Uno degli
aspetti più importanti della vita cristiana, ma allo stesso tempo, uno degli aspetti
più fraintesi, è la preghiera. Come è vero che la preghiera è uno degli aspetti
più importanti della vita cristiana, è altrettanto vero che è estremamente
facile sbagliare grandemente in questo campo. Un errore è quello di non pregare
abbastanza. È molto facile credere di non avere tempo di pregare. Questo è un
ragionamento sbagliato, perché alla base di questa convinzione c'è il pensiero
che non abbiamo veramente bisogno di Dio.
Però,
dall'altro estremo, uno può anche pregare tanto, ma pregare in modo sbagliato.
Vogliamo
esaminare alcuni brani della Bibbia che parlano della preghiera, affinché
possiamo averne un concetto più conforme alla Bibbia. Se preghiamo a modo
nostro, che però non è conformato alle verità che Dio ci ha lasciato nella
Bibbia, le nostre preghiere possono essere inutili, o peggio ancora, possono
essere un'offesa a Dio. Perciò, prestate molta attenzione alle verità che Dio
ci insegna nella sua parola sulla preghiera.
La Bibbia
insegna che dobbiamo pregare al PADRE. Troviamo questo insegnamento
ripetutamente, come anche quello che lo Spirito Santo prega per noi.
Ma la verità
che vogliamo considerare molto più a fondo in questo studio riguarda il fatto
che dobbiamo pregare nel nome di Gesù Cristo. Consideriamo, molto attentamente,
che cosa significa pregare nel nome di Gesù.
Chi può pregare?
La prima
verità da capire quando consideriamo la preghiera è: chi ha diritto di pregare?
Ovvero, chi può pregare, avendo la certezza biblica che Dio lo ascolterà?
Chiaramente,
oggi, come sempre, tante persone pregano. Ma il fatto che tante persone pregano
non significa che vengono ascoltate da Dio.
Secondo la
Bibbia, sono coloro che hanno Gesù Cristo come Signore e Salvatore, e perciò
come Sacerdote e Mediatore, che possono pregare.
Per esempio,
in Ebrei 4:14-16, che è stato scritto per coloro che hanno Cristo come
Sacerdote e Signore, leggiamo che è per mezzo di Lui che abbiamo accesso al
trono di Dio per essere soccorsi. Quindi, è per mezzo di Cristo che possiamo
pregare. Chi è senza Cristo non ha questo libero accesso al trono di Dio.
Leggiamo il brano.
“14 Avendo dunque un grande sommo sacerdote che è
passato attraverso i cieli, Gesù, il Figlio di Dio, stiamo fermi nella fede che
professiamo. 15 Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non possa
simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, poiché egli è stato tentato come
noi in ogni cosa, senza commettere peccato. 16 Accostiamoci dunque con piena
fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovar grazia ed
essere soccorsi al momento opportuno.” (Ebr 4:14-16)
Quindi,
solamente chi è un vero figlio di Dio ha diritto di pregare.
A CHI si deve pregare?
Quando
preghiamo, a chi dobbiamo rivolgere le nostre preghiere?
E' giusto
pregare solo a Dio Padre, o si dovrebbe pregare anche a Gesù e allo Spirito
Santo? Cosa ne dice la Bibbia?
In Matt. 6:9
Gesù ci insegna a pregare, e Lui ci dichiara chiaramente di pregare a Dio
Padre.
“Voi dunque pregate così: "Padre nostro che sei
nei cieli, sia santificato il tuo nome;” (Mat 6:9)
In Giov.
16:23 Gesù parla della preghiera al Padre.
“In quel giorno non mi rivolgerete alcuna domanda. In
verità, in verità vi dico che qualsiasi cosa domanderete al Padre nel mio nome,
egli ve la darà.” (Giov 16:23)
La Bibbia ci
insegna ripetutamente, sia con insegnamenti, sia con esempi, che dobbiamo
pregare a Dio Padre.
Allora, qual
è il ruolo di Gesù e qual è quello dello Spirito Santo?
Se dobbiamo
pregare a Dio Padre, che ruolo hanno Gesù Cristo e lo Spirito Santo?
Nel nome di Gesù
Gesù ci ha
insegnato di pregare nel suo nome. Fra poco esamineremo questo concetto.
Lo Spirito Santo
Per quanto
riguarda lo Spirito Santo, non esiste alcuna preghiera nella Bibbia rivolta
allo Spirito Santo, tranne una profezia in Ezechiele 37. Quindi, visto che non
esiste alcuna preghiera rivolta allo Spirito Santo, è chiaro che non dobbiamo
pregare a Lui. Ma qual è il suo ruolo?
Lo Spirito
Santo ha il ruolo di glorificare Cristo e di indicarci la giusta strada per
giungere a questo fine.
“Egli mi glorificherà perché prenderà del mio e ve lo
annuncerà.” (Giov 16:14)
Si può anche
leggere Giov. 14:14-26.
Quando un
grande faro illumina un palazzo di notte, se fa un buon lavoro, non lo si nota
neanche, ma si nota ed ammira solamente il palazzo. Similmente lo Spirito Santo
è come il faro: ci aiuta a vedere ed ammirare la persona di Gesù Cristo.
Inoltre, lo
Spirito Santo, prega per noi aiutandoci nel nostro debole ed incerto modo di
porgere le nostre preghiere, perché, Egli conosce Dio nel suo profondo.
“26 Allo
stesso modo ancora, lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché non
sappiamo pregare come si conviene; ma lo Spirito intercede per noi con sospiri
ineffabili; 27 e colui che esamina i cuori sa quale sia il desiderio dello
Spirito, perché egli intercede per i santi secondo il volere di Dio.” (Rom
8:26-27)
Che
consolazione!
Quindi, a
chi dobbiamo pregare? Dobbiamo pregare a Dio Padre, nel nome di Gesù Cristo.
per COSA si deve pregare?
Per che cosa
dobbiamo pregare? Possiamo pregare per qualsiasi cosa? Dio esaudisce ogni
preghiera? È possibile chiedere qualsiasi cosa nel nome di Gesù, oppure,
pregare nel nome di Gesù ci limita nelle nostre richieste?
Chiaramente,
nella carne, l'uomo prega per ottenere tutto quello che desidera. Prega per
avere buona salute o per una guarigione, prega per avere successo negli affari,
prega di superare gli esami a scuola, prega per avere sicurezza in viaggio,
prega per un buon tempo durante le vacanze.
Che cosa ne dice la Bibbia?
Esaminiamo
alcuni brani fondamentali sulla preghiera. Questi brani sono importanti per il
loro insegnamento, ma spesso vengono presi fuori contesto ed interpretati male.
Quando abbiamo un concetto sbagliato della preghiera, questo ci fa molto male
spiritualmente.
Giovanni 14
Consideriamo
per primo il brano in Giovanni 14:12-14. Leggiamolo.
“12 In
verità, in verità vi dico che chi crede in me farà anch’egli le opere che
faccio io; e ne farà di maggiori, perché io me ne vado al Padre; 13 e quello
che chiederete nel mio nome, lo farò; affinché il Padre sia glorificato nel
Figlio. 14 Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.” (Giov
14:12-14)
Prima di
esaminare con cura questi versetti, ricordiamoci che a volte siamo tutti
tentati di voler far dire alla Bibbia quello che ci è comodo. Cioè, nella
carne, abbiamo la tendenza di interpretare la Bibbia non in base a quello che è
realmente scritto, ma in base a quello che ci è comodo. Quindi, dobbiamo
sforzarci di dividere rettamente questo brano.
Alcuni
credenti, e purtroppo anche delle chiese intere, interpretano erroneamente
questo brano dicendo che noi possiamo chiedere qualsiasi cosa che desideriamo
nel nome di Gesù, e Dio sicuramente ci esaudirà. Questo implica che la frase
“nel nome di Gesù” diventa quasi una formula magica che ci fa ottenere quello
che vogliamo. Questa falsa interpretazione fa diventare Dio il nostro servo
celeste, soggetto ad ubbidire alla nostra volontà. Chi insegna questa falsa
interpretazione cita la parte del brano che dichiara: “quello che chiederete
nel mio nome, io la farò”, come se tutto l'insegnamento fosse racchiuso lì.
Chi crede a
questa menzogna, pensa che se preghiamo qualcosa con cuore, Dio la farà. Questo
è un pensiero molto falso, e molto pericoloso.
Pensiamo a
come una persona che crede a questa falsità potrebbe pregare in diverse
situazioni. Immaginate un credente che lavora in proprio. La sua attività
comincia ad andare molto male, e lui rischia di perdere tutto. Non solo, ma ha
anche dei grossi debiti con la banca legati all'attività. Citando questo
versetto, egli chiede a Dio di salvare la sua attività. Perciò questo credente
è sicuro, visto che ha pregato nel nome di Gesù, che Dio salverà la sua ditta.
In un
secondo esempio, un credente ha un figlio adulto ribelle, lontano dal Signore.
Il credente prega, citando questo versetto, e così è convinto che Dio salverà
suo figlio.
In un altro
esempio, un credente ha un figlio con una grave malattia. Il credente, prega, e
citando questo versetto, dichiara che è sicuro che Dio guarirà suo figlio,
visto che è convinto che si può ottenere qualsiasi cosa se la si chiede a Dio
nel nome di Gesù.
In un altro
esempio, un credente sta cercando di comprare una casa, e avendone trovato una
che gli piace tantissimo, prega, chiedendo a Dio di operare in modo che il
proprietario abbassi il prezzo abbastanza da permettergli di comprarla. È
convinto che Dio opererà per fargli ottenere quella casa al prezzo che
desidera.
