Nelle mani del Redentore | CONSAPEVOLI NELLA PAROLA

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    • Pregare nel nome di Gesù

      Uno degli aspetti più importanti della vita cristiana, ma allo stesso tempo, uno degli aspetti più fraintesi, è la preghiera. Come è vero che la preghiera è uno degli aspetti più importanti della vita cristiana, è altrettanto vero che è estremamente facile sbagliare grandemente in questo campo. Un errore è quello di non pregare abbastanza. È molto facile credere di non avere tempo di pregare. Questo è un ragionamento sbagliato, perché alla base di questa convinzione c'è il pensiero che non abbiamo veramente bisogno di Dio. Però, dall'altro estremo, uno può anche pregare tanto, ma pregare in modo sbagliato. Vogliamo esaminare alcuni brani della Bibbia che parlano della preghiera, affinché possiamo averne un concetto più conforme alla Bibbia. Se preghiamo a modo nostro, che però non è conformato alle verità che Dio ci ha lasciato nella Bibbia, le nostre preghiere possono essere inutili, o peggio ancora, possono essere un'offesa a Dio. Perciò, prestate molta attenzione alle verità che Dio ci insegna nella sua parola sulla preghiera. La Bibbia insegna che dobbiamo pregare al PADRE. Troviamo questo insegnamento ripetutamente, come anche quello che lo Spirito Santo prega per noi. Ma la verità che vogliamo considerare molto più a fondo in questo studio riguarda il fatto che dobbiamo pregare nel nome di Gesù Cristo. Consideriamo, molto attentamente, che cosa significa pregare nel nome di Gesù. Chi può pregare? La prima verità da capire quando consideriamo la preghiera è: chi ha diritto di pregare? Ovvero, chi può pregare, avendo la certezza biblica che Dio lo ascolterà? Chiaramente, oggi, come sempre, tante persone pregano. Ma il fatto che tante persone pregano non significa che vengono ascoltate da Dio. Secondo la Bibbia, sono coloro che hanno Gesù Cristo come Signore e Salvatore, e perciò come Sacerdote e Mediatore, che possono pregare. Per esempio, in Ebrei 4:14-16, che è stato scritto per coloro che hanno Cristo come Sacerdote e Signore, leggiamo che è per mezzo di Lui che abbiamo accesso al trono di Dio per essere soccorsi. Quindi, è per mezzo di Cristo che possiamo pregare. Chi è senza Cristo non ha questo libero accesso al trono di Dio. Leggiamo il brano. “14 Avendo dunque un grande sommo sacerdote che è passato attraverso i cieli, Gesù, il Figlio di Dio, stiamo fermi nella fede che professiamo. 15 Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, poiché egli è stato tentato come noi in ogni cosa, senza commettere peccato. 16 Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovar grazia ed essere soccorsi al momento opportuno.” (Ebr 4:14-16) Quindi, solamente chi è un vero figlio di Dio ha diritto di pregare. A CHI si deve pregare? Quando preghiamo, a chi dobbiamo rivolgere le nostre preghiere? E' giusto pregare solo a Dio Padre, o si dovrebbe pregare anche a Gesù e allo Spirito Santo? Cosa ne dice la Bibbia? In Matt. 6:9 Gesù ci insegna a pregare, e Lui ci dichiara chiaramente di pregare a Dio Padre. “Voi dunque pregate così: "Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome;” (Mat 6:9) In Giov. 16:23 Gesù parla della preghiera al Padre. “In quel giorno non mi rivolgerete alcuna domanda. In verità, in verità vi dico che qualsiasi cosa domanderete al Padre nel mio nome, egli ve la darà.” (Giov 16:23) La Bibbia ci insegna ripetutamente, sia con insegnamenti, sia con esempi, che dobbiamo pregare a Dio Padre. Allora, qual è il ruolo di Gesù e qual è quello dello Spirito Santo? Se dobbiamo pregare a Dio Padre, che ruolo hanno Gesù Cristo e lo Spirito Santo? Nel nome di Gesù Gesù ci ha insegnato di pregare nel suo nome. Fra poco esamineremo questo concetto. Lo Spirito Santo Per quanto riguarda lo Spirito Santo, non esiste alcuna preghiera nella Bibbia rivolta allo Spirito Santo, tranne una profezia in Ezechiele 37. Quindi, visto che non esiste alcuna preghiera rivolta allo Spirito Santo, è chiaro che non dobbiamo pregare a Lui. Ma qual è il suo ruolo? Lo Spirito Santo ha il ruolo di glorificare Cristo e di indicarci la giusta strada per giungere a questo fine. “Egli mi glorificherà perché prenderà del mio e ve lo annuncerà.” (Giov 16:14) Si può anche leggere Giov. 14:14-26. Quando un grande faro illumina un palazzo di notte, se fa un buon lavoro, non lo si nota neanche, ma si nota ed ammira solamente il palazzo. Similmente lo Spirito Santo è come il faro: ci aiuta a vedere ed ammirare la persona di Gesù Cristo. Inoltre, lo Spirito Santo, prega per noi aiutandoci nel nostro debole ed incerto modo di porgere le nostre preghiere, perché, Egli conosce Dio nel suo profondo. “26 Allo stesso modo ancora, lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché non sappiamo pregare come si conviene; ma lo Spirito intercede per noi con sospiri ineffabili; 27 e colui che esamina i cuori sa quale sia il desiderio dello Spirito, perché egli intercede per i santi secondo il volere di Dio.” (Rom 8:26-27) Che consolazione! Quindi, a chi dobbiamo pregare? Dobbiamo pregare a Dio Padre, nel nome di Gesù Cristo. per COSA si deve pregare? Per che cosa dobbiamo pregare? Possiamo pregare per qualsiasi cosa? Dio esaudisce ogni preghiera? È possibile chiedere qualsiasi cosa nel nome di Gesù, oppure, pregare nel nome di Gesù ci limita nelle nostre richieste? Chiaramente, nella carne, l'uomo prega per ottenere tutto quello che desidera. Prega per avere buona salute o per una guarigione, prega per avere successo negli affari, prega di superare gli esami a scuola, prega per avere sicurezza in viaggio, prega per un buon tempo durante le vacanze. Che cosa ne dice la Bibbia? Esaminiamo alcuni brani fondamentali sulla preghiera. Questi brani sono importanti per il loro insegnamento, ma spesso vengono presi fuori contesto ed interpretati male. Quando abbiamo un concetto sbagliato della preghiera, questo ci fa molto male spiritualmente. Giovanni 14 Consideriamo per primo il brano in Giovanni 14:12-14. Leggiamolo. “12 In verità, in verità vi dico che chi crede in me farà anch’egli le opere che faccio io; e ne farà di maggiori, perché io me ne vado al Padre; 13 e quello che chiederete nel mio nome, lo farò; affinché il Padre sia glorificato nel Figlio. 14 Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.” (Giov 14:12-14) Prima di esaminare con cura questi versetti, ricordiamoci che a volte siamo tutti tentati di voler far dire alla Bibbia quello che ci è comodo. Cioè, nella carne, abbiamo la tendenza di interpretare la Bibbia non in base a quello che è realmente scritto, ma in base a quello che ci è comodo. Quindi, dobbiamo sforzarci di dividere rettamente questo brano. Alcuni credenti, e purtroppo anche delle chiese intere, interpretano erroneamente questo brano dicendo che noi possiamo chiedere qualsiasi cosa che desideriamo nel nome di Gesù, e Dio sicuramente ci esaudirà. Questo implica che la frase “nel nome di Gesù” diventa quasi una formula magica che ci fa ottenere quello che vogliamo. Questa falsa interpretazione fa diventare Dio il nostro servo celeste, soggetto ad ubbidire alla nostra volontà. Chi insegna questa falsa interpretazione cita la parte del brano che dichiara: “quello che chiederete nel mio nome, io la farò”, come se tutto l'insegnamento fosse racchiuso lì. Chi crede a questa menzogna, pensa che se preghiamo qualcosa con cuore, Dio la farà. Questo è un pensiero molto falso, e molto pericoloso. Pensiamo a come una persona che crede a questa falsità potrebbe pregare in diverse situazioni. Immaginate un credente che lavora in proprio. La sua attività comincia ad andare molto male, e lui rischia di perdere tutto. Non solo, ma ha anche dei grossi debiti con la banca legati all'attività. Citando questo versetto, egli chiede a Dio di salvare la sua attività. Perciò questo credente è sicuro, visto che ha pregato nel nome di Gesù, che Dio salverà la sua ditta. In un secondo esempio, un credente ha un figlio adulto ribelle, lontano dal Signore. Il credente prega, citando questo versetto, e così è convinto che Dio salverà suo figlio. In un altro esempio, un credente ha un figlio con una grave malattia. Il credente, prega, e citando questo versetto, dichiara che è sicuro che Dio guarirà suo figlio, visto che è convinto che si può ottenere qualsiasi cosa se la si chiede a Dio nel nome di Gesù. In un altro esempio, un credente sta cercando di comprare una casa, e avendone trovato una che gli piace tantissimo, prega, chiedendo a Dio di operare in modo che il proprietario abbassi il prezzo abbastanza da permettergli di comprarla. È convinto che Dio opererà per fargli ottenere quella casa al prezzo che desidera. Senza andare ad analizzare questi esempi in dettaglio, considerate il principio che sta alla base di questo modo di pensare. Se fosse vero che possiamo chiedere a Dio qualsiasi cosa che desideriamo, avendo la certezza che Lui ci esaudirà solamente perché abbiamo citato la frase “nel nome di Gesù”, allora, Dio diventerebbe il nostro servo celeste, pronto ad esaudire ogni nostra richiesta. Dio sarebbe soggetto alla nostra volontà. Se è così, allora Gesù ha sbagliato quando ha insegnato il Padre Nostro, perché avrebbe dovuto insegnarci a pregare: “sia fatta la nostra volontà, non la Tua” Però, Dio NON è il nostro servo, e NON esiste per esaudire le nostre preghiere come vogliamo noi. Non dobbiamo pregare che la nostra volontà sia fatta, ma che la volontà di DIO sia fatta! Ci sono tante verità bibliche che ci aiutano a capire questo principio. Per esempio, leggiamo Matteo 26:39, quando Gesù era nel Giardino: “E, andato un po’ più avanti, si gettò con la faccia a terra, pregando, e dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non come voglio io, ma come tu vuoi».” (Mat 26:39) Gesù, nonostante i suoi diritti di Figlio di Dio, non chiese al Padre che cambiasse la sua volontà per esaudire la propria richiesta. Piuttosto, rese nota la sua richiesta al Padre, e poi, chiese che la volontà del Padre fosse fatta, non la sua. In Luca 22, Gesù stava preparando i discepoli per la sua morte. Egli spiegò a Pietro che sarebbe stato provato duramente. Notiamo che Gesù non chiese che Pietro potesse evitare la prova, pregò solamente per la fede di Pietro. Vi leggo. “31 «Simone, Simone, ecco, Satana ha chiesto di vagliarvi come si vaglia il grano; 32 ma io ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno; e tu, quando sarai convertito, fortifica i tuoi fratelli».” (Luca 22:31-32) Gesù NON ha chiesto che Dio gli togliesse la prova. In Apocalisse 2, Gesù sta parlando alle sette chiese. Notiamo quello che dichiara alla chiesa di Smirne. “8 «All’angelo della chiesa di Smirne scrivi: Queste cose dice il primo e l’ultimo, che fu morto e tornò in vita: 9 Io conosco la tua tribolazione, la tua povertà (tuttavia sei ricco) e le calunnie lanciate da quelli che dicono di essere Giudei e non lo sono, ma sono una sinagoga di Satana. 