Emozioni e sentimenti alla luce di Dio | CONSAPEVOLI NELLA PAROLA

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    • Pregare nel nome di Gesù

      Uno degli aspetti più importanti della vita cristiana, ma allo stesso tempo, uno degli aspetti più fraintesi, è la preghiera. Come è vero che la preghiera è uno degli aspetti più importanti della vita cristiana, è altrettanto vero che è estremamente facile sbagliare grandemente in questo campo. Un errore è quello di non pregare abbastanza. È molto facile credere di non avere tempo di pregare. Questo è un ragionamento sbagliato, perché alla base di questa convinzione c'è il pensiero che non abbiamo veramente bisogno di Dio. Però, dall'altro estremo, uno può anche pregare tanto, ma pregare in modo sbagliato. Vogliamo esaminare alcuni brani della Bibbia che parlano della preghiera, affinché possiamo averne un concetto più conforme alla Bibbia. Se preghiamo a modo nostro, che però non è conformato alle verità che Dio ci ha lasciato nella Bibbia, le nostre preghiere possono essere inutili, o peggio ancora, possono essere un'offesa a Dio. Perciò, prestate molta attenzione alle verità che Dio ci insegna nella sua parola sulla preghiera. La Bibbia insegna che dobbiamo pregare al PADRE. Troviamo questo insegnamento ripetutamente, come anche quello che lo Spirito Santo prega per noi. Ma la verità che vogliamo considerare molto più a fondo in questo studio riguarda il fatto che dobbiamo pregare nel nome di Gesù Cristo. Consideriamo, molto attentamente, che cosa significa pregare nel nome di Gesù. Chi può pregare? La prima verità da capire quando consideriamo la preghiera è: chi ha diritto di pregare? Ovvero, chi può pregare, avendo la certezza biblica che Dio lo ascolterà? Chiaramente, oggi, come sempre, tante persone pregano. Ma il fatto che tante persone pregano non significa che vengono ascoltate da Dio. Secondo la Bibbia, sono coloro che hanno Gesù Cristo come Signore e Salvatore, e perciò come Sacerdote e Mediatore, che possono pregare. Per esempio, in Ebrei 4:14-16, che è stato scritto per coloro che hanno Cristo come Sacerdote e Signore, leggiamo che è per mezzo di Lui che abbiamo accesso al trono di Dio per essere soccorsi. Quindi, è per mezzo di Cristo che possiamo pregare. Chi è senza Cristo non ha questo libero accesso al trono di Dio. Leggiamo il brano. “14 Avendo dunque un grande sommo sacerdote che è passato attraverso i cieli, Gesù, il Figlio di Dio, stiamo fermi nella fede che professiamo. 15 Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, poiché egli è stato tentato come noi in ogni cosa, senza commettere peccato. 16 Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovar grazia ed essere soccorsi al momento opportuno.” (Ebr 4:14-16) Quindi, solamente chi è un vero figlio di Dio ha diritto di pregare. A CHI si deve pregare? Quando preghiamo, a chi dobbiamo rivolgere le nostre preghiere? E' giusto pregare solo a Dio Padre, o si dovrebbe pregare anche a Gesù e allo Spirito Santo? Cosa ne dice la Bibbia? In Matt. 6:9 Gesù ci insegna a pregare, e Lui ci dichiara chiaramente di pregare a Dio Padre. “Voi dunque pregate così: "Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome;” (Mat 6:9) In Giov. 16:23 Gesù parla della preghiera al Padre. “In quel giorno non mi rivolgerete alcuna domanda. In verità, in verità vi dico che qualsiasi cosa domanderete al Padre nel mio nome, egli ve la darà.” (Giov 16:23) La Bibbia ci insegna ripetutamente, sia con insegnamenti, sia con esempi, che dobbiamo pregare a Dio Padre. Allora, qual è il ruolo di Gesù e qual è quello dello Spirito Santo? Se dobbiamo pregare a Dio Padre, che ruolo hanno Gesù Cristo e lo Spirito Santo? Nel nome di Gesù Gesù ci ha insegnato di pregare nel suo nome. Fra poco esamineremo questo concetto. Lo Spirito Santo Per quanto riguarda lo Spirito Santo, non esiste alcuna preghiera nella Bibbia rivolta allo Spirito Santo, tranne una profezia in Ezechiele 37. Quindi, visto che non esiste alcuna preghiera rivolta allo Spirito Santo, è chiaro che non dobbiamo pregare a Lui. Ma qual è il suo ruolo? Lo Spirito Santo ha il ruolo di glorificare Cristo e di indicarci la giusta strada per giungere a questo fine. “Egli mi glorificherà perché prenderà del mio e ve lo annuncerà.” (Giov 16:14) Si può anche leggere Giov. 14:14-26. Quando un grande faro illumina un palazzo di notte, se fa un buon lavoro, non lo si nota neanche, ma si nota ed ammira solamente il palazzo. Similmente lo Spirito Santo è come il faro: ci aiuta a vedere ed ammirare la persona di Gesù Cristo. Inoltre, lo Spirito Santo, prega per noi aiutandoci nel nostro debole ed incerto modo di porgere le nostre preghiere, perché, Egli conosce Dio nel suo profondo. “26 Allo stesso modo ancora, lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché non sappiamo pregare come si conviene; ma lo Spirito intercede per noi con sospiri ineffabili; 27 e colui che esamina i cuori sa quale sia il desiderio dello Spirito, perché egli intercede per i santi secondo il volere di Dio.” (Rom 8:26-27) Che consolazione! Quindi, a chi dobbiamo pregare? Dobbiamo pregare a Dio Padre, nel nome di Gesù Cristo. per COSA si deve pregare? Per che cosa dobbiamo pregare? Possiamo pregare per qualsiasi cosa? Dio esaudisce ogni preghiera? È possibile chiedere qualsiasi cosa nel nome di Gesù, oppure, pregare nel nome di Gesù ci limita nelle nostre richieste? Chiaramente, nella carne, l'uomo prega per ottenere tutto quello che desidera. Prega per avere buona salute o per una guarigione, prega per avere successo negli affari, prega di superare gli esami a scuola, prega per avere sicurezza in viaggio, prega per un buon tempo durante le vacanze. Che cosa ne dice la Bibbia? Esaminiamo alcuni brani fondamentali sulla preghiera. Questi brani sono importanti per il loro insegnamento, ma spesso vengono presi fuori contesto ed interpretati male. Quando abbiamo un concetto sbagliato della preghiera, questo ci fa molto male spiritualmente. Giovanni 14 Consideriamo per primo il brano in Giovanni 14:12-14. Leggiamolo. “12 In verità, in verità vi dico che chi crede in me farà anch’egli le opere che faccio io; e ne farà di maggiori, perché io me ne vado al Padre; 13 e quello che chiederete nel mio nome, lo farò; affinché il Padre sia glorificato nel Figlio. 14 Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.” (Giov 14:12-14) Prima di esaminare con cura questi versetti, ricordiamoci che a volte siamo tutti tentati di voler far dire alla Bibbia quello che ci è comodo. Cioè, nella carne, abbiamo la tendenza di interpretare la Bibbia non in base a quello che è realmente scritto, ma in base a quello che ci è comodo. Quindi, dobbiamo sforzarci di dividere rettamente questo brano. Alcuni credenti, e purtroppo anche delle chiese intere, interpretano erroneamente questo brano dicendo che noi possiamo chiedere qualsiasi cosa che desideriamo nel nome di Gesù, e Dio sicuramente ci esaudirà. Questo implica che la frase “nel nome di Gesù” diventa quasi una formula magica che ci fa ottenere quello che vogliamo. Questa falsa interpretazione fa diventare Dio il nostro servo celeste, soggetto ad ubbidire alla nostra volontà. Chi insegna questa falsa interpretazione cita la parte del brano che dichiara: “quello che chiederete nel mio nome, io la farò”, come se tutto l'insegnamento fosse racchiuso lì. Chi crede a questa menzogna, pensa che se preghiamo qualcosa con cuore, Dio la farà. Questo è un pensiero molto falso, e molto pericoloso. Pensiamo a come una persona che crede a questa falsità potrebbe pregare in diverse situazioni. Immaginate un credente che lavora in proprio. La sua attività comincia ad andare molto male, e lui rischia di perdere tutto. Non solo, ma ha anche dei grossi debiti con la banca legati all'attività. Citando questo versetto, egli chiede a Dio di salvare la sua attività. Perciò questo credente è sicuro, visto che ha pregato nel nome di Gesù, che Dio salverà la sua ditta. In un secondo esempio, un credente ha un figlio adulto ribelle, lontano dal Signore. Il credente prega, citando questo versetto, e così è convinto che Dio salverà suo figlio. In un altro esempio, un credente ha un figlio con una grave malattia. Il credente, prega, e citando questo versetto, dichiara che è sicuro che Dio guarirà suo figlio, visto che è convinto che si può ottenere qualsiasi cosa se la si chiede a Dio nel nome di Gesù. In un altro esempio, un credente sta cercando di comprare una casa, e avendone trovato una che gli piace tantissimo, prega, chiedendo a Dio di operare in modo che il proprietario abbassi il prezzo abbastanza da permettergli di comprarla. È convinto che Dio opererà per fargli ottenere quella casa al prezzo che desidera. Senza andare ad analizzare questi esempi in dettaglio, considerate il principio che sta alla base di questo modo di pensare. Se fosse vero che possiamo chiedere a Dio qualsiasi cosa che desideriamo, avendo la certezza che Lui ci esaudirà solamente perché abbiamo citato la frase “nel nome di Gesù”, allora, Dio diventerebbe il nostro servo celeste, pronto ad esaudire ogni nostra richiesta. Dio sarebbe soggetto alla nostra volontà. Se è così, allora Gesù ha sbagliato quando ha insegnato il Padre Nostro, perché avrebbe dovuto insegnarci a pregare: “sia fatta la nostra volontà, non la Tua” Però, Dio NON è il nostro servo, e NON esiste per esaudire le nostre preghiere come vogliamo noi. Non dobbiamo pregare che la nostra volontà sia fatta, ma che la volontà di DIO sia fatta! Ci sono tante verità bibliche che ci aiutano a capire questo principio. Per esempio, leggiamo Matteo 26:39, quando Gesù era nel Giardino: “E, andato un po’ più avanti, si gettò con la faccia a terra, pregando, e dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non come voglio io, ma come tu vuoi».” (Mat 26:39) Gesù, nonostante i suoi diritti di Figlio di Dio, non chiese al Padre che cambiasse la sua volontà per esaudire la propria richiesta. Piuttosto, rese nota la sua richiesta al Padre, e poi, chiese che la volontà del Padre fosse fatta, non la sua. In Luca 22, Gesù stava preparando i discepoli per la sua morte. Egli spiegò a Pietro che sarebbe stato provato duramente. Notiamo che Gesù non chiese che Pietro potesse evitare la prova, pregò solamente per la fede di Pietro. Vi leggo. “31 «Simone, Simone, ecco, Satana ha chiesto di vagliarvi come si vaglia il grano; 32 ma io ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno; e tu, quando sarai convertito, fortifica i tuoi fratelli».” (Luca 22:31-32) Gesù NON ha chiesto che Dio gli togliesse la prova. In Apocalisse 2, Gesù sta parlando alle sette chiese. Notiamo quello che dichiara alla chiesa di Smirne. “8 «All’angelo della chiesa di Smirne scrivi: Queste cose dice il primo e l’ultimo, che fu morto e tornò in vita: 9 Io conosco la tua tribolazione, la tua povertà (tuttavia sei ricco) e le calunnie lanciate da quelli che dicono di essere Giudei e non lo sono, ma sono una sinagoga di Satana. 