
Sam mi chiamò, era nel
panico. Aveva trascorso un giorno come tutti gli altri: si era alzato,
era andato al lavoro, aveva lavorato fino all’ora di chiusura. Poi,
mentre stava tornando a casa, era stato avvicinato da un uomo disperato
che gli aveva detto che la sua vita era un caos, non sapeva neanche dove
sarebbe andato a dormire quella notte. Sam non aveva mai vissuto simili
situazioni, ma sperando di poter essere d’aiuto, quindi portò
quell’uomo a casa e chiamò il suo pastore, cioè me. «Paul – disse – mi
sono imbattuto in un ragazzo che ha perso il lavoro: ha un problema
terribile con sua moglie e si trova in mezzo alla strada. Ho pensato di
portarlo a casa tua, così tu potrai dargli l’aiuto di cui ha bisogno.
Che ne dici, va bene?». Prima che Sam potesse aggiungere altro, risposi:
«Non è meraviglioso l’amore di Dio? Dio si preoccupa di quest’uomo e
mette uno dei suoi figli sul suo cammino. Dio si prende cura di te e ti
dà l’opportunità di essere uno strumento nelle sue mani. Sono persuaso
che Dio non sbaglia mai indirizzo, e desidera usare te nella
vita di quest’uomo. Lascia che io preghi per te adesso, affinché Dio
possa riempire il tuo cuore con il suo amore e la tua mente con la sua
sapienza». Quando ebbi finito di pregare, Sam mi disse: «Ma io non credo
di essere capace…». Lo interruppi: «Continuerò a pregare per te tutta
la notte e ti chiamerò domani mattina. Sono molto incoraggiato dal tuo
ministero verso quest’uomo». Salutai e attaccai il telefono.
Durante le settimane
seguenti, rimasi al fianco di Sam, determinato a non prendere il suo
posto, affinché apprendesse come amare il suo amico disperato. Imparò ad
essere uno strumento che Dio usa per incoraggiare il cambiamento nella
vita di qualcuno. Nel processo, Dio trasformò, allo stesso tempo, anche
Sam e sua moglie. Avevo spinto Sam fuori dal “nido”. Non perché egli
mancasse di compassione: il suo problema era che gli mancava il
coraggio. Sam aveva dato per assunto che, qualunque fosse il bisogno di
quell’uomo, era al di là delle proprie possibilità. Non considerava se
stesso come uno strumento di Dio, ma come uno dei condotti di Dio, un
canale passivo che avrebbe potuto semmai collegare un elemento
all’altro. Uno strumento è un utensile che viene usato attivamente per
cambiare qualcosa, e Dio ha chiamato tutto il suo popolo ad essere un
simile strumento di cambiamento nelle sue mani.
All’interno della ben più ampia storia della redenzione, c’è un principio che non dobbiamo trascurare: Dio usa persone ordinarie per compiere cose straordinarie nella vita degli altri.
Quale missione, quale ministro, quale chiesa locale userebbe oggi gli
uomini che Dio ha usato nelle Scritture? Egli usò persone come Mosè, un
omicida esule, Gedeone, un pauroso che si nascondeva, Davide, un giovane
pastore senza esperienza militare, Pietro, che aveva pubblicamente
rinnegato Cristo, Paolo, persecutore della chiesa. Insieme ad essi, un
numero imprecisato di altri individui simili è stato usato da Dio in
modo glorioso per attuare il suo piano sulla terra. Dio non ci ha mai
considerati come semplici oggetti del suo amore: siamo stati anche
chiamati ad essere strumenti di tale amore nella vita degli altri.
Molti utensili nella cassetta degli attrezzi
Quando riflettiamo sulla
crescita personale e sul cambiamento, cosa ci viene in mente? Siamo come
Sam e pensiamo immediatamente che abbiamo bisogno dell’aiuto del nostro
pastore, di un anziano o di un consulente professionista? Questo è ciò
che la nostra cultura ritiene necessario affinché avvenga un
cambiamento. Chiaramente Dio suscita persone particolari in vista di
alcuni ruoli ministeriali formali, ma la chiamata all’aiuto reciproco
che la Scrittura ci rivolge include tutto il popolo di Dio. Inoltre, la
visione biblica circa il cambiamento individuale è radicalmente
differente da quella imperante nella nostra cultura. La Scrittura
dichiara che la trasformazione personale ha luogo quando i nostri cuori
sono cambiati dalla grazia di Dio e le nostre menti sono rinnovate dallo
Spirito Santo. Noi non possiamo cambiare nessuno: questa è l’opera del
Redentore! Siamo semplicemente suoi strumenti. Il problema è che spesso
pensiamo che Dio porti in giro solo una piccola cassetta degli attrezzi.
Un bravo carpentiere usa invece numerosi strumenti, ognuno per un
lavoro particolare: Dio possiede un’enorme cassetta degli attrezzi, e il
suo strumento principale sono i suoi figli. Purtroppo, molti membri di
chiesa non riescono a vedere se stessi in questa prospettiva: intendono
il ministero come qualcosa di riservato ai professionisti retribuiti;
quando considerano il proprio coinvolgimento, non immaginano molto di
più che elevare qualche preghiera o cucinare un pasto. Tuttavia, la loro
adozione nella famiglia di Dio implica una chiamata al ministero, una
chiamata, cioè, ad essere parte della buona opera del regno.
Il modello biblico generale è questo: Dio trasforma la vita delle persone quando il suo popolo reca la sua Parola agli altri.
Il nostro istinto si chiede: «Chi sono i soggetti che Dio usa e quali
sono le loro qualifiche? Dio usa solo certi individui? Perché ne usa
alcuni e non altri? Io sono forse uno di essi?». Troviamo la risposta a
tali domande in Efesini 4:11-16.
