Un unico eletto | CONSAPEVOLI NELLA PAROLA

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    • Pregare nel nome di Gesù

      Uno degli aspetti più importanti della vita cristiana, ma allo stesso tempo, uno degli aspetti più fraintesi, è la preghiera. Come è vero che la preghiera è uno degli aspetti più importanti della vita cristiana, è altrettanto vero che è estremamente facile sbagliare grandemente in questo campo. Un errore è quello di non pregare abbastanza. È molto facile credere di non avere tempo di pregare. Questo è un ragionamento sbagliato, perché alla base di questa convinzione c'è il pensiero che non abbiamo veramente bisogno di Dio. Però, dall'altro estremo, uno può anche pregare tanto, ma pregare in modo sbagliato. Vogliamo esaminare alcuni brani della Bibbia che parlano della preghiera, affinché possiamo averne un concetto più conforme alla Bibbia. Se preghiamo a modo nostro, che però non è conformato alle verità che Dio ci ha lasciato nella Bibbia, le nostre preghiere possono essere inutili, o peggio ancora, possono essere un'offesa a Dio. Perciò, prestate molta attenzione alle verità che Dio ci insegna nella sua parola sulla preghiera. La Bibbia insegna che dobbiamo pregare al PADRE. Troviamo questo insegnamento ripetutamente, come anche quello che lo Spirito Santo prega per noi. Ma la verità che vogliamo considerare molto più a fondo in questo studio riguarda il fatto che dobbiamo pregare nel nome di Gesù Cristo. Consideriamo, molto attentamente, che cosa significa pregare nel nome di Gesù. Chi può pregare? La prima verità da capire quando consideriamo la preghiera è: chi ha diritto di pregare? Ovvero, chi può pregare, avendo la certezza biblica che Dio lo ascolterà? Chiaramente, oggi, come sempre, tante persone pregano. Ma il fatto che tante persone pregano non significa che vengono ascoltate da Dio. Secondo la Bibbia, sono coloro che hanno Gesù Cristo come Signore e Salvatore, e perciò come Sacerdote e Mediatore, che possono pregare. Per esempio, in Ebrei 4:14-16, che è stato scritto per coloro che hanno Cristo come Sacerdote e Signore, leggiamo che è per mezzo di Lui che abbiamo accesso al trono di Dio per essere soccorsi. Quindi, è per mezzo di Cristo che possiamo pregare. Chi è senza Cristo non ha questo libero accesso al trono di Dio. Leggiamo il brano. “14 Avendo dunque un grande sommo sacerdote che è passato attraverso i cieli, Gesù, il Figlio di Dio, stiamo fermi nella fede che professiamo. 15 Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, poiché egli è stato tentato come noi in ogni cosa, senza commettere peccato. 16 Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovar grazia ed essere soccorsi al momento opportuno.” (Ebr 4:14-16) Quindi, solamente chi è un vero figlio di Dio ha diritto di pregare. A CHI si deve pregare? Quando preghiamo, a chi dobbiamo rivolgere le nostre preghiere? E' giusto pregare solo a Dio Padre, o si dovrebbe pregare anche a Gesù e allo Spirito Santo? Cosa ne dice la Bibbia? In Matt. 6:9 Gesù ci insegna a pregare, e Lui ci dichiara chiaramente di pregare a Dio Padre. “Voi dunque pregate così: "Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome;” (Mat 6:9) In Giov. 16:23 Gesù parla della preghiera al Padre. “In quel giorno non mi rivolgerete alcuna domanda. In verità, in verità vi dico che qualsiasi cosa domanderete al Padre nel mio nome, egli ve la darà.” (Giov 16:23) La Bibbia ci insegna ripetutamente, sia con insegnamenti, sia con esempi, che dobbiamo pregare a Dio Padre. Allora, qual è il ruolo di Gesù e qual è quello dello Spirito Santo? Se dobbiamo pregare a Dio Padre, che ruolo hanno Gesù Cristo e lo Spirito Santo? Nel nome di Gesù Gesù ci ha insegnato di pregare nel suo nome. Fra poco esamineremo questo concetto. Lo Spirito Santo Per quanto riguarda lo Spirito Santo, non esiste alcuna preghiera nella Bibbia rivolta allo Spirito Santo, tranne una profezia in Ezechiele 37. Quindi, visto che non esiste alcuna preghiera rivolta allo Spirito Santo, è chiaro che non dobbiamo pregare a Lui. Ma qual è il suo ruolo? Lo Spirito Santo ha il ruolo di glorificare Cristo e di indicarci la giusta strada per giungere a questo fine. “Egli mi glorificherà perché prenderà del mio e ve lo annuncerà.” (Giov 16:14) Si può anche leggere Giov. 14:14-26. Quando un grande faro illumina un palazzo di notte, se fa un buon lavoro, non lo si nota neanche, ma si nota ed ammira solamente il palazzo. Similmente lo Spirito Santo è come il faro: ci aiuta a vedere ed ammirare la persona di Gesù Cristo. Inoltre, lo Spirito Santo, prega per noi aiutandoci nel nostro debole ed incerto modo di porgere le nostre preghiere, perché, Egli conosce Dio nel suo profondo. “26 Allo stesso modo ancora, lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché non sappiamo pregare come si conviene; ma lo Spirito intercede per noi con sospiri ineffabili; 27 e colui che esamina i cuori sa quale sia il desiderio dello Spirito, perché egli intercede per i santi secondo il volere di Dio.” (Rom 8:26-27) Che consolazione! Quindi, a chi dobbiamo pregare? Dobbiamo pregare a Dio Padre, nel nome di Gesù Cristo. per COSA si deve pregare? Per che cosa dobbiamo pregare? Possiamo pregare per qualsiasi cosa? Dio esaudisce ogni preghiera? È possibile chiedere qualsiasi cosa nel nome di Gesù, oppure, pregare nel nome di Gesù ci limita nelle nostre richieste? Chiaramente, nella carne, l'uomo prega per ottenere tutto quello che desidera. Prega per avere buona salute o per una guarigione, prega per avere successo negli affari, prega di superare gli esami a scuola, prega per avere sicurezza in viaggio, prega per un buon tempo durante le vacanze. Che cosa ne dice la Bibbia? Esaminiamo alcuni brani fondamentali sulla preghiera. Questi brani sono importanti per il loro insegnamento, ma spesso vengono presi fuori contesto ed interpretati male. Quando abbiamo un concetto sbagliato della preghiera, questo ci fa molto male spiritualmente. Giovanni 14 Consideriamo per primo il brano in Giovanni 14:12-14. Leggiamolo. “12 In verità, in verità vi dico che chi crede in me farà anch’egli le opere che faccio io; e ne farà di maggiori, perché io me ne vado al Padre; 13 e quello che chiederete nel mio nome, lo farò; affinché il Padre sia glorificato nel Figlio. 14 Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.” (Giov 14:12-14) Prima di esaminare con cura questi versetti, ricordiamoci che a volte siamo tutti tentati di voler far dire alla Bibbia quello che ci è comodo. Cioè, nella carne, abbiamo la tendenza di interpretare la Bibbia non in base a quello che è realmente scritto, ma in base a quello che ci è comodo. Quindi, dobbiamo sforzarci di dividere rettamente questo brano. Alcuni credenti, e purtroppo anche delle chiese intere, interpretano erroneamente questo brano dicendo che noi possiamo chiedere qualsiasi cosa che desideriamo nel nome di Gesù, e Dio sicuramente ci esaudirà. Questo implica che la frase “nel nome di Gesù” diventa quasi una formula magica che ci fa ottenere quello che vogliamo. Questa falsa interpretazione fa diventare Dio il nostro servo celeste, soggetto ad ubbidire alla nostra volontà. Chi insegna questa falsa interpretazione cita la parte del brano che dichiara: “quello che chiederete nel mio nome, io la farò”, come se tutto l'insegnamento fosse racchiuso lì. Chi crede a questa menzogna, pensa che se preghiamo qualcosa con cuore, Dio la farà. Questo è un pensiero molto falso, e molto pericoloso. Pensiamo a come una persona che crede a questa falsità potrebbe pregare in diverse situazioni. Immaginate un credente che lavora in proprio. La sua attività comincia ad andare molto male, e lui rischia di perdere tutto. Non solo, ma ha anche dei grossi debiti con la banca legati all'attività. Citando questo versetto, egli chiede a Dio di salvare la sua attività. Perciò questo credente è sicuro, visto che ha pregato nel nome di Gesù, che Dio salverà la sua ditta. In un secondo esempio, un credente ha un figlio adulto ribelle, lontano dal Signore. Il credente prega, citando questo versetto, e così è convinto che Dio salverà suo figlio. In un altro esempio, un credente ha un figlio con una grave malattia. Il credente, prega, e citando questo versetto, dichiara che è sicuro che Dio guarirà suo figlio, visto che è convinto che si può ottenere qualsiasi cosa se la si chiede a Dio nel nome di Gesù. In un altro esempio, un credente sta cercando di comprare una casa, e avendone trovato una che gli piace tantissimo, prega, chiedendo a Dio di operare in modo che il proprietario abbassi il prezzo abbastanza da permettergli di comprarla. È convinto che Dio opererà per fargli ottenere quella casa al prezzo che desidera. Senza andare ad analizzare questi esempi in dettaglio, considerate il principio che sta alla base di questo modo di pensare. Se fosse vero che possiamo chiedere a Dio qualsiasi cosa che desideriamo, avendo la certezza che Lui ci esaudirà solamente perché abbiamo citato la frase “nel nome di Gesù”, allora, Dio diventerebbe il nostro servo celeste, pronto ad esaudire ogni nostra richiesta. Dio sarebbe soggetto alla nostra volontà. Se è così, allora Gesù ha sbagliato quando ha insegnato il Padre Nostro, perché avrebbe dovuto insegnarci a pregare: “sia fatta la nostra volontà, non la Tua” Però, Dio NON è il nostro servo, e NON esiste per esaudire le nostre preghiere come vogliamo noi. Non dobbiamo pregare che la nostra volontà sia fatta, ma che la volontà di DIO sia fatta! Ci sono tante verità bibliche che ci aiutano a capire questo principio. Per esempio, leggiamo Matteo 26:39, quando Gesù era nel Giardino: “E, andato un po’ più avanti, si gettò con la faccia a terra, pregando, e dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non come voglio io, ma come tu vuoi».” (Mat 26:39) Gesù, nonostante i suoi diritti di Figlio di Dio, non chiese al Padre che cambiasse la sua volontà per esaudire la propria richiesta. Piuttosto, rese nota la sua richiesta al Padre, e poi, chiese che la volontà del Padre fosse fatta, non la sua. In Luca 22, Gesù stava preparando i discepoli per la sua morte. Egli spiegò a Pietro che sarebbe stato provato duramente. Notiamo che Gesù non chiese che Pietro potesse evitare la prova, pregò solamente per la fede di Pietro. Vi leggo. “31 «Simone, Simone, ecco, Satana ha chiesto di vagliarvi come si vaglia il grano; 32 ma io ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno; e tu, quando sarai convertito, fortifica i tuoi fratelli».” (Luca 22:31-32) Gesù NON ha chiesto che Dio gli togliesse la prova. In Apocalisse 2, Gesù sta parlando alle sette chiese. Notiamo quello che dichiara alla chiesa di Smirne. “8 «All’angelo della chiesa di Smirne scrivi: Queste cose dice il primo e l’ultimo, che fu morto e tornò in vita: 9 Io conosco la tua tribolazione, la tua povertà (tuttavia sei ricco) e le calunnie lanciate da quelli che dicono di essere Giudei e non lo sono, ma sono una sinagoga di Satana. 