10 Non temere quello che avrai da soffrire; ecco, il diavolo sta per cacciare alcuni di voi in prigione, per mettervi alla prova, e avrete una tribolazione per dieci giorni. Sii fedele fino alla morte e io ti darò la corona della vita. 11 Chi ha orecchi ascolti ciò che che lo Spirito dice alle chiese. Chi vince non sarà colpito dalla morte seconda.” (Apo 2:8-11) Egli spiegò che vari credenti in questa chiesa sarebbero stati messi a morte per la loro fede. Possiamo presumere che questi credenti erano padri e madri, e avessero le loro famiglie. Però, è evidente che la volontà di Dio per loro era che morissero per la loro fede. Dal brano però comprendiamo che la morte fisica non era una sconfitta, perché poi Gesù dichiarò che se quei credenti fossero rimasti fedeli fino alla morte, avrebbe dato loro la corona della vita. Quindi, Dio aveva stabilito il suo piano per quei credenti, e nessuna loro preghiera avrebbe potuto cambiare il perfetto piano di Dio. Non dovevano pregare Dio affinché li salvasse dalla morte fisica, presumendo per di più che Dio li avrebbe esauditi. Infatti, Dio ha un piano perfetto, che è la SUA propria volontà, e Dio fa TUTTO secondo la decisione della Sua volontà. È importante capire questa verità basilare. Quello che Dio fa, lo fa secondo la decisione della Sua volontà. Leggiamo Efesini 1:11 “In lui siamo anche stati fatti eredi, essendo stati predestinati secondo il proposito di colui che compie ogni cosa secondo la decisione della propria volontà,” (Efe 1:11) Se le nostre preghiere potessero cambiare la volontà di Dio, il mondo non sarebbe stabile, Dio non sarebbe Dio, e nulla sarebbe sicuro. La volontà di Dio cambierebbe di minuto in minuto, in base alle diverse preghiere che Gli arrivano da tutto il mondo. Se le nostre preghiere potessero cambiare la volontà di Dio, per esempio, non sarebbe vero quello che è scritto nel Salmo 139:15,16 che riguarda il momento della nostra morte e di quella dei nostri cari. “15 Le mie ossa non ti erano nascoste, quando fui formato in segreto e intessuto nelle profondità della terra. 16 I tuoi occhi videro la massa informe del mio corpo e nel tuo libro erano tutti scritti i giorni che mi eran destinati, quando nessuno d’essi era sorto ancora.” (Sal 139:15-16) Se Dio ci desse qualunque cosa che Gli chiediamo, questo brano non sarebbe vero, perché tante persone, vedendo arrivare la morte, pregherebbero, chiedendoGli di guarire o di superare il pericolo, e in questo modo sarebbe stata fatta la loro volontà, non quella di Dio. Se fosse così la morte non dipenderebbe più dalla volontà di Dio, ma dalla volontà dell'uomo. Non arriverebbe più al momento stabilito nel libro di Dio, ma nel momento stabilito da noi. Ma non è così! Non è l'uomo che stabilisce quando morirà, come non è l'uomo che stabilisce quando un certo problema deve risolversi come vuole lui. È il Signore che opera tutte le cose secondo la decisione della Sua volontà! Per esempio, leggiamo in 1Samuele 2:6-8 “6 Il SIGNORE fa morire e fa vivere; fa scendere nel soggiorno dei morti e ne fa risalire. 7 Il SIGNORE fa impoverire e fa arricchire, egli abbassa e innalza. 8 Alza il misero dalla polvere e innalza il povero dal letame, per farli sedere con i nobili, per farli eredi di un trono di gloria; poiché le colonne della terra sono del SIGNORE e su queste ha poggiato il mondo.” (1Sam 2:6-8) E' il Signore che determina le cose, tramite le nostre preghiere, non noi! Allora, qual è il senso di Giovanni 14:13, quando Gesù dichiara:    “e quello che chiederete nel mio nome, lo farò” (Giov 14:13)? Per capire bene questa verità, dobbiamo leggere non solo questa frase, ma tutto il suo contesto. Cosa significa “nel mio nome”? Dobbiamo capire il senso della frase, “nel mio nome”. Dobbiamo anche capire il motivo che ci spinge a pregare nel nome di Gesù. Gesù stesso ci spiega questa motivazione. Infine, dobbiamo capire altre condizioni che la Bibbia ci dà per poter pregare. Molto spesso, un brano non insegna tutta la verità biblica di un certo argomento, e deve essere considerato insieme ad altri brani. Quindi, qual è il senso della frase: “nel mio nome?” Chiedere “nel nome di Gesù” non è una formula magica che, aggiunta ad una preghiera, costringe Dio ad esaudirci. A quel punto, Dio sarebbe il nostro servo, e noi saremo i sovrani. Ma non è così! Pregare “nel nome di Gesù” non è una frase che si aggiunge a qualsiasi preghiera, per garantire che Dio farà come Gli abbiamo chiesto. Invece significa almeno due cose: 1. chiedere per i Suoi meriti Prima di tutto, pregare nel nome di Gesù significa pregare per i Suoi meriti, riconoscendo che noi non ne abbiamo. Nessun di noi merita alcuna cosa buona da Dio. Quindi, dobbiamo chiedere per i meriti di Gesù. Se chiedo un favore al mio migliore amico, lo chiedo nel mio proprio nome, cioè riconoscendomi degno, visto che sono il SUO migliore amico, che mi venga fatto questo favore. Però, se devo chiedere un grande favore all'amico del mio amico, che non conosco personalmente, so di non meritare da lui nulla (visto che non mi conosce), e perciò, non gli chiedo nel mio nome, ma gli chiedo nel nome del mio amico. Allora, chiedere nel nome di Gesù necessariamente implica un cuore umile. Chi chiede nel nome di Gesù SA che, per conto suo, non merita nulla da Dio. Perciò, questa consapevolezza della propria insufficienza cambia anche la richiesta stessa. Infatti chi sa di non aver nessun merito, non pretende nulla, e non considera Dio come Colui che esiste per esaudire i nostri desideri. Sa che Dio è sovrano, e va ai piedi di Dio umilmente, pronto ad essere sottomesso alla Sua volontà. Tutti questi sono aspetti del pregare nel nome di Gesù. 2. chiedere secondo la volontà di Gesù Dobbiamo però considerare anche una seconda verità estremamente importante nel fatto di chiedere nel nome di Gesù. Chiedere nel nome di Gesù significa anche chiedere secondo la Sua volontà, non la nostra. È importantissimo capire questo principio. Ripeto: chiedere nel nome di Gesù significa chiedere secondo la SUA volontà, non la nostra. Un soldato semplice, che porta gli ordini dati dal comandante agli altri, chiede nel nome del comandante. Non chiede quello che vuole lui, chiede quello che è la volontà del comandante. Infatti, se dovesse chiedere quello che vuole lui, usando il nome del comandante per ottenerla, sarebbe colpevole di un grave reato. In 1Giovanni 5:14,15, leggiamo una chiara spiegazione di quali sono le preghiere che Dio esaudirà. Leggiamo. “14 Questa è la fiducia che abbiamo in lui: che se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce. 15 Se sappiamo che egli ci esaudisce in ciò che gli chiediamo, noi sappiamo di aver le cose che gli abbiamo chieste.” (1Giov 5:14-15) Avete notato la frase: “se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce”? Chiedere nel nome di Gesù DEVE essere secondo la SUA volontà, non la nostra. Quindi, se preghiamo per ottenere qualcosa che desideriamo tantissimo, ma se non è la volontà di Dio, non possiamo chiederla nel nome di Gesù. Se preghiamo per quello che vogliamo noi, e aggiungiamo le parole, “nel nome di Gesù”, siamo come i pagani, usando quelle parole come un talismano, cercando di controllare Dio. Quindi, ricordiamo che chiedere nel nome di Gesù significa chiedere con umiltà, sapendo di non meritare alcuna cosa buona da Dio, e questo atteggiamento ci aiuta ad accettare qualsiasi cosa che Egli ci darà. Significa anche chiedere secondo la volontà di Cristo, non seconda la nostra volontà. Affinché il Padre sia glorificato Allora, qual è il senso di Giovanni 14:12-14? Per capire correttamente questo brano, dobbiamo leggerlo tutto, e leggere anche il suo contesto. “12 In verità, in verità vi dico che chi crede in me farà anch’egli le opere che faccio io; e ne farà di maggiori, perché io me ne vado al Padre; 13 e quello che chiederete nel mio nome, lo farò; affinché il Padre sia glorificato nel Figlio. 14 Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.” (Giov 14:12-14) Notiamo che le richieste che facciamo qua sono legate al fare opere per la gloria di Dio, e infatti, il MOTIVO per cui Gesù ci esaudisce è per glorificare il Padre. Gesù non risponde ad ogni nostra richiesta. Risponde se la richiesta glorificherà il Padre. Infatti, in Giacomo 4:2-4 leggiamo: “2 Voi bramate e non avete; voi uccidete e invidiate e non potete ottenere; voi litigate e fate la guerra; non avete, perché non domandate; 3 domandate e non ricevete, perché domandate male per spendere nei vostri piaceri. 