità Dio ha stabilito
come mezzo di riscatto per la creatura umana, condannata, maledetta,
esclusa e giustamente abbandonata a causa dei suoi peccati.
Ecco perché, nella sua prima epistola, l’apostolo Giovanni stesso
scrive: “In questo è l'amore: non che noi abbiamo amato Dio, ma che
egli ha amato noi, e ha mandato suo Figlio per essere il sacrificio
propiziatorio per i nostri peccati” (Giovanni 4:10). Gesù, il Cristo, è
Colui che Dio ha provveduto per risolvere “il dilemma” (nostro) della
condizione umana. Matteo scrive: "il Figlio dell'uomo non è venuto per
essere servito ma per servire e per dare la sua vita come prezzo di
riscatto per molti" (Matteo 20:28). L'apostolo Paolo afferma che Cristo:
"...ha dato se stesso come prezzo di riscatto per tutti; questa è la
testimonianza resa a suo tempo" (1 Timoteo 2:6). Così Pietro:
"...sapendo che non con cose corruttibili, con argento o con oro, siete
stati riscattati dal vano modo di vivere tramandatovi dai vostri padri,
ma con il prezioso sangue di Cristo, come quello di un agnello senza
difetto né macchia. Già designato prima della fondazione del mondo, egli
è stato manifestato negli ultimi tempi per voi" (1 Pietro 1:18-20).
Questo era prefigurato nell’Antico Testamento dal tentato
sacrificio che Abraamo vuole fare di suo figlio Isacco. Pagare il prezzo
del peccato umano è necessario, ma il sacrificio di un essere umano,
peccatore, non sarebbe stato sufficiente ed egli sarebbe stato così
privo di ogni speranza. Genesi dice: “Isacco parlò ad Abraamo suo padre e
disse: «Padre mio!» Abraamo rispose: «Eccomi qui, figlio mio». E
Isacco: «Ecco il fuoco e la legna; ma dov'è l'agnello per l'olocausto?»
Abraamo rispose: «Figlio mio, Dio stesso si provvederà l'agnello per
l'olocausto»” (Genesi 22:7-8).
Dove possiamo trovare “un agnello per l’olocausto”? Non lo
troveremo in nessun posto e non illudiamoci di trovarlo e di risolvere
così il nostro problema, qualunque cosa noi si voglia o possa
escogitare. Profeticamente Abraamo afferma: “Dio stesso si provvederà
l'agnello per l'olocausto” ed è esattamente quello che Dio ha operato
nella Persona del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, vero ed ultimo
agnello sacrificale. Giovanni battista: “fissando lo sguardo su
Gesù, che passava, disse: «Ecco l'Agnello di Dio!»”.
Questo è ciò che Isaia preannunciava: “Maltrattato, si lasciò
umiliare e non aprì la bocca. Come l'agnello condotto al mattatoio, come
la pecora muta davanti a chi la tosa, egli non aprì la bocca ... ha
dato se stesso alla morte ed è stato contato fra i malfattori; perché
egli ha portato i peccati di molti e ha interceduto per i colpevoli"
(Isaia 53:6,12).
In Gesù di Nazareth si palesa per noi il Cristo degli ultimi
tempi, il Messia. Il titolo "Agnello di Dio" che Gli viene attribuito,
congiunge in un unico termine descrittivo i concetti di innocenza,
sacrificio volontario, atto di riparazione di un rapporto infranto,
effettiva ubbidienza e capacità redentrice simile a quella dell'agnello
pasquale.
Quel che avviene “il giorno seguente”
Questo è ciò che avviene “il giorno seguente” dell’annuncio del
Battista. Con una catena umana inizia un “passaparola” che si allungherà
per tutto il mondo ed ancora oggi non è terminato.
Gesù, Agnello di Dio, toglie i peccati “del mondo” nel senso del
peccato di persone di ogni tipo sparse per il mondo intero, non solo
degli Israeliti. Certo, Giovanni battista parlava quel giorno agli
Israeliti, ma lo stesso messaggio, dopo il giorno di Pentecoste, diventa
universale e raggiunge, con la predicazione cristiana, il mondo intero,
quando, attraverso di esso, Dio chiama a Sé coloro che dall’eternità Egli ha scelto affinché ricevano la grazia della salvezza.
Questo è il messaggio che l’evangelista Giovanni trasmette e
spiega ai suoi lettori, che non sono israeliti. Egli non lo cambia, non
lo altera, ma lo traduce e lo spiega. Questo è magnificamente espresso
da una delle visioni dell'Apocalisse: "Poi vidi un altro angelo che
volava in mezzo al cielo, recante il vangelo eterno per annunziarlo a
quelli che abitano sulla terra, a ogni nazione, tribù, lingua e popolo"
(Apocalisse 14:6). Notate come qui proprio come l'Evangelo di Cristo sia
definito “eterno”, vale a dire immutabile. Tradotto, ma non tradito.
Il messaggio di questo Evangelo li raggiunge e diventa lo
strumento dello Spirito Santo per rigenerarli spiritualmente e portarli
al ravvedimento ed alla fede in Cristo. Questo è il messaggio
dell’Evangelo. Nessun “adattamento” a diversi contesti, come qualcuno
intende e fa, alterando il messaggio e vanificandolo, ma attraverso la
predicazione espositiva di questi concetti, esso raggiunge ogni popolo e
nazione in ubbidienza al mandato stesso di Gesù.