10 Non temere quello che avrai da soffrire; ecco, il diavolo sta per cacciare alcuni di voi in prigione, per mettervi alla prova, e avrete una tribolazione per dieci giorni. Sii fedele fino alla morte e io ti darò la corona della vita. 11 Chi ha orecchi ascolti ciò che che lo Spirito dice alle chiese. Chi vince non sarà colpito dalla morte seconda.” (Apo 2:8-11) Egli spiegò che vari credenti in questa chiesa sarebbero stati messi a morte per la loro fede. Possiamo presumere che questi credenti erano padri e madri, e avessero le loro famiglie. Però, è evidente che la volontà di Dio per loro era che morissero per la loro fede. Dal brano però comprendiamo che la morte fisica non era una sconfitta, perché poi Gesù dichiarò che se quei credenti fossero rimasti fedeli fino alla morte, avrebbe dato loro la corona della vita. Quindi, Dio aveva stabilito il suo piano per quei credenti, e nessuna loro preghiera avrebbe potuto cambiare il perfetto piano di Dio. Non dovevano pregare Dio affinché li salvasse dalla morte fisica, presumendo per di più che Dio li avrebbe esauditi. Infatti, Dio ha un piano perfetto, che è la SUA propria volontà, e Dio fa TUTTO secondo la decisione della Sua volontà. È importante capire questa verità basilare. Quello che Dio fa, lo fa secondo la decisione della Sua volontà. Leggiamo Efesini 1:11 “In lui siamo anche stati fatti eredi, essendo stati predestinati secondo il proposito di colui che compie ogni cosa secondo la decisione della propria volontà,” (Efe 1:11) Se le nostre preghiere potessero cambiare la volontà di Dio, il mondo non sarebbe stabile, Dio non sarebbe Dio, e nulla sarebbe sicuro. La volontà di Dio cambierebbe di minuto in minuto, in base alle diverse preghiere che Gli arrivano da tutto il mondo. Se le nostre preghiere potessero cambiare la volontà di Dio, per esempio, non sarebbe vero quello che è scritto nel Salmo 139:15,16 che riguarda il momento della nostra morte e di quella dei nostri cari. “15 Le mie ossa non ti erano nascoste, quando fui formato in segreto e intessuto nelle profondità della terra. 16 I tuoi occhi videro la massa informe del mio corpo e nel tuo libro erano tutti scritti i giorni che mi eran destinati, quando nessuno d’essi era sorto ancora.” (Sal 139:15-16) Se Dio ci desse qualunque cosa che Gli chiediamo, questo brano non sarebbe vero, perché tante persone, vedendo arrivare la morte, pregherebbero, chiedendoGli di guarire o di superare il pericolo, e in questo modo sarebbe stata fatta la loro volontà, non quella di Dio. Se fosse così la morte non dipenderebbe più dalla volontà di Dio, ma dalla volontà dell'uomo. Non arriverebbe più al momento stabilito nel libro di Dio, ma nel momento stabilito da noi. Ma non è così! Non è l'uomo che stabilisce quando morirà, come non è l'uomo che stabilisce quando un certo problema deve risolversi come vuole lui. È il Signore che opera tutte le cose secondo la decisione della Sua volontà! Per esempio, leggiamo in 1Samuele 2:6-8 “6 Il SIGNORE fa morire e fa vivere; fa scendere nel soggiorno dei morti e ne fa risalire. 7 Il SIGNORE fa impoverire e fa arricchire, egli abbassa e innalza. 8 Alza il misero dalla polvere e innalza il povero dal letame, per farli sedere con i nobili, per farli eredi di un trono di gloria; poiché le colonne della terra sono del SIGNORE e su queste ha poggiato il mondo.” (1Sam 2:6-8) E' il Signore che determina le cose, tramite le nostre preghiere, non noi! Allora, qual è il senso di Giovanni 14:13, quando Gesù dichiara:    “e quello che chiederete nel mio nome, lo farò” (Giov 14:13)? Per capire bene questa verità, dobbiamo leggere non solo questa frase, ma tutto il suo contesto. Cosa significa “nel mio nome”? Dobbiamo capire il senso della frase, “nel mio nome”. Dobbiamo anche capire il motivo che ci spinge a pregare nel nome di Gesù. Gesù stesso ci spiega questa motivazione. Infine, dobbiamo capire altre condizioni che la Bibbia ci dà per poter pregare. Molto spesso, un brano non insegna tutta la verità biblica di un certo argomento, e deve essere considerato insieme ad altri brani. Quindi, qual è il senso della frase: “nel mio nome?” Chiedere “nel nome di Gesù” non è una formula magica che, aggiunta ad una preghiera, costringe Dio ad esaudirci. A quel punto, Dio sarebbe il nostro servo, e noi saremo i sovrani. Ma non è così! Pregare “nel nome di Gesù” non è una frase che si aggiunge a qualsiasi preghiera, per garantire che Dio farà come Gli abbiamo chiesto. Invece significa almeno due cose: 1. chiedere per i Suoi meriti Prima di tutto, pregare nel nome di Gesù significa pregare per i Suoi meriti, riconoscendo che noi non ne abbiamo. Nessun di noi merita alcuna cosa buona da Dio. Quindi, dobbiamo chiedere per i meriti di Gesù. Se chiedo un favore al mio migliore amico, lo chiedo nel mio proprio nome, cioè riconoscendomi degno, visto che sono il SUO migliore amico, che mi venga fatto questo favore. Però, se devo chiedere un grande favore all'amico del mio amico, che non conosco personalmente, so di non meritare da lui nulla (visto che non mi conosce), e perciò, non gli chiedo nel mio nome, ma gli chiedo nel nome del mio amico. Allora, chiedere nel nome di Gesù necessariamente implica un cuore umile. Chi chiede nel nome di Gesù SA che, per conto suo, non merita nulla da Dio. Perciò, questa consapevolezza della propria insufficienza cambia anche la richiesta stessa. Infatti chi sa di non aver nessun merito, non pretende nulla, e non considera Dio come Colui che esiste per esaudire i nostri desideri. Sa che Dio è sovrano, e va ai piedi di Dio umilmente, pronto ad essere sottomesso alla Sua volontà. Tutti questi sono aspetti del pregare nel nome di Gesù. 2. chiedere secondo la volontà di Gesù Dobbiamo però considerare anche una seconda verità estremamente importante nel fatto di chiedere nel nome di Gesù. Chiedere nel nome di Gesù significa anche chiedere secondo la Sua volontà, non la nostra. È importantissimo capire questo principio. Ripeto: chiedere nel nome di Gesù significa chiedere secondo la SUA volontà, non la nostra. Un soldato semplice, che porta gli ordini dati dal comandante agli altri, chiede nel nome del comandante. Non chiede quello che vuole lui, chiede quello che è la volontà del comandante. Infatti, se dovesse chiedere quello che vuole lui, usando il nome del comandante per ottenerla, sarebbe colpevole di un grave reato. In 1Giovanni 5:14,15, leggiamo una chiara spiegazione di quali sono le preghiere che Dio esaudirà. Leggiamo. “14 Questa è la fiducia che abbiamo in lui: che se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce. 15 Se sappiamo che egli ci esaudisce in ciò che gli chiediamo, noi sappiamo di aver le cose che gli abbiamo chieste.” (1Giov 5:14-15) Avete notato la frase: “se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce”? Chiedere nel nome di Gesù DEVE essere secondo la SUA volontà, non la nostra. Quindi, se preghiamo per ottenere qualcosa che desideriamo tantissimo, ma se non è la volontà di Dio, non possiamo chiederla nel nome di Gesù. Se preghiamo per quello che vogliamo noi, e aggiungiamo le parole, “nel nome di Gesù”, siamo come i pagani, usando quelle parole come un talismano, cercando di controllare Dio. Quindi, ricordiamo che chiedere nel nome di Gesù significa chiedere con umiltà, sapendo di non meritare alcuna cosa buona da Dio, e questo atteggiamento ci aiuta ad accettare qualsiasi cosa che Egli ci darà. Significa anche chiedere secondo la volontà di Cristo, non seconda la nostra volontà. Affinché il Padre sia glorificato Allora, qual è il senso di Giovanni 14:12-14? Per capire correttamente questo brano, dobbiamo leggerlo tutto, e leggere anche il suo contesto. “12 In verità, in verità vi dico che chi crede in me farà anch’egli le opere che faccio io; e ne farà di maggiori, perché io me ne vado al Padre; 13 e quello che chiederete nel mio nome, lo farò; affinché il Padre sia glorificato nel Figlio. 14 Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.” (Giov 14:12-14) Notiamo che le richieste che facciamo qua sono legate al fare opere per la gloria di Dio, e infatti, il MOTIVO per cui Gesù ci esaudisce è per glorificare il Padre. Gesù non risponde ad ogni nostra richiesta. Risponde se la richiesta glorificherà il Padre. Infatti, in Giacomo 4:2-4 leggiamo: “2 Voi bramate e non avete; voi uccidete e invidiate e non potete ottenere; voi litigate e fate la guerra; non avete, perché non domandate; 3 domandate e non ricevete, perché domandate male per spendere nei vostri piaceri. 