4 O gente adultera, non sapete che l’amicizia del mondo è inimicizia verso Dio? Chi dunque vuol essere amico del mondo si rende nemico di Dio.” (Giacomo 4:2-4) Non avete perché non domandate, ovvero, perché non pregate, e se domandate spesso non ricevete, perché domandate per spendere nei vostri piaceri. Quando chiediamo per ottenere quella che è la nostra volontà, Dio non risponde. Torniamo agli esempi che ho dato all'inizio di questo studio. Pensiamo all'uomo che lavora in proprio e la sua attività comincia ad andare molto male, e si ritrova con tanti debiti. Egli prega Dio affinché salvi la sua attività. Sta pregando affinché Dio risolva i suoi problemi. Non sta cercando la gloria di Dio. Nell'esempio del genitore che ha un figlio che spiritualmente cammina male (che è ribelle), quel credente chiaramente vuole che suo figlio sia salvato. È buono pregare per la salvezza dei nostri cari. Però, in un certo senso, quella preghiera può essere anche un frutto di egoismo, perché quel genitore non sta cercando per prima cosa la gloria di Dio. Non gli pesa il fatto che tanti altri genitori hanno figli ribelli. Egli vuole che SUO figlio sia salvato. Sta pensando, in fin dei conti, a se stesso. Poi ho fatto l'esempio del credente con il figlio con una grave malattia. Il genitore vuole che il figlio sia guarito, perché vuole il piacere di goderlo per tanti anni ancora. Però, nemmeno questa richiesta è cercare la gloria di Dio. È una preghiera per non dover subire la sofferenza della morte di una persona cara.    Poi c'era il credente che chiedeva l'intervento di Dio affinché potesse comprare la casa che gli piaceva tanto. Anche qua, il credente sta cercando di ottenere da Dio quello che sarebbe il suo gradimento. Non sta cercando in primo luogo la gloria di Dio. Quindi, non dobbiamo credere la terribile menzogna che basta pregare aggiungendo la frase “nel nome di Gesù” e possiamo essere sicuri che Dio ci darà quello che Gli chiediamo. Chiedere nel nome di Gesù significa chiedere che sia fatta la Sua volontà e significa anche farlo con un cuore umile, che quindi cerca non il proprio comodo, ma la gloria di Dio. Un brutto risultato Che cosa succede, quando uno crede la menzogna che Dio esaudirà qualsiasi sua richiesta? Quando Dio NON esaudisce quella preghiera, la fede di quel credente viene fortemente scossa. Egli sta molto male, e solitamente, o cade in grave depressione spirituale, oppure, si arrabbia con Dio. Perciò credendo a quella menzogna quel credente rimane deluso di Dio. Giov. 15:5-7,16 Quindi, è importante capire il senso vero dei principi di Giovanni 14. Per capire meglio questo discorso, esaminiamo qualche altro brano in cui Gesù parla della preghiera. Questi brani fanno parte del contesto di Giovanni 14. Giovanni 15:5-7 “5 Io sono la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro, porta molto frutto; perché senza di me non potete far nulla. 6 Se uno non dimora in me, è gettato via come il tralcio, e si secca; questi tralci si raccolgono, si gettano nel fuoco e si bruciano. 7 Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi, domandate quello che volete e vi sarà fatto.” (Giov 15:5-7) Qui, Gesù insegna che dobbiamo dimorare in Lui, e che lo scopo è affinché possiamo portare molto frutto. Poi, Egli dichiara che solamente se dimoriamo in Lui e se le sue parole dimorano in noi, sarà fatto quello che domandiamo. Questa è una condizione importantissima. “Dimorare in Cristo” significa essere in una condizione di umiltà, di santità di vita e di sottomissione alla sua volontà. Quando le parole di Cristo dimorano in noi, esse ci esortano a conoscere e a seguire la Parola di Dio. Quindi, non viviamo più per la nostra volontà, ma per la sua. Solamente se ci ritroviamo in questa condizione possiamo domandare a Dio quello che vogliamo e ci sarà fatto, perché significherà che domanderemo quella che è la volontà di Dio. Un altro versetto importante è Giovanni 15:16 “Non siete voi che avete scelto me, ma sono io che ho scelto voi, e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; affinché tutto quello che chiederete al Padre, nel mio nome, egli ve lo dia.” (Giov 15:16) Gesù risponde alle nostre preghiere quando servono per portare frutto che rimane in eterno. Ostacoli alle nostre preghiere È importante menzionare alcuni ostacoli alle nostre preghiere. L'orgoglio Una cosa che ostacola sempre la preghiere è l'orgoglio. Se abbiamo orgoglio, Dio si allontana da noi. “Il SIGNORE è vicino a quelli che hanno il cuore afflitto, salva gli umili di spirito.” (Sal 34:18) Quando abbiamo orgoglio non confessato, Dio resta lontano da noi. Possiamo fare bella figura davanti agli altri, possiamo apparire di essere zelanti, possiamo pregare tanto, ma sarà tutto inutile, tutto invano. Fino a quando non confessiamo il nostro orgoglio, Dio resterà lontano da noi. Mancanza di fede Un altro ostacolo alle nostre preghiere è la mancanza di fede, come leggiamo in Giacomo 1. “5 Se poi qualcuno di voi manca di saggezza, la chieda a Dio che dona a tutti generosamente senza rinfacciare, e gli sarà data. 6 Ma la chieda con fede, senza dubitare; perché chi dubita rassomiglia a un’onda del mare, agitata dal vento e spinta qua e là. 7 Un tale uomo non pensi di ricevere qualcosa dal Signore,” (Giac 1:5-7) Questo brano ci insegna l'importanza della fede. Chiaramente, dobbiamo ricordare le altre verità che abbiamo visto. Se prego qualcosa che non è secondo la volontà di Dio, posso avere la fede più grande del mondo, ma Dio non mi risponderà. Però, dall'altro lato, quando preghiamo secondo la volontà di Dio, è importante avere fede in Dio. Così, Dio viene glorificato, e noi saremo edificati. La Preghiera fatta con egoismo Abbiamo già menzionato prima che Dio non risponde alle preghiere fatte con egoismo, cioè, alle preghiere attraverso le quali vogliamo ottenere qualcosa NON per la gloria di Dio, ma perché è il nostro desiderio. Questo è ciò che ci dice Giacomo 4, quando parla delle preghiere fatte per spendere nei piaceri. Dobbiamo pregare, invece, per la gloria di Dio. Come conoscere la volontà di Gesù Visto che la preghiera che Dio esaudisce è quella preghiera fatta secondo la sua volontà, come possiamo sapere qual'è la volontà di Dio? Dio ci ha già rivelato molto della sua volontà, e ci insegna anche il modo in cui pregare quando non la conosciamo. Prima di tutto, come dobbiamo pregare quando non siamo sicuri della volontà di Dio? Sappiamo quasi sempre quello che vorremmo noi, ma come dobbiamo pregare quando non siamo sicuri della volontà di Dio? Gesù stesso ci dà un esempio di come pregare in questi casi in Matt. 26:39; Marco 14:36; Luca 22:42. Leggo da Matteo. “E, andato un po’ più avanti, si gettò con la faccia a terra, pregando, e dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non come voglio io, ma come tu vuoi».” (Mat 26:39) Nella sua umanità, Gesù non voleva affrontare la sofferenza che sapeva di dover subire sulla croce. Però, il suo desiderio più forte rispetto al non voler subire quelle sofferenze, fu quello di voler fare la volontà del Padre. Quindi, ha esposto a Dio il suo desiderio, ma chiese che fosse fatta la volontà di Dio. Ed è così che anche noi dobbiamo pregare, quando non conosciamo con certezza la volontà di Dio in una certa situazione. Certamente possiamo portare tutti i nostri pesi a Dio, e anche dirGli quello che sarebbe il nostro desiderio, però poi dobbiamo confidare nella sua perfetta saggezza, e chiedere che sia fatta la Sua volontà. Conclusione La preghiera è una parte essenziale della vita cristiana e della nostra crescita. La preghiera è la nostra comunicazione con Dio, mentre lo studio della Bibbia è ascoltare Dio che ci parla. E importante pregare, però, è importante pregare nel modo che Dio stabilisce, per le cose giuste. L'unico vero accesso a Dio che abbiamo è quello per mezzo di Gesù, per merito di Cristo. Non solo, ma dobbiamo pregare secondo la SUA volontà, non secondo la nostra. Quando non siamo sicuri della volontà di Dio, è importante accettare la sua volontà, anche se è il contrario di quello che vorremmo noi. Infatti noi non sappiamo qual è la cosa migliore. Dobbiamo avere fede che la volontà di Dio è la cosa perfetta, anche se non siamo in grado di capire tutto quello che Dio sta facendo. Preghiamo, chiedendo che la volontà perfetta di Dio sia fatta! Preghiamo poi con fede, fede che Dio ci ascolta e ci esaudisce sempre, secondo la sua perfetta volontà. Non dimentichiamo che la preghiera non serve solo per fare richieste a Dio. Anche il ringraziamento ne è una parte molto importante. Inoltre, la preghiera serve anche per confessare i nostri peccati. E serve poi principalmente per chiedere che Dio sia glorificato. Le nostre richieste dovrebbero sempre essere per la gloria di Dio. Oh che possiamo diventare un popolo che prega sempre di più, non vedendo Dio come un servo celeste che esiste per darci quello che vogliamo noi, ma essendo spinti dal desiderio di vedere il nostro grande Dio glorificato! La nostra vera gioia, quella che ci riempirà per tutta l'eternità, consisterà nel vedere Dio glorificato. Quindi, che la gloria di Dio sia il desiderio del nostro cuore! Marco deFelice "Questa è la fiducia che abbiamo in lui: che se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce. Se sappiamo che egli ci esaudisce in ciò che gli chiediamo, noi sappiamo di aver le cose che gli abbiamo chieste" (1 Giovanni 5:14-15) «Ti è piaciuto questo articolo? Non perderti i post futuri seguendoci»

