È possibile vivere senz’ansia? | CONSAPEVOLI NELLA PAROLA

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    • Pregare nel nome di Gesù

      Uno degli aspetti più importanti della vita cristiana, ma allo stesso tempo, uno degli aspetti più fraintesi, è la preghiera. Come è vero che la preghiera è uno degli aspetti più importanti della vita cristiana, è altrettanto vero che è estremamente facile sbagliare grandemente in questo campo. Un errore è quello di non pregare abbastanza. È molto facile credere di non avere tempo di pregare. Questo è un ragionamento sbagliato, perché alla base di questa convinzione c'è il pensiero che non abbiamo veramente bisogno di Dio. Però, dall'altro estremo, uno può anche pregare tanto, ma pregare in modo sbagliato. Vogliamo esaminare alcuni brani della Bibbia che parlano della preghiera, affinché possiamo averne un concetto più conforme alla Bibbia. Se preghiamo a modo nostro, che però non è conformato alle verità che Dio ci ha lasciato nella Bibbia, le nostre preghiere possono essere inutili, o peggio ancora, possono essere un'offesa a Dio. Perciò, prestate molta attenzione alle verità che Dio ci insegna nella sua parola sulla preghiera. La Bibbia insegna che dobbiamo pregare al PADRE. Troviamo questo insegnamento ripetutamente, come anche quello che lo Spirito Santo prega per noi. Ma la verità che vogliamo considerare molto più a fondo in questo studio riguarda il fatto che dobbiamo pregare nel nome di Gesù Cristo. Consideriamo, molto attentamente, che cosa significa pregare nel nome di Gesù. Chi può pregare? La prima verità da capire quando consideriamo la preghiera è: chi ha diritto di pregare? Ovvero, chi può pregare, avendo la certezza biblica che Dio lo ascolterà? Chiaramente, oggi, come sempre, tante persone pregano. Ma il fatto che tante persone pregano non significa che vengono ascoltate da Dio. Secondo la Bibbia, sono coloro che hanno Gesù Cristo come Signore e Salvatore, e perciò come Sacerdote e Mediatore, che possono pregare. Per esempio, in Ebrei 4:14-16, che è stato scritto per coloro che hanno Cristo come Sacerdote e Signore, leggiamo che è per mezzo di Lui che abbiamo accesso al trono di Dio per essere soccorsi. Quindi, è per mezzo di Cristo che possiamo pregare. Chi è senza Cristo non ha questo libero accesso al trono di Dio. Leggiamo il brano. “14 Avendo dunque un grande sommo sacerdote che è passato attraverso i cieli, Gesù, il Figlio di Dio, stiamo fermi nella fede che professiamo. 15 Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non possa simpatizzare con noi nelle nostre debolezze, poiché egli è stato tentato come noi in ogni cosa, senza commettere peccato. 16 Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia, per ottenere misericordia e trovar grazia ed essere soccorsi al momento opportuno.” (Ebr 4:14-16) Quindi, solamente chi è un vero figlio di Dio ha diritto di pregare. A CHI si deve pregare? Quando preghiamo, a chi dobbiamo rivolgere le nostre preghiere? E' giusto pregare solo a Dio Padre, o si dovrebbe pregare anche a Gesù e allo Spirito Santo? Cosa ne dice la Bibbia? In Matt. 6:9 Gesù ci insegna a pregare, e Lui ci dichiara chiaramente di pregare a Dio Padre. “Voi dunque pregate così: "Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome;” (Mat 6:9) In Giov. 16:23 Gesù parla della preghiera al Padre. “In quel giorno non mi rivolgerete alcuna domanda. In verità, in verità vi dico che qualsiasi cosa domanderete al Padre nel mio nome, egli ve la darà.” (Giov 16:23) La Bibbia ci insegna ripetutamente, sia con insegnamenti, sia con esempi, che dobbiamo pregare a Dio Padre. Allora, qual è il ruolo di Gesù e qual è quello dello Spirito Santo? Se dobbiamo pregare a Dio Padre, che ruolo hanno Gesù Cristo e lo Spirito Santo? Nel nome di Gesù Gesù ci ha insegnato di pregare nel suo nome. Fra poco esamineremo questo concetto. Lo Spirito Santo Per quanto riguarda lo Spirito Santo, non esiste alcuna preghiera nella Bibbia rivolta allo Spirito Santo, tranne una profezia in Ezechiele 37. Quindi, visto che non esiste