Questo è il messaggio del “Venite a vedere”, della testimonianza
resa a Colui che trasforma le vite umane. “Venite a vedere dove Egli
dimora”: nel nostro cuore, nella nostra vita, nella nostra comunità
cristiana, nella nostra predicazione, nei nostri atti di ubbidienza a
Lui per estendere in ogni dove il modo di essere, di pensare e di vivere
che Lui ci ha insegnato. Certo, questo non potrà che essere frammisto a
tutte le nostre imperfezioni, ma la Sua presenza e la Sua opera dovrà
essere presente in tutti i Suoi annunciatori e testimoni, come lo era
nella figura di Giovanni Battista.
Andremo dai nostri familiari, dai nostri vicini e dai nostri
compaesani dicendo: «Abbiamo trovato il Messia» (che, tradotto, vuol
dire Cristo, il Consacrato da Dio ad essere il Salvatore del mondo,
l’unico, quello autentico.
Coloro che lo riceveranno come loro Signore e Salvatore si
vedranno impartire da Gesù come era successo a Pietro, “un nuovo nome”,
vale a dire una nuova natura, un nuovo carattere. Sarà l’inizio di un
cammino che li porterà alla gloria finale. “Gesù lo guardò e disse: «Tu
sei Simone, il figlio di Giovanni; tu sarai chiamato Cefa» (che si
traduce «Pietro»)”. Pietro era una persona debole e volubile, ma in
Cristo e con Cristo, diventerà gradualmente “solido come una roccia”,
dando la sua stessa vita per Cristo, pur di non rinnegarlo. L’aveva
fatto durante il processo di Gesù, ma avrebbe imparato la lezione e
sarebbe cresciuto nella fede.
Conclusione
Abbiamo iniziato la nostra riflessione considerando come il
mondo moderno, quello di cui tutti noi facciamo parte, si stia
allontanando sempre di più dalla concezione biblica del mondo e della
vita che fedeli generazioni di cristiani avevano trasmesso con fede e
perseveranza. Si tratta di ciò che chiamiamo “secolarizzazione” e che ha
dato origine a quella che pure è stata chiamata: l’era post-cristiana.
Questo rende sempre più difficile la predicazione dell’Evangelo biblico
perché il mondo moderno, fiero delle proprie concezioni “progredite”,
appoggiate come sono da chiese compiacenti e compromesse, lo considera
“superato”. Questa “difficoltà” non è casuale, ma è stata
“sapientemente” creata dall’avversario di Dio nel tentativo di
pregiudicare l’efficacia della diffusione dell’autentico Evangelo.
La tentazione per i cristiani che vogliono rimanere fedeli alla
fede “una volta per sempre trasmessa ai santi” è quella della
rassegnazione e dell’inazione. Non dobbiamo permettere, però, a questi
sentimenti di prevalere. Niente e nessuno, infatti, potrà frustrare ed
arrestare l’opera di Dio attraverso la fedele predicazione dell’Evangelo
di Gesù Cristo. Tutto andrà avanti infallibilmente e vittoriosamente
esattamente come Dio ha previsto, in barba agli “innovatori” ed
oppositori di ogni tipo. Nessuno al riguardo deve farsi illusioni.
Coloro che devono venire alla fede in Cristo verranno: quello che Dio ha
stabilito giungerà a compimento nei modi e nei tempi previsti.
Noi possiamo e dobbiamo continuare il “passaparola” della
testimonianza al Cristo, “Agnello di Dio che toglie il peccato del
mondo”, quel “passaparola” che era iniziato con Giovanni Battista che
proclamava il Cristo. E’ l’Evangelo che l’altro Giovanni, lo scrittore
del vangelo, proclama, esattamente in quei termini, alle nazioni non
ebraiche, insieme agli altri tre vangeli ed agli scritti apostolici che
compongono il Nuovo Testamento. Quello è l’Evangelo che venti secoli di
cristiani fedeli hanno proclamato e proclamano in ogni angolo del mondo,
con impegno e spesso pregiudicando la loro stessa vita.
Ai Suoi discepoli Gesù aveva detto: "Queste sono le cose che io
vi dicevo quand'ero ancora con voi: che si dovevano compiere tutte le
cose scritte di me nella legge di Mosè, nei profeti e nei Salmi». Allora
aprì loro la mente per capire le Scritture e disse loro: «Così è
scritto, che il Cristo avrebbe sofferto e sarebbe risorto dai morti il
terzo giorno, e che nel suo nome si sarebbe predicato il ravvedimento
per il perdono dei peccati a tutte le genti, cominciando da Gerusalemme.
Voi siete testimoni di queste cose" (Luca 24:44-49).
A te che leggi o ascolti questo messaggio, e che ancora non fai
parte del popolo di Dio, si rivolge ancora l’appello a conoscere il
Signore e Salvatore Gesù Cristo come l’unico che possa abbattere il muro
di peccato che ti separa da Dio e ti condanna, conoscerlo ed affidarti a
Lui dopo aver riconosciuto la verità rivelata e che ti riguarda. Non
prestare ascolto agli inganni di vario tipo che il mondo ti propone,
sono le vie facili e comode che portano alla perdizione. Il sacrificio
unico e perfetto di cui tu hai bisogno è quello che Cristo ha compiuto
morendo sulla croce del Calvario per pagare Lui, al posto tuo, il debito
che tu hai con Dio e che non potresti mai da te stesso pagare. Egli è
l’Agnello di Dio che toglie di mezzo e per sempre il tuo peccato, che ti
riconcilia con Dio e che, ion comunione con Sé, ti apre la strada che
conduce ad una vita significativa ed eterna.
Paolo Castellina
"Poiché ogni carne è come l'erba ed ogni gloria d'uomo è come il fiore dell'erba; l'erba si secca e il fiore cade,
ma la parola del Signore rimane in eterno; e questa è la parola che vi è stata annunziata."
(1 Pietro 1:24-25)
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