10 Non temere quello che avrai da soffrire; ecco, il diavolo sta per cacciare alcuni di voi in prigione, per mettervi alla prova, e avrete una tribolazione per dieci giorni. Sii fedele fino alla morte e io ti darò la corona della vita. 11 Chi ha orecchi ascolti ciò che che lo Spirito dice alle chiese. Chi vince non sarà colpito dalla morte seconda.” (Apo 2:8-11) Egli spiegò che vari credenti in questa chiesa sarebbero stati messi a morte per la loro fede. Possiamo presumere che questi credenti erano padri e madri, e avessero le loro famiglie. Però, è evidente che la volontà di Dio per loro era che morissero per la loro fede. Dal brano però comprendiamo che la morte fisica non era una sconfitta, perché poi Gesù dichiarò che se quei credenti fossero rimasti fedeli fino alla morte, avrebbe dato loro la corona della vita. Quindi, Dio aveva stabilito il suo piano per quei credenti, e nessuna loro preghiera avrebbe potuto cambiare il perfetto piano di Dio. Non dovevano pregare Dio affinché li salvasse dalla morte fisica, presumendo per di più che Dio li avrebbe esauditi. Infatti, Dio ha un piano perfetto, che è la SUA propria volontà, e Dio fa TUTTO secondo la decisione della Sua volontà. È importante capire questa verità basilare. Quello che Dio fa, lo fa secondo la decisione della Sua volontà. Leggiamo Efesini 1:11 “In lui siamo anche stati fatti eredi, essendo stati predestinati secondo il proposito di colui che compie ogni cosa secondo la decisione della propria volontà,” (Efe 1:11) Se le nostre preghiere potessero cambiare la volontà di Dio, il mondo non sarebbe stabile, Dio non sarebbe Dio, e nulla sarebbe sicuro. La volontà di Dio cambierebbe di minuto in minuto, in base alle diverse preghiere che Gli arrivano da tutto il mondo. Se le nostre preghiere potessero cambiare la volontà di Dio, per esempio, non sarebbe vero quello che è scritto nel Salmo 139:15,16 che riguarda il momento della nostra morte e di quella dei nostri cari. “15 Le mie ossa non ti erano nascoste, quando fui formato in segreto e intessuto nelle profondità della terra. 16 I tuoi occhi videro la massa informe del mio corpo e nel tuo libro erano tutti scritti i giorni che mi eran destinati, quando nessuno d’essi era sorto ancora.” (Sal 139:15-16) Se Dio ci desse qualunque cosa che Gli chiediamo, questo brano non sarebbe vero, perché tante persone, vedendo arrivare la morte, pregherebbero, chiedendoGli di guarire o di superare il pericolo, e in questo modo sarebbe stata fatta la loro volontà, non quella di Dio. Se fosse così la morte non dipenderebbe più dalla volontà di Dio, ma dalla volontà dell'uomo. Non arriverebbe più al momento stabilito nel libro di Dio, ma nel momento stabilito da noi. Ma non è così! Non è l'uomo che stabilisce quando morirà, come non è l'uomo che stabilisce quando un certo problema deve risolversi come vuole lui. È il Signore che opera tutte le cose secondo la decisione della Sua volontà! Per esempio, leggiamo in 1Samuele 2:6-8 “6 Il SIGNORE fa morire e fa vivere; fa scendere nel soggiorno dei morti e ne fa risalire. 7 Il SIGNORE fa impoverire e fa arricchire, egli abbassa e innalza. 8 Alza il misero dalla polvere e innalza il povero dal letame, per farli sedere con i nobili, per farli eredi di un trono di gloria; poiché le colonne della terra sono del SIGNORE e su queste ha poggiato il mondo.” (1Sam 2:6-8) E' il Signore che determina le cose, tramite le nostre preghiere, non noi! Allora, qual è il senso di Giovanni 14:13, quando Gesù dichiara:    “e quello che chiederete nel mio nome, lo farò” (Giov 14:13)? Per capire bene questa verità, dobbiamo leggere non solo questa frase, ma tutto il suo contesto. Cosa significa “nel mio nome”? Dobbiamo capire il senso della frase, “nel mio nome”. Dobbiamo anche capire il motivo che ci spinge a pregare nel nome di Gesù. Gesù stesso ci spiega questa motivazione. Infine, dobbiamo capire altre condizioni che la Bibbia ci dà per poter pregare. Molto spesso, un brano non insegna tutta la verità biblica di un certo argomento, e deve essere considerato insieme ad altri brani. Quindi, qual è il senso della frase: “nel mio nome?” Chiedere “nel nome di Gesù” non è una formula magica che, aggiunta ad una preghiera, costringe Dio ad esaudirci. A quel punto, Dio sarebbe il nostro servo, e noi saremo i sovrani. Ma non è così! Pregare “nel nome di Gesù” non è una frase che si aggiunge a qualsiasi preghiera, per garantire che Dio farà come Gli abbiamo chiesto. Invece significa almeno due cose: 1. chiedere per i Suoi meriti Prima di tutto, pregare nel nome di Gesù significa pregare per i Suoi meriti, riconoscendo che noi non ne abbiamo. Nessun di noi merita alcuna cosa buona da Dio. Quindi, dobbiamo chiedere per i meriti di Gesù. Se chiedo un favore al mio migliore amico, lo chiedo nel mio proprio nome, cioè riconoscendomi degno, visto che sono il SUO migliore amico, che mi venga fatto questo favore. Però, se devo chiedere un grande favore all'amico del mio amico, che non conosco personalmente, so di non meritare da lui nulla (visto che non mi conosce), e perciò, non gli chiedo nel mio nome, ma gli chiedo nel nome del mio amico. Allora, chiedere nel nome di Gesù necessariamente implica un cuore umile. Chi chiede nel nome di Gesù SA che, per conto suo, non merita nulla da Dio. Perciò, questa consapevolezza della propria insufficienza cambia anche la richiesta stessa. Infatti chi sa di non aver nessun merito, non pretende nulla, e non considera Dio come Colui che esiste per esaudire i nostri desideri. Sa che Dio è sovrano, e va ai piedi di Dio umilmente, pronto ad essere sottomesso alla Sua volontà. Tutti questi sono aspetti del pregare nel nome di Gesù. 2. chiedere secondo la volontà di Gesù Dobbiamo però considerare anche una seconda verità estremamente importante nel fatto di chiedere nel nome di Gesù. Chiedere nel nome di Gesù significa anche chiedere secondo la Sua volontà, non la nostra. È importantissimo capire questo principio. Ripeto: chiedere nel nome di Gesù significa chiedere secondo la SUA volontà, non la nostra. Un soldato semplice, che porta gli ordini dati dal comandante agli altri, chiede nel nome del comandante. Non chiede quello che vuole lui, chiede quello che è la volontà del comandante. Infatti, se dovesse chiedere quello che vuole lui, usando il nome del comandante per ottenerla, sarebbe colpevole di un grave reato. In 1Giovanni 5:14,15, leggiamo una chiara spiegazione di quali sono le preghiere che Dio esaudirà. Leggiamo. “14 Questa è la fiducia che abbiamo in lui: che se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce. 15 Se sappiamo che egli ci esaudisce in ciò che gli chiediamo, noi sappiamo di aver le cose che gli abbiamo chieste.” (1Giov 5:14-15) Avete notato la frase: “se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce”? Chiedere nel nome di Gesù DEVE essere secondo la SUA volontà, non la nostra. Quindi, se preghiamo per ottenere qualcosa che desideriamo tantissimo, ma se non è la volontà di Dio, non possiamo chiederla nel nome di Gesù. Se preghiamo per quello che vogliamo noi, e aggiungiamo le parole, “nel nome di Gesù”, siamo come i pagani, usando quelle parole come un talismano, cercando di controllare Dio. Quindi, ricordiamo che chiedere nel nome di Gesù significa chiedere con umiltà, sapendo di non meritare alcuna cosa buona da Dio, e questo atteggiamento ci aiuta ad accettare qualsiasi cosa che Egli ci darà. Significa anche chiedere secondo la volontà di Cristo, non seconda la nostra volontà. Affinché il Padre sia glorificato Allora, qual è il senso di Giovanni 14:12-14? Per capire correttamente questo brano, dobbiamo leggerlo tutto, e leggere anche il suo contesto. “12 In verità, in verità vi dico che chi crede in me farà anch’egli le opere che faccio io; e ne farà di maggiori, perché io me ne vado al Padre; 13 e quello che chiederete nel mio nome, lo farò; affinché il Padre sia glorificato nel Figlio. 14 Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.” (Giov 14:12-14) Notiamo che le richieste che facciamo qua sono legate al fare opere per la gloria di Dio, e infatti, il MOTIVO per cui Gesù ci esaudisce è per glorificare il Padre. Gesù non risponde ad ogni nostra richiesta. Risponde se la richiesta glorificherà il Padre. Infatti, in Giacomo 4:2-4 leggiamo: “2 Voi bramate e non avete; voi uccidete e invidiate e non potete ottenere; voi litigate e fate la guerra; non avete, perché non domandate; 3 domandate e non ricevete, perché domandate male per spendere nei vostri piaceri. 