È lui [Cristo] che
ha dato alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come
evangelisti, altri come pastori e dottori, per il perfezionamento dei
santi in vista dell’opera del ministero e dell’edificazione del corpo di
Cristo, fino a che tutti giungiamo all’unità della fede e della piena
conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomini fatti, all’altezza
della statura perfetta di Cristo; affinché non siamo più come bambini
sballottati e portati qua e là da ogni vento di dottrina per la frode
degli uomini, per l’astuzia loro nelle arti seduttrici dell’errore; ma,
seguendo la verità nell’amore, cresciamo in ogni cosa verso colui che è
il capo, cioè Cristo. Da lui tutto il corpo ben collegato e ben connesso
mediante l’aiuto fornito da tutte le giunture, trae il proprio sviluppo
nella misura del vigore di ogni singola parte, per edificare se stesso
nell’amore.
La sola metafora in grado
di descrivere il piano di Dio per la chiesa è quella del corpo. Dio ha
dato alla sua chiesa dei capi non per portare il carico dell’intero
ministero del corpo di Cristo, ma per equipaggiare ogni membro a
partecipare all’opera di Dio in vista della propria trasformazione
personale. Ricordate: nessuna chiesa locale potrebbe impiegare uno staff
in grado di soddisfare tutti i bisogni ministeriali che si presentano
in una sola settimana! Nel modello biblico, molto più informale, il
ministero personale va oltre il ministero ufficiale. I momenti di
ministero formale pubblico, sono pensati per preparare il popolo di Dio
al ministero personale, che è lo stile di vita del corpo di Cristo.
Riflettiamo sulla nostra esperienza: possiamo forse dire che il vero
cambiamento è stato determinato solo dal ministero formale
della Parola? Dio non si è forse servito anche di persone ordinarie per
cambiare il nostro cuore e trasformare la nostra vita?
Dire semplicemente che Dio
ci ha donati gli uni agli altri per aiutarci a maturare, non rende
giustizia alla metafora del corpo utilizzata da Paolo. Un corpo cresce soltanto
quando ogni sua parte compie il proprio lavoro. Consideriamo il
concetto di interdipendenza implicato in quest’immagine: non può avere
luogo in noi nessun cambiamento che coinvolga solo una parte del corpo.
Mi sono reso conto
recentemente di tale realtà quando ho iniziato ad accusare un dolore
alla mia spalla sinistra. Che fosse borsite, artrite o il triste
avanzamento della vecchiaia, immediatamente divenni cosciente di quanto
usassi quell’articolazione. Non avevo mai pensato molto alle mie spalle
prima di allora, ma improvvisamente acquistai una nuova consapevolezza
circa il modo di lavorare del corpo: si tratta di un sistema complesso
di parti interdipendenti.
La metafora del corpo
indica anche un disegno premuroso. Pensiamo alla differenza tra la mano e
l’occhio o tra l’articolazione della spalla e il fegato! Il corpo umano
è un’illustrazione intelligente di un piano intenzionale. Ogni parte è
stata attentamente creata in modo artistico e posta lì a compiere il
proprio ruolo. Così è il corpo di Cristo. I membri del popolo di Dio non
sono tutti uguali: ognuno di noi è stato personalmente designato e
chiamato a fare la propria parte nel regno di Dio. La nostra storia, il
nostro carattere, le nostre abilità, i livelli di maturità differiscono
secondo il piano del Redentore. Egli è sovrano sopra ogni cosa.
Troppo spesso siamo
incuranti di un simile disegno. Siamo così facilmente ammaliati dal
nostro piccolo mondo egocentrico! Ma Efesini 4 ci spinge al di là di
un’esistenza consumata dal desiderio di realizzazione personale: la
nostra vita è più grande di bellissimi paesaggi, vacanze fantastiche e
vestiti alla moda; essa è più importante anche di un buon lavoro, di un
coniuge comprensivo, di figli obbedienti. In realtà, siamo parte di
qualcosa di immenso, che esisteva prima che noi nascessimo e continuerà
dopo che saremo morti. Dio riscatta l’umanità caduta, trasportandola nel
suo regno e modellandola progressivamente secondo la sua volontà, e
vuole che noi siamo parte di questo piano.
La vita è più grande di
quanto possiamo immaginare. Per ora, infatti, viviamo nel tempo, ma un
giorno saremo mano nella mano con Enoc, Noè, Mosè, Abramo, Isacco,
Giuseppe, Geremia, Ezechiele, Matteo, Pietro, Paolo, Agostino, Lutero,
Calvino e generazioni di credenti sconosciuti, che hanno compreso il
loro posto nel regno di Dio e hanno portato a termine la propria opera
in esso. Solo se riusciamo a vedere questo grandioso universo, saremo in
grado di vivere e servire in modo efficace nel piccolo mondo in cui Dio
ci ha posti.
Ma c’è di più
Focalizziamoci ora sulla seconda parte dell’affermazione: Dio trasforma la vita delle persone quando il suo popolo reca la sua Parola agli altri.
I cambiamenti che Dio produce nel suo popolo sono direttamente connessi
al ministero della Parola. Di nuovo, questo concetto è profondamente
diverso da ciò che la nostra cultura (e a volte anche la chiesa) impone
riguardo alla crescita personale e al cambiamento. Troppo spesso la
filosofia che permea l’idea di ministero dal pulpito e i fattori che
forgiano la conversazione privata sono molto differenti: ad esempio,
perché sembra giusto dire “predica la Parola”, ma è strano dire
“consiglia la Parola”? Secondo una prospettiva biblica, sia il ministero
pubblico sia quello privato basano la loro speranza di cambiamento
sulla Parola di Dio. Si tratta semplicemente di metodi complementari di
portare la Parola al prossimo in contesti differenti.