Senza andare
ad analizzare questi esempi in dettaglio, considerate il principio che sta alla
base di questo modo di pensare. Se fosse vero che possiamo chiedere a Dio
qualsiasi cosa che desideriamo, avendo la certezza che Lui ci esaudirà
solamente perché abbiamo citato la frase “nel nome di Gesù”, allora, Dio
diventerebbe il nostro servo celeste, pronto ad esaudire ogni nostra richiesta.
Dio sarebbe soggetto alla nostra
volontà.
Se è così,
allora Gesù ha sbagliato quando ha insegnato il Padre Nostro, perché avrebbe
dovuto insegnarci a pregare:
“sia fatta
la nostra volontà, non la Tua”
Però, Dio
NON è il nostro servo, e NON esiste per esaudire le nostre preghiere come
vogliamo noi. Non dobbiamo pregare che
la nostra volontà sia fatta, ma che la volontà di DIO sia fatta!
Ci sono
tante verità bibliche che ci aiutano a capire questo principio.
Per esempio,
leggiamo Matteo 26:39, quando Gesù era nel Giardino:
“E, andato
un po’ più avanti, si gettò con la faccia a terra, pregando, e dicendo: «Padre
mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non come voglio
io, ma come tu vuoi».” (Mat 26:39)
Gesù,
nonostante i suoi diritti di Figlio di Dio, non chiese al Padre che cambiasse
la sua volontà per esaudire la propria richiesta. Piuttosto, rese nota la sua
richiesta al Padre, e poi, chiese che la volontà del Padre fosse fatta, non la
sua.
In Luca 22,
Gesù stava preparando i discepoli per la sua morte. Egli spiegò a Pietro che
sarebbe stato provato duramente. Notiamo che Gesù non chiese che Pietro potesse
evitare la prova, pregò solamente per la fede di Pietro. Vi leggo.
“31 «Simone,
Simone, ecco, Satana ha chiesto di vagliarvi come si vaglia il grano; 32 ma io
ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno; e tu, quando sarai
convertito, fortifica i tuoi fratelli».” (Luca 22:31-32)
Gesù NON ha chiesto che Dio gli
togliesse la prova.
In
Apocalisse 2, Gesù sta parlando alle sette chiese. Notiamo quello che dichiara
alla chiesa di Smirne.
“8
«All’angelo della chiesa di Smirne scrivi: Queste cose dice il primo e
l’ultimo, che fu morto e tornò in vita: 9 Io conosco la tua tribolazione, la
tua povertà (tuttavia sei ricco) e le calunnie lanciate da quelli che dicono di
essere Giudei e non lo sono, ma sono una sinagoga di Satana. 10 Non temere
quello che avrai da soffrire; ecco, il diavolo sta per cacciare alcuni di voi
in prigione, per mettervi alla prova, e avrete una tribolazione per dieci
giorni. Sii fedele fino alla morte e io ti darò la corona della vita. 11 Chi ha
orecchi ascolti ciò che che lo Spirito dice alle chiese. Chi vince non sarà
colpito dalla morte seconda.” (Apo 2:8-11)
Egli spiegò
che vari credenti in questa chiesa sarebbero stati messi a morte per la loro
fede. Possiamo presumere che questi credenti erano padri e madri, e avessero le
loro famiglie. Però, è evidente che la volontà di Dio per loro era che
morissero per la loro fede. Dal brano però comprendiamo che la morte fisica non
era una sconfitta, perché poi Gesù dichiarò che se quei credenti fossero
rimasti fedeli fino alla morte, avrebbe dato loro la corona della vita. Quindi, Dio aveva stabilito il suo piano
per quei credenti, e nessuna loro preghiera avrebbe potuto cambiare il perfetto
piano di Dio. Non dovevano pregare Dio affinché li salvasse dalla morte
fisica, presumendo per di più che Dio li avrebbe esauditi.
Infatti, Dio
ha un piano perfetto, che è la SUA propria volontà, e Dio fa TUTTO secondo la
decisione della Sua volontà. È importante capire questa verità basilare. Quello
che Dio fa, lo fa secondo la decisione della Sua volontà. Leggiamo Efesini 1:11
“In
lui siamo anche stati fatti eredi, essendo stati predestinati secondo il
proposito di colui che compie ogni cosa secondo la decisione della propria
volontà,” (Efe 1:11)
Se le nostre
preghiere potessero cambiare la volontà di Dio, il mondo non sarebbe stabile,
Dio non sarebbe Dio, e nulla sarebbe sicuro. La volontà di Dio cambierebbe di minuto in minuto, in base alle diverse
preghiere che Gli arrivano da tutto il mondo.
Se le nostre
preghiere potessero cambiare la volontà di Dio, per esempio, non sarebbe vero
quello che è scritto nel Salmo 139:15,16 che riguarda il momento della nostra
morte e di quella dei nostri cari.
“15 Le mie
ossa non ti erano nascoste, quando fui formato in segreto e intessuto nelle
profondità della terra. 16 I tuoi occhi videro la massa informe del mio corpo e
nel tuo libro erano tutti scritti i giorni che mi eran destinati, quando
nessuno d’essi era sorto ancora.” (Sal 139:15-16)
Se Dio ci
desse qualunque cosa che Gli chiediamo, questo brano non sarebbe vero, perché
tante persone, vedendo arrivare la morte, pregherebbero, chiedendoGli di
guarire o di superare il pericolo, e in questo modo sarebbe stata fatta la loro
volontà, non quella di Dio. Se fosse
così la morte non dipenderebbe più dalla volontà di Dio, ma dalla volontà
dell'uomo. Non arriverebbe più al momento stabilito nel libro di Dio, ma
nel momento stabilito da noi.
Ma non è
così! Non è l'uomo che stabilisce quando morirà, come non è l'uomo che
stabilisce quando un certo problema deve risolversi come vuole lui. È il Signore che opera tutte le cose
secondo la decisione della Sua volontà!
Per esempio,
leggiamo in 1Samuele 2:6-8
“6 Il
SIGNORE fa morire e fa vivere; fa scendere nel soggiorno dei morti e ne fa
risalire. 7 Il SIGNORE fa impoverire e fa arricchire, egli abbassa e innalza. 8
Alza il misero dalla polvere e innalza il povero dal letame, per farli sedere
con i nobili, per farli eredi di un trono di gloria; poiché le colonne della
terra sono del SIGNORE e su queste ha poggiato il mondo.” (1Sam 2:6-8)
E' il
Signore che determina le cose, tramite le nostre preghiere, non noi!
Allora, qual
è il senso di Giovanni 14:13, quando Gesù dichiara:
“e quello
che chiederete nel mio nome, lo farò” (Giov 14:13)?
Per capire
bene questa verità, dobbiamo leggere non solo questa frase, ma tutto il suo
contesto.
Cosa significa “nel mio nome”?
Dobbiamo
capire il senso della frase, “nel mio nome”. Dobbiamo anche capire il motivo
che ci spinge a pregare nel nome di Gesù. Gesù stesso ci spiega questa
motivazione. Infine, dobbiamo capire altre condizioni che la Bibbia ci dà per
poter pregare. Molto spesso, un brano non insegna tutta la verità biblica di un
certo argomento, e deve essere considerato insieme ad altri brani.
Quindi, qual
è il senso della frase: “nel mio nome?”
Chiedere
“nel nome di Gesù” non è una formula magica che, aggiunta ad una preghiera,
costringe Dio ad esaudirci. A quel punto, Dio sarebbe il nostro servo, e noi
saremo i sovrani. Ma non è così!
Pregare “nel
nome di Gesù” non è una frase che si aggiunge a qualsiasi preghiera, per
garantire che Dio farà come Gli abbiamo chiesto. Invece significa almeno due
cose:
1. chiedere per i Suoi meriti
Prima di
tutto, pregare nel nome di Gesù significa pregare per i Suoi meriti,
riconoscendo che noi non ne abbiamo.
Nessun di
noi merita alcuna cosa buona da Dio. Quindi, dobbiamo chiedere per i meriti di
Gesù. Se chiedo un favore al mio migliore amico, lo chiedo nel mio proprio
nome, cioè riconoscendomi degno, visto che sono il SUO migliore amico, che mi
venga fatto questo favore. Però, se devo chiedere un grande favore all'amico
del mio amico, che non conosco personalmente, so di non meritare da lui nulla
(visto che non mi conosce), e perciò, non gli chiedo nel mio nome, ma gli
chiedo nel nome del mio amico.
Allora, chiedere nel nome di Gesù
necessariamente implica un cuore umile. Chi chiede nel nome di Gesù SA che, per
conto suo, non merita nulla da Dio. Perciò, questa consapevolezza della propria
insufficienza cambia anche la richiesta stessa. Infatti chi sa di non aver
nessun merito, non pretende nulla, e non considera Dio come Colui che esiste
per esaudire i nostri desideri. Sa che Dio è sovrano, e va ai piedi di Dio umilmente,
pronto ad essere sottomesso alla Sua volontà. Tutti questi sono aspetti del
pregare nel nome di Gesù.
2. chiedere secondo la volontà di
Gesù
Dobbiamo però
considerare anche una seconda verità estremamente importante nel fatto di
chiedere nel nome di Gesù. Chiedere nel nome di Gesù significa anche chiedere
secondo la Sua volontà, non la nostra. È importantissimo capire questo
principio. Ripeto: chiedere nel nome di
Gesù significa chiedere secondo la SUA volontà, non la nostra.