4 O gente adultera, non sapete che l’amicizia del mondo è inimicizia verso Dio? Chi dunque vuol essere amico del mondo si rende nemico di Dio.” (Giacomo 4:2-4) Non avete perché non domandate, ovvero, perché non pregate, e se domandate spesso non ricevete, perché domandate per spendere nei vostri piaceri. Quando chiediamo per ottenere quella che è la nostra volontà, Dio non risponde. Torniamo agli esempi che ho dato all'inizio di questo studio. Pensiamo all'uomo che lavora in proprio e la sua attività comincia ad andare molto male, e si ritrova con tanti debiti. Egli prega Dio affinché salvi la sua attività. Sta pregando affinché Dio risolva i suoi problemi. Non sta cercando la gloria di Dio. Nell'esempio del genitore che ha un figlio che spiritualmente cammina male (che è ribelle), quel credente chiaramente vuole che suo figlio sia salvato. È buono pregare per la salvezza dei nostri cari. Però, in un certo senso, quella preghiera può essere anche un frutto di egoismo, perché quel genitore non sta cercando per prima cosa la gloria di Dio. Non gli pesa il fatto che tanti altri genitori hanno figli ribelli. Egli vuole che SUO figlio sia salvato. Sta pensando, in fin dei conti, a se stesso. Poi ho fatto l'esempio del credente con il figlio con una grave malattia. Il genitore vuole che il figlio sia guarito, perché vuole il piacere di goderlo per tanti anni ancora. Però, nemmeno questa richiesta è cercare la gloria di Dio. È una preghiera per non dover subire la sofferenza della morte di una persona cara.    Poi c'era il credente che chiedeva l'intervento di Dio affinché potesse comprare la casa che gli piaceva tanto. Anche qua, il credente sta cercando di ottenere da Dio quello che sarebbe il suo gradimento. Non sta cercando in primo luogo la gloria di Dio. Quindi, non dobbiamo credere la terribile menzogna che basta pregare aggiungendo la frase “nel nome di Gesù” e possiamo essere sicuri che Dio ci darà quello che Gli chiediamo. Chiedere nel nome di Gesù significa chiedere che sia fatta la Sua volontà e significa anche farlo con un cuore umile, che quindi cerca non il proprio comodo, ma la gloria di Dio. Un brutto risultato Che cosa succede, quando uno crede la menzogna che Dio esaudirà qualsiasi sua richiesta? Quando Dio NON esaudisce quella preghiera, la fede di quel credente viene fortemente scossa. Egli sta molto male, e solitamente, o cade in grave depressione spirituale, oppure, si arrabbia con Dio. Perciò credendo a quella menzogna quel credente rimane deluso di Dio. Giov. 15:5-7,16 Quindi, è importante capire il senso vero dei principi di Giovanni 14. Per capire meglio questo discorso, esaminiamo qualche altro brano in cui Gesù parla della preghiera. Questi brani fanno parte del contesto di Giovanni 14. Giovanni 15:5-7 “5 Io sono la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro, porta molto frutto; perché senza di me non potete far nulla. 6 Se uno non dimora in me, è gettato via come il tralcio, e si secca; questi tralci si raccolgono, si gettano nel fuoco e si bruciano. 7 Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi, domandate quello che volete e vi sarà fatto.” (Giov 15:5-7) Qui, Gesù insegna che dobbiamo dimorare in Lui, e che lo scopo è affinché possiamo portare molto frutto. Poi, Egli dichiara che solamente se dimoriamo in Lui e se le sue parole dimorano in noi, sarà fatto quello che domandiamo. Questa è una condizione importantissima. “Dimorare in Cristo” significa essere in una condizione di umiltà, di santità di vita e di sottomissione alla sua volontà. Quando le parole di Cristo dimorano in noi, esse ci esortano a conoscere e a seguire la Parola di Dio. Quindi, non viviamo più per la nostra volontà, ma per la sua. Solamente se ci ritroviamo in questa condizione possiamo domandare a Dio quello che vogliamo e ci sarà fatto, perché significherà che domanderemo quella che è la volontà di Dio. Un altro versetto importante è Giovanni 15:16 “Non siete voi che avete scelto me, ma sono io che ho scelto voi, e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; affinché tutto quello che chiederete al Padre, nel mio nome, egli ve lo dia.” (Giov 15:16) Gesù risponde alle nostre preghiere quando servono per portare frutto che rimane in eterno. Ostacoli alle nostre preghiere È importante menzionare alcuni ostacoli alle nostre preghiere. L'orgoglio Una cosa che ostacola sempre la preghiere è l'orgoglio. Se abbiamo orgoglio, Dio si allontana da noi. “Il SIGNORE è vicino a quelli che hanno il cuore afflitto, salva gli umili di spirito.” (Sal 34:18) Quando abbiamo orgoglio non confessato, Dio resta lontano da noi. Possiamo fare bella figura davanti agli altri, possiamo apparire di essere zelanti, possiamo pregare tanto, ma sarà tutto inutile, tutto invano. Fino a quando non confessiamo il nostro orgoglio, Dio resterà lontano da noi. Mancanza di fede Un altro ostacolo alle nostre preghiere è la mancanza di fede, come leggiamo in Giacomo 1. “5 Se poi qualcuno di voi manca di saggezza, la chieda a Dio che dona a tutti generosamente senza rinfacciare, e gli sarà data. 6 Ma la chieda con fede, senza dubitare; perché chi dubita rassomiglia a un’onda del mare, agitata dal vento e spinta qua e là. 7 Un tale uomo non pensi di ricevere qualcosa dal Signore,” (Giac 1:5-7) Questo brano ci insegna l'importanza della fede. Chiaramente, dobbiamo ricordare le altre verità che abbiamo visto. Se prego qualcosa che non è secondo la volontà di Dio, posso avere la fede più grande del mondo, ma Dio non mi risponderà. Però, dall'altro lato, quando preghiamo secondo la volontà di Dio, è importante avere fede in Dio. Così, Dio viene glorificato, e noi saremo edificati. La Preghiera fatta con egoismo Abbiamo già menzionato prima che Dio non risponde alle preghiere fatte con egoismo, cioè, alle preghiere attraverso le quali vogliamo ottenere qualcosa NON per la gloria di Dio, ma perché è il nostro desiderio. Questo è ciò che ci dice Giacomo 4, quando parla delle preghiere fatte per spendere nei piaceri. Dobbiamo pregare, invece, per la gloria di Dio. Come conoscere la volontà di Gesù Visto che la preghiera che Dio esaudisce è quella preghiera fatta secondo la sua volontà, come possiamo sapere qual'è la volontà di Dio? Dio ci ha già rivelato molto della sua volontà, e ci insegna anche il modo in cui pregare quando non la conosciamo. Prima di tutto, come dobbiamo pregare quando non siamo sicuri della volontà di Dio? Sappiamo quasi sempre quello che vorremmo noi, ma come dobbiamo pregare quando non siamo sicuri della volontà di Dio? Gesù stesso ci dà un esempio di come pregare in questi casi in Matt. 26:39; Marco 14:36; Luca 22:42. Leggo da Matteo. “E, andato un po’ più avanti, si gettò con la faccia a terra, pregando, e dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non come voglio io, ma come tu vuoi».” (Mat 26:39) Nella sua umanità, Gesù non voleva affrontare la sofferenza che sapeva di dover subire sulla croce. Però, il suo desiderio più forte rispetto al non voler subire quelle sofferenze, fu quello di voler fare la volontà del Padre. Quindi, ha esposto a Dio il suo desiderio, ma chiese che fosse fatta la volontà di Dio. Ed è così che anche noi dobbiamo pregare, quando non conosciamo con certezza la volontà di Dio in una certa situazione. Certamente possiamo portare tutti i nostri pesi a Dio, e anche dirGli quello che sarebbe il nostro desiderio, però poi dobbiamo confidare nella sua perfetta saggezza, e chiedere che sia fatta la Sua volontà. Conclusione La preghiera è una parte essenziale della vita cristiana e della nostra crescita. La preghiera è la nostra comunicazione con Dio, mentre lo studio della Bibbia è ascoltare Dio che ci parla. E importante pregare, però, è importante pregare nel modo che Dio stabilisce, per le cose giuste. L'unico vero accesso a Dio che abbiamo è quello per mezzo di Gesù, per merito di Cristo. Non solo, ma dobbiamo pregare secondo la SUA volontà, non secondo la nostra. Quando non siamo sicuri della volontà di Dio, è importante accettare la sua volontà, anche se è il contrario di quello che vorremmo noi. Infatti noi non sappiamo qual è la cosa migliore. Dobbiamo avere fede che la volontà di Dio è la cosa perfetta, anche se non siamo in grado di capire tutto quello che Dio sta facendo. Preghiamo, chiedendo che la volontà perfetta di Dio sia fatta! Preghiamo poi con fede, fede che Dio ci ascolta e ci esaudisce sempre, secondo la sua perfetta volontà. Non dimentichiamo che la preghiera non serve solo per fare richieste a Dio. Anche il ringraziamento ne è una parte molto importante. Inoltre, la preghiera serve anche per confessare i nostri peccati. E serve poi principalmente per chiedere che Dio sia glorificato. Le nostre richieste dovrebbero sempre essere per la gloria di Dio. Oh che possiamo diventare un popolo che prega sempre di più, non vedendo Dio come un servo celeste che esiste per darci quello che vogliamo noi, ma essendo spinti dal desiderio di vedere il nostro grande Dio glorificato! La nostra vera gioia, quella che ci riempirà per tutta l'eternità, consisterà nel vedere Dio glorificato. Quindi, che la gloria di Dio sia il desiderio del nostro cuore! Marco deFelice "Questa è la fiducia che abbiamo in lui: che se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce. Se sappiamo che egli ci esaudisce in ciò che gli chiediamo, noi sappiamo di aver le cose che gli abbiamo chieste" (1 Giovanni 5:14-15) «Ti è piaciuto questo articolo? Non perderti i post futuri seguendoci»