Nel ministero personale,
infatti, si vuole recare qualcosa di più di un cuore compassionevole,
della volontà di ascoltare, dell’impegno ad aiutare qualcuno a portare
il proprio peso. Anche se questi sono i dolci frutti dell’amore
cristiano, è necessario offrire di più: bisogna mostrare agli altri la
verità trasformatrice della Scrittura in mezzo ad ogni situazione e
relazione. Il ministero personale riguarda persone che amano altre
persone, e proprio per questo esse intendono diffondere la Parola di
Dio. Questo è il modello della “verità nell’amore” descritto da Paolo in
Efesini 4. La combinazione tra verità potente e amore pronto al
sacrificio è ciò che Dio usa per trasformare le persone. Se è vero che,
nell’esperienza di una chiesa locale o di un credente, in una settimana
c’è più ministero informale che formale, allora sicuramente dovremmo
valutare la qualità del nostro insegnamento in tali momenti informali.
Supponiamo che la nostra
vicina, piangendo, ci racconti che ha trovato una rivista pornografica
nello zaino del figlio; forse il nostro collega di lavoro ci dice che
sta pensando di lasciare sua moglie; forse abbiamo visto un
collaboratore comportarsi male con le ragazze nel gruppo dei giovani.
Indipendentemente da ciò che faremo in seguito, il nostro modo di
rispondere costituirà il nostro ministero personale. Ovviamente, ci
capita di affrontare simili situazioni per caso, al contrario di ciò che
accadrebbe nel ministero ufficiale, pubblico.
Se ci chiedono di tenere
una lezione alla scuola domenicale, di predicare, di portare uno studio
biblico, immediatamente ci domandiamo: «Ho il tempo necessario per
prepararmi?». Invece al nostro vicino, al collega, al volontario della
chiesa, rispondiamo spesso con poca preparazione, riflessione o
preghiera. Perché passiamo ore a prepararci per insegnare e, al
contrario, offriamo importanti consigli senza pensarci un attimo?
Dimentichiamo forse che Dio usa queste interazioni per applicare la
potenza trasformatrice della Scrittura al cuore delle persone; non
consideriamo che la Parola di Dio è il nostro strumento principale di
cambiamento; in buona sostanza, ci accontentiamo della nostra piccola
saggezza personale e delle nostre limitate esperienze e lasciamo uscire
le parole.
È per questo che la seconda
parte del nostro modello è di importanza così vitale. Dio ha posto gli
uomini gli uni vicini agli altri per costruire un sistema di intricate
interdipendenze, ma ha anche ordinato di donarci reciprocamente in tali
relazioni.
I monsoni di Dio
Ho visitato più volte
l’India del nord. Gran parte dell’anno questa parte del mondo è
estremamente secca e calda. Una volta, a Nuova Delhi, ho sopportato una
temperatura di 53 gradi centigradi!
Durante la stagione arida,
il nord dell’India appare riarso e sterile, ma gli Indiani sanno che il
cambiamento sta per arrivare: la speranza viene dal sud, quando le
piogge torrenziali stagionali, chiamate monsoni, si avvicinano al
settentrione. Nel momento in cui le piogge finalmente raggiungono il
nord dell’India, saziando il suolo arido, avviene come se qualcuno
accendesse la luce: la terra esplode di fiori; è questione di giorni e
l’India diventa viva, lussureggiante di foglie e fiori tropicali.
La potenza trasformatrice
della Parola di Dio non è meno sensazionale. Il ministero personale
porta i monsoni della Parola di Dio al terreno riarso del cuore. Anche
se una trasformazione completa non avviene in modo repentino, le nostre
vite si aprono verso una nuova bellezza interiore e una nuova vita
fruttifera. Isaia 55:10-13 descrive molto bene tale dinamica:
Come la pioggia e
la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver annaffiato la
terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, affinché dia seme al
seminatore e pane da mangiare, così è della mia parola, uscita dalla mia
bocca: essa non torna a me a vuoto, senza aver compiuto ciò che io
voglio e condotto a buon fine ciò per cui l’ho mandata. Sì, voi
partirete con gioia e sarete ricondotti in pace; i monti e i colli
proromperanno in grida di gioia davanti a voi, tutti gli alberi della
campagna batteranno le mani. Nel luogo del pruno si eleverà il cipresso,
nel luogo del rovo crescerà il mirto; ciò sarà per il Signore un motivo
di gloria, un monumento perenne che non sarà distrutto.
Il cambiamento prodotto
dalla Parola di Dio nell’uomo è meraviglioso. La pioggia che inzuppa il
terreno riarso produce sempre un effetto: bagna la terra che nutre le
radici; queste ultime alimentano le piante, che a loro volta generano i
fiori. Così è la Parola di Dio: essa cambia quello che tocca, producendo
bellezza e frutti nella vita delle persone. Tali cambiamenti indicano
due realtà meravigliose: la prima è che siamo, in effetti, figli del
patto con Dio: egli ha promesso di essere il nostro Dio, di rimanere con
noi e di benedirci; la seconda è che questi cambiamenti ci mostrano la
sua gloria. I fiori e i frutti che la pioggia produce, danno gloria a
colui che l’ha mandata; parimenti, quando portiamo l’uno all’altro la
Parola di Dio, diveniamo dei segni che mostrano la sua gloria.
Qual è qui la speranza? È
la speranza del regno di Dio. Il Re è venuto e ha donato i suoi figli
l’uno all’altro con la sua Parola che cambia la vita. Le persone perdute
trovano la via; coloro che erano paralizzati dallo scoraggiamento
trovano speranza; chi era stato alienato, ora vive in comunione, perché
le relazioni spezzate sono state ristorate; le menti confuse riprendono a
pensare in modo autentico, puro e giusto; gli individui che si basavano
sul proprio potere, ora riposano in Dio. La pioggia di Dio ha bagnato
le radici del cuore, la vita degli uomini è rinata, ed essi portano
nuovi frutti. Questa è la via del Signore, la speranza e l’opera del suo
regno.
Risposte, enciclopedie e principi generali
Isaia 55 dovrebbe
instillare in noi una notevole speranza, ma solleva anche una domanda.