Un soldato
semplice, che porta gli ordini dati dal comandante agli altri, chiede nel nome
del comandante. Non chiede quello che vuole lui, chiede quello che è la volontà
del comandante. Infatti, se dovesse chiedere quello che vuole lui, usando il
nome del comandante per ottenerla, sarebbe colpevole di un grave reato.
In 1Giovanni
5:14,15, leggiamo una chiara spiegazione di quali sono le preghiere che Dio
esaudirà. Leggiamo.
“14 Questa è
la fiducia che abbiamo in lui: che se domandiamo qualche cosa secondo la sua
volontà, egli ci esaudisce. 15 Se sappiamo che egli ci esaudisce in ciò che gli
chiediamo, noi sappiamo di aver le cose che gli abbiamo chieste.” (1Giov
5:14-15)
Avete notato
la frase: “se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci
esaudisce”? Chiedere nel nome di Gesù DEVE essere secondo la SUA volontà, non
la nostra.
Quindi, se
preghiamo per ottenere qualcosa che desideriamo tantissimo, ma se non è la
volontà di Dio, non possiamo chiederla nel nome di Gesù. Se preghiamo per
quello che vogliamo noi, e aggiungiamo le parole, “nel nome di Gesù”, siamo
come i pagani, usando quelle parole come un talismano, cercando di controllare
Dio.
Quindi,
ricordiamo che chiedere nel nome di Gesù significa chiedere con umiltà, sapendo
di non meritare alcuna cosa buona da Dio, e questo atteggiamento ci aiuta ad
accettare qualsiasi cosa che Egli ci darà. Significa anche chiedere secondo la
volontà di Cristo, non seconda la nostra volontà.
Affinché il Padre sia glorificato
Allora, qual
è il senso di Giovanni 14:12-14? Per capire correttamente questo brano,
dobbiamo leggerlo tutto, e leggere anche il suo contesto.
“12 In
verità, in verità vi dico che chi crede in me farà anch’egli le opere che
faccio io; e ne farà di maggiori, perché io me ne vado al Padre; 13 e quello
che chiederete nel mio nome, lo farò; affinché il Padre sia glorificato nel
Figlio. 14 Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.” (Giov
14:12-14)
Notiamo che
le richieste che facciamo qua sono legate al fare opere per la gloria di Dio, e
infatti, il MOTIVO per cui Gesù ci esaudisce è per glorificare il Padre. Gesù
non risponde ad ogni nostra richiesta. Risponde se la richiesta glorificherà il
Padre.
Infatti, in
Giacomo 4:2-4 leggiamo:
“2 Voi
bramate e non avete; voi uccidete e invidiate e non potete ottenere; voi
litigate e fate la guerra; non avete, perché non domandate; 3 domandate e non
ricevete, perché domandate male per spendere nei vostri piaceri. 4 O gente
adultera, non sapete che l’amicizia del mondo è inimicizia verso Dio? Chi
dunque vuol essere amico del mondo si rende nemico di Dio.” (Giacomo 4:2-4)
Non avete perché non domandate,
ovvero, perché non pregate, e se domandate spesso non ricevete, perché
domandate per spendere nei vostri piaceri.
Quando
chiediamo per ottenere quella che è la nostra volontà, Dio non risponde.
Torniamo
agli esempi che ho dato all'inizio di questo studio.
Pensiamo
all'uomo che lavora in proprio e la sua attività comincia ad andare molto male,
e si ritrova con tanti debiti. Egli prega Dio affinché salvi la sua attività. Sta
pregando affinché Dio risolva i suoi problemi. Non sta cercando la gloria di
Dio.
Nell'esempio
del genitore che ha un figlio che spiritualmente cammina male (che è ribelle),
quel credente chiaramente vuole che suo figlio sia salvato. È buono pregare per
la salvezza dei nostri cari. Però, in un certo senso, quella preghiera può
essere anche un frutto di egoismo, perché quel genitore non sta cercando per
prima cosa la gloria di Dio. Non gli pesa il fatto che tanti altri genitori
hanno figli ribelli. Egli vuole che SUO figlio sia salvato. Sta pensando, in
fin dei conti, a se stesso.
Poi ho fatto
l'esempio del credente con il figlio con una grave malattia. Il genitore vuole
che il figlio sia guarito, perché vuole il piacere di goderlo per tanti anni
ancora. Però, nemmeno questa richiesta è cercare la gloria di Dio. È una
preghiera per non dover subire la sofferenza della morte di una persona cara.
Poi c'era il
credente che chiedeva l'intervento di Dio affinché potesse comprare la casa che
gli piaceva tanto. Anche qua, il credente sta cercando di ottenere da Dio
quello che sarebbe il suo gradimento. Non sta cercando in primo luogo la gloria
di Dio.
Quindi, non
dobbiamo credere la terribile menzogna che basta pregare aggiungendo la frase
“nel nome di Gesù” e possiamo essere sicuri che Dio ci darà quello che Gli
chiediamo. Chiedere nel nome di Gesù significa chiedere che sia fatta la Sua
volontà e significa anche farlo con un cuore umile, che quindi cerca non il
proprio comodo, ma la gloria di Dio.
Un brutto risultato
Che cosa
succede, quando uno crede la menzogna che Dio esaudirà qualsiasi sua richiesta?
Quando Dio
NON esaudisce quella preghiera, la fede di quel credente viene fortemente
scossa. Egli sta molto male, e solitamente, o cade in grave depressione
spirituale, oppure, si arrabbia con Dio. Perciò credendo a quella menzogna quel
credente rimane deluso di Dio.
Giov. 15:5-7,16
Quindi, è
importante capire il senso vero dei principi di Giovanni 14. Per capire meglio
questo discorso, esaminiamo qualche altro brano in cui Gesù parla della
preghiera. Questi brani fanno parte del contesto di Giovanni 14.
Giovanni
15:5-7
“5 Io sono
la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro,
porta molto frutto; perché senza di me non potete far nulla. 6 Se uno non
dimora in me, è gettato via come il tralcio, e si secca; questi tralci si
raccolgono, si gettano nel fuoco e si bruciano. 7 Se dimorate in me e le mie
parole dimorano in voi, domandate quello che volete e vi sarà fatto.” (Giov
15:5-7)
Qui, Gesù
insegna che dobbiamo dimorare in Lui, e che lo scopo è affinché possiamo
portare molto frutto. Poi, Egli dichiara che solamente se dimoriamo in Lui e se
le sue parole dimorano in noi, sarà fatto quello che domandiamo.
Questa è una
condizione importantissima. “Dimorare in Cristo” significa essere in una
condizione di umiltà, di santità di vita e di sottomissione alla sua volontà.
Quando le parole di Cristo dimorano in noi, esse ci esortano a conoscere e a
seguire la Parola di Dio. Quindi, non viviamo più per la nostra volontà, ma per
la sua.
Solamente se
ci ritroviamo in questa condizione possiamo domandare a Dio quello che vogliamo
e ci sarà fatto, perché significherà che domanderemo quella che è la volontà di
Dio.
Un altro
versetto importante è Giovanni 15:16
“Non siete
voi che avete scelto me, ma sono io che ho scelto voi, e vi ho costituiti perché
andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; affinché tutto quello che
chiederete al Padre, nel mio nome, egli ve lo dia.” (Giov 15:16)
Gesù
risponde alle nostre preghiere quando servono per portare frutto che rimane in
eterno.
Ostacoli alle nostre preghiere
È importante
menzionare alcuni ostacoli alle nostre preghiere.
L'orgoglio
Una cosa che
ostacola sempre la preghiere è l'orgoglio. Se abbiamo orgoglio, Dio si
allontana da noi.
“Il SIGNORE
è vicino a quelli che hanno il cuore afflitto, salva gli umili di spirito.”
(Sal 34:18)
Quando
abbiamo orgoglio non confessato, Dio resta lontano da noi. Possiamo fare bella
figura davanti agli altri, possiamo apparire di essere zelanti, possiamo
pregare tanto, ma sarà tutto inutile, tutto invano. Fino a quando non
confessiamo il nostro orgoglio, Dio resterà lontano da noi.
Mancanza di fede
Un altro
ostacolo alle nostre preghiere è la mancanza di fede, come leggiamo in Giacomo
1.
“5 Se poi
qualcuno di voi manca di saggezza, la chieda a Dio che dona a tutti
generosamente senza rinfacciare, e gli sarà data. 6 Ma la chieda con fede,
senza dubitare; perché chi dubita rassomiglia a un’onda del mare, agitata dal
vento e spinta qua e là. 7 Un tale uomo non pensi di ricevere qualcosa dal
Signore,” (Giac 1:5-7)
Questo brano
ci insegna l'importanza della fede. Chiaramente, dobbiamo ricordare le altre
verità che abbiamo visto. Se prego qualcosa che non è secondo la volontà di
Dio, posso avere la fede più grande del mondo, ma Dio non mi risponderà. Però,
dall'altro lato, quando preghiamo secondo la volontà di Dio, è importante avere
fede in Dio. Così, Dio viene glorificato, e noi saremo edificati.
La Preghiera fatta con egoismo
Abbiamo già
menzionato prima che Dio non risponde alle preghiere fatte con egoismo, cioè,
alle preghiere attraverso le quali vogliamo ottenere qualcosa NON per la gloria
di Dio, ma perché è il nostro desiderio.
Questo è ciò
che ci dice Giacomo 4, quando parla delle preghiere fatte per spendere nei
piaceri. Dobbiamo pregare, invece, per la gloria di Dio.
Come conoscere la volontà di Gesù
Visto che la
preghiera che Dio esaudisce è quella preghiera fatta secondo la sua volontà,
come possiamo sapere qual'è la volontà di Dio?
