L'ira di Dio | CONSAPEVOLI NELLA PAROLA

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    • Pregare nel nome di Gesù

      Uno degli aspetti più importanti della vita cristiana, ma allo stesso tempo, uno degli aspetti più fraintesi, è la preghiera. Come è vero che la preghiera è uno degli aspetti più importanti della vita cristiana, è altrettanto vero che è estremamente facile sbagliare grandemente in questo campo. Un errore è quello di non pregare abbastanza. È molto facile credere di non avere tempo di pregare. Questo è un ragionamento sbagliato, perché alla base di questa convinzione c'è il pensiero che non abbiamo veramente bisogno di Dio. Però, dall'altro estremo, uno può anche pregare tanto, ma pregare in modo sbagliato. Vogliamo esaminare alcuni brani della Bibbia che parlano della preghiera, affinché possiamo averne un concetto più conforme alla Bibbia. Se preghiamo a modo nostro, che però non è conformato alle verità che Dio ci ha lasciato nella Bibbia, le nostre preghiere possono essere inutili, o peggio ancora, possono essere un'offesa a Dio. Perciò, prestate molta attenzione alle verità che Dio ci insegna nella sua parola sulla preghiera. La Bibbia insegna che dobbiamo pregare al PADRE. Troviamo questo insegnamento ripetutamente, come anche quello che lo Spirito Santo prega per noi. Ma la verità che vogliamo considerare molto più a fondo in questo studio riguarda il fatto che dobbiamo pregare nel nome di Gesù Cristo. Consideriamo, molto attentamente, che cosa significa pregare nel nome di Gesù. Chi può pregare? La prima verità da capire quando consideriamo la preghiera è: chi ha diritto di pregare? Ovvero, chi può pregare, avendo la certezza biblica che Dio lo ascolterà? Chiaramente, oggi, come sempre, tante persone pregano. Ma il fatto che tante persone pregano non significa che vengono ascoltate da Dio. Secondo la Bibbia, sono coloro che hanno Gesù Cristo come Signore e Salvatore, e perciò come Sacerdote e Mediatore, che possono pregare. Per esempio, in Ebrei 4:14-16, che è stato scritto per coloro che hanno Cristo come Sacerdote e Signore, leggiamo che è per mezzo di Lui che abbiamo accesso al trono di Dio per essere soccorsi. Quindi, è per mezzo di Cristo che possiamo pregare. Chi è senza Cristo non ha questo libero accesso al trono di Dio. Leggiamo il brano. “14 Avendo dunque un grande sommo sacerdote che è passato attraverso i cieli, Gesù, il Figlio di Dio, stiamo fermi nella fede che professiamo. 15 Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, poiché egli è stato tentato come noi in ogni cosa, senza commettere peccato. 16 Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovar grazia ed essere soccorsi al momento opportuno.” (Ebr 4:14-16) Quindi, solamente chi è un vero figlio di Dio ha diritto di pregare. A CHI si deve pregare? Quando preghiamo, a chi dobbiamo rivolgere le nostre preghiere? E' giusto pregare solo a Dio Padre, o si dovrebbe pregare anche a Gesù e allo Spirito Santo? Cosa ne dice la Bibbia? In Matt. 6:9 Gesù ci insegna a pregare, e Lui ci dichiara chiaramente di pregare a Dio Padre. “Voi dunque pregate così: "Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome;” (Mat 6:9) In Giov. 16:23 Gesù parla della preghiera al Padre. “In quel giorno non mi rivolgerete alcuna domanda. In verità, in verità vi dico che qualsiasi cosa domanderete al Padre nel mio nome, egli ve la darà.” (Giov 16:23) La Bibbia ci insegna ripetutamente, sia con insegnamenti, sia con esempi, che dobbiamo pregare a Dio Padre. Allora, qual è il ruolo di Gesù e qual è quello dello Spirito Santo? Se dobbiamo pregare a Dio Padre, che ruolo hanno Gesù Cristo e lo Spirito Santo? Nel nome di Gesù Gesù ci ha insegnato di pregare nel suo nome. Fra poco esamineremo questo concetto. Lo Spirito Santo Per quanto riguarda lo Spirito Santo, non esiste alcuna preghiera nella Bibbia rivolta allo Spirito Santo, tranne una profezia in Ezechiele 37. Quindi, visto che non esiste alcuna preghiera rivolta allo Spirito Santo, è chiaro che non dobbiamo pregare a Lui. Ma qual è il suo ruolo? Lo Spirito Santo ha il ruolo di glorificare Cristo e di indicarci la giusta strada per giungere a questo fine. “Egli mi glorificherà perché prenderà del mio e ve lo annuncerà.” (Giov 16:14) Si può anche leggere Giov. 14:14-26. Quando un grande faro illumina un palazzo di notte, se fa un buon lavoro, non lo si nota neanche, ma si nota ed ammira solamente il palazzo. Similmente lo Spirito Santo è come il faro: ci aiuta a vedere ed ammirare la persona di Gesù Cristo. Inoltre, lo Spirito Santo, prega per noi aiutandoci nel nostro debole ed incerto modo di porgere le nostre preghiere, perché, Egli conosce Dio nel suo profondo. “26 Allo stesso modo ancora, lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché non sappiamo pregare come si conviene; ma lo Spirito intercede per noi con sospiri ineffabili; 27 e colui che esamina i cuori sa quale sia il desiderio dello Spirito, perché egli intercede per i santi secondo il volere di Dio.” (Rom 8:26-27) Che consolazione! Quindi, a chi dobbiamo pregare? Dobbiamo pregare a Dio Padre, nel nome di Gesù Cristo. per COSA si deve pregare? Per che cosa dobbiamo pregare? Possiamo pregare per qualsiasi cosa? Dio esaudisce ogni preghiera? È possibile chiedere qualsiasi cosa nel nome di Gesù, oppure, pregare nel nome di Gesù ci limita nelle nostre richieste? Chiaramente, nella carne, l'uomo prega per ottenere tutto quello che desidera. Prega per avere buona salute o per una guarigione, prega per avere successo negli affari, prega di superare gli esami a scuola, prega per avere sicurezza in viaggio, prega per un buon tempo durante le vacanze. Che cosa ne dice la Bibbia? Esaminiamo alcuni brani fondamentali sulla preghiera. Questi brani sono importanti per il loro insegnamento, ma spesso vengono presi fuori contesto ed interpretati male. Quando abbiamo un concetto sbagliato della preghiera, questo ci fa molto male spiritualmente. Giovanni 14 Consideriamo per primo il brano in Giovanni 14:12-14. Leggiamolo. “12 In verità, in verità vi dico che chi crede in me farà anch’egli le opere che faccio io; e ne farà di maggiori, perché io me ne vado al Padre; 13 e quello che chiederete nel mio nome, lo farò; affinché il Padre sia glorificato nel Figlio. 