Qual è il modo migliore di rapportarci biblicamente con un’altra
persona? Come possiamo recarle al meglio la potenza della Scrittura?
Molti cristiani purtroppo
non comprendono cosa sia la Bibbia. Molti la considerano un’enciclopedia
spirituale, una sorta di catalogo completo dei problemi umani,
corredato da una lista di risposte divine: se vai alla pagina giusta,
puoi trovare risposte ad ogni problema. Una variazione più sofisticata
di tale concetto considera la Bibbia come un trattato di teologia
sistematica, un insieme di dottrine basilari che è bene padroneggiare
per pensare e vivere come Dio vuole. In entrambi i casi siamo portati ad
offrire ai nostri interlocutori dei passi isolati della Scrittura (un
comandamento, un principio, una promessa) che sembrano adattarsi al
bisogno del momento. Sovente, quello che pensiamo del ministero della
Parola è qualcosa di simile ad un “copia-incolla” spirituale.
Un simile tipo di ministero
raramente produce un cambiamento duraturo, perché non porta con sé la
potenza della Parola laddove il cambiamento è davvero necessario: in
esso il nostro io è ancora centrale, il bisogno individuale ne
rappresenta il fulcro, e la felicità personale ne rimane il fine. Ma un
ministero della parola realmente efficace deve affrontare il nostro
egocentrismo e il nostro egoismo alle radici, aprendoci alla vastità di
un mondo definito da Dio e incentrato su Dio. Se questo non avviene,
useremo le promesse, i principi e i comandamenti della Parola di Dio per
servire l’unica cosa che realmente amiamo: noi stessi. È per tale
ragione che molte persone, pur leggendo ed ascoltando regolarmente la
Bibbia, non mostrano una vita trasformata. Solo quando la pioggia della
Parola penetra fino alle radici del problema, avviene un cambiamento
definitivo.
Nel ministero personale c’è
spesso molta pressione a scegliere le Scritture in base all’argomento
in questione. Se si sta parlando con qualcuno che affronta un problema
intimo, relazionale o una situazione difficile, di solito si cerca ciò
che la Bibbia dice in merito e lo si applica alla vita di quella
persona; si consulta la concordanza biblica per argomenti, si
individuano tutti i versetti inerenti, si sceglie il passo
apparentemente più rilevante e lo si condivide con l’interlocutore.
Purtroppo, però, ci si dimentica qual è lo scopo della Parola e come
essa dovrebbe essere usata.
Immaginiamo, ad esempio, di
conversare con una donna che si trova nel bel mezzo di un conflitto
coniugale con suo marito. Ogni cosa, nella loro vita, è diventata
pretesto di discussione; i due si scambiano sgradevoli accuse. Lui è
oberato di lavoro, mentre lei ha trovato rifugio nei bambini, e passano
del tempo insieme solo quando il dovere lo richiede. Cosa c’è di
sbagliato nel loro matrimonio? Senza dubbio le loro difficoltà non
riguardano solo la comunicazione reciproca, la divisione dei ruoli, il
lavoro, la genitorialità e la gestione del tempo: sono il frutto di un
problema molto più radicale. Il caos superficiale cesserà solo se la
forza trasformatrice della Parola di Dio arriverà alle radici del
problema. Ogni altra soluzione lascerà al centro l’individuo impassibile
e immutabile, con la sua incapacità, ribellione e follia.
La moglie desidera un
marito più dolce e più attento; il marito desidera una moglie più
gentile e più contenta. Questo non è sbagliato, ma Dio vuole molto di
più per loro: più di un matrimonio migliore, più del coniuge perfetto.
Un ministero guidato dai bisogni, focalizzato su di sé, orientato alla
soluzione immediata, può usare la Bibbia, ma non è realmente
biblico. Anzi distorce il senso della Bibbia. Un simile malinteso può
derubare il corpo di Cristo della propria vitalità e produttività,
relegando molti credenti verso un’immaturità che dura tutta la vita.
Dobbiamo proporre qualcosa di meglio.
Una storia antica, ma vera
La Bibbia, come
enciclopedia, è insufficiente. Se Dio avesse voluto che lo fosse, le
Scritture sarebbero state organizzate in modo diverso, includendo molti
volumi. Allo stato attuale, ci sono numerosi problemi che la Bibbia non
affronta in modo specifico: essa ad esempio non dice nulla di esplicito
riguardo alla schizofrenia, ai disturbi cognitivi, agli adolescenti,
alla visione familiare della TV, né alle tecniche sessuali per coppie
sposate. Se cerchiamo di usare la Scrittura come un’enciclopedia di Dio,
concluderemo che essa ha poco da dire riguardo alle complicazioni della
vita moderna, oppure distorceremo e stireremo i passi biblici per
soddisfare i nostri obiettivi. In entrambi i casi, non stiamo prendendo
dalla Parola ciò che Dio desidera. Un simile incomprensione genera
l’avvilimento che molte persone provano leggendo la Bibbia: segretamente
rimproveriamo Dio per non avercela data più semplice e magari divisa
per argomenti!
La Scrittura, d’altronde,
ha importanti notizie da dare riguardo alle tematiche sopra elencate, ma
lo fa in una forma estremamente differente da quella che potremmo
aspettarci. Ad esempio, essa non usa mai la parola “adolescenza”, ma
parla con saggezza e praticità dei problemi di tale età. Senza trattare
esplicitamente molte questioni che affrontiamo ogni giorno, Dio nella
sua Parola ci dona ogni cosa di cui abbiamo bisogno per essere come lui
vuole e per compiere ciò che egli desidera.
Tuttavia, se intendiamo
conoscere la prospettiva di Dio su un particolare argomento, non
possiamo limitarci ai soli passi biblici che esplicitamente si
focalizzano su di esso. La coppia immersa nella battaglia per il
controllo familiare, ad esempio, non imparerà a liberarsi dal circolo
vizioso del disaccordo studiando i passi standard della Scrittura sul
matrimonio. Senza la prospettiva del resto della Bibbia, quei passi sul
matrimonio saranno poco utili: essi, infatti, potranno essere
strumentalizzati per fini che hanno a che fare più con i desideri umani
che con il piano di Dio.