Dio ci ha
già rivelato molto della sua volontà, e ci insegna anche il modo in cui pregare
quando non la conosciamo.
Prima di
tutto, come dobbiamo pregare quando non siamo sicuri della volontà di Dio?
Sappiamo quasi sempre quello che vorremmo noi, ma come dobbiamo pregare quando
non siamo sicuri della volontà di Dio?
Gesù stesso
ci dà un esempio di come pregare in questi casi in Matt. 26:39; Marco 14:36;
Luca 22:42. Leggo da Matteo.
“E, andato
un po’ più avanti, si gettò con la faccia a terra, pregando, e dicendo: «Padre
mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non come voglio
io, ma come tu vuoi».” (Mat 26:39)
Nella sua
umanità, Gesù non voleva affrontare la sofferenza che sapeva di dover subire
sulla croce. Però, il suo desiderio più forte rispetto al non voler subire
quelle sofferenze, fu quello di voler fare la volontà del Padre. Quindi, ha
esposto a Dio il suo desiderio, ma chiese che fosse fatta la volontà di Dio.
Ed è così
che anche noi dobbiamo pregare, quando non conosciamo con certezza la volontà
di Dio in una certa situazione. Certamente possiamo portare tutti i nostri pesi
a Dio, e anche dirGli quello che sarebbe il nostro desiderio, però poi dobbiamo
confidare nella sua perfetta saggezza, e chiedere che sia fatta la Sua volontà.
Conclusione
La preghiera
è una parte essenziale della vita cristiana e della nostra crescita. La
preghiera è la nostra comunicazione con Dio, mentre lo studio della Bibbia è
ascoltare Dio che ci parla.
E importante
pregare, però, è importante pregare nel modo che Dio stabilisce, per le cose
giuste. L'unico vero accesso a Dio che abbiamo è quello per mezzo di Gesù, per
merito di Cristo. Non solo, ma dobbiamo pregare secondo la SUA volontà, non
secondo la nostra. Quando non siamo sicuri della volontà di Dio, è importante
accettare la sua volontà, anche se è il contrario di quello che vorremmo noi.
Infatti noi non sappiamo qual è la cosa migliore. Dobbiamo avere fede che la
volontà di Dio è la cosa perfetta, anche se non siamo in grado di capire tutto
quello che Dio sta facendo. Preghiamo, chiedendo che la volontà perfetta di Dio
sia fatta!
Preghiamo
poi con fede, fede che Dio ci ascolta e ci esaudisce sempre, secondo la sua
perfetta volontà.
Non
dimentichiamo che la preghiera non serve solo per fare richieste a Dio. Anche
il ringraziamento ne è una parte molto importante. Inoltre, la preghiera serve
anche per confessare i nostri peccati. E serve poi principalmente per chiedere
che Dio sia glorificato. Le nostre richieste dovrebbero sempre essere per la
gloria di Dio.
Oh che
possiamo diventare un popolo che prega sempre di più, non vedendo Dio come un
servo celeste che esiste per darci quello che vogliamo noi, ma essendo spinti
dal desiderio di vedere il nostro grande Dio glorificato! La nostra vera gioia,
quella che ci riempirà per tutta l'eternità, consisterà nel vedere Dio
glorificato. Quindi, che la gloria di Dio sia il desiderio del nostro cuore!
Marco deFelice
"Questa è la fiducia che abbiamo in lui: che se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce. Se sappiamo che egli ci esaudisce in ciò che gli chiediamo, noi sappiamo di aver le cose che gli abbiamo chieste" (1 Giovanni 5:14-15)
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Chi sono le persone che costituiscono “l’eletto” di Dio?
La Bibbia ci parla di un unico eletto o popolo scelto da Dio. Esso
appartiene a YHVH-Dio, il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe. Nel corso
della storia, Egli ha costituito una singola compagnia di persone e
continua a chiamare il Suo eletto o popolo prescelto.
Dio opera sempre nei cuori dei Suoi prescelti. Egli li corteggia e li
guida nella fede di Abramo. In Cristo, il Messia, essi divengono seme
di Abramo ed eredi secondo promessa (Galati 3:29).
Attraverso il sangue di Cristo, essi entrano in una relazione basata su un patto di sangue con il Redentore di Israele.
Facendo una ricerca sulla parola “eletto” in tutta la Scrittura,
possiamo vedere che il messaggio di un singolo popolo eletto di Dio è
ben stabilito nella Bibbia.
Ricercando, allo steso modo, il termine “prescelto” e quello di “popolo”, ci si rivela la presenza di un “popolo prescelto”.
Questi stessi studi, applicati ai termini in greco, ci mostrano che Dio considera l’eletto un “unico” essere.
Non ci sono, dunque, due eletti o due popoli distinti. Le Scritture
mostrano che Dio costituisce una singola compagnia di persone nel corso
del tempo storico. Dio guida il Suo eletto da Giuda e dalla casa perduta
di Israele (Matteo 15:24) e i pagani gentili da tutte le nazioni
vengono a loro volta inclusi nel Suo patto.
Quando i pagani vengono salvati tramite il Messia di Israele, Egli li
porta nel Suo patto eterno. Così, nella nuova nascita, essi assumono
una nuova identità in Israele (Efesini 2:11-13).
Nella nuova nascita, i cristiani non sono più estranei alla cittadinanza di Israele e non devono più essere considerati goyim o pagani gentili.
Non vi è nulla di intrinsecamente sacro nella parola “chiesa” per se
stessa. Essa è semplicemente la traduzione della parola greca ekklesia,
che significa “assemblea dei chiamati fuori” o “congregazione”. Perciò,
il punto è solo uno: a chi siamo chiamati fuori noi, in quanto
congregazione?
Come credenti cristiani siamo stati chiamati fuori verso Gesù Cristo/Yeshua Hamashiach.
Rispondendo alla buona notizia del vangelo siamo giunti al Messia di
Israele per la nostra salvezza. Ci siamo pentiti del nostro peccato e
siamo cambiati dal nostro egoismo luciferino. Abbiamo chiesto al Santo
di Israele di entrare nelle nostre vite come Signore e Salvatore. E Lui
l’ha fatto!
La nostra redenzione viene dal nuovo patto e dal piano evangelico di
salvezza. Quest’ultimo, a sua volta, proviene dai patti di Israele
(Efesini 2:11-13).
Le persone vengono salvate dalla grazia, mediante la fede nel sangue
espiatorio dell’Agnello sacrificale promesso di Israele. Non c’è nessun
altro piano di salvezza che Dio ci offra, né ci sarà mai.
Il nostro Signore e Salvatore è il Santo di Israele (Atti 4:12).
Noi siamo condotti alla salvezza tramite il sangue del nostro Messia ebreo privo di peccato.
La cosiddetta chiesa è radicata e fondata nella vera e genuina fede
di Abramo (Galati 3:29). La chiesa non ha mai sostituito Israele, né mai
lo farà.
Da nessuna parte, nelle Scritture, Dio parla di due popoli scelti. Da
nessuna parte leggiamo di un piano di salvezza per il Israele e uno per
la chiesa. Tutti coloro che sono stati salvati, o lo saranno, sono
salvati per lo stesso piano di salvezza, cioè per grazia attraverso la
fede nell’Agnello di Israele.
Ma questo errore dei “due patti” si è fatto strada e ha dominato i
nostri pensieri. Esso risale ai primi padri della chiesa ed è dovuto
alla profonda e duratura spaccatura politico-religiosa tra i cristiani
salvati, tra i gentili e coloro che provenivano dal giudaismo.
La storia di Israele e quella della chiesa ci testimonia del fatto
che i capi religiosi hanno sempre trovato degli espedienti per mantenere
lo status quo. Essi, insieme ai re, ai principi e ai mercanti, guardano
con estremo sospetto tutto ciò che possa costituire anche il più
piccolo disturbo alla “loro pace”. Ciò è ancor più sentito quando questa
loro pace serve da copertura per una profonda corruzione, ingiustizia
ed empietà. Ma la vera e duratura pace viene costantemente offerta dal
Principe di Pace. Egli chiama a sé il Suo popolo eletto perché aspiri ad
una più santa e divina ekklesia/congregazione/assemblea,
basata sulla Sua pace, la pace che supera ogni comprensione. Questa è
fondata sulla fede nel Principe di Pace, ma il mondo e i suoi sistemi,
politici e religiosi, non vogliono arrendervisi. Così Dio ha
deliberatamente separato la chiesa e “chiama fuori” solo coloro che
desiderano rispondergli.
Gesù ha detto che il mondo non lo avrebbe ricevuto. Egli non sprecò
mai tempo a cercare di assecondare le folle come i religiosi oggi
tentano di fare. Era impegnato a “chiamare fuori” i Suoi discepoli ed
essi si sarebbero uniti al Suo eletto, la compagnia di fede che proviene
fin dal giardino dell’Eden.
Si, i sistemi del mondo vogliono mantenere le cose come sono, perciò
rigettano la chiamata del Messia. Per come la vedono loro, Egli porta la
distruzione del modo in cui essi sono abituati a vivere e costituisce
un affronto al loro orgoglio. Ma il Suo Santo Spirito sussiste per
portare rinnovamento ai loro popoli e una più profonda pace e prosperità
alle loro terre. Triste a dirsi, nel bloccare tale rinnovamento i capi
di stato e di chiesa annientano la stessa pace che loro stessi
vorrebbero ottenere e bloccano le benedizioni che il rinnovamento divino
porterebbe nelle loro chiese e nei loro regni. Questo fatto è stato
particolarmente visibile nella storia della Francia.