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venerdì 1 giugno 2012
Unknown

Emozioni e sentimenti alla luce di Dio

cuore
Le emozioni sono stati mentali e fisiologici associati a stimoli interni o esterni, naturali o appresi. Con il termine sentimento (derivato dal latino sentire, percepire con i sensi) si intende una condizione affettiva che dura più a lungo delle emozioni e che ha una minore incisività rispetto alle passioni. Per sentimento genericamente si indica ogni forma di affetto: sia quella soggettiva, cioè riguardante l'interiorità della propria individuale affettività, sia quella rivolta al mondo esterno. ( Tratto da Wikipedia).
Dalla Parola del Signore non riceviamo l’invito a reprimere le nostre emozioni e i nostri sentimenti, ma piuttosto a gestirli in modo tale da rivelare che il nostro cuore non è più “insanabilinente maligno”, perché in Cristo è stato rinnovato e trasformato. Cristo stesso, come uomo, ha provato emozioni e sentimenti: guardare al suo esempio ci sarà di grande aiuto.
Il discorso sui sentimenti e sulle emozioni è molto più profondo di quanto si creda, soprattutto per un credente. Egli infatti vive in una doppia sfera esistenziale: sia terrena che spirituale, e quasi sempre queste due sfere sono in opposizione fra loro, “perché la carne ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; sono cose opposte tra di loro; in modo che non potete fare quello che vorreste” (Galati 5:17).
Vorrei perciò ampliare un po’ il discorso tentando di dare alcune indicazioni per comprendere il valore delle emozioni e dei sentimenti e per capire l’importanza di imparare a gestirli, per un corretto equilibrio spirituale e psichico.