In questo la Scrittura è
diversa da un’enciclopedia: quando uso un’enciclopedia, non ho bisogno
di considerare ulteriori articoli per comprendere ciò che sto leggendo;
ogni articolo non ha alcuna connessione con gli altri; non ci sono
argomenti più importanti. Nella Bibbia, invece, ciascun passo è
dipendente da tutto il resto, e l’intera Scrittura è tenuta insieme da
temi interdipendenti che attraversano ogni brano come le barre d’acciaio
che rinforzano i pilastri di cemento.
Se leggo la Bibbia in modo
settoriale, perderò di vista i punti basilari, che costituiscono il
cuore di tutte le altre realtà che Dio vuole comunicarmi. Questi temi mi
danno un senso di identità, degli obiettivi e una direzione che sono in
grado di capovolgere radicalmente il modo in cui penso, desidero, parlo
e agisco. Essi raggiungono la radice delle mie incertezze, producendo
in me un cambiamento definitivo.
Il problema è che molti di
noi, purtroppo, semplicemente usano la Bibbia in modo non biblico!
Essere biblici non significa tanto saper citare i versetti appropriati,
quanto riuscire a dare un consiglio che rifletta l’intero insegnamento
della Scrittura. La Bibbia è una storia di redenzione e il suo
personaggio principale è Gesù Cristo. Egli è il tema principale
del racconto, rivelato in ogni pagina del libro. Tale racconto mostra
il modo in cui Dio ha sottomesso la natura e controllato la storia,
inviando suo Figlio per riscattare uomini e donne ribelli, folli ed
egocentrici: egli li ha liberati dalla schiavitù di se stessi,
abilitandoli a vivere per la sua gloria; ha donato loro l’eternità nella
sua presenza, allontanandoli dalla dura realtà della caduta.
Tale storia racchiude ogni
altro aspetto della verità e riflette il fatto che, in quanto esseri
umani, il nostro problema, quello che causa le complicazioni specifiche
che attanagliano le nostre vite, è molto più profondo del peccato che
individualmente commettiamo ogni giorno: il punto è che noi cerchiamo la
nostra identità al di fuori della storia della Redenzione. Se l’intero
scopo e direzione della nostra vita sono sbagliati, non ci sono
sufficienti dei consigli pratici su come fare la cosa giusta in una
situazione particolare; piuttosto, abbiamo bisogno di un messaggio che
sia efficace abbastanza per dominare la tendenza naturale a vivere per
la nostra gloria, perseguendo la nostra felicità e dimenticando che la
vita è molto, molto più importante di un breve attimo di piacere. Ogni
giorno, in qualche modo, siamo tratti in inganno dalle menzogne
dell’autonomia e dell’autosufficienza, adorando la creatura piuttosto
che il Creatore.
Proprio perché il nostro
peccato è così pervasivo e radicato, abbiamo bisogno di ricevere dalla
Scrittura più che intuizioni, principi, comprensione e direzione. Un
approccio enciclopedico, basato sulla soluzione dei problemi, è
totalmente inadeguato alla profondità della nostra miseria; necessitiamo
di qualcosa che possa cambiarci dentro e fuori: abbiamo bisogno di
Cristo! Solo la sua persona e la sua opera possono liberarci dalla
schiavitù di noi stessi, dalla nostra tendenza a deificare la creazione;
solo quando vedremo che la nostra storia è ammantata dalla più grande
storia della Redenzione potremo vivere con uno stile che onori Dio. Il
cambiamento definitivo, dunque, avrà inizio nel momento in cui la nostra
identità, i nostri obiettivi e il senso della nostra vita saranno
definiti dalla storia di Dio.
Se portiamo tale
prospettiva nelle relazioni individuali, avremo un obiettivo
radicalmente differente: prenderemo i principi e i comandamenti della
Scrittura e li useremo come Dio vuole; vedremo come ogni promessa ed
esortazione trovino significato e compimento in Cristo. Qualora
separassimo questi elementi da Cristo, infatti, essi perderebbero il
loro significato originario e verrebbero dirottati ad altri progetti di
vita.
Ad esempio, cosa abbiamo
imparato dalla storia dell’Esodo e dal passaggio del Mar Rosso? Vediamo
forse la biografia di un eroe chiamato Mosè ed un appello ad essere come
lui? Troviamo affermati nuovi principi per affrontare le difficoltà?
Dei suggerimenti per guidare un popolo ribelle? Consigli su come
attraversare larghe distese d’acqua? Si tratta magari di un’esposizione
sulle abitudini di un popolo nomade? Probabilmente abbiamo ascoltato
sermoni o lezioni alla scuola domenicale su tutte queste tematiche; esse
però non colgono il motivo ultimo della narrazione biblica. L’Esodo
infatti è solo uno dei capitoli della storia più ampia della Redenzione:
mette in luce il nostro bisogno di Cristo, che ci libera dalla
schiavitù, sconfigge il nemico, e ci conduce per la via in cui dovremmo
procedere. Se impariamo a portare una simile prospettiva nel nostro
rapporto coniugale, essa ci aiuterà a comprendere i brani che trattano
in maniera diretta il piano di Dio per il matrimonio. La storia
dell’Esodo, infatti, ha molto da dire alle coppie in crisi: può spiegare
loro chi sono, perché hanno difficoltà, dove possono trovare speranza e
aiuto. Questi temi si ritrovano in ogni brano sul matrimonio, perché i
passi sul matrimonio applicano la storia divina della Redenzione ad una
delle più importanti relazioni della vita; tuttavia, simili brani non
potranno mai essere pienamente compresi se rimangono separati da tutti
gli altri temi che corrono lungo il resto della Parola di Dio. Non
possiamo usare la Bibbia come un libro divino di auto-aiuto. In tal
caso, infatti, cercheremo sempre di servircene per raggiungere ciò che
il nostro cuore desidera, anche se è esattamente questo il legame che
tende a sabotare le nostre relazioni! Il Redentore ha vissuto, è morto
ed è risorto affinché non vivessimo più per noi stessi, ma per lui,
nella sua gloria (II Corinzi 5:14-15).