14 Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.” (Giov 14:12-14) Prima di esaminare con cura questi versetti, ricordiamoci che a volte siamo tutti tentati di voler far dire alla Bibbia quello che ci è comodo. Cioè, nella carne, abbiamo la tendenza di interpretare la Bibbia non in base a quello che è realmente scritto, ma in base a quello che ci è comodo. Quindi, dobbiamo sforzarci di dividere rettamente questo brano. Alcuni credenti, e purtroppo anche delle chiese intere, interpretano erroneamente questo brano dicendo che noi possiamo chiedere qualsiasi cosa che desideriamo nel nome di Gesù, e Dio sicuramente ci esaudirà. Questo implica che la frase “nel nome di Gesù” diventa quasi una formula magica che ci fa ottenere quello che vogliamo. Questa falsa interpretazione fa diventare Dio il nostro servo celeste, soggetto ad ubbidire alla nostra volontà. Chi insegna questa falsa interpretazione cita la parte del brano che dichiara: “quello che chiederete nel mio nome, io la farò”, come se tutto l'insegnamento fosse racchiuso lì. Chi crede a questa menzogna, pensa che se preghiamo qualcosa con cuore, Dio la farà. Questo è un pensiero molto falso, e molto pericoloso. Pensiamo a come una persona che crede a questa falsità potrebbe pregare in diverse situazioni. Immaginate un credente che lavora in proprio. La sua attività comincia ad andare molto male, e lui rischia di perdere tutto. Non solo, ma ha anche dei grossi debiti con la banca legati all'attività. Citando questo versetto, egli chiede a Dio di salvare la sua attività. Perciò questo credente è sicuro, visto che ha pregato nel nome di Gesù, che Dio salverà la sua ditta. In un secondo esempio, un credente ha un figlio adulto ribelle, lontano dal Signore. Il credente prega, citando questo versetto, e così è convinto che Dio salverà suo figlio. In un altro esempio, un credente ha un figlio con una grave malattia. Il credente, prega, e citando questo versetto, dichiara che è sicuro che Dio guarirà suo figlio, visto che è convinto che si può ottenere qualsiasi cosa se la si chiede a Dio nel nome di Gesù. In un altro esempio, un credente sta cercando di comprare una casa, e avendone trovato una che gli piace tantissimo, prega, chiedendo a Dio di operare in modo che il proprietario abbassi il prezzo abbastanza da permettergli di comprarla. È convinto che Dio opererà per fargli ottenere quella casa al prezzo che desidera. Senza andare ad analizzare questi esempi in dettaglio, considerate il principio che sta alla base di questo modo di pensare. Se fosse vero che possiamo chiedere a Dio qualsiasi cosa che desideriamo, avendo la certezza che Lui ci esaudirà solamente perché abbiamo citato la frase “nel nome di Gesù”, allora, Dio diventerebbe il nostro servo celeste, pronto ad esaudire ogni nostra richiesta. Dio sarebbe soggetto alla nostra volontà. Se è così, allora Gesù ha sbagliato quando ha insegnato il Padre Nostro, perché avrebbe dovuto insegnarci a pregare: “sia fatta la nostra volontà, non la Tua” Però, Dio NON è il nostro servo, e NON esiste per esaudire le nostre preghiere come vogliamo noi. Non dobbiamo pregare che la nostra volontà sia fatta, ma che la volontà di DIO sia fatta! Ci sono tante verità bibliche che ci aiutano a capire questo principio. Per esempio, leggiamo Matteo 26:39, quando Gesù era nel Giardino: “E, andato un po’ più avanti, si gettò con la faccia a terra, pregando, e dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non come voglio io, ma come tu vuoi».” (Mat 26:39) Gesù, nonostante i suoi diritti di Figlio di Dio, non chiese al Padre che cambiasse la sua volontà per esaudire la propria richiesta. Piuttosto, rese nota la sua richiesta al Padre, e poi, chiese che la volontà del Padre fosse fatta, non la sua. In Luca 22, Gesù stava preparando i discepoli per la sua morte. Egli spiegò a Pietro che sarebbe stato provato duramente. Notiamo che Gesù non chiese che Pietro potesse evitare la prova, pregò solamente per la fede di Pietro. Vi leggo. “31 «Simone, Simone, ecco, Satana ha chiesto di vagliarvi come si vaglia il grano; 32 ma io ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno; e tu, quando sarai convertito, fortifica i tuoi fratelli».” (Luca 22:31-32) Gesù NON ha chiesto che Dio gli togliesse la prova. In Apocalisse 2, Gesù sta parlando alle sette chiese. Notiamo quello che dichiara alla chiesa di Smirne. “8 «All’angelo della chiesa di Smirne scrivi: Queste cose dice il primo e l’ultimo, che fu morto e tornò in vita: 9 Io conosco la tua tribolazione, la tua povertà (tuttavia sei ricco) e le calunnie lanciate da quelli che dicono di essere Giudei e non lo sono, ma sono una sinagoga di Satana. 10 Non temere quello che avrai da soffrire; ecco, il diavolo sta per cacciare alcuni di voi in prigione, per mettervi alla prova, e avrete una tribolazione per dieci giorni. Sii fedele fino alla morte e io ti darò la corona della vita. 11 Chi ha orecchi ascolti ciò che che lo Spirito dice alle chiese. Chi vince non sarà colpito dalla morte seconda.” (Apo 2:8-11) Egli spiegò che vari credenti in questa chiesa sarebbero stati messi a morte per la loro fede. Possiamo presumere che questi credenti erano padri e madri, e avessero le loro famiglie. Però, è evidente che la volontà di Dio per loro era che morissero per la loro fede. Dal brano però comprendiamo che la morte fisica non era una sconfitta, perché poi Gesù dichiarò che se quei credenti fossero rimasti fedeli fino alla morte, avrebbe dato loro la corona della vita. Quindi, Dio aveva stabilito il suo piano per quei credenti, e nessuna loro preghiera avrebbe potuto cambiare il perfetto piano di Dio. Non dovevano pregare Dio affinché li salvasse dalla morte fisica, presumendo per di più che Dio li avrebbe esauditi. Infatti, Dio ha un piano perfetto, che è la SUA propria volontà, e Dio fa TUTTO secondo la decisione della Sua volontà. È importante capire questa verità basilare. Quello che Dio fa, lo fa secondo la decisione della Sua volontà. Leggiamo Efesini 1:11 “In lui siamo anche stati fatti eredi, essendo stati predestinati secondo il proposito di colui che compie ogni cosa secondo la decisione della propria volontà,” (Efe 1:11) Se le nostre preghiere potessero cambiare la volontà di Dio, il mondo non sarebbe stabile, Dio non sarebbe Dio, e nulla sarebbe sicuro. La volontà di Dio cambierebbe di minuto in minuto, in base alle diverse preghiere che Gli arrivano da tutto il mondo. Se le nostre preghiere potessero cambiare la volontà di Dio, per esempio, non sarebbe vero quello che è scritto nel Salmo 139:15,16 che riguarda il momento della nostra morte e di quella dei nostri cari. “15 Le mie ossa non ti erano nascoste, quando fui formato in segreto e intessuto nelle profondità della terra. 16 I tuoi occhi videro la massa informe del mio corpo e nel tuo libro erano tutti scritti i giorni che mi eran destinati, quando nessuno d’essi era sorto ancora.” (Sal 139:15-16) Se Dio ci desse qualunque cosa che Gli chiediamo, questo brano non sarebbe vero, perché tante persone, vedendo arrivare la morte, pregherebbero, chiedendoGli di guarire o di superare il pericolo, e in questo modo sarebbe stata fatta la loro volontà, non quella di Dio. Se fosse così la morte non dipenderebbe più dalla volontà di Dio, ma dalla volontà dell'uomo. Non arriverebbe più al momento stabilito nel libro di Dio, ma nel momento stabilito da noi. Ma non è così! Non è l'uomo che stabilisce quando morirà, come non è l'uomo che stabilisce quando un certo problema deve risolversi come vuole lui. È il Signore che opera tutte le cose secondo la decisione della Sua volontà! Per esempio, leggiamo in 1Samuele 2:6-8 “6 Il SIGNORE fa morire e fa vivere; fa scendere nel soggiorno dei morti e ne fa risalire. 7 Il SIGNORE fa impoverire e fa arricchire, egli abbassa e innalza. 