alcuna preghiera rivolta allo Spirito Santo, è chiaro che non dobbiamo pregare a Lui. Ma qual è il suo ruolo? Lo Spirito Santo ha il ruolo di glorificare Cristo e di indicarci la giusta strada per giungere a questo fine. “Egli mi glorificherà perché prenderà del mio e ve lo annuncerà.” (Giov 16:14) Si può anche leggere Giov. 14:14-26. Quando un grande faro illumina un palazzo di notte, se fa un buon lavoro, non lo si nota neanche, ma si nota ed ammira solamente il palazzo. Similmente lo Spirito Santo è come il faro: ci aiuta a vedere ed ammirare la persona di Gesù Cristo. Inoltre, lo Spirito Santo, prega per noi aiutandoci nel nostro debole ed incerto modo di porgere le nostre preghiere, perché, Egli conosce Dio nel suo profondo. “26 Allo stesso modo ancora, lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché non sappiamo pregare come si conviene; ma lo Spirito intercede per noi con sospiri ineffabili; 27 e colui che esamina i cuori sa quale sia il desiderio dello Spirito, perché egli intercede per i santi secondo il volere di Dio.” (Rom 8:26-27) Che consolazione! Quindi, a chi dobbiamo pregare? Dobbiamo pregare a Dio Padre, nel nome di Gesù Cristo. per COSA si deve pregare? Per che cosa dobbiamo pregare? Possiamo pregare per qualsiasi cosa? Dio esaudisce ogni preghiera? È possibile chiedere qualsiasi cosa nel nome di Gesù, oppure, pregare nel nome di Gesù ci limita nelle nostre richieste? Chiaramente, nella carne, l'uomo prega per ottenere tutto quello che desidera. Prega per avere buona salute o per una guarigione, prega per avere successo negli affari, prega di superare gli esami a scuola, prega per avere sicurezza in viaggio, prega per un buon tempo durante le vacanze. Che cosa ne dice la Bibbia? Esaminiamo alcuni brani fondamentali sulla preghiera. Questi brani sono importanti per il loro insegnamento, ma spesso vengono presi fuori contesto ed interpretati male. Quando abbiamo un concetto sbagliato della preghiera, questo ci fa molto male spiritualmente. Giovanni 14 Consideriamo per primo il brano in Giovanni 14:12-14. Leggiamolo. “12 In verità, in verità vi dico che chi crede in me farà anch’egli le opere che faccio io; e ne farà di maggiori, perché io me ne vado al Padre; 13 e quello che chiederete nel mio nome, lo farò; affinché il Padre sia glorificato nel Figlio. 14 Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.” (Giov 14:12-14) Prima di esaminare con cura questi versetti, ricordiamoci che a volte siamo tutti tentati di voler far dire alla Bibbia quello che ci è comodo. Cioè, nella carne, abbiamo la tendenza di interpretare la Bibbia non in base a quello che è realmente scritto, ma in base a quello che ci è comodo. Quindi, dobbiamo sforzarci di dividere rettamente questo brano. Alcuni credenti, e purtroppo anche delle chiese intere, interpretano erroneamente questo brano dicendo che noi possiamo chiedere qualsiasi cosa che desideriamo nel nome di Gesù, e Dio sicuramente ci esaudirà. Questo implica che la frase “nel nome di Gesù” diventa quasi una formula magica che ci fa ottenere quello che vogliamo. Questa falsa interpretazione fa diventare Dio il nostro servo celeste, soggetto ad ubbidire alla nostra volontà. Chi insegna questa falsa interpretazione cita la parte del brano che dichiara: “quello che chiederete nel mio nome, io la farò”, come se tutto l'insegnamento fosse racchiuso lì. Chi crede a questa menzogna, pensa che se preghiamo qualcosa con cuore, Dio la farà. Questo è un pensiero molto falso, e molto pericoloso. Pensiamo a come una persona che crede a questa falsità potrebbe pregare in diverse situazioni. Immaginate un credente che lavora in proprio. La sua attività comincia ad andare molto male, e lui rischia di perdere tutto. Non solo, ma ha anche dei grossi debiti con la banca legati all'attività. Citando questo versetto, egli chiede a Dio di salvare la sua attività. Perciò questo credente è sicuro, visto che ha pregato nel nome di Gesù, che Dio salverà la sua ditta. In un secondo esempio, un credente ha un figlio adulto ribelle, lontano dal