4 O gente adultera, non sapete che l’amicizia del mondo è inimicizia verso Dio? Chi dunque vuol essere amico del mondo si rende nemico di Dio.” (Giacomo 4:2-4) Non avete perché non domandate, ovvero, perché non pregate, e se domandate spesso non ricevete, perché domandate per spendere nei vostri piaceri. Quando chiediamo per ottenere quella che è la nostra volontà, Dio non risponde. Torniamo agli esempi che ho dato all'inizio di questo studio. Pensiamo all'uomo che lavora in proprio e la sua attività comincia ad andare molto male, e si ritrova con tanti debiti. Egli prega Dio affinché salvi la sua attività. Sta pregando affinché Dio risolva i suoi problemi. Non sta cercando la gloria di Dio. Nell'esempio del genitore che ha un figlio che spiritualmente cammina male (che è ribelle), quel credente chiaramente vuole che suo figlio sia salvato. È buono pregare per la salvezza dei nostri cari. Però, in un certo senso, quella preghiera può essere anche un frutto di egoismo, perché quel genitore non sta cercando per prima cosa la gloria di Dio. Non gli pesa il fatto che tanti altri genitori hanno figli ribelli. Egli vuole che SUO figlio sia salvato. Sta pensando, in fin dei conti, a se stesso. Poi ho fatto l'esempio del credente con il figlio con una grave malattia. Il genitore vuole che il figlio sia guarito, perché vuole il piacere di goderlo per tanti anni ancora. Però, nemmeno questa richiesta è cercare la gloria di Dio. È una preghiera per non dover subire la sofferenza della morte di una persona cara.    Poi c'era il credente che chiedeva l'intervento di Dio affinché potesse comprare la casa che gli piaceva tanto. Anche qua, il credente sta cercando di ottenere da Dio quello che sarebbe il suo gradimento. Non sta cercando in primo luogo la gloria di Dio. Quindi, non dobbiamo credere la terribile menzogna che basta pregare aggiungendo la frase “nel nome di Gesù” e possiamo essere sicuri che Dio ci darà quello che Gli chiediamo. Chiedere nel nome di Gesù significa chiedere che sia fatta la Sua volontà e significa anche farlo con un cuore umile, che quindi cerca non il proprio comodo, ma la gloria di Dio. Un brutto risultato Che cosa succede, quando uno crede la menzogna che Dio esaudirà qualsiasi sua richiesta? Quando Dio NON esaudisce quella preghiera, la fede di quel credente viene fortemente scossa. Egli sta molto male, e solitamente, o cade in grave depressione spirituale, oppure, si arrabbia con Dio. Perciò credendo a quella menzogna quel credente rimane deluso di Dio. Giov. 15:5-7,16 Quindi, è importante capire il senso vero dei principi di Giovanni 14. Per capire meglio questo discorso, esaminiamo qualche altro brano in cui Gesù parla della preghiera. Questi brani fanno parte del contesto di Giovanni 14. Giovanni 15:5-7 “5 Io sono la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro, porta molto frutto; perché senza di me non potete far nulla. 6 Se uno non dimora in me, è gettato via come il tralcio, e si secca; questi tralci si raccolgono, si gettano nel fuoco e si bruciano. 7 Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi, domandate quello che volete e vi sarà fatto.” (Giov 15:5-7) Qui, Gesù insegna che dobbiamo dimorare in Lui, e che lo scopo è affinché possiamo portare molto frutto. Poi, Egli dichiara che solamente se dimoriamo in Lui e se le sue parole dimorano in noi, sarà fatto quello che domandiamo. Questa è una condizione importantissima. “Dimorare in Cristo” significa essere in una condizione di umiltà, di santità di vita e di sottomissione alla sua volontà. Quando le parole di Cristo dimorano in noi, esse ci esortano a conoscere e a seguire la Parola di Dio. Quindi, non viviamo più per la nostra volontà, ma per la sua. Solamente se ci ritroviamo in questa condizione possiamo domandare a Dio quello che vogliamo e ci sarà fatto, perché significherà che domanderemo quella che è la volontà di Dio. Un altro versetto importante è Giovanni 15:16 “Non siete voi che avete scelto me, ma sono io che ho scelto voi, e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; affinché tutto quello che chiederete al Padre, nel mio nome, egli ve lo dia.” (Giov 15:16) Gesù risponde alle nostre preghiere quando servono per portare frutto che rimane in eterno. Ostacoli alle nostre preghiere È importante menzionare alcuni ostacoli alle nostre preghiere. L'orgoglio Una cosa che ostacola sempre la preghiere è l'orgoglio. Se abbiamo orgoglio, Dio si allontana da noi. “Il SIGNORE è vicino a quelli che hanno il cuore afflitto, salva gli umili di spirito.” (Sal 34:18) Quando abbiamo orgoglio non confessato, Dio resta lontano da noi. Possiamo fare bella figura davanti agli altri, possiamo apparire di essere zelanti, possiamo pregare tanto, ma sarà tutto inutile, tutto invano. Fino a quando non confessiamo il nostro orgoglio, Dio resterà lontano da noi. Mancanza di fede Un altro ostacolo alle nostre preghiere è la mancanza di fede, come leggiamo in Giacomo 1. “5 Se poi qualcuno di voi manca di saggezza, la chieda a Dio che dona a tutti generosamente senza rinfacciare, e gli sarà data. 6 Ma la chieda con fede, senza dubitare; perché chi dubita rassomiglia a un’onda del mare, agitata dal vento e spinta qua e là. 7 Un tale uomo non pensi di ricevere qualcosa dal Signore,” (Giac 1:5-7) Questo brano ci insegna l'importanza della fede. Chiaramente, dobbiamo ricordare le altre verità che abbiamo visto. Se prego qualcosa che non è secondo la volontà di Dio, posso avere la fede più grande del mondo, ma Dio non mi risponderà. Però, dall'altro lato, quando preghiamo secondo la volontà di Dio, è importante avere fede in Dio. Così, Dio viene glorificato, e noi saremo edificati. La Preghiera fatta con egoismo Abbiamo già menzionato prima che Dio non risponde alle preghiere fatte con egoismo, cioè, alle preghiere attraverso le quali vogliamo ottenere qualcosa NON per la gloria di Dio, ma perché è il nostro desiderio. Questo è ciò che ci dice Giacomo 4, quando parla delle preghiere fatte per spendere nei piaceri. Dobbiamo pregare, invece, per la gloria di Dio. Come conoscere la volontà di Gesù Visto che la preghiera che Dio esaudisce è quella preghiera fatta secondo la sua volontà, come possiamo sapere qual'è la volontà di Dio? Dio ci ha già rivelato molto della sua volontà, e ci insegna anche il modo in cui pregare quando non la conosciamo. Prima di tutto, come dobbiamo pregare quando non siamo sicuri della volontà di Dio? Sappiamo quasi sempre quello che vorremmo noi, ma come dobbiamo pregare quando non siamo sicuri della volontà di Dio? Gesù stesso ci dà un esempio di come pregare in questi casi in Matt. 26:39; Marco 14:36; Luca 22:42. Leggo da Matteo. “E, andato un po’ più avanti, si gettò con la faccia a terra, pregando, e dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non come voglio io, ma come tu vuoi».” (Mat 26:39) Nella sua umanità, Gesù non voleva affrontare la sofferenza che sapeva di dover subire sulla croce. Però, il suo desiderio più forte rispetto al non voler subire quelle sofferenze, fu quello di voler fare la volontà del Padre. Quindi, ha esposto a Dio il suo desiderio, ma chiese che fosse fatta la volontà di Dio. Ed è così che anche noi dobbiamo pregare, quando non conosciamo con certezza la volontà di Dio in una certa situazione. Certamente possiamo portare tutti i nostri pesi a Dio, e anche dirGli quello che sarebbe il nostro desiderio, però poi dobbiamo confidare nella sua perfetta saggezza, e chiedere che sia fatta la Sua volontà. Conclusione La preghiera è una parte essenziale della vita cristiana e della nostra crescita. La preghiera è la nostra comunicazione con Dio, mentre lo studio della Bibbia è ascoltare Dio che ci parla. E importante pregare, però, è importante pregare nel modo che Dio stabilisce, per le cose giuste. L'unico vero accesso a Dio che abbiamo è quello per mezzo di Gesù, per merito di Cristo. Non solo, ma dobbiamo pregare secondo la SUA volontà, non secondo la nostra. Quando non siamo sicuri della volontà di Dio, è importante accettare la sua volontà, anche se è il contrario di quello che vorremmo noi. Infatti noi non sappiamo qual è la cosa migliore. Dobbiamo avere fede che la volontà di Dio è la cosa perfetta, anche se non siamo in grado di capire tutto quello che Dio sta facendo. Preghiamo, chiedendo che la volontà perfetta di Dio sia fatta! Preghiamo poi con fede, fede che Dio ci ascolta e ci esaudisce sempre, secondo la sua perfetta volontà. Non dimentichiamo che la preghiera non serve solo per fare richieste a Dio. Anche il ringraziamento ne è una parte molto importante. Inoltre, la preghiera serve anche per confessare i nostri peccati. E serve poi principalmente per chiedere che Dio sia glorificato. Le nostre richieste dovrebbero sempre essere per la gloria di Dio. Oh che possiamo diventare un popolo che prega sempre di più, non vedendo Dio come un servo celeste che esiste per darci quello che vogliamo noi, ma essendo spinti dal desiderio di vedere il nostro grande Dio glorificato! La nostra vera gioia, quella che ci riempirà per tutta l'eternità, consisterà nel vedere Dio glorificato. Quindi, che la gloria di Dio sia il desiderio del nostro cuore! Marco deFelice "Questa è la fiducia che abbiamo in lui: che se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce. Se sappiamo che egli ci esaudisce in ciò che gli chiediamo, noi sappiamo di aver le cose che gli abbiamo chieste" (1 Giovanni 5:14-15) «Ti è piaciuto questo articolo? Non perderti i post futuri seguendoci»