8 Alza il misero dalla polvere e innalza il povero dal letame, per farli sedere con i nobili, per farli eredi di un trono di gloria; poiché le colonne della terra sono del SIGNORE e su queste ha poggiato il mondo.” (1Sam 2:6-8) E' il Signore che determina le cose, tramite le nostre preghiere, non noi! Allora, qual è il senso di Giovanni 14:13, quando Gesù dichiara:    “e quello che chiederete nel mio nome, lo farò” (Giov 14:13)? Per capire bene questa verità, dobbiamo leggere non solo questa frase, ma tutto il suo contesto. Cosa significa “nel mio nome”? Dobbiamo capire il senso della frase, “nel mio nome”. Dobbiamo anche capire il motivo che ci spinge a pregare nel nome di Gesù. Gesù stesso ci spiega questa motivazione. Infine, dobbiamo capire altre condizioni che la Bibbia ci dà per poter pregare. Molto spesso, un brano non insegna tutta la verità biblica di un certo argomento, e deve essere considerato insieme ad altri brani. Quindi, qual è il senso della frase: “nel mio nome?” Chiedere “nel nome di Gesù” non è una formula magica che, aggiunta ad una preghiera, costringe Dio ad esaudirci. A quel punto, Dio sarebbe il nostro servo, e noi saremo i sovrani. Ma non è così! Pregare “nel nome di Gesù” non è una frase che si aggiunge a qualsiasi preghiera, per garantire che Dio farà come Gli abbiamo chiesto. Invece significa almeno due cose: 1. chiedere per i Suoi meriti Prima di tutto, pregare nel nome di Gesù significa pregare per i Suoi meriti, riconoscendo che noi non ne abbiamo. Nessun di noi merita alcuna cosa buona da Dio. Quindi, dobbiamo chiedere per i meriti di Gesù. Se chiedo un favore al mio migliore amico, lo chiedo nel mio proprio nome, cioè riconoscendomi degno, visto che sono il SUO migliore amico, che mi venga fatto questo favore. Però, se devo chiedere un grande favore all'amico del mio amico, che non conosco personalmente, so di non meritare da lui nulla (visto che non mi conosce), e perciò, non gli chiedo nel mio nome, ma gli chiedo nel nome del mio amico. Allora, chiedere nel nome di Gesù necessariamente implica un cuore umile. Chi chiede nel nome di Gesù SA che, per conto suo, non merita nulla da Dio. Perciò, questa consapevolezza della propria insufficienza cambia anche la richiesta stessa. Infatti chi sa di non aver nessun merito, non pretende nulla, e non considera Dio come Colui che esiste per esaudire i nostri desideri. Sa che Dio è sovrano, e va ai piedi di Dio umilmente, pronto ad essere sottomesso alla Sua volontà. Tutti questi sono aspetti del pregare nel nome di Gesù. 2. chiedere secondo la volontà di Gesù Dobbiamo però considerare anche una seconda verità estremamente importante nel fatto di chiedere nel nome di Gesù. Chiedere nel nome di Gesù significa anche chiedere secondo la Sua volontà, non la nostra. È importantissimo capire questo principio. Ripeto: chiedere nel nome di Gesù significa chiedere secondo la SUA volontà, non la nostra. Un soldato semplice, che porta gli ordini dati dal comandante agli altri, chiede nel nome del comandante. Non chiede quello che vuole lui, chiede quello che è la volontà del comandante. Infatti, se dovesse chiedere quello che vuole lui, usando il nome del comandante per ottenerla, sarebbe colpevole di un grave reato. In 1Giovanni 5:14,15, leggiamo una chiara spiegazione di quali sono le preghiere che Dio esaudirà. Leggiamo. “14 Questa è la fiducia che abbiamo in lui: che se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce. 15 Se sappiamo che egli ci esaudisce in ciò che gli chiediamo, noi sappiamo di aver le cose che gli abbiamo chieste.” (1Giov 5:14-15) Avete notato la frase: “se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce”? Chiedere nel nome di Gesù DEVE essere secondo la SUA volontà, non la nostra. Quindi, se preghiamo per ottenere qualcosa che desideriamo tantissimo, ma se non è la volontà di Dio, non possiamo chiederla nel nome di Gesù. Se preghiamo per quello che vogliamo noi, e aggiungiamo le parole, “nel nome di Gesù”, siamo come i pagani, usando quelle parole come un talismano, cercando di controllare Dio. Quindi, ricordiamo che chiedere nel nome di Gesù significa chiedere con umiltà, sapendo di non meritare alcuna cosa buona da Dio, e questo atteggiamento ci aiuta ad accettare qualsiasi cosa che Egli ci darà. Significa anche chiedere secondo la volontà di Cristo, non seconda la nostra volontà. Affinché il Padre sia glorificato Allora, qual è il senso di Giovanni 14:12-14? Per capire correttamente questo brano, dobbiamo leggerlo tutto, e leggere anche il suo contesto. “12 In verità, in verità vi dico che chi crede in me farà anch’egli le opere che faccio io; e ne farà di maggiori, perché io me ne vado al Padre; 13 e quello che chiederete nel mio nome, lo farò; affinché il Padre sia glorificato nel Figlio. 14 Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.” (Giov 14:12-14) Notiamo che le richieste che facciamo qua sono legate al fare opere per la gloria di Dio, e infatti, il MOTIVO per cui Gesù ci esaudisce è per glorificare il Padre. Gesù non risponde ad ogni nostra richiesta. Risponde se la richiesta glorificherà il Padre. Infatti, in Giacomo 4:2-4 leggiamo: “2 Voi bramate e non avete; voi uccidete e invidiate e non potete ottenere; voi litigate e fate la guerra; non avete, perché non domandate; 3 domandate e non ricevete, perché domandate male per spendere nei vostri piaceri. 4 O gente adultera, non sapete che l’amicizia del mondo è inimicizia verso Dio? Chi dunque vuol essere amico del mondo si rende nemico di Dio.” (Giacomo 4:2-4) Non avete perché non domandate, ovvero, perché non pregate, e se domandate spesso non ricevete, perché domandate per spendere nei vostri piaceri. Quando chiediamo per ottenere quella che è la nostra volontà, Dio non risponde. Torniamo agli esempi che ho dato all'inizio di questo studio. Pensiamo all'uomo che lavora in proprio e la sua attività comincia ad andare molto male, e si ritrova con tanti debiti. Egli prega Dio affinché salvi la sua attività. Sta pregando affinché Dio risolva i suoi problemi. Non sta cercando la gloria di Dio. Nell'esempio del genitore che ha un figlio che spiritualmente cammina male (che è ribelle), quel credente chiaramente vuole che suo figlio sia salvato. È buono pregare per la salvezza dei nostri cari. Però, in un certo senso, quella preghiera può essere anche un frutto di egoismo, perché quel genitore non sta cercando per prima cosa la gloria di Dio. Non gli pesa il fatto che tanti altri genitori hanno figli ribelli. Egli vuole che SUO figlio sia salvato. Sta pensando, in fin dei conti, a se stesso. Poi ho fatto l'esempio del credente con il figlio con una grave malattia. Il genitore vuole che il figlio sia guarito, perché vuole il piacere di goderlo per tanti anni ancora. Però, nemmeno questa richiesta è cercare la gloria di Dio. È una preghiera per non dover subire la sofferenza della morte di una persona cara.    Poi c'era il credente che chiedeva l'intervento di Dio affinché potesse comprare la casa che gli piaceva tanto. Anche qua, il credente sta cercando di ottenere da Dio quello che sarebbe il suo gradimento. Non sta cercando in primo luogo la gloria di Dio. Quindi, non dobbiamo credere la terribile menzogna che basta pregare aggiungendo la frase “nel nome di Gesù” e possiamo essere sicuri che Dio ci darà quello che Gli chiediamo. Chiedere nel nome di Gesù significa chiedere che sia fatta la Sua volontà e significa anche farlo con un cuore umile, che quindi cerca non il proprio comodo, ma la gloria di Dio. Un brutto risultato Che cosa succede, quando uno crede la menzogna che Dio esaudirà qualsiasi sua richiesta? Quando Dio NON esaudisce quella preghiera, la fede di quel credente viene fortemente scossa. Egli sta molto male, e solitamente, o cade in grave depressione spirituale, oppure, si arrabbia con Dio. Perciò credendo a quella menzogna quel credente rimane deluso di Dio. Giov. 15:5-7,16 Quindi, è importante capire il senso vero dei principi di Giovanni 14. Per capire meglio questo discorso, esaminiamo qualche altro brano in cui Gesù parla della preghiera. Questi brani fanno parte del contesto di Giovanni 14. Giovanni 15:5-7 “5 Io sono la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro, porta molto frutto; perché senza di me non potete far nulla. 