Signore. Il credente prega, citando questo versetto, e così è convinto che Dio salverà suo figlio. In un altro esempio, un credente ha un figlio con una grave malattia. Il credente, prega, e citando questo versetto, dichiara che è sicuro che Dio guarirà suo figlio, visto che è convinto che si può ottenere qualsiasi cosa se la si chiede a Dio nel nome di Gesù. In un altro esempio, un credente sta cercando di comprare una casa, e avendone trovato una che gli piace tantissimo, prega, chiedendo a Dio di operare in modo che il proprietario abbassi il prezzo abbastanza da permettergli di comprarla. È convinto che Dio opererà per fargli ottenere quella casa al prezzo che desidera. Senza andare ad analizzare questi esempi in dettaglio, considerate il principio che sta alla base di questo modo di pensare. Se fosse vero che possiamo chiedere a Dio qualsiasi cosa che desideriamo, avendo la certezza che Lui ci esaudirà solamente perché abbiamo citato la frase “nel nome di Gesù”, allora, Dio diventerebbe il nostro servo celeste, pronto ad esaudire ogni nostra richiesta. Dio sarebbe soggetto alla nostra volontà. Se è così, allora Gesù ha sbagliato quando ha insegnato il Padre Nostro, perché avrebbe dovuto insegnarci a pregare: “sia fatta la nostra volontà, non la Tua” Però, Dio NON è il nostro servo, e NON esiste per esaudire le nostre preghiere come vogliamo noi. Non dobbiamo pregare che la nostra volontà sia fatta, ma che la volontà di DIO sia fatta! Ci sono tante verità bibliche che ci aiutano a capire questo principio. Per esempio, leggiamo Matteo 26:39, quando Gesù era nel Giardino: “E, andato un po’ più avanti, si gettò con la faccia a terra, pregando, e dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non come voglio io, ma come tu vuoi».” (Mat 26:39) Gesù, nonostante i suoi diritti di Figlio di Dio, non chiese al Padre che cambiasse la sua volontà per esaudire la propria richiesta. Piuttosto, rese nota la sua richiesta al Padre, e poi, chiese che la volontà del Padre fosse fatta, non la sua. In Luca 22, Gesù stava preparando i discepoli per la sua morte. Egli spiegò a Pietro che sarebbe stato provato duramente. Notiamo che Gesù non chiese che Pietro potesse evitare la prova, pregò solamente per la fede di Pietro. Vi leggo. “31 «Simone, Simone, ecco, Satana ha chiesto di vagliarvi come si vaglia il grano; 32 ma io ho pregato per te, affinché la tua fede non venga meno; e tu, quando sarai convertito, fortifica i tuoi fratelli».” (Luca 22:31-32) Gesù NON ha chiesto che Dio gli togliesse la prova. In Apocalisse 2, Gesù sta parlando alle sette chiese. Notiamo quello che dichiara alla chiesa di Smirne. “8 «All’angelo della chiesa di Smirne scrivi: Queste cose dice il primo e l’ultimo, che fu morto e tornò in vita: 9 Io conosco la tua tribolazione, la tua povertà (tuttavia sei ricco) e le calunnie lanciate da quelli che dicono di essere Giudei e non lo sono, ma sono una sinagoga di Satana. 10 Non temere quello che avrai da soffrire; ecco, il diavolo sta per cacciare alcuni di voi in prigione, per mettervi alla prova, e avrete una tribolazione per dieci giorni. Sii fedele fino alla morte e io ti darò la corona della vita. 11 Chi ha orecchi ascolti ciò che che lo Spirito dice alle chiese. Chi vince non sarà colpito dalla morte seconda.” (Apo 2:8-11) Egli spiegò che vari credenti in questa chiesa sarebbero stati messi a morte per la loro fede. Possiamo presumere che questi credenti erano padri e madri, e avessero le loro famiglie. Però, è evidente che la volontà di Dio per loro era che morissero per la loro fede. Dal brano però comprendiamo che la morte fisica non era una sconfitta, perché poi Gesù dichiarò che se quei credenti fossero rimasti fedeli fino alla morte, avrebbe dato loro la corona della vita. Quindi, Dio aveva stabilito il suo piano per quei credenti, e nessuna loro preghiera avrebbe potuto cambiare il perfetto piano di Dio. Non dovevano pregare Dio affinché li salvasse dalla morte fisica, presumendo per di più che Dio li avrebbe esauditi. Infatti, Dio ha un piano perfetto, che è la SUA