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giovedì 23 giugno 2016
Consapevoli nella Parola

Un unico eletto

popolo eletto

Chi sono le persone che costituiscono “l’eletto” di Dio?


La Bibbia ci parla di un unico eletto o popolo scelto da Dio. Esso appartiene a YHVH-Dio, il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe. Nel corso della storia, Egli ha costituito una singola compagnia di persone e continua a chiamare il Suo eletto o popolo prescelto.

Dio opera sempre nei cuori dei Suoi prescelti. Egli li corteggia e li guida nella fede di Abramo. In Cristo, il Messia, essi divengono seme di Abramo ed eredi secondo promessa (Galati 3:29).

Attraverso il sangue di Cristo, essi entrano in una relazione  basata su un patto di sangue con il Redentore di Israele.

Facendo una ricerca sulla parola “eletto” in tutta la Scrittura, possiamo vedere che il messaggio di un singolo popolo eletto di Dio è ben stabilito nella Bibbia.

Ricercando, allo steso modo, il termine “prescelto” e quello di “popolo”, ci si rivela la presenza di un “popolo prescelto”.

Questi stessi studi, applicati ai termini in greco, ci mostrano che Dio considera l’eletto un “unico” essere.

Non ci sono, dunque, due eletti o due popoli distinti. Le Scritture mostrano che Dio costituisce una singola compagnia di persone nel corso del tempo storico. Dio guida il Suo eletto da Giuda e dalla casa perduta di Israele (Matteo 15:24) e i pagani gentili da tutte le nazioni vengono a loro volta inclusi nel Suo patto.

Quando i pagani vengono salvati tramite il Messia di Israele, Egli li porta nel Suo patto eterno. Così, nella nuova nascita, essi assumono una nuova identità in Israele (Efesini 2:11-13).

Nella nuova nascita, i cristiani non sono più estranei alla cittadinanza di Israele e non devono più essere considerati goyim o pagani gentili.

Non vi è nulla di intrinsecamente sacro nella parola “chiesa” per se stessa. Essa è semplicemente la traduzione della parola greca ekklesia, che significa “assemblea dei chiamati fuori” o “congregazione”. Perciò, il punto è solo uno: a chi siamo chiamati fuori noi, in quanto congregazione?

Come credenti cristiani siamo stati chiamati fuori verso Gesù Cristo/Yeshua Hamashiach. Rispondendo alla buona notizia del vangelo siamo giunti al Messia di Israele per la nostra salvezza. Ci siamo pentiti del nostro peccato e siamo cambiati dal nostro egoismo luciferino. Abbiamo chiesto al Santo di Israele di entrare nelle nostre vite come Signore e Salvatore. E Lui l’ha fatto!

La nostra redenzione viene dal nuovo patto e dal piano evangelico di salvezza. Quest’ultimo, a sua volta, proviene dai patti di Israele (Efesini 2:11-13).

Le persone vengono salvate dalla grazia, mediante la fede nel sangue espiatorio dell’Agnello sacrificale promesso di Israele. Non c’è nessun altro piano di salvezza che Dio ci offra, né ci sarà mai.

Il nostro Signore e Salvatore è il Santo di Israele (Atti 4:12).

Noi siamo condotti alla salvezza tramite il sangue del nostro Messia ebreo privo di peccato.

La cosiddetta chiesa è radicata e fondata nella vera e genuina fede di Abramo (Galati 3:29). La chiesa non ha mai sostituito Israele, né mai lo farà.

Da nessuna parte, nelle Scritture, Dio parla di due popoli scelti. Da nessuna parte leggiamo di un piano di salvezza per il Israele e uno per la chiesa. Tutti coloro che sono stati salvati, o lo saranno, sono salvati per lo stesso piano di salvezza, cioè per grazia attraverso la fede nell’Agnello di Israele.

Ma questo errore dei “due patti” si è fatto strada e ha dominato i nostri pensieri. Esso risale ai primi padri della chiesa ed è dovuto alla profonda e duratura spaccatura politico-religiosa tra i cristiani salvati, tra i gentili e coloro che provenivano dal giudaismo.

La storia di Israele e quella della chiesa ci testimonia del fatto che i capi religiosi hanno sempre trovato degli espedienti per mantenere lo status quo. Essi, insieme ai re, ai principi e ai mercanti, guardano con estremo sospetto tutto ciò che possa costituire anche il più piccolo disturbo alla “loro pace”. Ciò è ancor più sentito quando questa loro pace serve da copertura per una profonda corruzione, ingiustizia ed empietà. Ma la vera e duratura pace viene costantemente offerta dal Principe di Pace. Egli chiama a sé il Suo popolo eletto perché aspiri ad una più santa e divina ekklesia/congregazione/assemblea, basata sulla Sua pace, la pace che supera ogni comprensione. Questa è fondata sulla fede nel Principe di Pace, ma il mondo e i suoi sistemi, politici e religiosi, non vogliono arrendervisi. Così Dio ha deliberatamente separato la chiesa e “chiama fuori” solo coloro che desiderano rispondergli.

Gesù ha detto che il mondo non lo avrebbe ricevuto. Egli non sprecò mai tempo a cercare di assecondare le folle come i religiosi oggi tentano di fare. Era impegnato a “chiamare fuori” i Suoi discepoli ed essi si sarebbero uniti al Suo eletto, la compagnia di fede che proviene fin dal giardino dell’Eden.

Si, i sistemi del mondo vogliono mantenere le cose come sono, perciò rigettano la chiamata del Messia. Per come la vedono loro, Egli porta la distruzione del modo in cui essi sono abituati a vivere e costituisce un affronto al loro orgoglio. Ma il Suo Santo Spirito sussiste per portare rinnovamento ai loro popoli e una più profonda pace e prosperità alle loro terre. Triste a dirsi, nel bloccare tale rinnovamento i capi di stato e di chiesa annientano la stessa pace che loro stessi vorrebbero ottenere e bloccano le benedizioni che il rinnovamento divino porterebbe nelle loro chiese e nei loro regni. Questo fatto è stato particolarmente visibile nella storia della Francia.

I governanti cercano sempre di mantenere la pace, ma per farlo spesso finiscono per chiudere Dio fuori. Lo abbiamo visto quando i farisei, Erode e Pilato hanno avuto a che fare con la distruzione del loro status quo durante la Pasqua dell’anno della Passione. Il Messia stesso si trovò dinanzi a loro ed essi lo considerarono un problema, un’ulteriore sfida alla loro pace. Egli era uno che rimproverava i cambiavalute, insultava i sacerdoti e minacciava lo status quo. Perciò bisognava che fosse eliminato.