6 Se uno non dimora in me, è gettato via come il tralcio, e si secca; questi tralci si raccolgono, si gettano nel fuoco e si bruciano. 7 Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi, domandate quello che volete e vi sarà fatto.” (Giov 15:5-7) Qui, Gesù insegna che dobbiamo dimorare in Lui, e che lo scopo è affinché possiamo portare molto frutto. Poi, Egli dichiara che solamente se dimoriamo in Lui e se le sue parole dimorano in noi, sarà fatto quello che domandiamo. Questa è una condizione importantissima. “Dimorare in Cristo” significa essere in una condizione di umiltà, di santità di vita e di sottomissione alla sua volontà. Quando le parole di Cristo dimorano in noi, esse ci esortano a conoscere e a seguire la Parola di Dio. Quindi, non viviamo più per la nostra volontà, ma per la sua. Solamente se ci ritroviamo in questa condizione possiamo domandare a Dio quello che vogliamo e ci sarà fatto, perché significherà che domanderemo quella che è la volontà di Dio. Un altro versetto importante è Giovanni 15:16 “Non siete voi che avete scelto me, ma sono io che ho scelto voi, e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; affinché tutto quello che chiederete al Padre, nel mio nome, egli ve lo dia.” (Giov 15:16) Gesù risponde alle nostre preghiere quando servono per portare frutto che rimane in eterno. Ostacoli alle nostre preghiere È importante menzionare alcuni ostacoli alle nostre preghiere. L'orgoglio Una cosa che ostacola sempre la preghiere è l'orgoglio. Se abbiamo orgoglio, Dio si allontana da noi. “Il SIGNORE è vicino a quelli che hanno il cuore afflitto, salva gli umili di spirito.” (Sal 34:18) Quando abbiamo orgoglio non confessato, Dio resta lontano da noi. Possiamo fare bella figura davanti agli altri, possiamo apparire di essere zelanti, possiamo pregare tanto, ma sarà tutto inutile, tutto invano. Fino a quando non confessiamo il nostro orgoglio, Dio resterà lontano da noi. Mancanza di fede Un altro ostacolo alle nostre preghiere è la mancanza di fede, come leggiamo in Giacomo 1. “5 Se poi qualcuno di voi manca di saggezza, la chieda a Dio che dona a tutti generosamente senza rinfacciare, e gli sarà data. 6 Ma la chieda con fede, senza dubitare; perché chi dubita rassomiglia a un’onda del mare, agitata dal vento e spinta qua e là. 7 Un tale uomo non pensi di ricevere qualcosa dal Signore,” (Giac 1:5-7) Questo brano ci insegna l'importanza della fede. Chiaramente, dobbiamo ricordare le altre verità che abbiamo visto. Se prego qualcosa che non è secondo la volontà di Dio, posso avere la fede più grande del mondo, ma Dio non mi risponderà. Però, dall'altro lato, quando preghiamo secondo la volontà di Dio, è importante avere fede in Dio. Così, Dio viene glorificato, e noi saremo edificati. La Preghiera fatta con egoismo Abbiamo già menzionato prima che Dio non risponde alle preghiere fatte con egoismo, cioè, alle preghiere attraverso le quali vogliamo ottenere qualcosa NON per la gloria di Dio, ma perché è il nostro desiderio. Questo è ciò che ci dice Giacomo 4, quando parla delle preghiere fatte per spendere nei piaceri. Dobbiamo pregare, invece, per la gloria di Dio. Come conoscere la volontà di Gesù Visto che la preghiera che Dio esaudisce è quella preghiera fatta secondo la sua volontà, come possiamo sapere qual'è la volontà di Dio? Dio ci ha già rivelato molto della sua volontà, e ci insegna anche il modo in cui pregare quando non la conosciamo. Prima di tutto, come dobbiamo pregare quando non siamo sicuri della volontà di Dio? Sappiamo quasi sempre quello che vorremmo noi, ma come dobbiamo pregare quando non siamo sicuri della volontà di Dio? Gesù stesso ci dà un esempio di come pregare in questi casi in Matt. 26:39; Marco 14:36; Luca 22:42. Leggo da Matteo. “E, andato un po’ più avanti, si gettò con la faccia a terra, pregando, e dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non come voglio io, ma come tu vuoi».” (Mat 26:39) Nella sua umanità, Gesù non voleva affrontare la sofferenza che sapeva di dover subire sulla croce. Però, il suo desiderio più forte rispetto al non voler subire quelle sofferenze, fu quello di voler fare la volontà del Padre. Quindi, ha esposto a Dio il suo desiderio, ma chiese che fosse fatta la volontà di Dio. Ed è così che anche noi dobbiamo pregare, quando non conosciamo con certezza la volontà di Dio in una certa situazione. Certamente possiamo portare tutti i nostri pesi a Dio, e anche dirGli quello che sarebbe il nostro desiderio, però poi dobbiamo confidare nella sua perfetta saggezza, e chiedere che sia fatta la Sua volontà. Conclusione La preghiera è una parte essenziale della vita cristiana e della nostra crescita. La preghiera è la nostra comunicazione con Dio, mentre lo studio della Bibbia è ascoltare Dio che ci parla. E importante pregare, però, è importante pregare nel modo che Dio stabilisce, per le cose giuste. L'unico vero accesso a Dio che abbiamo è quello per mezzo di Gesù, per merito di Cristo. Non solo, ma dobbiamo pregare secondo la SUA volontà, non secondo la nostra. Quando non siamo sicuri della volontà di Dio, è importante accettare la sua volontà, anche se è il contrario di quello che vorremmo noi. Infatti noi non sappiamo qual è la cosa migliore. Dobbiamo avere fede che la volontà di Dio è la cosa perfetta, anche se non siamo in grado di capire tutto quello che Dio sta facendo. Preghiamo, chiedendo che la volontà perfetta di Dio sia fatta! Preghiamo poi con fede, fede che Dio ci ascolta e ci esaudisce sempre, secondo la sua perfetta volontà. Non dimentichiamo che la preghiera non serve solo per fare richieste a Dio. Anche il ringraziamento ne è una parte molto importante. Inoltre, la preghiera serve anche per confessare i nostri peccati. E serve poi principalmente per chiedere che Dio sia glorificato. Le nostre richieste dovrebbero sempre essere per la gloria di Dio. Oh che possiamo diventare un popolo che prega sempre di più, non vedendo Dio come un servo celeste che esiste per darci quello che vogliamo noi, ma essendo spinti dal desiderio di vedere il nostro grande Dio glorificato! La nostra vera gioia, quella che ci riempirà per tutta l'eternità, consisterà nel vedere Dio glorificato. Quindi, che la gloria di Dio sia il desiderio del nostro cuore! Marco deFelice "Questa è la fiducia che abbiamo in lui: che se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce. Se sappiamo che egli ci esaudisce in ciò che gli chiediamo, noi sappiamo di aver le cose che gli abbiamo chieste" (1 Giovanni 5:14-15) «Ti è piaciuto questo articolo? Non perderti i post futuri seguendoci»