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domenica 6 aprile 2014
Consapevoli nella Parola

Nelle mani del Redentore

mani
Sam mi chiamò, era nel panico. Aveva trascorso un giorno come tutti gli altri: si era alzato, era andato al lavoro, aveva lavorato fino all’ora di chiusura. Poi, mentre stava tornando a casa, era stato avvicinato da un uomo disperato che gli aveva detto che la sua vita era un caos, non sapeva neanche dove sarebbe andato a dormire quella notte. Sam non aveva mai vissuto simili situazioni, ma sperando di poter essere d’aiuto, quindi portò quell’uomo a casa e chiamò il suo pastore, cioè me. «Paul – disse – mi sono imbattuto in un ragazzo che ha perso il lavoro: ha un problema terribile con sua moglie e si trova in mezzo alla strada. Ho pensato di portarlo a casa tua, così tu potrai dargli l’aiuto di cui ha bisogno. Che ne dici, va bene?». Prima che Sam potesse aggiungere altro, risposi: «Non è meraviglioso l’amore di Dio? Dio si preoccupa di quest’uomo e mette uno dei suoi figli sul suo cammino. Dio si prende cura di te e ti dà l’opportunità di essere uno strumento nelle sue mani. Sono persuaso che Dio non sbaglia mai indirizzo, e desidera usare te nella vita di quest’uomo. Lascia che io preghi per te adesso, affinché Dio possa riempire il tuo cuore con il suo amore e la tua mente con la sua sapienza». Quando ebbi finito di pregare, Sam mi disse: «Ma io non credo di essere capace…». Lo interruppi: «Continuerò a pregare per te tutta la notte e ti chiamerò domani mattina. Sono molto incoraggiato dal tuo ministero verso quest’uomo». Salutai e attaccai il telefono.
Durante le settimane seguenti, rimasi al fianco di Sam, determinato a non prendere il suo posto, affinché apprendesse come amare il suo amico disperato. Imparò ad essere uno strumento che Dio usa per incoraggiare il cambiamento nella vita di qualcuno. Nel processo, Dio trasformò, allo stesso tempo, anche Sam e sua moglie. Avevo spinto Sam fuori dal “nido”. Non perché egli mancasse di compassione: il suo problema era che gli mancava il coraggio. Sam aveva dato per assunto che, qualunque fosse il bisogno di quell’uomo, era al di là delle proprie possibilità. Non considerava se stesso come uno strumento di Dio, ma come uno dei condotti di Dio, un canale passivo che avrebbe potuto semmai collegare un elemento all’altro. Uno strumento è un utensile che viene usato attivamente per cambiare qualcosa, e Dio ha chiamato tutto il suo popolo ad essere un simile strumento di cambiamento nelle sue mani.
All’interno della ben più ampia storia della redenzione, c’è un principio che non dobbiamo trascurare: Dio usa persone ordinarie per compiere cose straordinarie nella vita degli altri. Quale missione, quale ministro, quale chiesa locale userebbe oggi gli uomini che Dio ha usato nelle Scritture? Egli usò persone come Mosè, un omicida esule, Gedeone, un pauroso che si nascondeva, Davide, un giovane pastore senza esperienza militare, Pietro, che aveva pubblicamente rinnegato Cristo, Paolo, persecutore della chiesa. Insieme ad essi, un numero imprecisato di altri individui simili è stato usato da Dio in modo glorioso per attuare il suo piano sulla terra. Dio non ci ha mai considerati come semplici oggetti del suo amore: siamo stati anche chiamati ad essere strumenti di tale amore nella vita degli altri.

Molti utensili nella cassetta degli attrezzi

Quando riflettiamo sulla crescita personale e sul cambiamento, cosa ci viene in mente? Siamo come Sam e pensiamo immediatamente che abbiamo bisogno dell’aiuto del nostro pastore, di un anziano o di un consulente professionista? Questo è ciò che la nostra cultura ritiene necessario affinché avvenga un cambiamento. Chiaramente Dio suscita persone particolari in vista di alcuni ruoli ministeriali formali, ma la chiamata all’aiuto reciproco che la Scrittura ci rivolge include tutto il popolo di Dio. Inoltre, la visione biblica circa il cambiamento individuale è radicalmente differente da quella imperante nella nostra cultura. La Scrittura dichiara che la trasformazione personale ha luogo quando i nostri cuori sono cambiati dalla grazia di Dio e le nostre menti sono rinnovate dallo Spirito Santo. Noi non possiamo cambiare nessuno: questa è l’opera del Redentore! Siamo semplicemente suoi strumenti. Il problema è che spesso pensiamo che Dio porti in giro solo una piccola cassetta degli attrezzi. Un bravo carpentiere usa invece numerosi strumenti, ognuno per un lavoro particolare: Dio possiede un’enorme cassetta degli attrezzi, e il suo strumento principale sono i suoi figli. Purtroppo, molti membri di chiesa non riescono a vedere se stessi in questa prospettiva: intendono il ministero come qualcosa di riservato ai professionisti retribuiti; quando considerano il proprio coinvolgimento, non immaginano molto di più che elevare qualche preghiera o cucinare un pasto. Tuttavia, la loro adozione nella famiglia di Dio implica una chiamata al ministero, una chiamata, cioè, ad essere parte della buona opera del regno.
Il modello biblico generale è questo: Dio trasforma la vita delle persone quando il suo popolo reca la sua Parola agli altri. Il nostro istinto si chiede: «Chi sono i soggetti che Dio usa e quali sono le loro qualifiche? Dio usa solo certi individui? Perché ne usa alcuni e non altri? Io sono forse uno di essi?». Troviamo la risposta a tali domande in Efesini 4:11-16.
È lui [Cristo] che ha dato alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e dottori, per il perfezionamento dei santi in vista dell’opera del ministero e dell’edificazione del corpo di Cristo, fino a che tutti giungiamo all’unità della fede e della piena conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomini fatti, all’altezza della statura perfetta di Cristo; affinché non siamo più come bambini sballottati e portati qua e là da ogni vento di dottrina per la frode degli uomini, per l’astuzia loro nelle arti seduttrici dell’errore; ma, seguendo la verità nell’amore, cresciamo in ogni cosa verso colui che è il capo, cioè Cristo. Da lui tutto il corpo ben collegato e ben connesso mediante l’aiuto fornito da tutte le giunture, trae il proprio sviluppo nella misura del vigore di ogni singola parte, per edificare se stesso nell’amore.
La sola metafora in grado di descrivere il piano di Dio per la chiesa è quella del corpo. Dio ha dato alla sua chiesa dei capi non per portare il carico dell’intero ministero del corpo di Cristo, ma per equipaggiare ogni membro a partecipare all’opera di Dio in vista della propria trasformazione personale. Ricordate: nessuna chiesa locale potrebbe impiegare uno staff in grado di soddisfare tutti i bisogni ministeriali che si presentano in una sola settimana! Nel modello biblico, molto più informale, il ministero personale va oltre il ministero ufficiale. I momenti di ministero formale pubblico, sono pensati per preparare il popolo di Dio al ministero personale, che è lo stile di vita del corpo di Cristo. Riflettiamo sulla nostra esperienza: possiamo forse dire che il vero cambiamento è stato determinato solo dal ministero formale della Parola? Dio non si è forse servito anche di persone ordinarie per cambiare il nostro cuore e trasformare la nostra vita?
Dire semplicemente che Dio ci ha donati gli uni agli altri per aiutarci a maturare, non rende giustizia alla metafora del corpo utilizzata da Paolo. Un corpo cresce soltanto quando ogni sua parte compie il proprio lavoro. Consideriamo il concetto di interdipendenza implicato in quest’immagine: non può avere luogo in noi nessun cambiamento che coinvolga solo una parte del corpo.
Mi sono reso conto recentemente di tale realtà quando ho iniziato ad accusare un dolore alla mia spalla sinistra. Che fosse borsite, artrite o il triste avanzamento della vecchiaia, immediatamente divenni cosciente di quanto usassi quell’articolazione. Non avevo mai pensato molto alle mie spalle prima di allora, ma improvvisamente acquistai una nuova consapevolezza circa il modo di lavorare del corpo: si tratta di un sistema complesso di parti interdipendenti.
La metafora del corpo indica anche un disegno premuroso. Pensiamo alla differenza tra la mano e l’occhio o tra l’articolazione della spalla e il fegato! Il corpo umano è un’illustrazione intelligente di un piano intenzionale. Ogni parte è stata attentamente creata in modo artistico e posta lì a compiere il proprio ruolo. Così è il corpo di Cristo. I membri del popolo di Dio non sono tutti uguali: ognuno di noi è stato personalmente designato e chiamato a fare la propria parte nel regno di Dio. La nostra storia, il nostro carattere, le nostre abilità, i livelli di maturità differiscono secondo il piano del Redentore. Egli è sovrano sopra ogni cosa.
Troppo spesso siamo incuranti di un simile disegno. Siamo così facilmente ammaliati dal nostro piccolo mondo egocentrico! Ma Efesini 4 ci spinge al di là di un’esistenza consumata dal desiderio di realizzazione personale: la nostra vita è più grande di bellissimi paesaggi, vacanze fantastiche e vestiti alla moda; essa è più importante anche di un buon lavoro, di un coniuge comprensivo, di figli obbedienti. In realtà, siamo parte di qualcosa di immenso, che esisteva prima che noi nascessimo e continuerà dopo che saremo morti. Dio riscatta l’umanità caduta, trasportandola nel suo regno e modellandola progressivamente secondo la sua volontà, e vuole che noi siamo parte di questo piano.
La vita è più grande di quanto possiamo immaginare. Per ora, infatti, viviamo nel tempo, ma un giorno saremo mano nella mano con Enoc, Noè, Mosè, Abramo, Isacco, Giuseppe, Geremia, Ezechiele, Matteo, Pietro, Paolo, Agostino, Lutero, Calvino e generazioni di credenti sconosciuti, che hanno compreso il loro posto nel regno di Dio e hanno portato a termine la propria opera in esso. Solo se riusciamo a vedere questo grandioso universo, saremo in grado di vivere e servire in modo efficace nel piccolo mondo in cui Dio ci ha posti.