Abbiamo visto il medesimo comportamento anche nella chiesa occidentale moderna, in molte occasioni. I religiosi d’Inghilterra reagirono assai malamente all’uscita della Bibbia in inglese. Durante il regno di Enrico VIII, l’arcivescovo Wolsey e il vescovo di Londra furono messi a dura prova. Essi cospirarono per la cattura di William Tyndale, che stava traducendo il testo sacro, e lo bruciarono sul rogo.

La stessa generazione di capi religiosi è tuttora tra noi. Essi continuano ad insistere sul mantenimento dello status quo e sull’importanza della loro pace e della loro comodità personale contro il messaggio biblico e il volto del Messia di Israele. Questi è Colui che solo può portare la pace tra loro e sanare la breccia di Geroboamo. Ma cosa abbiamo visto fare finora? Nulla. Non abbiamo visto alcun tentativo, da parte dei capi di alcuna fazione, di ricercare il Messia e accettare la Sua pace per colmare quella tremenda spaccatura che iniziò quasi tremila anni fa con il terribile divorzio di Israele, la breccia di Geroboamo. Cosa hanno fatto, dunque, i nostri moderni dispensazionalisti evangelici a questo riguardo? Hanno tenuto per sé il problema per creare una eterna divisione teologica tra Israele e la chiesa, basata sulla biblicamente scorretta impostazione di “noi e loro”.

Cari santi, questa è una dottrina pericolosa e, a meno che non venga corretta e allontanata da noi, si rivelerà foriera di eventi vergognosi e perfino anti-semiti nei tempi futuri. Costituisce, né più né meno, una “apartheid dell’eletto”.

Ma noi siamo davvero in una dimensione diversa rispetto ad Israele? E i nostri fratelli ebrei non saranno davvero mai salvati? (Vedi Zaccaria 12:7-13:1). Cosa ci dice la Bibbia riguardo alla nostra identità nazionale?

Andiamo a dare un’occhiata. In Cristo, nostro Salvatore, diventiamo nuove creature (2 Corinzi 5:17), siamo identificati nel seme di Abramo (Galati 3:29) ed, entrando in un patto di sangue con il nostro Messia ebreo e Re dei re, otteniamo la nuova identità della cittadinanza di Israele. I patti di Israele si aprono anche a noi, così come alla casa ebraica che ha fede nel Messia. In tal modo diventiamo eredi secondo promessa.

Una persona pagana e gentile che scopre che Gesù Cristo è il Messia di Israele e apre il suo cuore e la sua vita a Lui, viene salvata come tutti gli altri. Senza saperlo, in questo modo il suo cuore è stato circonciso e, nella caduta di tutto ciò che è carne e sangue, questa persona si ritrova con una nuova identità in Israele. Può anche essere stata ebrea di nascita, ma questo fatto, da solo, non assicura la salvezza. Ora qualcosa di diverso accade, che è al di sopra di qualsiasi cosa si sia mai vista prima. Il seme di Abramo viene posto da Lui e dà inizio ad una nuova esistenza!

La vera identità della cristianità nell’ambito della cittadinanza di Israele è resa invisibile e celata da re e mercanti del mondo. Questa informazione viene pesantemente controllata. 
La congregazione di Israele è uscita dai confini della sua terra duemila anni fa e la chiesa è divenuta una compagnia globale nel grande giorno di Pentecoste.

Il nuovo patto è stato promesso da Dio fin dall’Antico Testamento (vedi Isaia 49:6 e Geremia 31:31-33). Tramite il Messia, il nuovo patto con i singoli individui e nella congregazione di Israele provvede e assicura un rinnovamento del vecchio patto con la nazione di Israele. Certo, la nazione di Israele sarà restaurata alla fine dei tempi e diverrà un sacerdozio regale e una nazione santa, così come pure vedremo le dodici tribù di Israele ai cancelli della Nuova Gerusalemme discendente dal cielo (vedi Apocalisse 21). Con il vangelo, il nuovo patto ha rotto gli argini del paese di Israele negli ultimi duemila anni e continuerà a farlo fino al “giorno della mietitura” e alla fine dell’era, durante il revival della fine dei tempi.

Quando i gentili si pentono e sono salvati non sono più gentili. Non sono più stranieri incirconcisi e pagani (goyim), né sono alienati dalla promessa del patto e dalla cittadinanza di Israele (Efesini 2:11-13).

Attraverso il sangue del Messia essi sono nuove creature e vengono innestati nell’olivo di Israele.

Le scritture parlano di un solo popolo eletto di Dio ed esso si identifica in Israele.

Israele è stato diviso in due regni nel 900 a.C. e oggi abbiamo, proprio come i due regni e le due case di Israele, una “chiesa” e un “Israele” distinti.

Ma Dio non ha mai acconsentito a questo né ha mai menzionato nelle Scritture che sarebbe durato per sempre. La Bibbia non parla mai nemmeno di una presunta “apartheid dell’eletto”.

Quindi, la presente situazione di divisione è temporanea e destinata alla restaurazione. L’attuale muro di separazione non riflette la volontà di Dio né il Suo piano.

Il movimento messianico tra gli ebrei ci ha mostrato ciò che Dio farà: egli intende svelare e restaurare Israele all’apice dei tempi (Zaccaria 13:1).

La separazione o rottura della tribù reale di Giuda dalla congregazione di Israele non è definitiva.

Ciò che vediamo oggi è solamente la nostra pragmatica, ecclesiastica e giudaica, assuefazione alla breccia di Geroboamo.

La presente divisione tra Israele e la chiesa è certamente parte del non ancora concluso patto.

Dio si prenderà cura di questa ferita aperta nel momento in cui si aprirà la settantesima settimana, alla fine dei tempi

Egli è già ora all’opera per la restaurazione di Israele e lo radunerà nella settantesima settimana di Daniele. Tutte le sue pecore perdute saranno ritrovate e ognuna di esse sarà ricondotta a casa.

Attraverso la storia di Israele e la chiesa, Dio ha “chiamato fuori” un eletto. Tutti coloro che sono stati salvati sono stati radunati tramite la Sua grazia, attraverso la fede e sono conosciuti di persona da Dio.

Tutti gli eletti di Dio, dal giusto Abele all’ultimo santo della tribolazione, saranno radunati e la fine dei tempi li vedrà tutti glorificati insieme nella resurrezione-rapimento (Matteo 24:31).

Ma i più saggi giudeo-cristiani rivelano un popolo diviso e caotico. Il regni di Nord e Sud di Israele hanno sofferto una lunga e dolorosa separazione.

Le due case di Israele sono state divorziate per quasi tremila anni. Ora, a causa del peccato e della parziale cecità, Israele e la chiesa riescono a malapena a riconoscersi tra loro.

La breccia di Geroboamo ha spezzato Israele in due regni. Le dieci tribù disperse sono giunte fino ai confini della terra. Molti di essi sono ancora lì fuori a stringere trattati di protezione con i principi e le nazioni. Essi sono perduti e hanno perso la memoria, proprio come Gomer.

Ma centinaia di milioni di loro sono già stati ritrovati. Molti del perduto Israele stanno entrando nel nuovo patto (Geremia 31:31-33). Essi stanno portando con sé anche una moltitudine di compagni (Ezechiele 37:16) dalle nazioni. Il ministero mondiale del vangelo sta portando alla grande mietitura di Israele.

Certamente, il vangelo trascende la razza e i legami nazionali. Per ragioni politiche, l’identità della chiesa in Israele viene tenuta nascosta e resta sotto una coltre di fumo religiosa per colpa di principati e potestà. E anche perché lo Spirito Santo di Dio ha ancora molto lavoro da svolgere nei cuori degli uomini.

Qui, dunque, giace la vera base per la pace nel mondo. Non vi può essere, né vi sarà mai, pace nel mondo senza un cambiamento nei cuori degli uomini.

Questo può essere ottenuto solo grazie a Cristo e alla venuta personale del Principe di Pace. Quest’era sarà sommersa dalla Sua venuta internazionale.

La casa reale di Giuda non può essere dimenticata e non lo sarà (Zaccaria 12:7-13:1).

La ribellione e la mancanza di legge nella chiesa saranno eliminate dalla cittadinanza di Israele (Efesini 2:12-13). Tutto ciò accadrà sotto i legami dell’amore, quando la totalità degli stranieri verrà portata in Israele (Romani 11). Poiché nel nuovo patto la legge di Dio, la Torah, è scritta nei cuori (Geremia 31:31-33).

Il nuovo patto e la salvezza sono giunti nel mondo tramite il Messia di Israele (Atti 4:12). La Sua grande salvezza è la luce che è stata mandata ai gentili (Isaia 42:6; 49:6; 60:3). Cristo ci ha fornito il sangue dell’espiazione, la sola via di riconciliazione con Dio (1 Giovanni 1:7).

La sola salvezza che questo pianeta vedrà mai giunge attraverso il sangue dell’Agnello di Israele.
La breccia di Geroboamo ha separato Israele e il caos risultante continua a tenere il Suo popolo diviso anche oggi. La spaccatura tra la nazione degli ebrei e la cristianità occidentale è molto profonda e oscura.