propria volontà, e Dio fa TUTTO secondo la decisione della Sua volontà. È importante capire questa verità basilare. Quello che Dio fa, lo fa secondo la decisione della Sua volontà. Leggiamo Efesini 1:11 “In lui siamo anche stati fatti eredi, essendo stati predestinati secondo il proposito di colui che compie ogni cosa secondo la decisione della propria volontà,” (Efe 1:11) Se le nostre preghiere potessero cambiare la volontà di Dio, il mondo non sarebbe stabile, Dio non sarebbe Dio, e nulla sarebbe sicuro. La volontà di Dio cambierebbe di minuto in minuto, in base alle diverse preghiere che Gli arrivano da tutto il mondo. Se le nostre preghiere potessero cambiare la volontà di Dio, per esempio, non sarebbe vero quello che è scritto nel Salmo 139:15,16 che riguarda il momento della nostra morte e di quella dei nostri cari. “15 Le mie ossa non ti erano nascoste, quando fui formato in segreto e intessuto nelle profondità della terra. 16 I tuoi occhi videro la massa informe del mio corpo e nel tuo libro erano tutti scritti i giorni che mi eran destinati, quando nessuno d’essi era sorto ancora.” (Sal 139:15-16) Se Dio ci desse qualunque cosa che Gli chiediamo, questo brano non sarebbe vero, perché tante persone, vedendo arrivare la morte, pregherebbero, chiedendoGli di guarire o di superare il pericolo, e in questo modo sarebbe stata fatta la loro volontà, non quella di Dio. Se fosse così la morte non dipenderebbe più dalla volontà di Dio, ma dalla volontà dell'uomo. Non arriverebbe più al momento stabilito nel libro di Dio, ma nel momento stabilito da noi. Ma non è così! Non è l'uomo che stabilisce quando morirà, come non è l'uomo che stabilisce quando un certo problema deve risolversi come vuole lui. È il Signore che opera tutte le cose secondo la decisione della Sua volontà! Per esempio, leggiamo in 1Samuele 2:6-8 “6 Il SIGNORE fa morire e fa vivere; fa scendere nel soggiorno dei morti e ne fa risalire. 7 Il SIGNORE fa impoverire e fa arricchire, egli abbassa e innalza. 8 Alza il misero dalla polvere e innalza il povero dal letame, per farli sedere con i nobili, per farli eredi di un trono di gloria; poiché le colonne della terra sono del SIGNORE e su queste ha poggiato il mondo.” (1Sam 2:6-8) E' il Signore che determina le cose, tramite le nostre preghiere, non noi! Allora, qual è il senso di Giovanni 14:13, quando Gesù dichiara:    “e quello che chiederete nel mio nome, lo farò” (Giov 14:13)? Per capire bene questa verità, dobbiamo leggere non solo questa frase, ma tutto il suo contesto. Cosa significa “nel mio nome”? Dobbiamo capire il senso della frase, “nel mio nome”. Dobbiamo anche capire il motivo che ci spinge a pregare nel nome di Gesù. Gesù stesso ci spiega questa motivazione. Infine, dobbiamo capire altre condizioni che la Bibbia ci dà per poter pregare. Molto spesso, un brano non insegna tutta la verità biblica di un certo argomento, e deve essere considerato insieme ad altri brani. Quindi, qual è il senso della frase: “nel mio nome?” Chiedere “nel nome di Gesù” non è una formula magica che, aggiunta ad una preghiera, costringe Dio ad esaudirci. A quel punto, Dio sarebbe il nostro servo, e noi saremo i sovrani. Ma non è così! Pregare “nel nome di Gesù” non è una frase che si aggiunge a qualsiasi preghiera, per garantire che Dio farà come Gli abbiamo chiesto. Invece significa almeno due cose: 1. chiedere per i Suoi meriti Prima di tutto, pregare nel nome di Gesù significa pregare per i Suoi meriti, riconoscendo che noi non ne abbiamo. Nessun di noi merita alcuna cosa buona da Dio. Quindi, dobbiamo chiedere per i meriti di Gesù. Se chiedo un favore al mio migliore amico, lo chiedo nel mio proprio nome, cioè riconoscendomi degno, visto che sono il SUO migliore amico, che mi venga fatto questo favore. Però, se devo chiedere un grande favore all'amico del mio amico, che non conosco personalmente, so di non meritare da lui nulla (visto che non mi conosce), e perciò, non gli chiedo nel mio nome, ma gli chiedo nel nome del mio amico. Allora, chiedere nel nome di Gesù necessariamente