Il cuore dell’uomo

cuore maligno
La Bibbia parla molto del cuore dell’uomo, presentandolo spesso nella sua luce negativa.
Vediamo alcuni esempi dall’Antico e dal Nuovo Testamento.
  •  “Il Signore vide che la malvagità degli uomini era grande sulla terra e che il loro cuore concepiva soltanto disegni malvagi in ogni tempo” (Genesi 6:5).
  •  “Il cuore dell’uomo concepisce disegni malvagi fin dall’adolescenza” (Genesi 8:21).
  •  “Non andrete vagando dietro ai desideri del vostro cuore e dei vostri occhi che vi trascinano all’infedeltà” (Numeri 15:39b).
  •  “Sono duri di cuore a causa delle loro ricchezze, la loro bocca parla con arroganza” (Salmo 17:10).
  •  “Gli empi e i malfattori… parlano di pace con il prossimo, ma hanno la malizia nel cuore” (Salmo 28:3).
  •  “Il cuore dei figli degli uomini è pieno di malvagità e hanno la follia nel cuore mentre vivono” (Ecclesiaste 9:3).
  •  “Il cuore è ingannevole più di ogni altra cosa, e insanabilmente maligno” (Geremia 17:9).
  •  “E’ dal di dentro, dal cuore degli uomini, che escono cattivi pensieri, fornicazioni, furti, omicidi, adultèri, cupidigie, malvagità, frode, lascivia, sguardo maligno, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive escono dal di dentro e contaminano l’uomo” (Marco 7:21-13).
In senso generale, quando la Scrittura parla del cuore dell’uomo, intende parlare della sua interiorità, di ciò che motiva le sue scelte e le sue azioni.
In questa prospettiva, il cuore dell’uomo è la base della sua personalità e della sua identità psichica e spirituale.
La visione pessimistica del cuore umano è dovuta al peccato che ha contaminato anche i nostri processi mentali, facendoci desiderare ciò che non onora Dio, ciò che è “inimicizia verso Dio” (Giacomo 4:4).
Dalla Parola di Dio possiamo perciò comprendere l’importanza di essere rinnovati da Cristo nella profondità della nostra mente: “siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente” (Romani 12:2).
In un altro passo viene fatta un’affermazione sconvolgente per il suo profondo significato, che testimonia la potente trasformazione operata dallo Spirito nel credente che si lascia plasmare dall’opera di Dio con umiltà e perseveranza: “noi abbiamo la mente di Cristo” (1 Corinzi 2:16b).
Il profeta Ezechiele aveva gia riportato le parole del Signore, che esprimono molto bene questo concetto: “Vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò dal vostro corpo il cuore di pietra, e vi darò un cuore di carne” (Ezechiele 36:26).
E’ perciò alla luce di questa trasformazione che il cuore dell’uomo, da “insanabilmente maligno”, può cambiare e diventare per azione di Dio:
  •     “volenteroso” (Esodo 35:5, 22, 29);
  •     “retto” (Salmo 119:7; Giobbe 1:1);
  •     “onesto e buono” (Luca 8:15);
  •     “puro” (Salmo 24:4; Matteo 5:8; 2 Timoteo 2:22);
  •     “giusto” (Proverbi 15:28; Matteo 1:19; 6:20; Luca 2:25; 23:50);
  •     “sincero” (Giosuè 14:7; Ebrei 10:22);
  •     “saggio e intelligente” (1 Re 3:9,12; Salmo 90:12; Proverbi 14:33a);
  •     “integro” (2 Re 20:3; 1 Cronache 28:9; 29:19; 2 Cronache 16:9);
  •     “ben disposto” (2 Cronache 29:31; 51 57:7);
  •     “fedele” (Neemia 9:8; Daniele 6:4);
  •     “generoso” (Salmo 54:6);
  •     “saldo e fiducioso” (Salmo 112:7; Ebrei 13:9);
  •     “tenace” (Salmo 112:8);
  •     “ardente” (Luca 24:32);
  •     “ubbidiente” (Romani 6:17);
  •     “credente” (Romani 10:9-10);
  •     “semplice” (Colossesi 3:22); ecc...
Questi sono alcuni aspetti della personalità di un cuore rinnovato.
Dunque la Bibbia non parla del cuore dell’uomo esclusivamente in termini negativi, ma offre una panoramica ben più ampia al riguardo.
Anche se il cuore dell’uomo è portato al male a causa del peccato, il cuore del credente è stato rinnovato dall’opera di Cristo. Infatti, se il cuore dell’uomo avesse di mira solo cose malvagie, come potrebbe il Signore fare la seguente affermazione?
“Trova la tua gioia nel Signore, ed Egli appagherà i desideri del tuo cuore” (Salmo 37:4).

E’ chiaro che la condizione indispensabile è porsi prima in relazione intima con Dio, in modo di “trovare gioia” in Lui, lasciarsi consigliare da Lui (Salmo 16:7) e mantenere nel nostro cuore la Sua legge (Salmo 40:8) e solo dopo Egli interverrà nella nostra vita, appagando i desideri purificati del nostro cuore.
Il credente ha dunque un cuore nuovo (perciò il suo cuore non è più “insanabilmente maligno”), ma ciò non toglie che esso non venga costantemente tenuto sotto osservazione, perché “la Parola di Dio… giudica i sentimenti e i pensieri del cuore” (Ebrei 4:12).
Ecco perché siamo esortati a custodirlo con attenzione.
Le passioni e i forti sentimenti scaturiscono dal cuore e perciò siamo tenuti a vigilare su di esso: “Custodisci il tuo cuore più di ogni altra cosa, poiché da esso provengono le sorgenti della vita” (Proverbi 4:23).

Emozioni o sentimenti?

emozioni
Quando parliamo di emozioni vogliamo significare un turbamento più o meno vivo dell’animo. Le emozioni hanno un’infinità di sfumature, adattandosi ai fenomeni più disparati che agiscono sull’animo umano.
Una delle emozioni più conosciute è la paura.
Essa è stata la prima emozione che ha colpito l’uomo subito dopo il peccato. “Dio il Signore chiamò l’uomo e gli disse: «Dove sei?» Egli rispose: «Ho udito la Tua voce nel giardino e ho avuto paura, perché ero nudo, e mi sono nascosto»” (Genesi 3:9-10).
Un sentimento, invece, è una sensazione interiore profonda e duratura, che può essere positiva o negativa, che coinvolge la sfera emotiva, affettiva o passionale.
Un sentimento può essere o meno manifestato agli altri. Un sentimento positivo è l’amore, mentre uno negativo è il rancore.
Rispetto alle emozioni, che generalmente sono immediate e improvvise, i sentimenti possono essere più facilmente gestibili, perché durano nel tempo e perciò si possono coltivare, maturare, modificare.