La frattura di Israele in due parti è storia antica, ma coinvolge anche la chiesa. Questa relazione spezzata è la ragione di tanta gelosia e vessazione (Isaia 11:13).

Questo è il “cattivo sangue” che ci ha portati alle crociate. Purtroppo e con grande vergogna, gran parte dell’antisemitismo è tutt’oggi sponsorizzato dalla chiesa. L’apostasia ha alienato entrambe le case di Israele dal loro Messia e il peccato continua ad alienare la chiesa da Israele e viceversa.

Oggi, il popolo giudeo-cristiano resta una famiglia profondamente divisa e disfunzionale. Tale è la nostra presente realtà politica e religiosa. Essa affonda le radici nella grande separazione di Israele nel 900 a.C., quando le due grandi luci presero strade separate.

Quando tutto Israele vide che il re non gli dava ascolto, rispose al re, dicendo:
«Che abbiamo da fare con Davide? Noi non abbiamo nulla in comune con il figlio d’Isai! Alle tue tende, o Israele! Provvedi ora tu alla tua casa, o Davide!».
E Israele se ne andò alle sue tende.
(1 Re 12:16)

Questo fu il grande divorzio di Israele, la terribile “breccia di Geroboamo”. Israele fu spezzato in due case: uno crebbe nella legge e l’altro andò in cerca della grazia.

L’oggetto di odio e rifiuto è ben chiaro qui. Veleno e ribellione furono diretti contro il trono di Davide. Così, a causa di un fraintendimento, la faida è andata avanti e l’animosità continua ancora ai giorni nostri.

Ma nel Messia c’è la riconciliazione tra legge e grazia. In Lui giungono grazia e pace e ognuno dei due lati si specchia nell’altro.

 La bontà e la verità si sono incontrate, la giustizia e la pace si sono baciate.
(Salmo 85:10)

La totalità degli stranieri sarà portata dentro (Romani 11:25), la breccia di Geroboamo sarà sanata e Giuda sarà salvato (Zaccaria 12:7-13:1). I rami dell’olivo domestico saranno reinnestati (Romani 11).

Il popolo delle dieci tribù disperse porta con se un melo-hagoyim, una moltitudine di compagni dalle nazioni. Negli ultimi due millenni centinaia di milioni di persone sono entrate nella congregazione di Israele.

Metà dell’eletto di Dio è addormentato e l’altra metà è vivo e vegeto tutt’ora su questo pianeta.

La chiesa è parzialmente cieca riguardo alle sue radici in Israele (Romani 11.25), come anche Giuda lo è riguardo al suo Messia.

La chiesa è pertanto estraniata dalla tribù di Giuda e dalla nazione ebraica. Essa non riconosce i suoi fratelli ebrei, ma vede al loro posto due compagnie: “Israele” e “la chiesa”.

Purtroppo essa le vede come due distinti eletti, separati per sempre.

Ma questo divario non è permanente. Dalla prospettiva eterna di Dio risulta solo una aberrazione temporanea. Esso non era tale nella chiesa del primo secolo, composta soprattutto di ebrei, e di certo non corrisponde al piano finale di Dio per il Suo popolo.

La rottura presente e lo stato di divisione di Israele non dureranno per sempre. Le Scritture mostrano una gloriosa restaurazione all’apice della storia sacra


Il muro di separazione tra Israele e la chiesa è una ferita aperta. È un ponte spezzato, una divisione artificiale nella famiglia di Dio. Esiste a causa del peccato e della ribellione di Israele e anche a causa del rifiuto di Giuda a ricevere la grazia di Dio.

Il piano redentore di Dio ripristinerà questa comunicazione interrotta. Questo e altro accadrà all’apice della storia sacra, nel crogiolo degli ultimi giorni. I misteri saranno svelati quando la profezia biblica sarà compiuta.

La breccia di Geroboamo deve essere sanata e lo sarà. Le due case di Israele saranno di certo riunite. I due rami si uniranno come un unico popolo eletto, così come ha profetizzato Ezechiele (37:15-28).

Il profeta Zaccaria vide due olivi versare olio in una vasca d’oro. L’olio fluiva attraverso due tubi dorati fino ad un candelabro a sette braccia (Zaccaria 4:7).

Due candele vengono poste sulle nostre tavole in occidente per i pasti comunitari. E due testimoni vengono presentati nel dramma della fine dei tempi (Apocalisse 11:3).

Due offici e due unzioni vengono viste, allo stesso modo, nell’ordine di Melchisedec: Re di Salem e Sommo Sacerdote dell’Altissimo.

Questi sono i due ruoli del nostro Messia.

I due offici di Melchisedec, il regno e il sacerdozio, possono essere visti come la legge e la grazia. La prima rappresenta la giustizia e i precetti di Dio e la seconda il ministero di sacerdozio divino per la salvezza di quelli che vanno a Lui.

Entrambe le unzioni e le autorità sono in Israele ed entrambe sono svolte dal Messia. Egli conduce a Sé “un sacerdozio regale e una nazione santa” (Esodo 19:6; 1 Pietro 2:9).

E alla fine dell’era il Messia radunerà il Suo eletto (Matteo 24:31).

Noi abbiamo già visto il ministero sacerdotale del Messia. Esso è stato mostrato nella Sua prima venuta. Il Messia venne sacrificato a Pasqua, sepolto durante la festa degli Azzimi ed è risorto durante la festa delle Primizie.

L’estate di quell’anno ha visto la festa di Pentecoste compiuta: quello fu il giorno del calendario ebraico in cui Mosè portò la legge, o Torah, giù dal monte Sinai. Il compleanno della nazione di Israele. E il compimento del nuovo patto, a Pentecoste, vide anche la nascita della chiesa.

Le feste autunnali di Israele sono vicine e la rivelazione vedrà la venuta del Suo regno. L’autorità reale del Messia giungerà sulla terra e il Suo regno sarà stabilito nella seconda venuta.

Il Messia compirà la storia di quest’era: non lo faranno né le risoluzioni ecumeniche, né le iniziative di unificazione religiosa, né i movimenti dei dominionisti ecclesiastici. Solo il ritorno del Messia potrà compiere la storia e solo Lui lo farà.

Il Messia libererà la città santa, Gerusalemme, ad Armageddon. Egli sarà il Liberatore che giungerà alla liberazione di Bosra. Radunerà gli esuli di Israele da ogni luogo in cui si siano dispersi. Raffinerà, ristorerà e riunirà tutto Israele nel crogiolo della fine dei tempi.

La settantesima settimana di Daniele è stata scritta e determinata da Dio. Rappresenta un momento certo e stabilito del futuro. Sette anni sono stati stabiliti perché Dio possa trattare con il Suo popolo eletto, in cui Egli sistemerà tutte le faccende inerenti le due case di Israele.

Il Signore terrà udienza durante la rivelazione e si occuperà anche delle nazioni riguardo alla Sua città santa e al Suo eletto. Tutto ciò è già stato determinato e la settantesima settimana è pronta. Tutte queste cose devono essere predisposte prima che quest’era giunga al suo glorioso apice.

Un solo piano di salvezza – Un solo popolo eletto


La restaurazione di tutto Israele alla fine dei tempi


Torniamo alle nozioni basilari. La nostra salvezza non è una faccenda per i gentili, per gli ecclesiastici o anche per la chiesa. La nostra redenzione è nel sangue espiatorio dell’Agnello di Israele. Questa è la nostra grande salvezza e si annida nei patti di Israele. Non ce n’è un’altra. Il Messia di Israele è l’unica fonte di tutte le cose eterne. Quando veniamo salvati diventiamo nuove creature in Cristo, nostro Messia (2 Corinzi 5:17). Il nostro Salvatore Gesù Cristo è l’unico Santo di Israele. È l’unto, la pietra angolare, il fondamento per un tempio che non è fatto da mano d’uomo (Efesini 2).

Quindi, la nostra cittadinanza come cristiani evangelici non è solo una bandiera nazionale. Poiché, quando i misteri saranno svelati, noi vedremo la gloria delle nazioni come riflesso della luce che emana dalle dodici porte di Israele. La nostra cittadinanza eterna è la devozione a qualcosa di più alto dello stato di Israele (Efesini 2:11-13). È una devozione del cuore, non nei legami della legge nazionale, ma in quelli dell’amore. Il nostro Messia scrive la Sua legge nei nostri cuori (Geremia 31:31-33) e questo, come una divina serendipicità, diventa il nostro zelo e la nostra devozione.

Le religioni profane sanno ben poco di queste cose divine. La vita di chiesa negli stati occidentali è stata soppiantata dall’interesse economico e si ovvia a questo fatto con i migliori sacerdoti che la moderna psicologia antinomica può fornire. Gli insegnamenti della chiesa post-moderna sono spesso un guazzabuglio di elementi motivazionali economici e psico-chiacchiere auto glorificanti.

Ma il “successo nella vita” e la “migliore vita ora” che essa vende sono solo un’illusione. Il senso della nostra vita e la sua soddisfazione non si possono trovare in noi stessi. Né la vita è fatta per essere spesa nel conseguimento del piacere e della felicità personale. Il nostro valore individuale non si può realizzare con questi sistemi carnali e la nostra “autostima” potrà anche essere accresciuta da una momentanea scarica di religiosità, ma in genere non dura molto. Tutto questo inganno narcisistico interno alla chiesa è una trappola che conduce in basso, all’egoismo luciferino, all’abisso, al pianto e stridor di denti.