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sabato 9 febbraio 2013
Unknown

L'ira di Dio

ira
Vorrei attirare la vostra attenzione su tre parole e sul loro significato, come viene dato da un semplice vocabolario. Le parole sono: ira, collera, e indignazione. Ed eccone il significato nelle loro diverse accezioni.

Ira: (l'antico vocabolo inglese "wrath") nel mio dizionario è spiegato così: collera, indignazione profonda e intensa. Improvvisa accensione d'animo contro qualcuno.

Collera: giusto sdegno e furore. Moto di sdegnato malcontento e forte ostilità, originato da un senso di offesa o d'insulto.

Indignazione:
giusta collera causata da ingiustizia e viltà. Condizione spirituale caratterizzata da vibrante sentimento verso cosa che si ritiene riprovevole.

Ecco cos'è l'ira. 
E l'ira, ci dice la Bibbia, è un attributo di Dio.

I. Un argomento impopolare

Quando vediamo che la Bibbia parla di "ira di Dio",  oggi siamo stati abituati  a "spiegarla" o a ignorarla come qualcosa di imbarazzante che non riusciamo a inquadrare nell'immagine che ci siamo fatti di Dio.
Coloro che ancora credono nell'ira di Dio (non tutti ci credono) ne dicono poco e forse neanche ci pensano tanto. In un'epoca che si è venduta spudoratamente agli dèi dell'ingordigia, dell'orgoglio, del sesso e della caparbietà, la Chiesa va biascicando sulla bontà di Dio, ma non dice praticamente nulla in merito al Suo giudizio. Quante prediche avete sentito negli ultimi anni sull'ira di Dio? All'interno di tutta la Chiesa cristiana si tende oggi a minimizzare questo argomento. Quante volte, l'anno scorso, hai ascoltato o, se sei un pastore, hai predicato, un sermone sull'ira di Dio? Da quanto tempo, mi chiedo, non avviene che un cristiano parli chiaramente su questo tema per radio, o alla televisione, o in quei brevi articoletti di mezza colonna che appaiono su alcuni quotidiani e periodici? (E se qualcuno l'avesse fatto, quanto tempo passerebbe prima che gli chiedano di parlare o scrivere di nuovo?) Il fatto è che, nella società moderna, il tema dell'ira divina è diventato tabù, e i cristiani, generalmente parlando, hanno accettato questo tabù e si sono autocondizionati a non sollevare più la questione. Potremmo chiederci se sia giusto che le cose vadano in questo modo; in effetti, la Bibbia si comporta in maniera molto diversa.

La Bibbia, infatti, non si vergogna di parlarne: forse non è stato mai troppo popolare parlare dell'ira di Dio, ma gli scrittori biblici lo fanno costantemente. Una delle cose più impressionanti dell'intera Bibbia è infatti il vigore con il quale entrambi i Testamenti mettono in rilievo la realtà della temibile ira di Dio. Disse un teologo: "Basta uno studio nella Concordanza biblica per mostrare come nella Scrittura vi siano più riferimenti alla rabbia, alla furia, ed all'ira di Dio, di quanto ve ne siano sul Suo amore e sulla Sua tenerezza".

La Bibbia spiega chiaramente che proprio come Dio è buono verso coloro che confidano in Lui, tanto Egli è terribile verso coloro che non lo fanno. "L'Eterno è un Dio geloso e vendicatore; l'Eterno è vendicatore e pieno di furore. L'Eterno si vendica dei suoi avversari e conserva l'ira per i suoi nemici. L'Eterno è lento all'ira e grande in potenza, ma non lascia affatto impunito il malvagio... Chi può resistere davanti alla sua indignazione e chi può sopportare l'ardore della sua ira? Il suo furore è riversato come fuoco, e le rocce sono da lui frantumate. L'eterno è buono, una fortezza nel giorno dell'avversità; egli conosce quelli che si rifugiano in lui. Ma ...i suoi nemici saranno inseguiti dalle tenebre"(Nahum 1:2-8).

E' questo forse solo il linguaggio dell'Antico Testamento? No, l'attesa di Paolo, che il Signore Gesù appaia un giorno "in un fuoco fiammeggiante, per far vendetta di coloro che non conoscono Dio, e di coloro che non ubbidiscono al vangelo del nostro Signore Gesù. Essi saranno puniti di eterna rovina, respinti dalla presenza del Signore e dalla gloria della sua potenza, quando verrà per essere in quel giorno glorificato nei suoi santi" (2 Ts. 1:8ss.), basta da sola a ricordarci che l'enfasi di Nahum non è una caratteristica del solo Antico Testamento. In effetti, in tutto il Nuovo Testamento "l'ira di Dio", "l' ira", o semplicemente "ira", sono praticamente termini tecnici per descrivere la sortita di Dio per un'azione punitiva, con qualsiasi mezzo, nei confronti di coloro che Lo hanno sfidato (vedi Romani 1:18; 2:5; 5:9; 12:19; 13:4sg.; I Tessalonicesi 1:10; 2:16; 5:9; Apocalisse 6:16sg.; 16:19; Luca 21:22-24; ecc.), basta per rilevare come l'ira di Dio faccia anche parte del messaggio del Nuovo Testamento.