Ma c’è di più

Focalizziamoci ora sulla seconda parte dell’affermazione: Dio trasforma la vita delle persone quando il suo popolo reca la sua Parola agli altri. I cambiamenti che Dio produce nel suo popolo sono direttamente connessi al ministero della Parola. Di nuovo, questo concetto è profondamente diverso da ciò che la nostra cultura (e a volte anche la chiesa) impone riguardo alla crescita personale e al cambiamento. Troppo spesso la filosofia che permea l’idea di ministero dal pulpito e i fattori che forgiano la conversazione privata sono molto differenti: ad esempio, perché sembra giusto dire “predica la Parola”, ma è strano dire “consiglia la Parola”? Secondo una prospettiva biblica, sia il ministero pubblico sia quello privato basano la loro speranza di cambiamento sulla Parola di Dio. Si tratta semplicemente di metodi complementari di portare la Parola al prossimo in contesti differenti.
Nel ministero personale, infatti, si vuole recare qualcosa di più di un cuore compassionevole, della volontà di ascoltare, dell’impegno ad aiutare qualcuno a portare il proprio peso. Anche se questi sono i dolci frutti dell’amore cristiano, è necessario offrire di più: bisogna mostrare agli altri la verità trasformatrice della Scrittura in mezzo ad ogni situazione e relazione. Il ministero personale riguarda persone che amano altre persone, e proprio per questo esse intendono diffondere la Parola di Dio. Questo è il modello della “verità nell’amore” descritto da Paolo in Efesini 4. La combinazione tra verità potente e amore pronto al sacrificio è ciò che Dio usa per trasformare le persone. Se è vero che, nell’esperienza di una chiesa locale o di un credente, in una settimana c’è più ministero informale che formale, allora sicuramente dovremmo valutare la qualità del nostro insegnamento in tali momenti informali.
Supponiamo che la nostra vicina, piangendo, ci racconti che ha trovato una rivista pornografica nello zaino del figlio; forse il nostro collega di lavoro ci dice che sta pensando di lasciare sua moglie; forse abbiamo visto un collaboratore comportarsi male con le ragazze nel gruppo dei giovani. Indipendentemente da ciò che faremo in seguito, il nostro modo di rispondere costituirà il nostro ministero personale. Ovviamente, ci capita di affrontare simili situazioni per caso, al contrario di ciò che accadrebbe nel ministero ufficiale, pubblico.
Se ci chiedono di tenere una lezione alla scuola domenicale, di predicare, di portare uno studio biblico, immediatamente ci domandiamo: «Ho il tempo necessario per prepararmi?». Invece al nostro vicino, al collega, al volontario della chiesa, rispondiamo spesso con poca preparazione, riflessione o preghiera. Perché passiamo ore a prepararci per insegnare e, al contrario, offriamo importanti consigli senza pensarci un attimo? Dimentichiamo forse che Dio usa queste interazioni per applicare la potenza trasformatrice della Scrittura al cuore delle persone; non consideriamo che la Parola di Dio è il nostro strumento principale di cambiamento; in buona sostanza, ci accontentiamo della nostra piccola saggezza personale e delle nostre limitate esperienze e lasciamo uscire le parole.
È per questo che la seconda parte del nostro modello è di importanza così vitale. Dio ha posto gli uomini gli uni vicini agli altri per costruire un sistema di intricate interdipendenze, ma ha anche ordinato di donarci reciprocamente in tali relazioni.

I monsoni di Dio

Ho visitato più volte l’India del nord. Gran parte dell’anno questa parte del mondo è estremamente secca e calda. Una volta, a Nuova Delhi, ho sopportato una temperatura di 53 gradi centigradi!
Durante la stagione arida, il nord dell’India appare riarso e sterile, ma gli Indiani sanno che il cambiamento sta per arrivare: la speranza viene dal sud, quando le piogge torrenziali stagionali, chiamate monsoni, si avvicinano al settentrione. Nel momento in cui le piogge finalmente raggiungono il nord dell’India, saziando il suolo arido, avviene come se qualcuno accendesse la luce: la terra esplode di fiori; è questione di giorni e l’India diventa viva, lussureggiante di foglie e fiori tropicali.
La potenza trasformatrice della Parola di Dio non è meno sensazionale. Il ministero personale porta i monsoni della Parola di Dio al terreno riarso del cuore. Anche se una trasformazione completa non avviene in modo repentino, le nostre vite si aprono verso una nuova bellezza interiore e una nuova vita fruttifera. Isaia 55:10-13 descrive molto bene tale dinamica:
Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza aver annaffiato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, affinché dia seme al seminatore e pane da mangiare, così è della mia parola, uscita dalla mia bocca: essa non torna a me a vuoto, senza aver compiuto ciò che io voglio e condotto a buon fine ciò per cui l’ho mandata. Sì, voi partirete con gioia e sarete ricondotti in pace; i monti e i colli proromperanno in grida di gioia davanti a voi, tutti gli alberi della campagna batteranno le mani. Nel luogo del pruno si eleverà il cipresso, nel luogo del rovo crescerà il mirto; ciò sarà per il Signore un motivo di gloria, un monumento perenne che non sarà distrutto.
Il cambiamento prodotto dalla Parola di Dio nell’uomo è meraviglioso. La pioggia che inzuppa il terreno riarso produce sempre un effetto: bagna la terra che nutre le radici; queste ultime alimentano le piante, che a loro volta generano i fiori. Così è la Parola di Dio: essa cambia quello che tocca, producendo bellezza e frutti nella vita delle persone. Tali cambiamenti indicano due realtà meravigliose: la prima è che siamo, in effetti, figli del patto con Dio: egli ha promesso di essere il nostro Dio, di rimanere con noi e di benedirci; la seconda è che questi cambiamenti ci mostrano la sua gloria. I fiori e i frutti che la pioggia produce, danno gloria a colui che l’ha mandata; parimenti, quando portiamo l’uno all’altro la Parola di Dio, diveniamo dei segni che mostrano la sua gloria.
Qual è qui la speranza? È la speranza del regno di Dio. Il Re è venuto e ha donato i suoi figli l’uno all’altro con la sua Parola che cambia la vita. Le persone perdute trovano la via; coloro che erano paralizzati dallo scoraggiamento trovano speranza; chi era stato alienato, ora vive in comunione, perché le relazioni spezzate sono state ristorate; le menti confuse riprendono a pensare in modo autentico, puro e giusto; gli individui che si basavano sul proprio potere, ora riposano in Dio. La pioggia di Dio ha bagnato le radici del cuore, la vita degli uomini è rinata, ed essi portano nuovi frutti. Questa è la via del Signore, la speranza e l’opera del suo regno.