I governanti cercano sempre di mantenere la pace, ma per farlo spesso
finiscono per chiudere Dio fuori. Lo abbiamo visto quando i farisei,
Erode e Pilato hanno avuto a che fare con la distruzione del loro status
quo durante la Pasqua dell’anno della Passione. Il Messia stesso si
trovò dinanzi a loro ed essi lo considerarono un problema, un’ulteriore
sfida alla loro pace. Egli era uno che rimproverava i cambiavalute,
insultava i sacerdoti e minacciava lo status quo. Perciò bisognava che
fosse eliminato.
Abbiamo visto il medesimo comportamento anche nella chiesa
occidentale moderna, in molte occasioni. I religiosi d’Inghilterra
reagirono assai malamente all’uscita della Bibbia in inglese. Durante il
regno di Enrico VIII, l’arcivescovo Wolsey e il vescovo di Londra
furono messi a dura prova. Essi cospirarono per la cattura di William
Tyndale, che stava traducendo il testo sacro, e lo bruciarono sul rogo.
La stessa generazione di capi religiosi è tuttora tra noi. Essi
continuano ad insistere sul mantenimento dello status quo e
sull’importanza della loro pace e della loro comodità personale contro
il messaggio biblico e il volto del Messia di Israele. Questi è Colui
che solo può portare la pace tra loro e sanare la breccia di Geroboamo.
Ma cosa abbiamo visto fare finora? Nulla. Non abbiamo visto alcun
tentativo, da parte dei capi di alcuna fazione, di ricercare il Messia e
accettare la Sua pace per colmare quella tremenda spaccatura che iniziò
quasi tremila anni fa con il terribile divorzio di Israele, la breccia
di Geroboamo. Cosa hanno fatto, dunque, i nostri moderni
dispensazionalisti evangelici a questo riguardo? Hanno tenuto per sé il
problema per creare una eterna divisione teologica tra Israele e la
chiesa, basata sulla biblicamente scorretta impostazione di “noi e loro”.
Cari santi, questa è una dottrina pericolosa e, a meno che non venga
corretta e allontanata da noi, si rivelerà foriera di eventi vergognosi e
perfino anti-semiti nei tempi futuri. Costituisce, né più né meno, una
“apartheid dell’eletto”.
Ma noi siamo davvero in una dimensione diversa rispetto ad Israele? E
i nostri fratelli ebrei non saranno davvero mai salvati? (Vedi Zaccaria
12:7-13:1). Cosa ci dice la Bibbia riguardo alla nostra identità
nazionale?
Andiamo a dare un’occhiata. In Cristo, nostro Salvatore, diventiamo
nuove creature (2 Corinzi 5:17), siamo identificati nel seme di Abramo
(Galati 3:29) ed, entrando in un patto di sangue con il nostro Messia
ebreo e Re dei re, otteniamo la nuova identità della cittadinanza di Israele. I patti di Israele si aprono anche a noi, così come alla casa
ebraica che ha fede nel Messia. In tal modo diventiamo eredi secondo
promessa.
Una persona pagana e gentile che scopre che Gesù Cristo è il Messia
di Israele e apre il suo cuore e la sua vita a Lui, viene salvata come
tutti gli altri. Senza saperlo, in questo modo il suo cuore è stato
circonciso e, nella caduta di tutto ciò che è carne e sangue, questa
persona si ritrova con una nuova identità in Israele. Può anche essere
stata ebrea di nascita, ma questo fatto, da solo, non assicura la
salvezza. Ora qualcosa di diverso accade, che è al di sopra di qualsiasi
cosa si sia mai vista prima. Il seme di Abramo viene posto da Lui e dà
inizio ad una nuova esistenza!
La vera identità della cristianità nell’ambito della cittadinanza di
Israele è resa invisibile e celata da re e mercanti del mondo. Questa
informazione viene pesantemente controllata. La
congregazione di Israele è uscita dai confini della sua terra duemila
anni fa e la chiesa è divenuta una compagnia globale nel grande giorno
di Pentecoste.
Il nuovo patto è stato promesso da Dio fin dall’Antico Testamento
(vedi Isaia 49:6 e Geremia 31:31-33). Tramite il Messia, il nuovo patto
con i singoli individui e nella congregazione di Israele provvede e
assicura un rinnovamento del vecchio patto con la nazione di Israele.
Certo, la nazione di Israele sarà restaurata alla fine dei tempi e
diverrà un sacerdozio regale e una nazione santa, così come pure vedremo
le dodici tribù di Israele ai cancelli della Nuova Gerusalemme
discendente dal cielo (vedi Apocalisse 21). Con il vangelo, il nuovo
patto ha rotto gli argini del paese di Israele negli ultimi duemila anni
e continuerà a farlo fino al “giorno della mietitura” e alla fine
dell’era, durante il revival della fine dei tempi.
Quando i gentili si pentono e sono salvati non sono più gentili. Non sono più stranieri incirconcisi e pagani (goyim), né sono alienati dalla promessa del patto e dalla cittadinanza di Israele (Efesini 2:11-13).
Attraverso il sangue del Messia essi sono nuove creature e vengono innestati nell’olivo di Israele.
Le scritture parlano di un solo popolo eletto di Dio ed esso si identifica in Israele.
Israele è stato diviso in due regni nel 900 a.C. e oggi abbiamo,
proprio come i due regni e le due case di Israele, una “chiesa” e un
“Israele” distinti.
Ma Dio non ha mai acconsentito a questo né ha mai menzionato nelle
Scritture che sarebbe durato per sempre. La Bibbia non parla mai nemmeno
di una presunta “apartheid dell’eletto”.
Quindi, la presente situazione di divisione è temporanea e destinata
alla restaurazione. L’attuale muro di separazione non riflette la
volontà di Dio né il Suo piano.
Il movimento messianico tra gli ebrei ci ha mostrato ciò che Dio
farà: egli intende svelare e restaurare Israele all’apice dei tempi
(Zaccaria 13:1).
La separazione o rottura della tribù reale di Giuda dalla congregazione di Israele non è definitiva.
Ciò che vediamo oggi è solamente la nostra pragmatica, ecclesiastica e giudaica, assuefazione alla breccia di Geroboamo.
La presente divisione tra Israele e la chiesa è certamente parte del non ancora concluso patto.
Dio si prenderà cura di questa ferita aperta nel momento in cui si aprirà la settantesima settimana, alla fine dei tempi
Egli è già ora all’opera per la restaurazione di Israele e lo
radunerà nella settantesima settimana di Daniele. Tutte le sue pecore
perdute saranno ritrovate e ognuna di esse sarà ricondotta a casa.
Attraverso la storia di Israele e la chiesa, Dio ha “chiamato fuori”
un eletto. Tutti coloro che sono stati salvati sono stati radunati
tramite la Sua grazia, attraverso la fede e sono conosciuti di persona
da Dio.
Tutti gli eletti di Dio, dal giusto Abele all’ultimo santo della
tribolazione, saranno radunati e la fine dei tempi li vedrà tutti
glorificati insieme nella resurrezione-rapimento (Matteo 24:31).
Ma i più saggi giudeo-cristiani rivelano un popolo diviso e caotico.
Il regni di Nord e Sud di Israele hanno sofferto una lunga e dolorosa
separazione.
Le due case di Israele sono state divorziate per quasi tremila anni.
Ora, a causa del peccato e della parziale cecità, Israele e la chiesa
riescono a malapena a riconoscersi tra loro.
La breccia di Geroboamo ha spezzato Israele in due regni. Le dieci
tribù disperse sono giunte fino ai confini della terra. Molti di essi
sono ancora lì fuori a stringere trattati di protezione con i principi e
le nazioni. Essi sono perduti e hanno perso la memoria, proprio come
Gomer.
Ma centinaia di milioni di loro sono già stati ritrovati. Molti del
perduto Israele stanno entrando nel nuovo patto (Geremia 31:31-33). Essi
stanno portando con sé anche una moltitudine di compagni (Ezechiele
37:16) dalle nazioni. Il ministero mondiale del vangelo sta portando
alla grande mietitura di Israele.
Certamente, il vangelo trascende la razza e i legami nazionali. Per
ragioni politiche, l’identità della chiesa in Israele viene tenuta
nascosta e resta sotto una coltre di fumo religiosa per colpa di
principati e potestà. E anche perché lo Spirito Santo di Dio ha ancora
molto lavoro da svolgere nei cuori degli uomini.
Qui, dunque, giace la vera base per la pace nel mondo. Non vi può
essere, né vi sarà mai, pace nel mondo senza un cambiamento nei cuori
degli uomini.
Questo può essere ottenuto solo grazie a Cristo e alla venuta
personale del Principe di Pace. Quest’era sarà sommersa dalla Sua venuta
internazionale.
La casa reale di Giuda non può essere dimenticata e non lo sarà (Zaccaria 12:7-13:1).
La ribellione e la mancanza di legge nella chiesa saranno eliminate
dalla cittadinanza di Israele (Efesini 2:12-13). Tutto ciò accadrà sotto
i legami dell’amore, quando la totalità degli stranieri verrà portata
in Israele (Romani 11). Poiché nel nuovo patto la legge di Dio, la
Torah, è scritta nei cuori (Geremia 31:31-33).
Il nuovo patto e la salvezza sono giunti nel mondo tramite il Messia
di Israele (Atti 4:12). La Sua grande salvezza è la luce che è stata
mandata ai gentili (Isaia 42:6; 49:6; 60:3). Cristo ci ha fornito il
sangue dell’espiazione, la sola via di riconciliazione con Dio (1
Giovanni 1:7).