Gli psicologi non possono darci l’autostima, né possono generare in noi il rispetto personale. Esso giunge solo quando entriamo in un vero e reale patto di sangue con qualcuno o qualcosa molto più grande e valente di noi. Anche la Legione Straniera, la Mafia e le bande di strada lo sanno. Se la chiesa continuerà a coccolare i cristiani in questo vano e narcisistico egoismo, impedirà loro di giungere alla vera cristianità del patto di sangue e solo due tristi esiti ci si prospetteranno: da un lato il nostro presente male continuerà e dall’altro saremo guidati dai pifferai magici nel dominionismo. Il secondo ci porterà dritti ad una tragica crociata e alla fine del tempo.

Entrambe queste strade sono molto basse e conducono lontano dalla via della santità (Isaia 35). Porteranno i cristiani al delitto di sangue, alla vergogna e alla tragedia personale.

Dunque, la politica cristiana non è la risposta. Il nostro destino non deve essere cercato nella presente situazione governativa. La nostra via di casa è una strada stretta e diritta che giace nella fede e nei patti d’Abramo. E il Dio d’Abramo sta guidando il suo popolo a casa, passo dopo passo.

Se siamo in Cristo siamo progenie di Abramo (Galati 3:29).

Il nostro Salvatore non è semplicemente qualcuno che ci dà un biglietto per il paradiso e poi ci lascia andare per la nostra strada. Noi siamo in una relazione di sangue con Lui ed Egli ci chiama a prendere la nostra croce e seguirlo.

In questo è riposta la nostra devozione. Noi siamo chiamati ad essere bravi cittadini nella nostra nazione, ma il nostro destino non è a Parigi, Berlino, Londra o Washington. Quando la grande moltitudine sarà radunata davanti al “mare di vetro” non si canteranno gli inni nazionali. L’eletto canterà il cantico di Mosè (Apocalisse 15:1-4).

Ci sono state promesse molte dimore ed esse si troveranno nella Nuova Gerusalemme, una città non costruita da mano d’uomo. Giovanni vide la città santa, la Sposa dell’Agnello, che scendeva dal cielo presso Dio (Apocalisse 21). Tutto il popolo eletto di Dio sarà lì, radunato da Israele e da tutte le nazioni.

Il popolo eletto di Dio come un unico sacerdozio, una nazione santa


L’eletto è guidato verso il regno del Messia, un regno di legge divina e giustizia. Questo fu, e rimane tutt’oggi, il peso della tribù reale, la casa di Giuda del regno del Sud.

L’eletto è guidato allo stesso modo  verso il sacerdozio del Messia, un sacerdozio di grazia divina, di espiazione e perdono dei peccati. Questo fu il peso del sacerdozio di Dio nel condurre gli uomini a Lui. Non si vede nel sacerdozio levita, ma in quello di Melchisedec (Ebrei 7).

La grazia è anche ciò che il regno del Nord andava cercando nel 900 a.C. Allora il popolo andò dal re Roboamo in cerca di grazia. Essi cercavano sollievo dal duro lavoro e dalla schiavitù in Giuda e chiedevano di essere sollevati dalle pesanti tasse dovute al debito lasciato dal declino della gloria di Salomone.

I profeti prevedono all’unanimità la totale restaurazione di Israele. Il regno abbraccia la casa e il trono di Davide, cioè la tribù di Giuda. I sacerdozio, che unisce Dio all’uomo, viene amministrato in modo potente nel nuovo patto. Il vangelo, la buona notizia della salvezza di Dio, ha superato i confini di Israele nel giorno di Pentecoste. Cinquanta giorni dopo la resurrezione del Messia, la congregazione di Israele, la chiesa, iniziò ad essere stabilita tra le nazioni.

I due grandi ministeri di Dio devono ancora riunirsi. Tale ineffabile unione di regno e sacerdozio, legge e grazia, Israele e la chiesa, è una gloriosa realtà futura. La riunificazione e restaurazione di tutto Israele avverrà di certo e le Scritture ci danno prove abbondanti che sarà così, sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento.

La promessa restaurazione di Israele vedrà il regno e il sacerdozio riuniti: questo è piano di Dio per il Suo eletto, stabilito per il popolo di Dio fin dal monte Sinai. Allora, con Mosè, Dio lanciò ai figli di Israele un’esortazione e una sfida:

Dunque, se ubbidite davvero alla mia voce e osservate il mio patto, sarete fra tutti i popoli il mio tesoro particolare; poiché tutta la terra è mia; 
e mi sarete un regno di sacerdoti, una nazione santa.
(Esodo 19:5-6)

Si noti che Dio non parla di un “regno” e un “sacerdozio” così come faremmo noi oggi, poiché Egli non usa dei concetti inscatolati come facciamo noi. È piuttosto per un libero scambio tra i due offici ed intreccia le due virtù  di regalità e santità, ricollegandole ai due ministeri di regno e sacerdozio.

La virtù sacerdotale della santità viene applicata al regno e la virtù reale della regalità viene applicata al sacerdozio. Così abbiamo un sacerdozio regale e una nazione santa.

L’apostolo Pietro ci porta lo stesso messaggio nel Nuovo Testamento, lo stesso identico che Mosè portò tre millenni e mezzo fa.

Ma voi siete una stirpe eletta, un sacerdozio regale, una gente santa, un popolo che Dio si è acquistato, perché proclamiate le virtù di colui che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua luce meravigliosa.
(1 Pietro 2:9)

Cari santi, dobbiamo disimparare il dispensazionalismo che ci è stato inculcato. Gli uomini di chiesa non avrebbero mai dovuto erigere queste mura massoniche nel nostro tempo e nella nostra dottrina. Non avrebbero mai dovuto imporre la loro artificiosa divisione alle Sacre Scritture, né negare la profetizzata restaurazione dell’eletto di Dio.