Risposte, enciclopedie e principi generali

Isaia 55 dovrebbe instillare in noi una notevole speranza, ma solleva anche una domanda. Qual è il modo migliore di rapportarci biblicamente con un’altra persona? Come possiamo recarle al meglio la potenza della Scrittura?
Molti cristiani purtroppo non comprendono cosa sia la Bibbia. Molti la considerano un’enciclopedia spirituale, una sorta di catalogo completo dei problemi umani, corredato da una lista di risposte divine: se vai alla pagina giusta, puoi trovare risposte ad ogni problema. Una variazione più sofisticata di tale concetto considera la Bibbia come un trattato di teologia sistematica, un insieme di dottrine basilari che è bene padroneggiare per pensare e vivere come Dio vuole. In entrambi i casi siamo portati ad offrire ai nostri interlocutori dei passi isolati della Scrittura (un comandamento, un principio, una promessa) che sembrano adattarsi al bisogno del momento. Sovente, quello che pensiamo del ministero della Parola è qualcosa di simile ad un “copia-incolla” spirituale.
Un simile tipo di ministero raramente produce un cambiamento duraturo, perché non porta con sé la potenza della Parola laddove il cambiamento è davvero necessario: in esso il nostro io è ancora centrale, il bisogno individuale ne rappresenta il fulcro, e la felicità personale ne rimane il fine. Ma un ministero della parola realmente efficace deve affrontare il nostro egocentrismo e il nostro egoismo alle radici, aprendoci alla vastità di un mondo definito da Dio e incentrato su Dio. Se questo non avviene, useremo le promesse, i principi e i comandamenti della Parola di Dio per servire l’unica cosa che realmente amiamo: noi stessi. È per tale ragione che molte persone, pur leggendo ed ascoltando regolarmente la Bibbia, non mostrano una vita trasformata. Solo quando la pioggia della Parola penetra fino alle radici del problema, avviene un cambiamento definitivo.
Nel ministero personale c’è spesso molta pressione a scegliere le Scritture in base all’argomento in questione. Se si sta parlando con qualcuno che affronta un problema intimo, relazionale o una situazione difficile, di solito si cerca ciò che la Bibbia dice in merito e lo si applica alla vita di quella persona; si consulta la concordanza biblica per argomenti, si individuano tutti i versetti inerenti, si sceglie il passo apparentemente più rilevante e lo si condivide con l’interlocutore. Purtroppo, però, ci si dimentica qual è lo scopo della Parola e come essa dovrebbe essere usata.
Immaginiamo, ad esempio, di conversare con una donna che si trova nel bel mezzo di un conflitto coniugale con suo marito. Ogni cosa, nella loro vita, è diventata pretesto di discussione; i due si scambiano sgradevoli accuse. Lui è oberato di lavoro, mentre lei ha trovato rifugio nei bambini, e passano del tempo insieme solo quando il dovere lo richiede. Cosa c’è di sbagliato nel loro matrimonio? Senza dubbio le loro difficoltà non riguardano solo la comunicazione reciproca, la divisione dei ruoli, il lavoro, la genitorialità e la gestione del tempo: sono il frutto di un problema molto più radicale. Il caos superficiale cesserà solo se la forza trasformatrice della Parola di Dio arriverà alle radici del problema. Ogni altra soluzione lascerà al centro l’individuo impassibile e immutabile, con la sua incapacità, ribellione e follia.
La moglie desidera un marito più dolce e più attento; il marito desidera una moglie più gentile e più contenta. Questo non è sbagliato, ma Dio vuole molto di più per loro: più di un matrimonio migliore, più del coniuge perfetto. Un ministero guidato dai bisogni, focalizzato su di sé, orientato alla soluzione immediata, può usare la Bibbia, ma non è realmente biblico. Anzi distorce il senso della Bibbia. Un simile malinteso può derubare il corpo di Cristo della propria vitalità e produttività, relegando molti credenti verso un’immaturità che dura tutta la vita. Dobbiamo proporre qualcosa di meglio.

Una storia antica, ma vera

La Bibbia, come enciclopedia, è insufficiente. Se Dio avesse voluto che lo fosse, le Scritture sarebbero state organizzate in modo diverso, includendo molti volumi. Allo stato attuale, ci sono numerosi problemi che la Bibbia non affronta in modo specifico: essa ad esempio non dice nulla di esplicito riguardo alla schizofrenia, ai disturbi cognitivi, agli adolescenti, alla visione familiare della TV, né alle tecniche sessuali per coppie sposate. Se cerchiamo di usare la Scrittura come un’enciclopedia di Dio, concluderemo che essa ha poco da dire riguardo alle complicazioni della vita moderna, oppure distorceremo e stireremo i passi biblici per soddisfare i nostri obiettivi. In entrambi i casi, non stiamo prendendo dalla Parola ciò che Dio desidera. Un simile incomprensione genera l’avvilimento che molte persone provano leggendo la Bibbia: segretamente rimproveriamo Dio per non avercela data più semplice e magari divisa per argomenti!
La Scrittura, d’altronde, ha importanti notizie da dare riguardo alle tematiche sopra elencate, ma lo fa in una forma estremamente differente da quella che potremmo aspettarci. Ad esempio, essa non usa mai la parola “adolescenza”, ma parla con saggezza e praticità dei problemi di tale età. Senza trattare esplicitamente molte questioni che affrontiamo ogni giorno, Dio nella sua Parola ci dona ogni cosa di cui abbiamo bisogno per essere come lui vuole e per compiere ciò che egli desidera.
Tuttavia, se intendiamo conoscere la prospettiva di Dio su un particolare argomento, non possiamo limitarci ai soli passi biblici che esplicitamente si focalizzano su di esso. La coppia immersa nella battaglia per il controllo familiare, ad esempio, non imparerà a liberarsi dal circolo vizioso del disaccordo studiando i passi standard della Scrittura sul matrimonio. Senza la prospettiva del resto della Bibbia, quei passi sul matrimonio saranno poco utili: essi, infatti, potranno essere strumentalizzati per fini che hanno a che fare più con i desideri umani che con il piano di Dio.
In questo la Scrittura è diversa da un’enciclopedia: quando uso un’enciclopedia, non ho bisogno di considerare ulteriori articoli per comprendere ciò che sto leggendo; ogni articolo non ha alcuna connessione con gli altri; non ci sono argomenti più importanti. Nella Bibbia, invece, ciascun passo è dipendente da tutto il resto, e l’intera Scrittura è tenuta insieme da temi interdipendenti che attraversano ogni brano come le barre d’acciaio che rinforzano i pilastri di cemento.
Se leggo la Bibbia in modo settoriale, perderò di vista i punti basilari, che costituiscono il cuore di tutte le altre realtà che Dio vuole comunicarmi. Questi temi mi danno un senso di identità, degli obiettivi e una direzione che sono in grado di capovolgere radicalmente il modo in cui penso, desidero, parlo e agisco. Essi raggiungono la radice delle mie incertezze, producendo in me un cambiamento definitivo.
Il problema è che molti di noi, purtroppo, semplicemente usano la Bibbia in modo non biblico! Essere biblici non significa tanto saper citare i versetti appropriati, quanto riuscire a dare un consiglio che rifletta l’intero insegnamento della Scrittura. La Bibbia è una storia di redenzione e il suo personaggio principale è Gesù Cristo. Egli è il tema principale del racconto, rivelato in ogni pagina del libro. Tale racconto mostra il modo in cui Dio ha sottomesso la natura e controllato la storia, inviando suo Figlio per riscattare uomini e donne ribelli, folli ed egocentrici: egli li ha liberati dalla schiavitù di se stessi, abilitandoli a vivere per la sua gloria; ha donato loro l’eternità nella sua presenza, allontanandoli dalla dura realtà della caduta.
Tale storia racchiude ogni altro aspetto della verità e riflette il fatto che, in quanto esseri umani, il nostro problema, quello che causa le complicazioni specifiche che attanagliano le nostre vite, è molto più profondo del peccato che individualmente commettiamo ogni giorno: il punto è che noi cerchiamo la nostra identità al di fuori della storia della Redenzione. Se l’intero scopo e direzione della nostra vita sono sbagliati, non ci sono sufficienti dei consigli pratici su come fare la cosa giusta in una situazione particolare; piuttosto, abbiamo bisogno di un messaggio che sia efficace abbastanza per dominare la tendenza naturale a vivere per la nostra gloria, perseguendo la nostra felicità e dimenticando che la vita è molto, molto più importante di un breve attimo di piacere. Ogni giorno, in qualche modo, siamo tratti in inganno dalle menzogne dell’autonomia e dell’autosufficienza, adorando la creatura piuttosto che il Creatore.
Proprio perché il nostro peccato è così pervasivo e radicato, abbiamo bisogno di ricevere dalla Scrittura più che intuizioni, principi, comprensione e direzione. Un approccio enciclopedico, basato sulla soluzione dei problemi, è totalmente inadeguato alla profondità della nostra miseria; necessitiamo di qualcosa che possa cambiarci dentro e fuori: abbiamo bisogno di Cristo! Solo la sua persona e la sua opera possono liberarci dalla schiavitù di noi stessi, dalla nostra tendenza a deificare la creazione; solo quando vedremo che la nostra storia è ammantata dalla più grande storia della Redenzione potremo vivere con uno stile che onori Dio. Il cambiamento definitivo, dunque, avrà inizio nel momento in cui la nostra identità, i nostri obiettivi e il senso della nostra vita saranno definiti dalla storia di Dio.
Se portiamo tale prospettiva nelle relazioni individuali, avremo un obiettivo radicalmente differente: prenderemo i principi e i comandamenti della Scrittura e li useremo come Dio vuole; vedremo come ogni promessa ed esortazione trovino significato e compimento in Cristo. Qualora separassimo questi elementi da Cristo, infatti, essi perderebbero il loro significato originario e verrebbero dirottati ad altri progetti di vita.
Ad esempio, cosa abbiamo imparato dalla storia dell’Esodo e dal passaggio del Mar Rosso? Vediamo forse la biografia di un eroe chiamato Mosè ed un appello ad essere come lui? Troviamo affermati nuovi principi per affrontare le difficoltà? Dei suggerimenti per guidare un popolo ribelle? Consigli su come attraversare larghe distese d’acqua? Si tratta magari di un’esposizione sulle abitudini di un popolo nomade? Probabilmente abbiamo ascoltato sermoni o lezioni alla scuola domenicale su tutte queste tematiche; esse però non colgono il motivo ultimo della narrazione biblica. L’Esodo infatti è solo uno dei capitoli della storia più ampia della Redenzione: mette in luce il nostro bisogno di Cristo, che ci libera dalla schiavitù, sconfigge il nemico, e ci conduce per la via in cui dovremmo procedere. Se impariamo a portare una simile prospettiva nel nostro rapporto coniugale, essa ci aiuterà a comprendere i brani che trattano in maniera diretta il piano di Dio per il matrimonio. La storia dell’Esodo, infatti, ha molto da dire alle coppie in crisi: può spiegare loro chi sono, perché hanno difficoltà, dove possono trovare speranza e aiuto. Questi temi si ritrovano in ogni brano sul matrimonio, perché i passi sul matrimonio applicano la storia divina della Redenzione ad una delle più importanti relazioni della vita; tuttavia, simili brani non potranno mai essere pienamente compresi se rimangono separati da tutti gli altri temi che corrono lungo il resto della Parola di Dio. Non possiamo usare la Bibbia come un libro divino di auto-aiuto. In tal caso, infatti, cercheremo sempre di servircene per raggiungere ciò che il nostro cuore desidera, anche se è esattamente questo il legame che tende a sabotare le nostre relazioni! Il Redentore ha vissuto, è morto ed è risorto affinché non vivessimo più per noi stessi, ma per lui, nella sua gloria (II Corinzi 5:14-15).