Ambiguità delle emozioni


Ogni essere umano ha una vita emotiva. Le emozioni occupano una parte considerevole della vita umana, ma possono creare anche dei problemi.
Facciamo un esempio.
La paura ha una doppia valenza: può essere negativa, ma può anche essere positiva.
Quando è negativa? 
Quando essa ci blocca, impedendoci di mettere a frutto le nostre capacità e i nostri doni. Quando non ci permette di affrontare determinate situazioni. Quando ci lega ad esperienze negative del passato che condizionano anche quelle presenti e future.
Quando invece la paura è positiva?
Quando ci impedisce di mettere a repentaglio la nostra vita, impedendoci di fare delle sciocchezze, come andare a trecento all’ora sull’autostrada o a camminare sul ciglio di un precipizio saltellando su una gamba sola. In questo caso la paura è positiva quando è in relazione con il nostro istinto di conservazione e di sopravvivenza.
Tuttavia, le emozioni sono spesso inaffidabili.
Quando la fede si basa sull’emotività, per esempio, è una fede a rischio, perché i suoi fondamenti sono effimeri e con scarsa sostanza.
Nella vita cristiana non c’è niente che possa sostituire lo studio diligente e sistematico della Scrittura per crescere con equilibrio nella nostra relazione con Dio. Le emozioni sono importanti, ma non possono costituire la norma per il nostro cammino spirituale.
La fede ha bisogno di sostanza e questa sostanza la si trova nella Parola di Dio e non nelle montagne russe delle nostre emozioni.
Con questo non voglio negare l’importanza della nostra vita emotiva, ma desidero porre l’accento sull’equilibrio che la Scrittura può dare all’emotività del credente.

Il credente non è un robot

Quando si parla del controllo delle emozioni a volte si pensa più alla loro repressione che alla loro gestione (questo si evince anche dalla lettera).
A mio avviso, ciò è sbagliato.
Poco sopra ho infatti parlato di equilibrio, non di repressione. Se da una parte il credente deve imparare a non fidarsi troppo delle sue emozioni, dall’altra non si può nemmeno pretendere di sopprimere ogni aspetto della sua vita emotiva.
Il credente è una “nuova creatura”, ma ciò non significa che sia diventato un robot, cioè un’arida e sterile macchina che non è più in grado di commuoversi di fronte ad un tramonto o di gioire con emozione nell’ascoltare un brano musicale particolarmente coinvolgente.
Ognuno di noi, interiormente, è il risultato di una complessa serie di elementi.
Ognuno di noi ha un suo temperamento, una sua personalità, una sua sensibilità.
Ognuno di noi ha modi diversi per esprimere gioia, affetto, dolore.
Nelle relazioni interpersonali dobbiamo tenere conto di queste variabili.
Pretendere che dalla conversione in poi si debba diventare una sorta di creature senza emozioni o con sentimenti standardizzati, cioè tutti uguali, fatti in serie, è una totale storpiatura di ciò che la Bibbia dice al riguardo. Addirittura, l’apostolo Paolo ci esorta a simpatizzare con le emozioni altrui, per manifestare una piena solidarietà fraterna: “Rallegratevi con quelli che sono allegri; piangete con quelli che piangono” (Romani 12:15).
La soppressione delle emozioni non è un insegnamento biblico, ma era un ideale filosofico già presente nel III sec. a.C. con la scuola Cinica e Stoica. I Cinici e gli Stoici insegnavano infatti l’apatia e l’atarassia come ideale di vita. Questi concetti costituivano il loro ideale morale.
Apatia significa propriamente insensibilità, e secondo gli Stoici l’uomo doveva raggiungere l’indifferenza verso tutte le emozioni e il disprezzo di esse.
Anche l’atarassia aveva come scopo l’imperturbabilità o la serenità dell’anima derivante dal dominio sulle passioni o dall’estirpazione di esse.
E’ vero che la Bibbia ci chiama a controllare i nostri impulsi carnali, poiché “quelli che sono di Cristo hanno crocifisso la carne con le sue passioni e i suoi desideri” (Galati 5:24). Però non dobbiamo far dire alla Bibbia ciò che in realtà non dice. In quel contesto, infatti, non si sta parlando di passioni in senso generale (se così fosse, non dovremmo neanche appassionarci allo studio della Bibbia!), ma di quelle passioni peccaminose che ci allontanano dalla via di Dio.
Sono queste le passioni che il credente ha crocifisso, non la sua capacità di entusiasmarsi, di emozionarsi o di provare forti sentimenti per la persona amata.
Le passioni peccaminose della carne sono quelle che inducono a compiere le opere descritte in Galati 5:19-21: “fornicazione, impurità., dissolutezza, idolatria, stregoneria, inimicizie, discordia, gelosia, ire, contese, divisioni, sètte, invidie, ubriachezze, orge”. Tutto ciò non ha nulla a che vedere con le sane passioni che anche un credente può provare nei confronti di qualcosa che lo colpisce nel profondo, a livello spirituale, affettivo o emotivo.
E’, per esempio, la passione per l’Evangelo che ancora oggi motiva uomini e donne di Dio a intraprendere grandi opere per il regno dei cieli.
E’ la passione per le anime che spinge uomini e donne sulla via missionaria.
La Storia ci testimonia che solo chi si è votato anima e corpo alla causa in cui credeva, è riuscito a fare grandi cose.
Non voglio sembrare una persona romantica ed idealista, ma credo che il regno di Dio chiami uomini e donne che sappiano provare delle grandi passioni e che sappiano fare delle grandi rinunce. Solo chi è mosso da una grande passione può dire, come l’apostolo Paolo: “Non faccio nessun conto della mia vita, come se mi fosse preziosa, pur di condurre a termine con gioia la mia corsa e il servizio affida torni dal Signore Gesù, cioè di testimoniare del Vangelo della grazia di Dio” (Atti 20:24).
La passione che può animare un credente può essere una grande risorsa quando è orientata verso un fine secondo la volontà di Dio, ma è un pericolo quando si trasforma in un veicolo che porta a qualche forma di idolatria, come per esempio una passione esagerata per le cose di questo mondo.
La Parola ci mette in guardia proprio nei confronti di questo aspetto, quando dice: “Ogni cosa mi è lecita, ma non ogni cosa è utile. Ogni cosa mi è lecita, ma io non mi lascerò dominare da nulla” (1 Corinzi 6:12).

Le emozioni di Gesù


Il Signore Gesù, attraverso la Sua vita terrena, ci dà un ottimo insegnamento sulle emozioni e sui sentimenti.
Nella rivelazione biblica non possiamo considerare soltanto il Gesù-Dio, prescindendo dal Gesù-uomo. La coesistenza in Cristo della natura umana e di quella divina è infatti un aspetto fondamentale per il nostro rapporto con Dio, perché Dio ha scelto quel modo per avvicinarsi all’uomo, entrando nella Storia, e ha permesso così all’uomo di entrare in contatto con il Dio fattosi carne.
Perciò, gettare uno sguardo sulla vita emotiva del Signore Gesù ci aiuta a sentire Dio ancora più vicino all’uomo. Ci aiuta a capire quanto Dio — in Cristo — si sia identificato con gli uomini, in modo che “non abbiamo un Sommo Sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, poiché Egli è stato tentato come noi in ogni cosa, senza commettere peccato” (Ebrei 4:15).
Infatti, dalla Scrittura vediamo che Gesù provò una vasta gamma di emozioni. Tuttavia non ci è dato di sapere fino a che punto la Sua natura divina influenzò la gestione di quelle emozioni della Sua natura umana, così da non farle mai diventare peccaminose. Questo è infatti un soggetto che ha sempre suscitato accesi dibattiti teologici.
Egli manifestò:
  •   la compassione (Matteo 9:36; 14:14);
  •   la pietà (Matteo 15:32; Marco 1:41; Luca 7:13);
  •   l’amore (Marco 10:21; Giovanni 15:9, 12; 11:5, 36); 
  •   l’indignazione (Marco 10:14; 3:5a);
  •   la tristezza (Marco 3:5b; Matteo 26:37; Giovanni 11:35);
  •   il turbamento (Giovanni 11:33,38); 
  •   lo spavento (Marco 14:33);   l’angoscia (Matteo 26:38; Marco 14:33-34; Luca 22:44).
In tutte queste emozioni, però, Gesù non travalicò mai il limite del peccato. Egli seppe gestirle contemplando il Padre e ubbidendo alla Sua Volontà. Il Suo agire ci insegna a fare altrettanto. Non possiamo impedire alle emozioni di agitarci, ma dobbiamo imparare a controllarle per impedire che ci facciano cadere nel peccato o che blocchino quelle risorse che potremmo invece investire per il regno di Dio.
 L’opera di rinnovamento, prodotta dallo Spirito Santo in noi, deve manifestarsi nel controllo al quale sottoponiamo le nostre emozioni e nell’equilibrio fra le indicazioni generali della volontà di Dio e quelle personali, che mai devono essere in disaccordo fra di loro.