Le barre di rinforzo di Dio
Quando i costruttori
gettano grandi lastre di calcestruzzo, pongono come rinforzo delle barre
di metallo che passano verticalmente e orizzontalmente attraverso il
centro, conferendo all’edificio forza e stabilità; allo stesso modo, i
grandi temi della storia divina passano attraverso ogni brano della
Scrittura, producendo nella nostra vita una stabilità che non potremmo
trovare altrove. Solo in un simile contesto i “pezzi” della nostra
storia acquistano un senso.
Consideriamo tre grandi
temi della storia della Redenzione: nascosta in ognuno di essi vi è una
consolazione pratica, ma anche una chiara chiamata a vivere in modo
saggio e pio. Il primo è la sovranità di Dio. Nabucodonosor
offre una delle migliori esposizioni in proposito, dopo che Dio lo aveva
privato del senno e in seguito riportato alla ragione (Daniele
4:34-35):
Il suo dominio è
un dominio eterno e il suo regno dura di generazione in generazione.
Tutti gli abitanti della terra sono un nulla davanti a lui; egli agisce
come vuole con l’esercito del cielo e con gli abitanti della terra; e
non c’è nessuno che possa fermare la sua mano o dirgli: «Che fai?»
Dalla nascita alla caduta
dei governi, dal tempo che farà domani all’esatta ubicazione di ogni
essere umano, l’universo è sotto il controllo di Dio. Egli ha il potere e
l’autorità di fare esattamente ciò che vuole e come vuole. La sovranità
di Dio, tuttavia, non riguarda solo il suo potere e dominio, ma anche
il suo piano. Le Scritture ci insegnano chiaramente che Dio ha un
progetto per il mondo e per le persone che lo abitano. Dio chiama a sé
un popolo, lo forma a suo piacimento e lo prepara per trascorrere
l’eternità con lui. Questo è il suo disegno complessivo, che si dipana
attraverso i tempi, rivelato nella storia, presente negli eventi attuali
e nella vita di ogni uomo. In qualsiasi momento, la risposta giusta
alla domanda «Cosa sta facendo Dio ora?» è: «Egli sta realizzano il suo
piano».
Tale verità costituisce una
concreta consolazione per noi. Guardiamoci intorno: non ci sembra
spesso che gli eventi siano fuori controllo? Non sembra che spesso
“vincano i cattivi”? Non abbiamo mai gridato «Perché a me?» o pianto per
la sofferenza? Non ci siamo mai sentiti persi nella folla, relegati in
una vita angusta e priva di significato? Non affrontiamo ogni giorno la
nostra impotenza a cambiare noi stessi?
In risposta alla più
profonda, autentica domanda, Dio dolcemente risponde: «Rincuoratevi, ho
il controllo completo. Io sono la santità e l’amore. Tutte le mie vie
sono giuste e vere; le mie decisioni sono buone, e non mi riposerò
finché il mio piano non sarà realizzato».
C’è conforto nei momenti di
grande incertezza; c’è incoraggiamento nei momenti di confusione, e
speranza nello scoraggiamento. L’universo non è un caos costante
controllato da forze impersonali; il destino non è nelle nostre mani, o
nelle mani di altre persone: siamo nelle mani del Padre celeste, che
governa ogni cosa! Siamo figli del Re dei re e viviamo all’ombra delle
sue ali; facciamo parte del suo piano. Questo significa che l’esercizio
del potere e dell’autorità divina è per la nostra benedizione. Tutti
possiamo riposare nel bel mezzo della più profonda incertezza personale;
possiamo andare avanti quand’anche poche cose intorno a noi sembrano
avere senso. C’è una ragione nel mistero, un ordine nel caos, perché
dietro ad ogni cosa si trova l’Uno che controlla il tutto.
Cosa implica questo per
ognuno di noi? Implica aver pace quando il nostro cervello non è capace
di mettere insieme le idee: la pace interiore di un cristiano non è mai
basata sull’abilità a cogliere l’insegnamento delle Scritture e a
comprenderlo pienamente; essa si poggia sempre sulla presenza, la
potenza e il carattere del Signore. Dal momento che egli governa cielo e
terra secondo il suo disegno sapiente, non abbiamo bisogno di vivere
nell’ansia e nella paura. La sovranità assoluta di Dio ci garantisce il
compimento di tutte le promesse per ciascuno dei suoi figli!
Il re Davide aveva ben
compreso tale realtà in uno dei momenti più tenebrosi della sua vita.
Suo figlio Absalom aveva complottato per usurpargli il trono. Immaginate
di dover abbandonare il palazzo per paura di vostro figlio! (Si
trattava di una monarchia in cui il trono passava di padre in figlio
solo alla morte del genitore). Ad un certo punto, Davide si nasconde in
una caverna, circondato da un gruppo di soldati fedeli. Essi andarono
dal re e sostanzialmente gli chiesero: «Cosa succederà ora?». Secondo i
Salmi 3 e 4, Davide rispose secondo una prospettiva che dovrebbe
appartenere a ciascuno di noi, e che voglio riassumere: «Signore, quando
penso a te, il mio cuore si riempie di gioia. Questa gioia è più grande
di quella che accompagna un raccolto abbondante e l’arrivo del vino
nuovo [il momento più bello dell’anno in una società agricola]. Sì, sono
in questa caverna, ma la mia vita non è nelle mani di Absalom. Essa è
dove è sempre stata, nelle tue mani sovrane. Non cederò alla paura, la
mia mente non sarà assalita da domande a cui non posso rispondere.