La sola salvezza che questo pianeta vedrà mai giunge attraverso il sangue dell’Agnello di Israele.
La breccia di Geroboamo ha separato Israele e il caos risultante
continua a tenere il Suo popolo diviso anche oggi. La spaccatura tra la
nazione degli ebrei e la cristianità occidentale è molto profonda e
oscura.
La frattura di Israele in due parti è storia antica, ma coinvolge
anche la chiesa. Questa relazione spezzata è la ragione di tanta gelosia
e vessazione (Isaia 11:13).
Questo è il “cattivo sangue” che ci ha portati alle crociate.
Purtroppo e con grande vergogna, gran parte dell’antisemitismo è
tutt’oggi sponsorizzato dalla chiesa. L’apostasia ha alienato entrambe
le case di Israele dal loro Messia e il peccato continua ad alienare la
chiesa da Israele e viceversa.
Oggi, il popolo giudeo-cristiano resta una famiglia profondamente
divisa e disfunzionale. Tale è la nostra presente realtà politica e
religiosa. Essa affonda le radici nella grande separazione di Israele
nel 900 a.C., quando le due grandi luci presero strade separate.
Quando tutto Israele vide che il re non gli dava ascolto, rispose al re, dicendo: «Che abbiamo da fare con Davide? Noi non abbiamo
nulla in comune con il figlio d’Isai! Alle tue tende, o Israele!
Provvedi ora tu alla tua casa, o Davide!». E Israele se ne andò alle sue tende. (1 Re 12:16)
Questo fu il grande divorzio
di Israele, la terribile “breccia di Geroboamo”. Israele fu spezzato in
due case: uno crebbe nella legge e l’altro andò in cerca della grazia.
L’oggetto di odio e rifiuto è ben chiaro qui. Veleno e ribellione
furono diretti contro il trono di Davide. Così, a causa di un
fraintendimento, la faida è andata avanti e l’animosità continua ancora
ai giorni nostri.
Ma nel Messia c’è la riconciliazione tra legge e grazia. In Lui
giungono grazia e pace e ognuno dei due lati si specchia nell’altro.
La bontà e la verità si sono incontrate, la giustizia e la pace si sono baciate. (Salmo 85:10)
La totalità degli stranieri sarà portata dentro (Romani 11:25), la
breccia di Geroboamo sarà sanata e Giuda sarà salvato (Zaccaria
12:7-13:1). I rami dell’olivo domestico saranno reinnestati (Romani 11).
Il popolo delle dieci tribù disperse porta con se un melo-hagoyim,
una moltitudine di compagni dalle nazioni. Negli ultimi due millenni
centinaia di milioni di persone sono entrate nella congregazione di
Israele.
Metà dell’eletto di Dio è addormentato e l’altra metà è vivo e vegeto tutt’ora su questo pianeta.
La chiesa è parzialmente cieca riguardo alle sue radici in Israele (Romani 11.25), come anche Giuda lo è riguardo al suo Messia.
La chiesa è pertanto estraniata dalla tribù di Giuda e dalla nazione
ebraica. Essa non riconosce i suoi fratelli ebrei, ma vede al loro posto
due compagnie: “Israele” e “la chiesa”.
Purtroppo essa le vede come due distinti eletti, separati per sempre.
Ma questo divario non è permanente. Dalla prospettiva eterna di Dio
risulta solo una aberrazione temporanea. Esso non era tale nella chiesa
del primo secolo, composta soprattutto di ebrei, e di certo non
corrisponde al piano finale di Dio per il Suo popolo.
La rottura presente e lo stato
di divisione di Israele non dureranno per sempre. Le Scritture mostrano
una gloriosa restaurazione all’apice della storia sacra
Il muro di separazione tra Israele e la chiesa è una ferita aperta. È
un ponte spezzato, una divisione artificiale nella famiglia di Dio.
Esiste a causa del peccato e della ribellione di Israele e anche a causa
del rifiuto di Giuda a ricevere la grazia di Dio.
Il piano redentore di Dio ripristinerà questa comunicazione
interrotta. Questo e altro accadrà all’apice della storia sacra, nel
crogiolo degli ultimi giorni. I misteri saranno svelati quando la profezia biblica sarà compiuta.
La breccia di Geroboamo deve essere sanata e lo sarà. Le due case di
Israele saranno di certo riunite. I due rami si uniranno come un unico
popolo eletto, così come ha profetizzato Ezechiele (37:15-28).
Il profeta Zaccaria vide due olivi versare olio in una vasca d’oro.
L’olio fluiva attraverso due tubi dorati fino ad un candelabro a sette
braccia (Zaccaria 4:7).
Due candele vengono poste sulle nostre tavole in occidente per i
pasti comunitari. E due testimoni vengono presentati nel dramma della
fine dei tempi (Apocalisse 11:3).
Due offici e due unzioni vengono viste, allo stesso modo, nell’ordine
di Melchisedec: Re di Salem e Sommo Sacerdote dell’Altissimo.
Questi sono i due ruoli del nostro Messia.
I due offici di Melchisedec, il regno e il sacerdozio, possono essere
visti come la legge e la grazia. La prima rappresenta la giustizia e i
precetti di Dio e la seconda il ministero di sacerdozio divino per la
salvezza di quelli che vanno a Lui.
Entrambe le unzioni e le autorità sono in Israele ed entrambe sono
svolte dal Messia. Egli conduce a Sé “un sacerdozio regale e una nazione
santa” (Esodo 19:6; 1 Pietro 2:9).
E alla fine dell’era il Messia radunerà il Suo eletto (Matteo 24:31).
Noi abbiamo già visto il ministero sacerdotale del Messia. Esso è
stato mostrato nella Sua prima venuta. Il Messia venne sacrificato a
Pasqua, sepolto durante la festa degli Azzimi ed è risorto durante la festa delle Primizie.
L’estate di quell’anno ha visto la festa di Pentecoste compiuta:
quello fu il giorno del calendario ebraico in cui Mosè portò la legge, o
Torah, giù dal monte Sinai. Il compleanno della nazione di Israele. E
il compimento del nuovo patto, a Pentecoste, vide anche la nascita della
chiesa.
Il Messia compirà la storia di quest’era: non lo faranno né le
risoluzioni ecumeniche, né le iniziative di unificazione religiosa, né i
movimenti dei dominionisti ecclesiastici. Solo il ritorno del Messia
potrà compiere la storia e solo Lui lo farà.
Il Messia libererà la città santa, Gerusalemme, ad Armageddon. Egli
sarà il Liberatore che giungerà alla liberazione di Bosra. Radunerà gli
esuli di Israele da ogni luogo in cui si siano dispersi. Raffinerà,
ristorerà e riunirà tutto Israele nel crogiolo della fine dei tempi.
La settantesima settimana di Daniele è stata scritta e determinata da
Dio. Rappresenta un momento certo e stabilito del futuro. Sette anni
sono stati stabiliti perché Dio possa trattare con il Suo popolo eletto,
in cui Egli sistemerà tutte le faccende inerenti le due case di
Israele.
Il Signore terrà udienza durante la rivelazione e si occuperà anche
delle nazioni riguardo alla Sua città santa e al Suo eletto. Tutto ciò è
già stato determinato e la settantesima settimana è pronta. Tutte
queste cose devono essere predisposte prima che quest’era giunga al suo
glorioso apice.
Un solo piano di salvezza – Un solo popolo eletto
La restaurazione di tutto Israele alla fine dei tempi
Torniamo alle nozioni basilari. La nostra salvezza non è una faccenda
per i gentili, per gli ecclesiastici o anche per la chiesa. La nostra
redenzione è nel sangue espiatorio dell’Agnello di Israele. Questa è la
nostra grande salvezza e si annida nei patti di Israele. Non ce n’è
un’altra. Il Messia di Israele è l’unica fonte di tutte le cose eterne.
Quando veniamo salvati diventiamo nuove creature in Cristo, nostro
Messia (2 Corinzi 5:17). Il nostro Salvatore Gesù Cristo è l’unico Santo
di Israele. È l’unto, la pietra angolare, il fondamento per un tempio
che non è fatto da mano d’uomo (Efesini 2).
Quindi, la nostra cittadinanza come cristiani evangelici non è solo
una bandiera nazionale. Poiché, quando i misteri saranno svelati, noi
vedremo la gloria delle nazioni come riflesso della luce che emana dalle
dodici porte di Israele. La nostra cittadinanza eterna è la devozione a
qualcosa di più alto dello stato di Israele (Efesini 2:11-13). È una
devozione del cuore, non nei legami della legge nazionale, ma in quelli
dell’amore. Il nostro Messia scrive la Sua legge nei nostri cuori
(Geremia 31:31-33) e questo, come una divina serendipicità, diventa il
nostro zelo e la nostra devozione.
Le religioni profane sanno ben poco di queste cose divine. La vita di
chiesa negli stati occidentali è stata soppiantata dall’interesse
economico e si ovvia a questo fatto con i migliori sacerdoti che la
moderna psicologia antinomica può fornire. Gli insegnamenti della chiesa
post-moderna sono spesso un guazzabuglio di elementi motivazionali
economici e psico-chiacchiere auto glorificanti.
Ma il “successo nella vita” e la “migliore vita ora” che essa vende
sono solo un’illusione. Il senso della nostra vita e la sua
soddisfazione non si possono trovare in noi stessi. Né la vita è fatta
per essere spesa nel conseguimento del piacere e della felicità
personale. Il nostro valore individuale non si può realizzare con questi
sistemi carnali e la nostra “autostima” potrà anche essere accresciuta
da una momentanea scarica di religiosità, ma in genere non dura molto.