La Bibbia, inoltre, non ci fa conoscere l'ira di Dio solo in termini generali come quelli appena citati. La storia biblica, proclama chiaramente sia la severità come la bontà di Dio, tanto che possiamo dire che, a seconda dalla prospettiva in cui la guardiamo, la Bibbia è tanto un libro che parla dell'amore di Dio, come un libro che parla dell'ira di Dio.

Evidentemente, il tema dell'ira di Dio è uno di quelli di fronte ai quali gli scrittori biblici non provano nessuna inibizione. Perché allora dovremmo averne noi? Perché mai, se la Bibbia stessa ne parla, dovremmo sentirci noi in dovere di tacere? Cos'è che ci rende imbarazzati e impacciati quando salta fuori questo argomento, e cos'è che ci spinge a metterlo in sordina e a eluderlo, quando siamo interrogati in proposito? Che cosa c'è alla base delle nostre esitazioni e difficoltà?  Pensiamo piuttosto ai molti che si considerano "dentro", che hanno salde convinzioni sull'amore e sulla pietà di Dio, sull'opera redentrice del Signore Gesù Cristo, e che seguono la Scrittura con fermezza per altre questioni, mentre su questo punto si dimostrano molto esitanti ad attenervisi con altrettanta fermezza.? Non abbiamo in mente ora che, per quelli il rifiuto del concetto dell'ira divina, indichi soltanto che non sono disposti a prendere sul serio nessun punto della fede biblica?

II. Il perché di un imbarazzo


1. Indegna di Dio?


La causa prima del fatto che non ci piaccia di sentir parlare dell'ira di Dio sorge in primo luogo dalla nostra sensazione che in qualche modo l'ira sia indegna di Dio. Alcuni infatti considerano l'ira nelle prime accezioni date dal nostro vocabolario, cioè un'improvvisa accensione d'animo contro qualcuno che si manifesta con grida, strepiti, atti violenti, improperi, minacce, offese o, quanto meno, con parole o gesti inconsulti. Come quando si dice "vederci rosso", una reazione in parte o completamente irrazionale. Per altri 'ira' suggerisce l'idea di consapevole impotenza, orgoglio ferito, o semplicemente di un 'brutto carattere'. Come si fa dunque a riferire questo a Dio?

Lo sarebbe certamente, ribatto io, ma la Bibbia non ci chiede di farlo. Sembra emergere qui un'incomprensione del linguaggio "antropomorfico" della Scrittura, cioè, la consuetudine biblica di descrivere gli atteggiamenti e i sentimenti di Dio in termini solitamente usati per parlare dell'uomo. Alla base di questa consuetudine c'è il fatto che Dio ha creato l'uomo a Sua propria immagine, di modo che la personalità e il carattere dell'essere umano sono più simili all'essere di Dio di qualsiasi altra cosa che conosciamo. Ma quando la Scrittura parla di Dio in maniera antropomorfica, non intende che le limitazioni e le imperfezioni, proprie delle caratteristiche personali di creature peccatrici come noi, appartengano anche alle corrispondenti qualità proprie del nostro santo Creatore; anzi, dà per scontato il contrario.

Il termine 'ira' è solo illustrativo della realtà, e deve essere compreso in confronto all'intero complesso della divina rivelazione, e non a totale somiglianza con i fenomeni che avvengono nel nostro mondo umano decaduto.

Anche per l'uomo vi può essere una collera giustificata, un giusto sdegno e furore. Forse il termine "indignazione" rende meglio l'idea, un'indignazione nei confronti del male che lo spinge a prendere senza ritardo dei provvedimenti.

Perciò, l'amore di Dio, com'è inteso nella Bibbia, non Lo induce mai a compiere azioni folli, impulsive, immorali, come invece la controparte umana di questo amore fa spesso con noi. Dio non è un essere umano e non dobbiamo attribuirGli le debolezze umane. Analogamente, l'ira di Dio nella Bibbia non è mai capricciosa, indulgente con sé stessa, irritabile, moralmente ignobile, com'è invece molto spesso la collera umana. Dio manifesta la Sua ira solo quando è giusto e necessario, quando cioè si tratta di una necessaria e giusta reazione ad un male oggettivo e morale. Dio si adira soltanto quando è necessario adirarsi. Perfino tra gli uomini esiste una cosiddetta giusta indignazione, benché sia forse rara da trovare. Ma l'indignazione di Dio è sempre giusta. Un Dio che si compiacesse tanto del male quanto del bene, sarebbe un buon Dio? Un Dio che non reagisse al male nel Suo mondo, sarebbe un Dio moralmente perfetto? Sicuramente no. Ma è proprio questa reazione contraria al male, la quale è una componente necessaria della perfezione morale, che la Bibbia ha in vista quando parla dell'ira di Dio. L'ira di Dio è una necessaria componente della Sua perfezione morale.

2. Crudele? 


Ad altri, poi, il pensiero dell'" ira" divina richiama alla mente la crudeltà. Forse pensano a quanto hanno sentito dire sul famoso sermone evangelistico di Jonathan Edwards, Sinners in the Hands of an Angry God [Peccatori nelle mani di un Dio in collera], di cui Dio si servì per operare un risveglio spirituale nella città di Enfield, nel New England, nel 1741. In questo sermone Edwards, ampliando il tema dice: "Gli uomini naturali sono tenuti sospesi nella mano di Dio sull'abisso dell'inferno", fece uso di alcune vivissime immagini di fornaci ardenti, per far sentire alla congregazione l'orrore della propria condizione e dar forza così alla sua conclusione: "Perciò, che ognuno di quelli che sono lontani da Cristo si risvegli ora e fugga dall'ira a venire!". Ciò, tuttavia, non risponde interamente al punto di vista rilevato dai critici di Edwards, secondo cui un Dio in grado d'infliggere punizioni che necessitano di espressioni di questo genere per essere descritte dev'essere senz'altro un mostro feroce e crudele. È proprio questo che ne consegue?

L'ira di Dio, poi, sarebbe qualcosa di crudele? No di certo. In primo luogo, l'ira di Dio, nella Bibbia, è sempre quella del Giudice che amministra la giustizia. Quando si accende l'ira di Dio su qualcuno, potete stare certi che è quello che si merita.  "Il giorno dell'ira", dice Paolo, è anche il giorno "della rivelazione del giusto giudizio di Dio. Egli renderà a ciascuno secondo le sue opere" (Romani 2:5,6). Gesù stesso, che in realtà su questo argomento ebbe da dire ben più di qualsiasi altra figura neotestamentaria, precisò che la retribuzione sarebbe stata proporzionata al merito di ciascuno. "Quel servo che ha conosciuto la volontà del suo padrone e non ha preparato né fatto nulla per compiere la sua volontà, riceverà molte percosse; ma colui che non l'ha conosciuta e ha fatto cose degne di castigo, ne riceverà poche. A chi molto è stato dato, molto sarà richiesto; e a chi molto è stato affidato, tanto più si richiederà" (Luca 12:47ss.).