Dormirò in pace, perché solo tu, o Signore, mi fai abitare in
sicurezza».
Ogni volta che ami il tuo
nemico, confidi nella sovranità di Dio; ogni volta che rispondi con
amore e dolcezza alla rabbia di qualcun altro, stai scegliendo di
riposare in Dio; ogni volta che resisti alla tentazione di vincere una
discussione a tutti i costi, ti stai affidando a lui. Siccome Dio
governa, nulla di ciò che fai in obbedienza a lui sarà inutile. La tua
vita ha un significato e un obiettivo, perché tu sei incluso non solo
nel piano dell’Uno che governa ogni cosa, ma anche nella sua famiglia!
Immaginiamo come tutto
questo possa cambiare il matrimonio della coppia considerata in
precedenza: la costante guerra di parole, la competizione per il potere e
le reciproche accuse sono radicate in una battaglia più profonda,
riguardante chi o che cosa governerà la vita dei due sposi: il
matrimonio ha messo in mostra il desiderio di controllo di ciascuno di
essi. Se la speranza è fondata sulla propria capacità di gestire la
giornata, il coniuge diventa una minaccia costante invece di un compagno
intimo: ciò distrugge ogni possibilità di vivere l’unione amorevole e
pronta al sacrificio che caratterizza ogni buon rapporto. Tutti i brani
biblici che parlano del matrimonio si basano su tale concezione: ognuno
di essi ci chiama ad affidare il partner al Signore, seguendo con gioia
quello che è giusto e buono, ben sapendo che la nostra speranza riposa
sulla potenza di Dio, non sulla nostra.
Grazia sorprendente
Il secondo grande tema è la grazia
di Dio. Questa realtà ci conforta e ci incoraggia intimamente,
diagnosticando il problema che infetta le nostre relazioni e donandoci
l’unica ragione valida per andare avanti.
In tutto il dramma della
storia della Redenzione, una verità emerge ripetutamente in superficie:
viviamo in un mondo in cui c’è una grazia da trovare. Dio non solo è
sovrano, è anche abbondante in grazia. Immediatamente dopo che Adamo e
Eva ebbero disobbedito, Dio rese chiaro che aveva intenzione di fare
qualcosa di più che punirli: avrebbe mandato il seme della donna
(Cristo) per sconfiggere il nemico e provvedere alla redenzione del suo
popolo (cfr. Genesi 3:15). La risposta di Dio all’ostinata ribellione
delle sue creature è stata la grazia! Questa grazia giustifica, provvede
completo perdono e stabile approvazione davanti a Dio; essa ci adotta,
facendoci entrare con benevolenza nella sua famiglia, con tutti i
privilegi ed i diritti riservati ai figli ed alle figlie. La grazia poi
ci abilita, conferendoci potere per pensare, dire e fare ciò che non
saremmo mai stati in grado di compiere con le nostre forze; essa infine
ci trasforma, cambiando radicalmente ogni aspetto della nostra vita.
La grazia è la spessa barra
di rinforzo che attraversa l’impalcatura di cemento della storia
biblica. Dal momento della caduta alla chiamata di Abramo, dalla
liberazione dell’Esodo alla provvidenza nel deserto, dalla vittoria
nella terra promessa alla vita di Davide, Salomone, Isaia, Geremia e
Amos, dalla predicazione di Giovanni il battista alla gravidanza
miracolosa di Maria, dal ministero terreno del Messia alla croce ed alla
tomba vuota, dal ministero di fede degli apostoli alla resistenza della
chiesa sotto la persecuzione, questa storia è una storia di grazia. La
grazia, cioè, definisce il corso degli eventi e dà ad esso un senso ed
una direzione.
La storia in ogni tempo ci
comunica che Dio ha affrontato il nostro problema più grave: il peccato.
Ci ricorda che la nostra vita non è imprigionata dalla ribellione,
sconfitta dalla follia o paralizzata dall’incapacità: la grazia di Dio è
più potente ed efficace della nostra massima debolezza.
Quanto tale verità può
concretamente cambiare la nostra vita? Pensiamo di nuovo alla coppia
considerata: uno dei problemi più significativi nella relazione tra i
coniugi è che essi non concepiscono alcuna economia della grazia.
In tutte le loro difficoltà, ciò che è più sconvolgente è la profonda
mancanza di grazia che il loro matrimonio presenta: non c’è alcuna
volontà di guardarsi dentro e confessare i peccati radicati nel cuore;
quindi i due partner non potranno mai trovare il perdono. Non c’è
speranza di ricevere sostegno dall’alto nei momenti di scoraggiamento;
non c’è riposo che viene dalla fiducia nella grazia di Dio; non c’è
certezza che lui possa donare loro tutto ciò di cui essi hanno bisogno
per rispondere l’uno all’altro in modo dignitoso. Di conseguenza, la
loro relazione è ridotta a pretese umane, soluzioni umane, fallimenti
umani, giudizio umano e punizioni umane. Non c’è speranza, né potenza
per cambiare. Dal momento che i due coniugi non si bagnano
quotidianamente alla fonte della grazia di Dio, non estendono tale
grazia al partner. In tale contesto tutti i buoni libri sul matrimonio o
sull’abilità nel comunicare, e ogni tentativo di restaurazione del
rapporto, falliranno, perché è la grazia di Dio che trasforma i cuori e
rivoluziona le relazioni. Quando i due sposi inizieranno a dipendere
dalla grazia e la estenderanno l’uno all’altro, il fondamento della loro
economia attuale si sgretolerà e crescerà un fondamento di amore reso
efficace da Dio.
Solo nell’economia della
grazia, dunque, i principi biblici per una sana relazione matrimoniale
possono portare un frutto durevole.