Gestire le emozioni

In senso generale, ogni individuo cerca di gestire le sue emozioni in base al suo vissuto personale e a seconda di come nel passato certe emozioni l’hanno fatto soffrire o meno. Per esempio, chi ha subito certi traumi continuati nell’infanzia a causa di un genitore irascibile e violento, anche nella vita adulta potrebbe avere difficoltà a relazionarsi con chi alza la voce facilmente.
La paura di rivivere certe esperienze negative del passato può infatti influenzare una giusta e obiettiva percezione del presente. Le emozioni, però, non possono essere soppresse.
Non si deve pensare di arrivare all’abulia e all’atarassia dei filosofi Stoici.
Il problema non è dunque quello di sopprimere le proprie emozioni, ma di gestirle e
incanalarle verso qualcosa di costruttivo. Per un credente, il modo migliore per gestire le sue emozioni è quello di comprendere pienamente l’opera di trasformazione e di rigenerazione dello Spirito Santo.
E’ importante avere molto chiari in mente i seguenti concetti biblici:
“Se perseverate nella Mia Parola, siete veramente Miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi (...) Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete veramente liberi” (Giovanni 8:31-32, 36).
La predicazione e lo studio della Parola di Dio costituiscono il fondamento di una vera libertà interiore, perché in Essa ci viene presentata la causa delle nostre paure e dei nostri fallimenti (il peccato) e ci viene offerta la soluzione. Oltre a ciò, la Scrittura ci presenta il carattere di Dio e i termini della nostra relazione con Lui. Questo ci fa comprendere il valore del rapporto personale che possiamo stabilire con Lui, che è tutt’altra cosa che professare una sterile religione. La Bibbia parla ampiamente anche dell’Amore di Dio per l’uomo e del Suo desiderio di liberarlo dalla condizione di schiavitù (spirituale, emotiva e intellettuale) in cui il peccato lo vuole tenere prigioniero.

“Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate: ecco, son diventate nuove” (2 Corinzi 5:17).

Questa è un’affermazione molto profonda, che ci presenta la più grande possibilità della nostra vita: ricominciare daccapo!
Ciò significa che Cristo ci offre di ricostruire la nostra identità interiore. A livello spirituale la “nuova nascita” ha effetto immediato; da quando ci ravvediamo e chiediamo perdono al Signore, diventiamo infatti spiritualmente “nuove creature”, cioè “figli di Dio”. La nostra identità spirituale davanti a Dio viene reintegrata in un attimo.
A livello psicologico-emotivo, invece, il processo può essere più lungo. La nostra identità psichica ha bisogno di più tempo per essere “riprogrammata” dall’azione dello Spirito.
“Nell’amore non c’è paura; anzi, l’amore perfetto caccia via la paura (...) In questo è l’amore: che camminiamo secondo i Suoi comandamenti” (1 Giovanni 4:18; 2 Giovanni 6).
Essere certi dell’amore di Dio verso di noi, indipendentemente dalle circostanze in cui veniamo a trovarci, ci aiuta ad affrontare i momenti di scoraggiamento e di paura. Nello stesso modo, se ci impegniamo a coltivare il nostro amore per il Signore e cresciamo nella relazione “affettiva” con Lui, mediante l’osservanza della Sua Parola, allora anche le nostre emozioni vengono sostenute dalla pace che il Signore ci mette nel cuore. 
“Voi moriste e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio” (Colossesi 3:3).
La consapevolezza di questa realtà spirituale, cioè che la nostra vita è “nascosta” con Cristo in Dio (cioè protetta nel luogo più sicuro che esista) e che niente e nessuno ci può rapire dalla Sua mano (Giovanni 10:28), ci dà grande consolazione e sicurezza interiore. Ciò ci permette di affrontare e gestire le nostre emozioni negative (paura, scoramento, ansia, colpa, ecc.) con una prospettiva diversa: la prospettiva celeste.

L’amore: un sentimento per crescere


L’amore è uno di quei sentimenti che si arricchisce anche di mille emozioni.
Quando si è innamorati non si capisce più nulla e tutto ci appare diverso. Ci sentiamo invasi da piacevoli sensazioni e dal desiderio di stare sempre con la persona amata.
A volte c’è qualcosa di inspiegabile nell’innamoramento: può capitare infatti di innamorarci di una persona che, a livello razionale, non presenta alcunché di attraente. Eppure, senza sapere perché, ne veniamo attratti.
Questa è una fase delicata, perché bisognerebbe non lasciarsi trascinare dalle ondate di emozioni che si provano. L’innamoramento, molte volte, è infatti un subire queste emozioni, piuttosto che la loro gestione attraverso un sentimento amoroso più maturo.
Molti giovani che si trovano in questa situazione chiedono: “Come faccio a sapere se è la persona giusta per me?”
In questa fase è molto importante imparare a gestire questi forti sentimenti, per non lasciarsi travolgere dalle emozioni connesse e prendere decisioni affrettate.
Non voglio assolutamente negare l’importanza ed il valore dei sentimenti. Secondo me, innamorarsi è una delle più belle e significative esperienze per un individuo. Tuttavia è saggio, soprattutto per i giovani, consigliarsi con qualcuno più maturo nella fede e nella vita, prima di fare delle scelte incaute.
Troppo spesso ci scontriamo con dei veri e propri drammi familiari, dove giovani sposi si separano dopo poco tempo per la loro presunta incompatibilità.
Può darsi che in quei casi i forti sentimenti abbiano offuscato certi altri aspetti più importanti per una relazione sentimentale.
Il dialogo, la compatibilità reciproca, gli interessi comuni, la fede, la visione della vita, le aspettative, gli ideali, i valori, sono tutti aspetti che hanno un grande peso in un rapporto tra due persone. Lasciare eccessivo spazio alle emozioni e ai sentimenti potrebbe impedire una crescita equilibrata della relazione. Non è sempre vero, infatti, che l’amore coprirà tutte le lacune tra due persone.
Ecco dunque l’importanza di coltivare e far crescere l’amore, per farlo diventare un sentimento maturo e duraturo. Esso diventa tale quando segue il modello biblico. L’amore, infatti, non è passività, ma è qualcosa di straordinariamente attivo.
Il passo biblico per eccellenza al riguardo è 1 Corinzi 13:4-7: “L’amore è paziente, è benevolo; l’amore non invidia; l’amore non si vanta, non si gonfia, non si comporta in modo sconveniente, non cerca il proprio interesse, non si inasprisce, non addebita il male, non gode dell’ingiustizia, ma gioisce con la verità; soffre ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa”. Come si può vedere, ogni caratteristica del vero amore esprime qualcosa di attivo. Ci vuole infatti un atto della volontà per non invidiare, per non inasprirsi, per sopportare, ecc. L’amore è dunque un sentimento bellissimo, un sentimento che ci fa volare tra le nuvole, ma deve essere educato per crescere e dare il meglio di sé.