Dio farà sì, dice Edwards, nel sermone sopra citato, "che non soffriate al di là di quanto richiede una giustizia rigorosa", ma è proprio "quanto richiede una giustizia rigorosa", egli insiste, che sarà veramente doloroso per coloro che muoiono da increduli. Alla domanda: "Può davvero la disobbedienza al nostro Creatore meritare un castigo grande e penoso?", chiunque sia mai stato convinto di peccato sa, senza ombra di dubbio, che la risposta è affermativa. Nessuno soffrirà a causa dell'ira di Dio, più di quanto meriti oggettivamente secondo i criteri della giusta legge di Dio.

In secondo luogo, l'ira di Dio nella Bibbia è qualcosa che gli uomini si scelgono da soli. Prima ancora di essere un'esperienza inflitta da Dio, l'inferno è una condizione per la quale è l'uomo stesso a optare, rifuggendo dalla luce che Dio fa brillare nel suo cuore per condurlo a Sé. Quando Giovanni scrive: "Chi non crede [in Gesù] è già giudicato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio", prosegue poi spiegandosi così: "Il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo e gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie" (Giovanni 3:18-19). Con questo, egli intende dire proprio che l'atto decisivo di giudizio sui perduti è il giudizio che essi pronunciano nei confronti di sé stessi, rifiutando la luce che giunge fino a loro in e attraverso Gesù Cristo. In ultima analisi, tutto ciò che Dio fa susseguentemente in maniera giudiziale verso il non credente, che sia in questa vita o nell'altra, è di mostrargli, e di condurlo a vedere, l'intera portata della scelta fatta.

Dio è nostro Creatore e sovrano legittimo, e noi siamo Sue creature. Nostro preciso dovere è sottometterci a Lui con fiducia. Se non lo facciamo, se rifiutiamo la Sua legittima sovranità, che pretendiamo? In Lui c'è ogni bene, fuori da Lui non potremo che trovare altro che male. Se decidiamo di vivere senza di Lui, vivremo, e eternamente, senza di Lui, privi di ogni bene. Non ci sono alternative a questo. L'essenza dell'azione di Dio nella Sua ira è di darci quello che scegliamo, con tutto ciò che questo implica, nulla di meno e nulla di più. Che Dio rispetti queste nostre scelte può parere sconcertante ed anche terrificante, ma tutto questo è assolutamente secondo giustizia. Non c'è crudeltà in questo.La scelta fondamentale era, ed è, semplice, si tratta di rispondere oppure no all'invito: "Venite a me ... Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me" (Matteo 11:28); si tratta di "salvare" la propria vita, tenendola lontana dalla riprensione di Gesù e facendo resistenza alla Sua richiesta di metterla nelle Sue mani, oppure di "perderla", rinunciando a sé stessi, prendendo in spalla la propria croce, diventando discepoli e accettando le dirompenti direttive di Gesù. Nel primo caso, ci dice Gesù, possiamo conquistare il mondo, ma non ne ricaveremo nessun beneficio, perché perderemo la nostra anima; nel secondo caso, invece, perdendo la nostra vita per amor Suo, la troveremo.

Il primo atto d'ira di Dio verso l'uomo fu la cacciata di Adamo dal paradiso terrestre. Crudele? No. Adamo aveva già scelto di nascondersi da Dio e fare a meno della Sua presenza, molto prima che ne fosse cacciato via. Lo stesso principio vale in tutta la Bibbia. Dio sembra dire: "Vuoi fare a meno di me? Allora vai, e arrangiati, con tutte le conseguenze del caso. E' chiaro però che oltre ad un certo limite non potrai più tornare indietro!".

III. I dati biblici


L'esposizione più classica dell'ira di Dio nel Nuovo Testamento si trova nella lettera ai Romani, e che ne contiene le espressioni principali.

1. Il significato dell'ira di Dio


Nella lettera ai Romani l'ira di Dio denota l'inappellabile determinazione di Dio di punire il peccato. Essa è tanto espressione dell'atteggiamento personale ed emotivo del Dio Trino quanto lo è il Suo amore verso i peccatori. E' l'attiva manifestazione del Suo odio verso l'empietà e il male morale. L'espressione "l'ira" può riferirsi in modo specifico alla futura manifestazione finale del suo odio "nel giorno dell'ira", ma può riferirsi anche anche agli attuali provvedimenti in cui si può riconoscere retribuzione per il peccato. In questo modo il magistrato che pronuncia la sua sentenza sul criminale è "poiché egli è ministro di Dio, un vendicatore con ira contro colui che fa il male" (13:4). L'ira di Dio è la Sua reazione contro il nostro peccato, "perché la legge produce ira" (4:15), perché la legge stimola il peccato latente in noi e fa abbondare la trasgressione, cioè, il comportamento che provoca l'ira (5:20; 7:7-13). Come reazione al peccato, l'ira di Dio è un'espressione della Sua giustizia, e Paolo respinge con indignazione qualsiasi suggerimento che "Dio è ingiusto quando dà corso alla sua ira" (3:5). Quelli che sono "preparati per la perdizione" vengono qui descritti come "vasi d'ira"(9:22), cioè oggetto della Sua ira, allo stesso modo in cui egli chiama i servitori del mondo, della carne, e del diavolo "figli d'ira"(Efesini 2:3). Tali persone, essendo semplicemente quel che sono, attirano su di sé l'ira di Dio.

2. La rivelazione dell'ira di Dio


"L'ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ingiustizia degli uomini che soffocano la verità con l'ingiustizia" (1:18). Questo "si rivela" implica una rivelazione costante, permanente, universale, che raggiunge tutti coloro che l'Evangelo non ha ancora raggiunto. Come si realizza questa rivelazione? E' impressa direttamente sulla coscienza di ogni uomo; coloro che Dio ha abbandonato "ad una mente perversa" (1:28) per fare il male senza ritegno, conoscono tuttavia "il decreto di Dio secondo cui quelli che fanno tali cose sono degni di morte" (1:32). Non c'è nessuno che non abbia una qualche coscienza del giudizio a venire. Questa rivelazione è poi confermata dalla parola rivelata dell'Evangelo, che ci prepara alla buona notizia con la cattiva notizia che vi sarà "un giorno dell'ira e della manifestazione del giusto giudizio di Dio" (2:5). quelli che il Signore ha abbandonati a una "mente perversa" (1:28), per fare il male senza inibizioni, sanno ancora che "secondo i decreti di Dio quelli che fanno tali cose sono degni di morte" (1:32). Nessuno è completamente privo di indizi sul giudizio futuro. E questa rivelazione immediata è confermata dalla parola rivelata dell'Evangelo, che ci prepara per la sua "buona novella" annunciandoci la "cattiva novella" di un futuro "giorno dell'ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio" (2:5).E non è tutto. Per quelli che hanno occhi per vedere, segni dell'ira divina in atto appaiono già qui e ora, nella presente condizione dell'umanità. Il cristiano può osservare dovunque un modello di degenerazione in costante sviluppo dalla mancanza di conoscenza di Dio all'adorazione di ciò che non è Dio, e dall' idolatria all'immoralità di tipo sempre più osceno, così che ogni singola generazione coltiva una nuova produzione di "empietà e ingiustizia degli uomini". In questo declino, dobbiamo riconoscere l'azione attuale dell'ira divina, in una progressione d'indurimento giudiziale e di revoca di restrizioni, per cui gli uomini sono abbandonati alle proprie scelte corrotte e finiscono per attuare le concupiscenze dei loro cuori peccaminosi in modo sempre più disinibito. Paolo descrive questa evoluzione, come la conosceva dalla Bibbia e dal mondo del suo tempo, in Romani 1:19-31, un brano le cui frasi-chiave sono: "Dio li ha abbandonati all'impurità ... Dio li ha abbandonati a passioni infami ... Dio li ha abbandonati in balìa della loro mente perversa" (vv. 24, 26, 28).