Non è la tua festa
Nel 1978 feci una delle
cose più coraggiose della mia vita: divenni insegnante di scuola
dell’infanzia! Insieme a poche altre anime coraggiose, fondai una scuola
cristiana e svolsi il ruolo di direttore. Dal momento che le risorse
finanziare e il personale erano scarsi, acconsentii temporaneamente a
fare anche il maestro.
Un lunedì pomeriggio, la
mamma di una delle mie nuove allieve mi chiese se avesse potuto
festeggiare il compleanno della figlia in classe, il venerdì successivo.
Il giorno arrivò, e dopo la frenetica preparazione della madre,
entrammo nella stanza. Aveva trasformato la nostra piccola aula nel
reame dei compleanni! Le pareti e il tavolo erano copiosamente
addobbati, stelle filanti colorate tappezzavano il soffitto, e
palloncini su palloncini erano legati alla spalliera di ogni sedia, dove
a sua volta era attaccato un sacchetto di cellophane pieno di gadget.
La festeggiata, infine, era circondata da un enorme catasta di regali
meravigliosamente incartati.
All’estremità del tavolo
era seduto Johnny, il quale continuava a fare la stessa cosa: guardava
la sua piccola borsa colma di gadget, poi la montagna di regali della
festeggiata, incrociava le braccia, sporgeva il labbro inferiore, e
lasciava andare un udibile «uffa!». Progressivamente, l’aspetto del suo
viso appariva sempre più contrariato e il suo «uffa!» sempre più
udibile. In breve tempo, divenne il centro dell’attenzione e stava per
rovinare la festa. Allora una delle mamme si avvicinò e si mise sulle
ginocchia accanto a lui; girò la sedia del bimbo affinché Johnny potesse
guardarla negli occhi, e pronunciò queste parole: «Johnny, non è la tua
festa!».
Non si presumeva
che Johnny fosse al centro dell’attenzione, né che lui avesse una
montagna di regali. Era il compleanno di Susie e tutto era, giustamente,
focalizzato su di lei: Johnny non avrebbe mai potuto essere incluso in
quest’evento, neanche se avesse preteso di essere al centro della festa.
Così è la grande storia
della Bibbia. In tutti i suoi luoghi e protagonisti, in tutti gli eventi
drammatici, al centro della storia c’è il Signore. È la sua
storia. Paolo esprime tale concetto in questo modo: «Perché da lui, per
mezzo di lui e per lui sono tutte le cose. A lui sia la gloria in
eterno. Amen» (Romani 11:36). Noi siamo stati creati per la gloria di
Dio e chiamati a mostrarla in tutto quello che facciamo. Il tema della
gloria è l’ultimo argomento centrale. Il peccato, infatti, ci ha resi
ladri di gloria: probabilmente non esiste giorno in cui non cerchiamo di
rubare la gloria che di diritto appartiene al Signore; quando
gareggiamo l’uno contro l’altro per la nostra gloria, manchiamo nella
realizzazione dell’unione che possiamo trovare soltanto vivendo per lui.
In fondo ad un matrimonio
distrutto, ad una famiglia in pezzi, ad un’amicizia fallita, troveremo
sempre la gloria rubata. Bramiamo la gloria che non ci appartiene e
facciamo a pugni per conseguirla; invece di glorificare Dio usando le
risorse che egli ci ha donato per amare gli altri, strumentalizziamo il
prossimo per ottenere la gloria che amiamo. Il peccato ci ha portati a
rubare la storia e a riscriverla daccapo, mettendo noi stessi al centro.
Ma esiste un solo centro e questo è il Signore. Ogni tentativo di
metterci al suo posto ci pone in competizione con lui: è un’intensa
guerra verticale, una lotta per la maestà divina, un tentativo di
spodestare Dio. È questa la storia che si nasconde dietro ogni triste
dramma terreno: il peccato ci ha resi ladri di gloria. Non soffriamo con
dignità, perché la sofferenza interferisce con la nostra gloria; non
troviamo relazioni facili, perché gli altri sono in competizione con noi
per la gloria; non serviamo il prossimo, perché nella nostra ricerca di
gloria, desideriamo solamente essere serviti.
Ma la storia della
Scrittura è la storia della gloria del Signore. Egli ci chiama ad un
progetto che è più grande di noi stessi; ci offre qualcosa per cui vale
davvero la pena di vivere. Il Redentore è venuto affinché noi, ladri di
gloria, potessimo gioiosamente vivere per la gloria di un Altro. Non
esiste gioia più profonda che essere impegnati per la gloria di Dio:
ecco ciò di cui realmente abbiamo bisogno; vivere per essa rivoluzionerà
il matrimonio della coppia che abbiamo considerato, ridefinendo
completamente il suo progetto esistenziale
Una vita degna
L’opera centrale del regno
di Dio è il cambiamento. Dio compie quest’opera attraverso la potenza
dello Spirito Santo, che conferisce forza al suo popolo, affinché esso
rechi la sua Parola agli altri. Noi dunque dobbiamo portare molto più
che soluzioni, strategie, principi e comandamenti; dobbiamo narrare la
più grande storia mai raccontata: la storia del Redentore. Il nostro
obiettivo è quello di aiutarci reciprocamente a vivere con una mentalità
basata sulla “storia di Dio”: la nostra missione è insegnare, ammonire e
incoraggiarci l’un l’altro a riposare nella sua sovranità, invece di
tentare di stabilire la nostra; di sottometterci alla sua gloria, invece
di cercare la nostra. Questa è dunque l’opera del regno di Dio: essere
donne e uomini nelle mani del Redentore, che ogni giorno agiscono come
strumenti per un cambiamento definitivo nel cuore del prossimo.
di Paul D. Tripp
Per gentile concessione di http://www.solagrazia.it
"Uomini, perché fate queste cose? Anche noi siamo esseri umani
con la vostra stessa natura e vi annunziamo la buona novella, affinché
da queste cose vane vi convertiate al Dio vivente cheha fatto il cielo, la terra, il mare e tutte le cose che sono in essi."
(Atti 14:15)
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