Le barre di rinforzo di Dio

Quando i costruttori gettano grandi lastre di calcestruzzo, pongono come rinforzo delle barre di metallo che passano verticalmente e orizzontalmente attraverso il centro, conferendo all’edificio forza e stabilità; allo stesso modo, i grandi temi della storia divina passano attraverso ogni brano della Scrittura, producendo nella nostra vita una stabilità che non potremmo trovare altrove. Solo in un simile contesto i “pezzi” della nostra storia acquistano un senso.
Consideriamo tre grandi temi della storia della Redenzione: nascosta in ognuno di essi vi è una consolazione pratica, ma anche una chiara chiamata a vivere in modo saggio e pio. Il primo è la sovranità di Dio. Nabucodonosor offre una delle migliori esposizioni in proposito, dopo che Dio lo aveva privato del senno e in seguito riportato alla ragione (Daniele 4:34-35):
Il suo dominio è un dominio eterno e il suo regno dura di generazione in generazione. Tutti gli abitanti della terra sono un nulla davanti a lui; egli agisce come vuole con l’esercito del cielo e con gli abitanti della terra; e non c’è nessuno che possa fermare la sua mano o dirgli: «Che fai?»
Dalla nascita alla caduta dei governi, dal tempo che farà domani all’esatta ubicazione di ogni essere umano, l’universo è sotto il controllo di Dio. Egli ha il potere e l’autorità di fare esattamente ciò che vuole e come vuole. La sovranità di Dio, tuttavia, non riguarda solo il suo potere e dominio, ma anche il suo piano. Le Scritture ci insegnano chiaramente che Dio ha un progetto per il mondo e per le persone che lo abitano. Dio chiama a sé un popolo, lo forma a suo piacimento e lo prepara per trascorrere l’eternità con lui. Questo è il suo disegno complessivo, che si dipana attraverso i tempi, rivelato nella storia, presente negli eventi attuali e nella vita di ogni uomo. In qualsiasi momento, la risposta giusta alla domanda «Cosa sta facendo Dio ora?» è: «Egli sta realizzano il suo piano».
Tale verità costituisce una concreta consolazione per noi. Guardiamoci intorno: non ci sembra spesso che gli eventi siano fuori controllo? Non sembra che spesso “vincano i cattivi”? Non abbiamo mai gridato «Perché a me?» o pianto per la sofferenza? Non ci siamo mai sentiti persi nella folla, relegati in una vita angusta e priva di significato? Non affrontiamo ogni giorno la nostra impotenza a cambiare noi stessi?
In risposta alla più profonda, autentica domanda, Dio dolcemente risponde: «Rincuoratevi, ho il controllo completo. Io sono la santità e l’amore. Tutte le mie vie sono giuste e vere; le mie decisioni sono buone, e non mi riposerò finché il mio piano non sarà realizzato».
C’è conforto nei momenti di grande incertezza; c’è incoraggiamento nei momenti di confusione, e speranza nello scoraggiamento. L’universo non è un caos costante controllato da forze impersonali; il destino non è nelle nostre mani, o nelle mani di altre persone: siamo nelle mani del Padre celeste, che governa ogni cosa! Siamo figli del Re dei re e viviamo all’ombra delle sue ali; facciamo parte del suo piano. Questo significa che l’esercizio del potere e dell’autorità divina è per la nostra benedizione. Tutti possiamo riposare nel bel mezzo della più profonda incertezza personale; possiamo andare avanti quand’anche poche cose intorno a noi sembrano avere senso. C’è una ragione nel mistero, un ordine nel caos, perché dietro ad ogni cosa si trova l’Uno che controlla il tutto.
Cosa implica questo per ognuno di noi? Implica aver pace quando il nostro cervello non è capace di mettere insieme le idee: la pace interiore di un cristiano non è mai basata sull’abilità a cogliere l’insegnamento delle Scritture e a comprenderlo pienamente; essa si poggia sempre sulla presenza, la potenza e il carattere del Signore. Dal momento che egli governa cielo e terra secondo il suo disegno sapiente, non abbiamo bisogno di vivere nell’ansia e nella paura. La sovranità assoluta di Dio ci garantisce il compimento di tutte le promesse per ciascuno dei suoi figli!
Il re Davide aveva ben compreso tale realtà in uno dei momenti più tenebrosi della sua vita. Suo figlio Absalom aveva complottato per usurpargli il trono. Immaginate di dover abbandonare il palazzo per paura di vostro figlio! (Si trattava di una monarchia in cui il trono passava di padre in figlio solo alla morte del genitore). Ad un certo punto, Davide si nasconde in una caverna, circondato da un gruppo di soldati fedeli. Essi andarono dal re e sostanzialmente gli chiesero: «Cosa succederà ora?». Secondo i Salmi 3 e 4, Davide rispose secondo una prospettiva che dovrebbe appartenere a ciascuno di noi, e che voglio riassumere: «Signore, quando penso a te, il mio cuore si riempie di gioia. Questa gioia è più grande di quella che accompagna un raccolto abbondante e l’arrivo del vino nuovo [il momento più bello dell’anno in una società agricola]. Sì, sono in questa caverna, ma la mia vita non è nelle mani di Absalom. Essa è dove è sempre stata, nelle tue mani sovrane. Non cederò alla paura, la mia mente non sarà assalita da domande a cui non posso rispondere. Dormirò in pace, perché solo tu, o Signore, mi fai abitare in sicurezza».
Ogni volta che ami il tuo nemico, confidi nella sovranità di Dio; ogni volta che rispondi con amore e dolcezza alla rabbia di qualcun altro, stai scegliendo di riposare in Dio; ogni volta che resisti alla tentazione di vincere una discussione a tutti i costi, ti stai affidando a lui. Siccome Dio governa, nulla di ciò che fai in obbedienza a lui sarà inutile. La tua vita ha un significato e un obiettivo, perché tu sei incluso non solo nel piano dell’Uno che governa ogni cosa, ma anche nella sua famiglia!
Immaginiamo come tutto questo possa cambiare il matrimonio della coppia considerata in precedenza: la costante guerra di parole, la competizione per il potere e le reciproche accuse sono radicate in una battaglia più profonda, riguardante chi o che cosa governerà la vita dei due sposi: il matrimonio ha messo in mostra il desiderio di controllo di ciascuno di essi. Se la speranza è fondata sulla propria capacità di gestire la giornata, il coniuge diventa una minaccia costante invece di un compagno intimo: ciò distrugge ogni possibilità di vivere l’unione amorevole e pronta al sacrificio che caratterizza ogni buon rapporto. Tutti i brani biblici che parlano del matrimonio si basano su tale concezione: ognuno di essi ci chiama ad affidare il partner al Signore, seguendo con gioia quello che è giusto e buono, ben sapendo che la nostra speranza riposa sulla potenza di Dio, non sulla nostra.