Paolo sembra dire: "Se vuoi avere prova che l'ira di Dio, rivelata come un fatto dalla tua coscienza, già opera come forza attiva nel mondo, basta che guardi alla vita intorno a te, per vedere ciò in cui Dio ha abbandonato l'uomo". E chi oggi, 20 secoli dopo, potrebbe smentire la sua tesi?

3. La liberazione dall'ira di Dio


Nei primi tre capitoli della Lettera ai Romani, Paolo si preoccupa di presentarci con insistenza questo interrogativo: Se "l'ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ingiustizia degli uomini", e se verrà un "giorno dell'ira" in cui Dio "renderà a ciascuno secondo le sue opere", chi di noi potrà sfuggire al disastro? La domanda è pressante perché siamo tutti "sottomessi al peccato", "non c'è nessun giusto, neppure uno" e "tutto il mondo ... [è] colpevole di fronte a Dio" (3:9,10,19). La legge non può salvarci, perché il suo unico effetto è quello d'incoraggiare il peccato e di mostrarci quanto siamo venuti meno alla giustizia. Neppure le forme esteriori della religione possono salvarci, come la sola circoncisione non può salvare l'ebreo. C'è dunque una qualche via di scampo dall'ira a venire?

C'è, e Paolo la conosce. "Essendo ora giustificati per il suo sangue", Paolo proclama, "saremo per mezzo di lui salvati dall'ira [di Dio]" (5:9). Per il sangue di chi? Il sangue di Gesù Cristo, il Figlio di Dio incarnato. E che cosa significa essere "giustificati"? Significa essere perdonati, accettati come giusti. E come possiamo pervenire alla giustificazione? Attraverso la fede — cioè, quella fiducia completa nella persona e nell'opera di Gesù. E come può il sangue di Gesù — ovvero, la Sua morte espiatoria — costituire una base per la nostra giustificazione? Paolo lo spiega in Romani 3:24ss., laddove parla della "redenzione che è in Cristo Gesù. Dio lo ha prestabilito come sacrificio propiziatorio mediante la fede nel suo sangue". Che cos'è un "sacrificio propiziatorio"? È un sacrificio che allontana l'ira tramite l'espiazione del peccato e la cancellazione della colpa.

Questo è il vero "cuore" dell'Evangelo, come vedremo poi in modo più approfondito: che Gesù Cristo, in virtù della Sua morte sulla croce come nostro sostituto e portatore di peccato "è l'espiazione per i nostri peccati" (1 Gv. 2:2). Fra noi peccatori e le nubi temporalesche dell'ira divina c'è la croce del Signore Gesù. Se siamo di Cristo, per la fede, siamo allora giustificati mediante la Sua croce, e l'ira non cadrà mai su di noi, né qui né nell'aldilà. Gesù "ci libera dall'ira imminente" (I Tessalonicesi 1:10).

IV. Conclusione

Una solenne realtà


Non c'è dubbio che in passato si siano fatti errori nel parlare dell'ira di Dio, parlandone tanto per speculare, in modo irriverente e spesso malevolo. Senza dubbio vi sono stati coloro che hanno parlato dell'ira di Dio con gli occhi privi di lacrime e senza alcun dolore nel loro cuore. Senza dubbio molti sono stati disgustati alla vista di alcune sétte che con gioia vorrebbero consegnare il mondo intero, ad eccezione di sé stessi, all'inferno. Tuttavia, se vogliamo conoscere Dio, è d'importanza vitale affrontare la verità che concerne la Sua ira, per quanto fuori moda possa essere, e per quanto estremamente avversi possano essere i nostri pregiudizi iniziali. In caso contrario, non capiremo l'Evangelo della salvezza dall'ira né l'opera propiziatoria della croce né la meraviglia dell'amore salvifico di Dio. Non capiremo neppure l'azione della mano di Dio nella storia né i Suoi attuali rapporti con la nostra gente; non riusciremo nemmeno a raccapezzarci nel libro dell'Apocalisse, e la nostra evangelizzazione non avrà quell'urgenza raccomandata da Giuda: "Salvateli, strappandoli dal fuoco" (Giuda 23). E la nostra conoscenza di Dio e il nostro servizio per Lui non saranno in armonia con la Sua Parola.

Scrisse A.W. Pink:
"L'ira di Dio è una perfezione del carattere divino su cui dobbiamo frequentemente meditare. Primo, perché il nostro cuore sia doverosamente colpito dall'odio che Dio prova per il peccato. Siamo sempre propensi a considerare il peccato con leggerezza, a mascherare la sua odiosità, a trovare scusanti. Ma più meditiamo sull'avversione di Dio per il peccato e sulla Sua tremenda vendetta, più facilmente ci rendiamo conto della sua nefandezza. Secondo, perché susciti un vero timore di Dio nell'anima nostra. L'ira di Dio è una perfezione del carattere divino sulla quale dovremmo meditare di frequente. Noi non possiamo servirLo in modo "accettevole" fintanto che non mostreremo debita "riverenza" per la Sua terrificante Maestà, come pure un santo "timore" della Sua giusta ira; e tutto ciò può essere promosso nel modo migliore meditando frequentemente sul fatto che: "Siamo riconoscenti, e offriamo a Dio un culto gradito, con riverenza e timore. Perché il nostro Dio è anche un fuoco consumante" (Ebrei 12:28,29).Terzo,perché induca l'anima nostra a lodare con fervore [il Signore Gesù Cristo] per averci liberati dall'"ira imminente" (I Tessalonicesi 1:10). La nostra prontezza o la nostra riluttanza a meditare sull'ira di Dio diventa una prova sicura di quanto il nostro cuore sia veramente disposto verso di Lui."

Pink ha ragione. Se vogliamo davvero conoscere Dio, ed essere conosciuti da Lui, dovremmo chiederGli di insegnarci a fare i conti qui ed ora con la realtà della Sua ira.


(adattamento di Consapevoli nella Parola di: "Wrath of God", J.I.Packer, Knowing God)

 

"Con la grandezza della tua maestà, tu rovesci quelli che si levano contro di te; tu mandi fuori la tua ira, essa li consuma come stoppia."
(Esodo 15:7)
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