Ragione, volontà e sentimento


L’essere umano è costituito sia da emotività che da razionalità. Cuore e cervello. Platone parlava di una biga trainata da due cavalli che vogliono andare in due direzioni diverse. Se a entrambi i cavalli si consente di fare ciò che vogliono, la biga si sfascerebbe in un momento. E’ perciò compito di chi la guida far sì che i cavalli seguano i suoi comandi, in modo da arrivare alla giusta destinazione. Questa immagine presa in prestito dalla filosofia ci permette di capire un fatto: entrambi i cavalli hanno una loro specifica potenzialità, ma se non vengono guidati nella stessa direzione, tutta la loro forza è inutile. Così è per i sentimenti: essi hanno un gran valore, ma il Signore ci chiama ad esercitare l’autocontrollo, poiché “chi ha autocontrollo vale più di chi espugna città” (Proverbi 16:32).
L’ardore del sentimento, associato ad una volontà esercitata dalla ragione, invece di essere una contraddizione diventa un potenziale enorme per un credente.
La potenza dei sentimenti e la guida del discernimento, uniti in equilibrio dalla saggezza della Parola. Sia il cuore che il cervello al servizio di Dio!
Gesù ordina di amare Dio “con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima tua, con tutta la mente tuo, e con tutta la forza tua” (Marco 12:30). Se noi amassimo Dio solo col cuore, il nostro sarebbe un amore emotivo. Se l’amassimo solo con la mente, sarebbe un amore sterile e accademico. Cuore e mente uniti rappresentano invece l’insieme della nostra interiorità. Anche l’apostolo Paolo esprime un concetto analogo riguardo la preghiera e la lode: “pregherò con lo spirito, ma pregherò anche con l’intelligenza; salmeggerò con lo spirito, ma salmeggerò anche con l’intelligenza” (1 Corinzi 14:15).

Sentimenti e volontà di Dio

Uno degli ambiti in cui i sentimenti giocano spesso un ruolo determinante è nella ricerca della volontà di Dio per la nostra vita. Sappiamo che c’è una volontà generale di Dio (espressa dalla Bibbia), che riguarda tutti i credenti: santificazione, evangelizzazione, preghiera, crescita, ecc. Oltre a questa, c’è poi una volontà personale, che riguarda solo l’individuo: scelta del partner, lavoro, spostamenti, ecc. La prima è facile da capire, mentre la seconda presenta qualche difficoltà in più. Anche in questo caso, bisogna imparare a non lasciarsi fuorviare dai sentimenti.

“Confida nel Signore con tutto il cuore e non ti appoggiare sul tuo discernimento... Non ti stimare saggio da te stesso” (Proverbi 3:5,7).

Spesso capita che decidiamo di fare una determinata scelta perché “sentiamo” che quella è la volontà di Dio. Credo che questo modo di procedere, se si limita a ciò che “sentiamo”, non sia biblico. Infatti, se noi facessimo solo ciò che ci sentiamo di fare, molto presto le nostre attività diminuirebbero drasticamente. Quante volte abbiamo fatto delle scelte avventate solo perché ci siamo auto-convinti che era la volontà di Dio, mentre invece stavamo solo seguendo i nostri desideri? Quante volte abbiamo interpretato qualche piccolo segnale — magari molto aleatorio e ambiguo, che poteva venire interpretato in mille modi diversi — come una conferma di Dio ai nostri progetti?
Dobbiamo fare attenzione ai sentimenti.
Dobbiamo sottoporre le nostre scelte al vaglio della Scrittura e affidarci ai criteri biblici.
In ogni scelta personale ci sono infatti degli elementi soggettivi (la nostra volontà, i nostri pensieri, i nostri sentimenti, i nostri desideri) e degli elementi oggettivi (la Parola di Dio, le circostanze in cui ci troviamo, le conseguenze di una scelta, ecc.). Nelle nostre scelte di credenti, non possiamo andare “dove ci porta il cuore”, ma gli elementi soggettivi devono essere confermati da quelli oggettivi. Potremmo indicare una procedura biblica per le scelte personali. Di fronte a qualunque scelta dovremmo prima di tutto analizzare le motivazioni del nostro cuore. 
Chiediamoci: “Perché desidero fare questo o quest’altro? Quali sono i veri motivi che mi spingono a fare questa scelta piuttosto che un’altra?” Dobbiamo essere onesti con noi stessi e con Dio.
Per avere una giusta percezione delle motivazioni del nostro cuore, dobbiamo verificare quali sono le nostre condizioni spirituali. 
Chiediamoci: “Quanto tempo dedico alla preghiera? E alla lettura della Bibbia? Quanto curo la mia relazione con Dio?”
Dobbiamo poi verificare se siamo disposti ad accettare la volontà di Dio nelle nostre scelte personali. A volte dobbiamo imparare a fare delle cose che non ci piacciono (cfr. le parole di Gesù a Pietro in Giovanni 21:18).  Dio si rivela progressivamente anche sulla base di come gli rispondiamo (Luca 16:10,11).
In Romani 12:2 leggiamo che possiamo comprendere la volontà di Dio “per esperienza”, cioè camminando con Lui e mettendo in pratica i Suoi insegnamenti. Non possiamo pretendere di capire la volontà particolare di Dio se non stiamo vicini a Lui. Dobbiamo camminare in modo intelligente, chiedendo al Signore la saggezza (Giacomo 1:5-8) e in modo spirituale (Galati 5:16).
Dobbiamo porci delle domande specifiche, riguardo a una determinata scelta o decisione.
“E lecito? Mi è utile? (1 Corinzi 6:12; 10:23,24). Mi rende schiavo? Dove mi porterà questa scelta? E’ in accordo con la signoria di Cristo nella mia vita? E’ di aiuto ad altri? E’ in armonia con gli esempi biblici? E’ una scelta che glorifica Dio?”
Ricordiamoci che la nostra priorità di credenti è quella di onorare e glorificare Dio con la nostra vita.
Infine, dobbiamo maturare un atteggiamento di pazienza (Salmo 37:7-8; Isaia 8:17). Non dobbiamo essere precipitosi né lasciarci schiacciare dalle nostre ansie. Anche se in certe circostanze può essere difficile, dobbiamo imparare ad aver sempre fiducia in Dio.

Conclusione

Dio ci ha creati in modo ricco e stupendo, perciò i sentimenti e le emozioni sono una componente molto importante di ogni essere umano. Non si possono e non si devono reprimere, perché rischieremmo di diventare degli individui aridi. Anche le passioni sono una forte motivazione all’agire, quasi una spinta che ci porta a fare delle cose che normalmente non faremmo, mettendo in gioco notevoli risorse. Tuttavia, le emozioni e i sentimenti da soli potrebbero diventare pericolosi, se non sono guidati dalla ragione e dalla volontà. Quest’ultima può essere fortificata grazie all’autocontrollo datoci dallo Spirito Santo (uno degli aspetti del frutto dello Spirito è proprio questo, Galati 5:22).

“La mia bocca dirà parole sagge, il mio cuore mediterà pensieri intelligenti” (Salmo 49:3).

Nella vita di fede dobbiamo basarci sulla verità biblica e non sull’altalena delle nostre emozioni e dei nostri sentimenti. Il fondamento della nostra crescita cristiana è la Parola di Dio, non le eventuali esperienze emotive che possiamo fare. Una fede che si nutre di emotività è una fede debole che ha continuamente bisogno di nuovi stimoli, mentre invece una fede che si ciba della Parola del Signore è una fede stabile, perché le parole di Cristo non passeranno (Matteo 24:35).
Nella vita di relazione occorre imparare a gestire i sentimenti e non a lasciarci guidare da essi. Li possiamo vivere con un “ardore equilibrato”, valutandone le giuste priorità e orientandoli verso la costruzione di sane relazioni sociali, per una testimonianza concreta e coerente. Nelle scelte essi costituiscono un elemento soggettivo valido solo se si accorda con gli elementi oggettivi che li possono confermare o meno. Il nostro cuore deve dunque essere continuamente trasformato dallo Spirito e motivato dal desiderio di piacere al Signore, così che i nostri sentimenti siano resi puri e coerenti con il nostro stato di nuove creature. In quel caso potrebbe valere anche per noi la seguente preghiera: “Ti dia Egli quel che il tuo cuore desidera, faccia riuscire ogni tuo progetto” (Salmo 20:4).



"Vestitevi, dunque, come eletti di Dio, santi e amati, di sentimenti di misericordia, di benevolenza, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza."
(Colossesi 3:12)


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