Tutto questo inganno narcisistico interno alla chiesa è una trappola che
conduce in basso, all’egoismo luciferino, all’abisso, al pianto e
stridor di denti.
Gli psicologi non possono darci l’autostima, né possono generare in
noi il rispetto personale. Esso giunge solo quando entriamo in un vero e
reale patto di sangue con qualcuno o qualcosa molto più grande e
valente di noi. Anche la Legione Straniera, la Mafia e le bande di
strada lo sanno. Se la chiesa continuerà a coccolare i cristiani in
questo vano e narcisistico egoismo, impedirà loro di giungere alla vera
cristianità del patto di sangue e solo due tristi esiti ci si
prospetteranno: da un lato il nostro presente male continuerà e
dall’altro saremo guidati dai pifferai magici nel dominionismo. Il
secondo ci porterà dritti ad una tragica crociata e alla fine del tempo.
Entrambe queste strade sono molto basse e conducono lontano dalla via
della santità (Isaia 35). Porteranno i cristiani al delitto di sangue,
alla vergogna e alla tragedia personale.
Dunque, la politica cristiana non è la risposta. Il nostro destino
non deve essere cercato nella presente situazione governativa. La nostra
via di casa è una strada stretta e diritta che giace nella fede e nei
patti d’Abramo. E il Dio d’Abramo sta guidando il suo popolo a casa,
passo dopo passo.
Se siamo in Cristo siamo progenie di Abramo (Galati 3:29).
Il nostro Salvatore non è semplicemente qualcuno che ci dà un
biglietto per il paradiso e poi ci lascia andare per la nostra strada.
Noi siamo in una relazione di sangue con Lui ed Egli ci chiama a
prendere la nostra croce e seguirlo.
In questo è riposta la nostra devozione. Noi siamo chiamati ad essere
bravi cittadini nella nostra nazione, ma il nostro destino non è a
Parigi, Berlino, Londra o Washington. Quando la grande moltitudine sarà
radunata davanti al “mare di vetro” non si canteranno gli inni
nazionali. L’eletto canterà il cantico di Mosè (Apocalisse 15:1-4).
Ci sono state promesse molte dimore ed esse si troveranno nella Nuova
Gerusalemme, una città non costruita da mano d’uomo. Giovanni vide la
città santa, la Sposa dell’Agnello, che scendeva dal cielo presso Dio
(Apocalisse 21). Tutto il popolo eletto di Dio sarà lì, radunato da
Israele e da tutte le nazioni.
Il popolo eletto di Dio come un unico sacerdozio, una nazione santa
L’eletto è guidato verso il regno del Messia, un regno di legge
divina e giustizia. Questo fu, e rimane tutt’oggi, il peso della tribù
reale, la casa di Giuda del regno del Sud.
L’eletto è guidato allo stesso modo verso il sacerdozio del Messia,
un sacerdozio di grazia divina, di espiazione e perdono dei peccati.
Questo fu il peso del sacerdozio di Dio nel condurre gli uomini a Lui.
Non si vede nel sacerdozio levita, ma in quello di Melchisedec (Ebrei
7).
La grazia è anche ciò che il regno del Nord andava cercando nel 900
a.C. Allora il popolo andò dal re Roboamo in cerca di grazia. Essi
cercavano sollievo dal duro lavoro e dalla schiavitù in Giuda e
chiedevano di essere sollevati dalle pesanti tasse dovute al debito
lasciato dal declino della gloria di Salomone.
I profeti prevedono all’unanimità la totale restaurazione di Israele.
Il regno abbraccia la casa e il trono di Davide, cioè la tribù di
Giuda. I sacerdozio, che unisce Dio all’uomo, viene amministrato in modo
potente nel nuovo patto. Il vangelo, la buona notizia della salvezza di
Dio, ha superato i confini di Israele nel giorno di Pentecoste.
Cinquanta giorni dopo la resurrezione del Messia, la congregazione di
Israele, la chiesa, iniziò ad essere stabilita tra le nazioni.
I due grandi ministeri di Dio devono ancora riunirsi. Tale ineffabile
unione di regno e sacerdozio, legge e grazia, Israele e la chiesa, è
una gloriosa realtà futura. La riunificazione e restaurazione di tutto
Israele avverrà di certo e le Scritture ci danno prove abbondanti che
sarà così, sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento.
La promessa restaurazione di Israele vedrà il regno e il sacerdozio
riuniti: questo è piano di Dio per il Suo eletto, stabilito per il
popolo di Dio fin dal monte Sinai. Allora, con Mosè, Dio lanciò ai figli
di Israele un’esortazione e una sfida:
Dunque, se ubbidite davvero alla mia voce e
osservate il mio patto, sarete fra tutti i popoli il mio tesoro
particolare; poiché tutta la terra è mia; e mi sarete un regno di sacerdoti, una nazione santa. (Esodo 19:5-6)
Si noti che Dio non parla di un “regno” e un “sacerdozio” così come
faremmo noi oggi, poiché Egli non usa dei concetti inscatolati come
facciamo noi. È piuttosto per un libero scambio tra i due offici ed
intreccia le due virtù di regalità e santità, ricollegandole ai due
ministeri di regno e sacerdozio.
La virtù sacerdotale della santità viene applicata al regno e la
virtù reale della regalità viene applicata al sacerdozio. Così abbiamo
un sacerdozio regale e una nazione santa.
L’apostolo Pietro ci porta lo stesso messaggio nel Nuovo Testamento, lo stesso identico che Mosè portò tre millenni e mezzo fa.
Ma voi siete una stirpe eletta, un sacerdozio
regale, una gente santa, un popolo che Dio si è acquistato, perché
proclamiate le virtù di colui che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua
luce meravigliosa. (1 Pietro 2:9)
Cari santi, dobbiamo disimparare il dispensazionalismo che ci è stato
inculcato. Gli uomini di chiesa non avrebbero mai dovuto erigere queste
mura massoniche nel nostro tempo e nella nostra dottrina. Non avrebbero
mai dovuto imporre la loro artificiosa divisione alle Sacre Scritture,
né negare la profetizzata restaurazione dell’eletto di Dio.
Ciò è molto triste da osservare. Riceviamo gli insegnamenti della
cosiddetta “età della grazia”, un periodo di tempo che si estende dal
Calvario all’inizio della settantesima settimana di Daniele. Questa età è
l’età della chiesa e non si dovrebbe estendere agli ultimi sette anni
di quest’era. Infatti, ci viene detto, Dio avrebbe un piano a parte per
Israele nella settantesima settimana e, poiché il tempo della grazia
dovrebbe terminare all’inizio degli ultimi sette anni, Israele dovrà
“mantenere la legge” per essere salvato! Da dove avranno mai preso
questa nozione di salvezza attraverso la legge? Qualcuno si è mai
salvato per essersi attenuto alla legge? Esiste una minima prova nelle
Scritture che sostenga questa ecclesiastica “apartheid dell’eletto di
Dio”? Da dove arriva questa idea dei dispensazionalisti di un’età della
grazia che si interrompe alla settantesima settimana? Chi sono loro per
porre limiti alla divina grazia di Dio? Chi ha dato loro l’autorità di
chiudere la grazia di Dio in una scatola, in un periodo arbitrario che
soddisfi il loro piano ecclesiastico e politico? La risposta è chiara. Dei massoni, infiltrati nella chiesa attraverso
il reverendo Darby, C.S. Scofield e altri ancora, avevano un piano e un
lavoro da svolgere. La chiesa occidentale è stata abbindolata. Essi
erano determinati ad impiantare la loro dottrina pre-tribolazionista
nelle Sacre Scritture, ma ovviamente essa non c’entra nulla. Il
risultante pasticcio escatologico non è un bel vedere. La dottrina del rapimento prima della tribolazione è una enorme confusione e molti
cristiani vengono spinti a credere erroneamente che sia “qualcosa che
solo gli esperti possono capire”. Che tristezza! Un simile puzzle non
potrà mai essere messo insieme e ne resta un ammasso di pezzetti confusi
e appiccicati insieme con la forza. Questa è una situazione assai preoccupante. Tale dottrina di eterna
separazione tra la chiesa ed Israele è cattiva teologia e di certo
diffonderà delle pesanti conseguenze politiche. I dispensazionalisti
dicono di non stare promuovendo una teologia della sostituzione, eppure
la loro fortuita dipartita e la glorificazione della chiesa si adattano
perfettamente alla dottrina pre-tribolazionista e giungono alla stessa
conclusione: separazione dalla nazione ebraica e dai santi della
tribolazione. Questi, infatti non entrerebbero nella gloria! Così la
gloria di Dio viene inscatolata e messa da parte solo per la chiesa
precedente il rapimento, una sorta di “patto speciale” o “paracadute
dorato” che si sono costruiti per se stessi. Ma c’è un problema:
chiudendo Israele fuori dalla grazia, essi hanno chiuso la nazione di
Israele fuori dalla chiesa. Questo è grave quanto una teologia della
sostituzione, perché la nazione di Israele viene esclusa come se fosse
un eletto di serie B. I dispensazionalisti dicono che la nazione ebraica
non si unirà alla chiesa alla fine dei tempi. Il loro “treno della
gloria” può partire da un momento all’altro ed essi non aspetteranno
Israele. La chiesa occidentale si è procurata il suo biglietto e la gran
parte dei suoi membri sono attualmente certissimi che toglieranno le
tende sette anni prima della fine del tempo. Le Scritture si oppongono esplicitamente a questa politica di
separazione. La Bibbia ci mostra che un solo eletto sarà radunato
all’apice della storia, ma il dispensazionalismo non desidera che questo
venga ribadito. I suoi esponenti sono determinati a vedere le cose a
modo loro. Questo non è l’unico errore che notiamo nella cristianità
occidentale. I dispensazionalisti dipingono la fine dei tempi come una
zona infernale e buia, senza grazia, senza Spirito Santo e senza chiesa.