Ciò è molto triste da osservare. Riceviamo gli insegnamenti della cosiddetta “età della grazia”, un periodo di tempo che si estende dal Calvario all’inizio della settantesima settimana di Daniele. Questa età è l’età della chiesa e non si dovrebbe estendere agli ultimi sette anni di quest’era. Infatti, ci viene detto, Dio avrebbe un piano a parte per Israele nella settantesima settimana e, poiché il tempo della grazia dovrebbe terminare all’inizio degli ultimi sette anni, Israele dovrà “mantenere la legge” per essere salvato! Da dove avranno mai preso questa nozione di salvezza attraverso la legge? Qualcuno si è mai salvato per essersi attenuto alla legge? Esiste una minima prova nelle Scritture che sostenga questa ecclesiastica “apartheid dell’eletto di Dio”?
Da dove arriva questa idea dei dispensazionalisti di un’età della grazia che si interrompe alla settantesima settimana? Chi sono loro per porre limiti alla divina grazia di Dio? Chi ha dato loro l’autorità di chiudere la grazia di Dio in una scatola, in un periodo arbitrario che soddisfi il loro piano ecclesiastico e politico?
La risposta è chiara. Dei massoni, infiltrati nella chiesa attraverso il reverendo Darby, C.S. Scofield e altri ancora, avevano un piano e un lavoro da svolgere. La chiesa occidentale è stata abbindolata. Essi erano determinati ad impiantare la loro dottrina pre-tribolazionista nelle Sacre Scritture, ma ovviamente essa non c’entra nulla. Il risultante pasticcio escatologico non è un bel vedere. La dottrina del rapimento prima della tribolazione è una enorme confusione e molti cristiani vengono spinti a credere erroneamente che sia “qualcosa che solo gli esperti possono capire”. Che tristezza! Un simile puzzle non potrà mai essere messo insieme e ne resta un ammasso di pezzetti confusi e appiccicati insieme con la forza.
Questa è una situazione assai preoccupante. Tale dottrina di eterna separazione tra la chiesa ed Israele è cattiva teologia e di certo diffonderà delle pesanti conseguenze politiche. I dispensazionalisti dicono di non stare promuovendo una teologia della sostituzione, eppure la loro fortuita dipartita e la glorificazione della chiesa si adattano perfettamente alla dottrina pre-tribolazionista e giungono alla stessa conclusione: separazione dalla nazione ebraica e dai santi della tribolazione. Questi, infatti non entrerebbero nella gloria! Così la gloria di Dio viene inscatolata e messa da parte solo per la chiesa precedente il rapimento, una sorta di “patto speciale” o “paracadute dorato” che si sono costruiti per se stessi. Ma c’è un problema: chiudendo Israele fuori dalla grazia, essi hanno chiuso la nazione di Israele fuori dalla chiesa. Questo è grave quanto una teologia della sostituzione, perché la nazione di Israele viene esclusa come se fosse un eletto di serie B. I dispensazionalisti dicono che la nazione ebraica non si unirà alla chiesa alla fine dei tempi. Il loro “treno della gloria” può partire da un momento all’altro ed essi non aspetteranno Israele. La chiesa occidentale si è procurata il suo biglietto e la gran parte dei suoi membri sono attualmente certissimi che toglieranno le tende sette anni prima della fine del tempo.
Le Scritture si oppongono esplicitamente a questa politica di separazione. La Bibbia ci mostra che un solo eletto sarà radunato all’apice della storia, ma il dispensazionalismo non desidera che questo venga ribadito. I suoi esponenti sono determinati a vedere le cose a modo loro.
Questo non è l’unico errore che notiamo nella cristianità occidentale. I dispensazionalisti dipingono la fine dei tempi come una zona infernale e buia, senza grazia, senza Spirito Santo e senza chiesa. Essi negano la verità concernente il risveglio della fine dei tempi (Gioele 2:28-32).
Gioele vide lo spargimento dello Spirito Santo e i prodigi ad esso inerenti, come il sole mutato in tenebre e la luna in sangue. Vide la fine dei tempi! Queste sono buone notizie, perché vi sarà un’enorme spinta per la chiesa, se i suoi ministri si decideranno a fare il loro dovere e a dirlo alle persone. Questa è la base per l’epica salvezza nazionale di Israele (Zaccaria 12:7-13:1; Gioele 2:28-32). Lo Spirito Santo sarà per forza presente  all’interno del grande dramma finale e la Sua presenza è assolutamente necessaria perché avvenga l’enorme mietitura internazionale dei santi della tribolazione di cui leggiamo in Apocalisse 7. Ma i dispensazionalisti pre-tribolazionisti si rifiutano di accettare l’idea di un risveglio durante la tribolazione.
Cosa sta succedendo? Gli insegnanti attuali hanno erroneamente identificato colui che trattiene l’Anticristo, di cui si parla in 2 Tessalonicesi 2, con lo Spirito Santo. Hanno stabilito che il Consolatore se ne andrà, privandoci della Sua divina onnipresenza. Lascerà il pianeta e il popolo eletto di Dio per sette anni, abbandonerà i santi durante i tre anni e mezzo della Prostituta e i tre e mezzo della grande tribolazione. Questo si accorda con le Scritture? Si accorda con ciò che sappiamo del nostro Dio e Spirito Santo?
La dottrina di Israele contro la chiesa suscita una escatologia molto strana e complicata, che potrà avere molte conseguenza politiche assai negative. Abbiamo già visto ciò che è stato causato dalla teologia tedesca della sostituzione e ora questo tipo di dispensazionalismo americano potrebbe porre le basi teologiche per portare ancora sofferenza alla nazione di Israele da parte di tutta la chiesa occidentale. I carnali fondamentalisti cristiani potranno dire:
“Questi ebrei ci stanno mettendo troppo a ravvedersi! Probabilmente non ce la faranno ad arrivare alla gloria. Perché, allora, la chiesa dovrebbe preoccuparsene? Io ho già il mio biglietto per la gloria. Io sarò presto fuori da qui!”.
Questa egoistica e irresponsabile escatologia ha escluso gli ebrei. Ma quando il rapimento pre-tribolazione non si verificherà, allora saranno veri dolori! I fondamentalisti cristiani potranno anche arrabbiarsi a morte con Dio per un’immaginaria “promessa infranta” e questa dottrina potrebbe innescare una nuova e più tremenda ondata di antisemitismo.
Molte vergognose manovre politiche nascono dal seme della cattiva teologia. Ricordiamo ciò che la storia ci insegna, quello che abbiamo visto accadere all’inizio della storia delle nazioni europee, e preghiamo che ciò non accada anche oggi in America.
I credenti cristiani devono tornare alla Bibbia e vedere la confluenza finale di Israele e chiesa nell’unico eletto. Dio ha chiamato solo un unico popolo prescelto, un’unica famiglia di Dio. Se oggi vediamo due gruppi distinti che dichiarano di essere eletti di Dio, ciò non vuol dire che la loro separazione debba rimanere tale per sempre. Nel discorso sul monte degli Olivi, il Messia ha detto che Egli radunerà il suo eletto, singolo, alla fine dei tempi (Matteo 24:31). Lo radunerà e glorificherà nell’ultimo giorno della resurrezione-rapimento. Radunerà tutti coloro che sono in Cristo alla Sua venuta (1 Corinzi 15:22-23).
Questo è il meraviglioso piano di Dio e richiede che sia completato il grande mandato, richiede la salvezza della nazione ebraica (Zaccaria 12) e la restaurazione di entrambe le case di Israele. Tutte verranno radunate l’ultimo giorno, come un unico eletto, un’unica grande famiglia felice. È un concetto semplice ed elegante, una verità biblica.

Il popolo eletto nel dramma della fine dei tempi: il travaglio della donna di Apocalisse 12

Una domanda  che spesso si fa è questa: chi è la donna che Giovanni vede in Apocalisse 12? Cosa rappresenta? Se ha una corona con dodici stelle, dobbiamo pensare che esse rappresentino tutto il popolo eletto di Dio, ebrei e non ebrei. Tale popolo entrerà nel crogiolo della fine dei tempi e, il rimanente, emergerà vittorioso all’apice della storia.
Si, questo sarà il tempo dell’angoscia di Giacobbe (Geremia 30:7) e comprenderà di certo la chiesa. La donna di Apocalisse 12 è una rappresentazione dell’eletto. Rappresenta ogni credente che è morto nella fede di Abramo e che ha creduto nel sangue dell’Agnello di Israele. In questo passo la vediamo compiere il suo magnifico destino indossando la corona con dodici stelle: entrerà nella gloria all’apice dell’era.
Quando contempliamo questa immagine, dobbiamo pensare che essa non rappresenta solo Israele come nazione ebraica. Ciò è vero, ma è anche molto di più. 

Vediamo la donna la prima volta nell’Eden, quando avrebbe portato il seme che schiaccerà la testa al serpente. Fu poi nella famiglia di Noè, che fu l’unico retto della sua generazione. Dopo ancora la vediamo lasciare Ur con Abramo, padre di tutti coloro che, per fede, videro una città con fondamenta eterne costruita e progettata da Dio. La vediamo divenire una nazione presso il monte Sinai dopo l’esodo. La donna di Israele è la “congregazione nel deserto”, che doveva entrare nella terra promessa (Atti 7:38). È l’Israele che diede i natali al Messia, duemila anni fa. La vediamo nella chiesa che emerse a Pentecoste e Giovanni la vide alla gloriosa fine dei tempi. La donna del destino che vediamo nelle Scritture è solo un’ulteriore immagine del popolo eletto di Dio.
La donna di Israele che Giovanni vide in Apocalisse 12 ha un diadema con dodici stelle. Questa non può essere una rappresentazione della casa di Giuda o della nazione ebraica solamente. Se vi sono dodici stelle sulla sua corona devono rappresentare l’Israele completamente restaurato e completato. È una ghirlanda di vittoria: la donna è vestita di sole, la gloria del Padre.
Il travaglio della donna non è limitato alla nascita di Gesù duemila anni fa. Dai rifermenti di Apocalisse 12 sappiamo che l’esilio della donna dura 1260 giorni o tre anni e mezzo (Apocalisse 12:6 e 12:14). Questa è un’immagine del popolo eletto di Dio nell’ultima metà della settantesima settimana di Daniele. È il tempo dell’angoscia di Giacobbe negli ultimi giorni.
Ahimè, perché quel giorno è grande; non ce ne fu mai altro di simile; è un tempo di angoscia per Giacobbe; ma tuttavia egli ne sarà salvato.
(Geremia 30:7)
Giovanni ci dice che alla donna saranno date grandi ali d’aquila e fuggirà alla sua dimora: non si parla qui forse dell’esilio di Bosra?
La donna sarà nutrita spiritualmente per 1260 giorni: i tre anni e mezzo della grande tribolazione.
Una di quelle dodici stelle è la reale tribù di Giuda. E le altre? Beniamino è con Giuda, quindi ne mancano dieci. Che ne è di loro? Dobbiamo pensare che tutte le dieci tribù disperse emergeranno da una nebbia misteriosa. Tutte e dodici ci saranno e porteranno con sé una moltitudine di compagni dal loro soggiorno nelle nazioni. Tutti i santi, di ogni razza, tribù ed etnia, saranno innestati nell’olivo di Israele (Romani 11). Nella donna di Apocalisse 12 vediamo l’Israele unificato. Il popolo eletto è uno solo, alla fine!
Quindi Dio non ha ordinato né immaginato una “apartheid del suo eletto”. Il popolo che vediamo radunato alla fine dei tempi viene dalla storia umana. Il popolo di Dio, ebrei e non ebrei, sarà unito alla fine della storia e una singola congregazione perverrà a Sion (Isaia 35).
Sono in viaggio per un’unica festa ad un’unica tavola con un unico Messia. La grande occasione sarà la Cena delle Nozze dell’Agnello.
I riscattati del Signore torneranno, verranno con canti di gioia a Sion; letizia eterna coronerà il loro capo, otterranno felicità e gioia; il dolore e il gemito fuggiranno.
(Isaia 51:11)
Grazia e pace siano su tutto l’eletto del signore.
di Gavin Finley

Per gentile concessione di Sequenza Profetica


"Beato il popolo che conosce il grido di giubilo, o Eterno, perché esso camminerà alla luce del tuo volto;  si rallegrerà tutto il giorno nel tuo nome ed esulterà nella tua giustizia. Sì, tu sei il vanto della loro forza, e col tuo favore accresci la nostra potenza. Poiché il nostro scudo appartiene all'Eterno e il nostro re al Santo d'Israele."
(Salmi 89:15-18) 

Consapevoli nella Parola

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