Grazia sorprendente

Il secondo grande tema è la grazia di Dio. Questa realtà ci conforta e ci incoraggia intimamente, diagnosticando il problema che infetta le nostre relazioni e donandoci l’unica ragione valida per andare avanti.
In tutto il dramma della storia della Redenzione, una verità emerge ripetutamente in superficie: viviamo in un mondo in cui c’è una grazia da trovare. Dio non solo è sovrano, è anche abbondante in grazia. Immediatamente dopo che Adamo e Eva ebbero disobbedito, Dio rese chiaro che aveva intenzione di fare qualcosa di più che punirli: avrebbe mandato il seme della donna (Cristo) per sconfiggere il nemico e provvedere alla redenzione del suo popolo (cfr. Genesi 3:15). La risposta di Dio all’ostinata ribellione delle sue creature è stata la grazia! Questa grazia giustifica, provvede completo perdono e stabile approvazione davanti a Dio; essa ci adotta, facendoci entrare con benevolenza nella sua famiglia, con tutti i privilegi ed i diritti riservati ai figli ed alle figlie. La grazia poi ci abilita, conferendoci potere per pensare, dire e fare ciò che non saremmo mai stati in grado di compiere con le nostre forze; essa infine ci trasforma, cambiando radicalmente ogni aspetto della nostra vita.
La grazia è la spessa barra di rinforzo che attraversa l’impalcatura di cemento della storia biblica. Dal momento della caduta alla chiamata di Abramo, dalla liberazione dell’Esodo alla provvidenza nel deserto, dalla vittoria nella terra promessa alla vita di Davide, Salomone, Isaia, Geremia e Amos, dalla predicazione di Giovanni il battista alla gravidanza miracolosa di Maria, dal ministero terreno del Messia alla croce ed alla tomba vuota, dal ministero di fede degli apostoli alla resistenza della chiesa sotto la persecuzione, questa storia è una storia di grazia. La grazia, cioè, definisce il corso degli eventi e dà ad esso un senso ed una direzione.
La storia in ogni tempo ci comunica che Dio ha affrontato il nostro problema più grave: il peccato. Ci ricorda che la nostra vita non è imprigionata dalla ribellione, sconfitta dalla follia o paralizzata dall’incapacità: la grazia di Dio è più potente ed efficace della nostra massima debolezza.
Quanto tale verità può concretamente cambiare la nostra vita? Pensiamo di nuovo alla coppia considerata: uno dei problemi più significativi nella relazione tra i coniugi è che essi non concepiscono alcuna economia della grazia. In tutte le loro difficoltà, ciò che è più sconvolgente è la profonda mancanza di grazia che il loro matrimonio presenta: non c’è alcuna volontà di guardarsi dentro e confessare i peccati radicati nel cuore; quindi i due partner non potranno mai trovare il perdono. Non c’è speranza di ricevere sostegno dall’alto nei momenti di scoraggiamento; non c’è riposo che viene dalla fiducia nella grazia di Dio; non c’è certezza che lui possa donare loro tutto ciò di cui essi hanno bisogno per rispondere l’uno all’altro in modo dignitoso. Di conseguenza, la loro relazione è ridotta a pretese umane, soluzioni umane, fallimenti umani, giudizio umano e punizioni umane. Non c’è speranza, né potenza per cambiare. Dal momento che i due coniugi non si bagnano quotidianamente alla fonte della grazia di Dio, non estendono tale grazia al partner. In tale contesto tutti i buoni libri sul matrimonio o sull’abilità nel comunicare, e ogni tentativo di restaurazione del rapporto, falliranno, perché è la grazia di Dio che trasforma i cuori e rivoluziona le relazioni. Quando i due sposi inizieranno a dipendere dalla grazia e la estenderanno l’uno all’altro, il fondamento della loro economia attuale si sgretolerà e crescerà un fondamento di amore reso efficace da Dio.
Solo nell’economia della grazia, dunque, i principi biblici per una sana relazione matrimoniale possono portare un frutto durevole.

Non è la tua festa

Nel 1978 feci una delle cose più coraggiose della mia vita: divenni insegnante di scuola dell’infanzia! Insieme a poche altre anime coraggiose, fondai una scuola cristiana e svolsi il ruolo di direttore. Dal momento che le risorse finanziare e il personale erano scarsi, acconsentii temporaneamente a fare anche il maestro.
Un lunedì pomeriggio, la mamma di una delle mie nuove allieve mi chiese se avesse potuto festeggiare il compleanno della figlia in classe, il venerdì successivo. Il giorno arrivò, e dopo la frenetica preparazione della madre, entrammo nella stanza. Aveva trasformato la nostra piccola aula nel reame dei compleanni! Le pareti e il tavolo erano copiosamente addobbati, stelle filanti colorate tappezzavano il soffitto, e palloncini su palloncini erano legati alla spalliera di ogni sedia, dove a sua volta era attaccato un sacchetto di cellophane pieno di gadget. La festeggiata, infine, era circondata da un enorme catasta di regali meravigliosamente incartati.
All’estremità del tavolo era seduto Johnny, il quale continuava a fare la stessa cosa: guardava la sua piccola borsa colma di gadget, poi la montagna di regali della festeggiata, incrociava le braccia, sporgeva il labbro inferiore, e lasciava andare un udibile «uffa!». Progressivamente, l’aspetto del suo viso appariva sempre più contrariato e il suo «uffa!» sempre più udibile. In breve tempo, divenne il centro dell’attenzione e stava per rovinare la festa. Allora una delle mamme si avvicinò e si mise sulle ginocchia accanto a lui; girò la sedia del bimbo affinché Johnny potesse guardarla negli occhi, e pronunciò queste parole: «Johnny, non è la tua festa!».
Non si presumeva che Johnny fosse al centro dell’attenzione, né che lui avesse una montagna di regali. Era il compleanno di Susie e tutto era, giustamente, focalizzato su di lei: Johnny non avrebbe mai potuto essere incluso in quest’evento, neanche se avesse preteso di essere al centro della festa.
Così è la grande storia della Bibbia. In tutti i suoi luoghi e protagonisti, in tutti gli eventi drammatici, al centro della storia c’è il Signore. È la sua storia. Paolo esprime tale concetto in questo modo: «Perché da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose. A lui sia la gloria in eterno. Amen» (Romani 11:36). Noi siamo stati creati per la gloria di Dio e chiamati a mostrarla in tutto quello che facciamo. Il tema della gloria è l’ultimo argomento centrale. Il peccato, infatti, ci ha resi ladri di gloria: probabilmente non esiste giorno in cui non cerchiamo di rubare la gloria che di diritto appartiene al Signore; quando gareggiamo l’uno contro l’altro per la nostra gloria, manchiamo nella realizzazione dell’unione che possiamo trovare soltanto vivendo per lui.
In fondo ad un matrimonio distrutto, ad una famiglia in pezzi, ad un’amicizia fallita, troveremo sempre la gloria rubata. Bramiamo la gloria che non ci appartiene e facciamo a pugni per conseguirla; invece di glorificare Dio usando le risorse che egli ci ha donato per amare gli altri, strumentalizziamo il prossimo per ottenere la gloria che amiamo. Il peccato ci ha portati a rubare la storia e a riscriverla daccapo, mettendo noi stessi al centro. Ma esiste un solo centro e questo è il Signore. Ogni tentativo di metterci al suo posto ci pone in competizione con lui: è un’intensa guerra verticale, una lotta per la maestà divina, un tentativo di spodestare Dio. È questa la storia che si nasconde dietro ogni triste dramma terreno: il peccato ci ha resi ladri di gloria. Non soffriamo con dignità, perché la sofferenza interferisce con la nostra gloria; non troviamo relazioni facili, perché gli altri sono in competizione con noi per la gloria; non serviamo il prossimo, perché nella nostra ricerca di gloria, desideriamo solamente essere serviti.
Ma la storia della Scrittura è la storia della gloria del Signore. Egli ci chiama ad un progetto che è più grande di noi stessi; ci offre qualcosa per cui vale davvero la pena di vivere. Il Redentore è venuto affinché noi, ladri di gloria, potessimo gioiosamente vivere per la gloria di un Altro. Non esiste gioia più profonda che essere impegnati per la gloria di Dio: ecco ciò di cui realmente abbiamo bisogno; vivere per essa rivoluzionerà il matrimonio della coppia che abbiamo considerato, ridefinendo completamente il suo progetto esistenziale

Una vita degna

L’opera centrale del regno di Dio è il cambiamento. Dio compie quest’opera attraverso la potenza dello Spirito Santo, che conferisce forza al suo popolo, affinché esso rechi la sua Parola agli altri. Noi dunque dobbiamo portare molto più che soluzioni, strategie, principi e comandamenti; dobbiamo narrare la più grande storia mai raccontata: la storia del Redentore. Il nostro obiettivo è quello di aiutarci reciprocamente a vivere con una mentalità basata sulla “storia di Dio”: la nostra missione è insegnare, ammonire e incoraggiarci l’un l’altro a riposare nella sua sovranità, invece di tentare di stabilire la nostra; di sottometterci alla sua gloria, invece di cercare la nostra. Questa è dunque l’opera del regno di Dio: essere donne e uomini nelle mani del Redentore, che ogni giorno agiscono come strumenti per un cambiamento definitivo nel cuore del prossimo.

di Paul D. Tripp
Per gentile concessione di http://www.solagrazia.it 


 

"Uomini, perché fate queste cose? Anche noi siamo esseri umani con la vostra stessa natura e vi annunziamo la buona novella, affinché da queste cose vane vi convertiate al Dio vivente cheha fatto il cielo, la terra, il mare e tutte le cose che sono in essi."
(Atti 14:15)

Consapevoli nella Parola

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