Essi negano la verità concernente il risveglio della fine dei tempi
(Gioele 2:28-32). Gioele vide lo spargimento dello Spirito Santo e i prodigi ad esso
inerenti, come il sole mutato in tenebre e la luna in sangue. Vide la
fine dei tempi! Queste sono buone notizie, perché vi sarà un’enorme
spinta per la chiesa, se i suoi ministri si decideranno a fare il loro
dovere e a dirlo alle persone. Questa è la base per l’epica salvezza
nazionale di Israele (Zaccaria 12:7-13:1; Gioele 2:28-32). Lo Spirito
Santo sarà per forza presente all’interno del grande dramma finale e la
Sua presenza è assolutamente necessaria perché avvenga l’enorme
mietitura internazionale dei santi della tribolazione di cui leggiamo in
Apocalisse 7. Ma i dispensazionalisti pre-tribolazionisti si rifiutano
di accettare l’idea di un risveglio durante la tribolazione. Cosa sta succedendo? Gli insegnanti attuali hanno erroneamente
identificato colui che trattiene l’Anticristo, di cui si parla in 2
Tessalonicesi 2, con lo Spirito Santo. Hanno stabilito che il
Consolatore se ne andrà, privandoci della Sua divina onnipresenza.
Lascerà il pianeta e il popolo eletto di Dio per sette anni, abbandonerà
i santi durante i tre anni e mezzo della Prostituta e i tre e mezzo
della grande tribolazione. Questo si accorda con le Scritture? Si
accorda con ciò che sappiamo del nostro Dio e Spirito Santo? La dottrina di Israele contro la chiesa suscita una escatologia molto
strana e complicata, che potrà avere molte conseguenza politiche assai
negative. Abbiamo già visto ciò che è stato causato dalla teologia
tedesca della sostituzione e ora questo tipo di dispensazionalismo
americano potrebbe porre le basi teologiche per portare ancora
sofferenza alla nazione di Israele da parte di tutta la chiesa
occidentale. I carnali fondamentalisti cristiani potranno dire: “Questi ebrei ci stanno mettendo troppo a ravvedersi! Probabilmente
non ce la faranno ad arrivare alla gloria. Perché, allora, la chiesa
dovrebbe preoccuparsene? Io ho già il mio biglietto per la gloria. Io
sarò presto fuori da qui!”. Questa egoistica e irresponsabile escatologia ha escluso gli ebrei.
Ma quando il rapimento pre-tribolazione non si verificherà, allora
saranno veri dolori! I fondamentalisti cristiani potranno anche
arrabbiarsi a morte con Dio per un’immaginaria “promessa infranta” e
questa dottrina potrebbe innescare una nuova e più tremenda ondata di
antisemitismo. Molte vergognose manovre politiche nascono dal seme della cattiva
teologia. Ricordiamo ciò che la storia ci insegna, quello che abbiamo
visto accadere all’inizio della storia delle nazioni europee, e
preghiamo che ciò non accada anche oggi in America. I credenti cristiani devono tornare alla Bibbia e vedere la
confluenza finale di Israele e chiesa nell’unico eletto. Dio ha chiamato
solo un unico popolo prescelto, un’unica famiglia di Dio. Se oggi
vediamo due gruppi distinti che dichiarano di essere eletti di Dio, ciò
non vuol dire che la loro separazione debba rimanere tale per sempre.
Nel discorso sul monte degli Olivi, il Messia ha detto che Egli radunerà
il suo eletto, singolo, alla fine dei tempi (Matteo 24:31). Lo radunerà
e glorificherà nell’ultimo giorno della resurrezione-rapimento.
Radunerà tutti coloro che sono in Cristo alla Sua venuta (1 Corinzi
15:22-23). Questo è il meraviglioso piano di Dio e richiede che sia completato
il grande mandato, richiede la salvezza della nazione ebraica (Zaccaria
12) e la restaurazione di entrambe le case di Israele. Tutte verranno
radunate l’ultimo giorno, come un unico eletto, un’unica grande famiglia
felice. È un concetto semplice ed elegante, una verità biblica.
Il popolo eletto nel dramma della fine dei tempi: il travaglio della donna di Apocalisse 12
Una domanda che spesso si fa è questa: chi è la donna che Giovanni
vede in Apocalisse 12? Cosa rappresenta? Se ha una corona con dodici
stelle, dobbiamo pensare che esse rappresentino tutto il popolo eletto
di Dio, ebrei e non ebrei. Tale popolo entrerà nel crogiolo della fine
dei tempi e, il rimanente, emergerà vittorioso all’apice della storia. Si, questo sarà il tempo dell’angoscia di Giacobbe (Geremia 30:7) e
comprenderà di certo la chiesa. La donna di Apocalisse 12 è una
rappresentazione dell’eletto. Rappresenta ogni credente che è morto
nella fede di Abramo e che ha creduto nel sangue dell’Agnello di
Israele. In questo passo la vediamo compiere il suo magnifico destino
indossando la corona con dodici stelle: entrerà nella gloria all’apice
dell’era. Quando contempliamo questa immagine, dobbiamo pensare che essa non
rappresenta solo Israele come nazione ebraica. Ciò è vero, ma è anche
molto di più.
Vediamo la donna la prima volta nell’Eden, quando avrebbe portato il
seme che schiaccerà la testa al serpente. Fu poi nella famiglia di Noè,
che fu l’unico retto della sua generazione. Dopo ancora la vediamo
lasciare Ur con Abramo, padre di tutti coloro che, per fede, videro una
città con fondamenta eterne costruita e progettata da Dio. La vediamo
divenire una nazione presso il monte Sinai dopo l’esodo. La donna di
Israele è la “congregazione nel deserto”, che doveva entrare nella terra
promessa (Atti 7:38). È l’Israele che diede i natali al Messia, duemila
anni fa. La vediamo nella chiesa che emerse a Pentecoste e Giovanni la
vide alla gloriosa fine dei tempi. La donna del destino che vediamo
nelle Scritture è solo un’ulteriore immagine del popolo eletto di Dio. La donna di Israele che Giovanni vide in Apocalisse 12 ha un diadema
con dodici stelle. Questa non può essere una rappresentazione della casa
di Giuda o della nazione ebraica solamente. Se vi sono dodici stelle
sulla sua corona devono rappresentare l’Israele completamente restaurato
e completato. È una ghirlanda di vittoria: la donna è vestita di sole,
la gloria del Padre. Il travaglio della donna non è limitato alla nascita di Gesù duemila
anni fa. Dai rifermenti di Apocalisse 12 sappiamo che l’esilio della
donna dura 1260 giorni o tre anni e mezzo (Apocalisse 12:6 e 12:14).
Questa è un’immagine del popolo eletto di Dio nell’ultima metà della
settantesima settimana di Daniele. È il tempo dell’angoscia di Giacobbe
negli ultimi giorni.
Ahimè, perché quel giorno è grande; non ce ne fu mai altro di simile; è un tempo di angoscia per Giacobbe; ma tuttavia egli ne sarà salvato. (Geremia 30:7)
Giovanni ci dice che alla donna saranno date grandi ali d’aquila e
fuggirà alla sua dimora: non si parla qui forse dell’esilio di Bosra? La donna sarà nutrita spiritualmente per 1260 giorni: i tre anni e mezzo della grande tribolazione. Una di quelle dodici stelle è la reale tribù di Giuda. E le altre?
Beniamino è con Giuda, quindi ne mancano dieci. Che ne è di loro?
Dobbiamo pensare che tutte le dieci tribù disperse emergeranno da una
nebbia misteriosa. Tutte e dodici ci saranno e porteranno con sé una
moltitudine di compagni dal loro soggiorno nelle nazioni. Tutti i santi,
di ogni razza, tribù ed etnia, saranno innestati nell’olivo di Israele
(Romani 11). Nella donna di Apocalisse 12 vediamo l’Israele unificato.
Il popolo eletto è uno solo, alla fine! Quindi Dio non ha ordinato né immaginato una “apartheid del suo
eletto”. Il popolo che vediamo radunato alla fine dei tempi viene dalla
storia umana. Il popolo di Dio, ebrei e non ebrei, sarà unito alla fine
della storia e una singola congregazione perverrà a Sion (Isaia 35). Sono in viaggio per un’unica festa ad un’unica tavola con un unico
Messia. La grande occasione sarà la Cena delle Nozze dell’Agnello.
I riscattati del Signore torneranno,
verranno con canti di gioia a Sion; letizia eterna coronerà il loro
capo, otterranno felicità e gioia; il dolore e il gemito fuggiranno. (Isaia 51:11)
Grazia e pace siano su tutto l’eletto del signore.
di Gavin Finley
Per gentile concessione di Sequenza Profetica
"Beato il popolo che conosce il grido di giubilo, o Eterno, perché esso camminerà alla luce del tuo volto; si rallegrerà tutto il giorno nel tuo nome ed esulterà nella tua giustizia. Sì, tu sei il vanto della loro forza, e col tuo favore accresci la nostra potenza. Poiché il nostro scudo appartiene all'Eterno e il nostro re al Santo d'Israele." (Salmi 89:15-18)
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