implica un cuore umile. Chi chiede nel nome di Gesù SA che, per conto suo, non merita nulla da Dio. Perciò, questa consapevolezza della propria insufficienza cambia anche la richiesta stessa. Infatti chi sa di non aver nessun merito, non pretende nulla, e non considera Dio come Colui che esiste per esaudire i nostri desideri. Sa che Dio è sovrano, e va ai piedi di Dio umilmente, pronto ad essere sottomesso alla Sua volontà. Tutti questi sono aspetti del pregare nel nome di Gesù. 2. chiedere secondo la volontà di Gesù Dobbiamo però considerare anche una seconda verità estremamente importante nel fatto di chiedere nel nome di Gesù. Chiedere nel nome di Gesù significa anche chiedere secondo la Sua volontà, non la nostra. È importantissimo capire questo principio. Ripeto: chiedere nel nome di Gesù significa chiedere secondo la SUA volontà, non la nostra. Un soldato semplice, che porta gli ordini dati dal comandante agli altri, chiede nel nome del comandante. Non chiede quello che vuole lui, chiede quello che è la volontà del comandante. Infatti, se dovesse chiedere quello che vuole lui, usando il nome del comandante per ottenerla, sarebbe colpevole di un grave reato. In 1Giovanni 5:14,15, leggiamo una chiara spiegazione di quali sono le preghiere che Dio esaudirà. Leggiamo. “14 Questa è la fiducia che abbiamo in lui: che se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce. 15 Se sappiamo che egli ci esaudisce in ciò che gli chiediamo, noi sappiamo di aver le cose che gli abbiamo chieste.” (1Giov 5:14-15) Avete notato la frase: “se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce”? Chiedere nel nome di Gesù DEVE essere secondo la SUA volontà, non la nostra. Quindi, se preghiamo per ottenere qualcosa che desideriamo tantissimo, ma se non è la volontà di Dio, non possiamo chiederla nel nome di Gesù. Se preghiamo per quello che vogliamo noi, e aggiungiamo le parole, “nel nome di Gesù”, siamo come i pagani, usando quelle parole come un talismano, cercando di controllare Dio. Quindi, ricordiamo che chiedere nel nome di Gesù significa chiedere con umiltà, sapendo di non meritare alcuna cosa buona da Dio, e questo atteggiamento ci aiuta ad accettare qualsiasi cosa che Egli ci darà. Significa anche chiedere secondo la volontà di Cristo, non seconda la nostra volontà. Affinché il Padre sia glorificato Allora, qual è il senso di Giovanni 14:12-14? Per capire correttamente questo brano, dobbiamo leggerlo tutto, e leggere anche il suo contesto. “12 In verità, in verità vi dico che chi crede in me farà anch’egli le opere che faccio io; e ne farà di maggiori, perché io me ne vado al Padre; 13 e quello che chiederete nel mio nome, lo farò; affinché il Padre sia glorificato nel Figlio. 14 Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò.” (Giov 14:12-14) Notiamo che le richieste che facciamo qua sono legate al fare opere per la gloria di Dio, e infatti, il MOTIVO per cui Gesù ci esaudisce è per glorificare il Padre. Gesù non risponde ad ogni nostra richiesta. Risponde se la richiesta glorificherà il Padre. Infatti, in Giacomo 4:2-4 leggiamo: “2 Voi bramate e non avete; voi uccidete e invidiate e non potete ottenere; voi litigate e fate la guerra; non avete, perché non domandate; 3 domandate e non ricevete, perché domandate male per spendere nei vostri piaceri. 4 O gente adultera, non sapete che l’amicizia del mondo è inimicizia verso Dio? Chi dunque vuol essere amico del mondo si rende nemico di Dio.” (Giacomo 4:2-4) Non avete perché non domandate, ovvero, perché non pregate, e se domandate spesso non ricevete, perché domandate per spendere nei vostri piaceri. Quando chiediamo per ottenere quella che è la nostra volontà, Dio non risponde. Torniamo agli esempi che ho dato all'inizio di questo studio. Pensiamo all'uomo che lavora in proprio e la sua attività comincia ad andare molto male, e si ritrova con tanti debiti. Egli prega Dio affinché salvi la sua attività. Sta pregando affinché Dio risolva i suoi problemi. Non sta cercando la gloria di Dio. Nell'esempio del genitore che ha un figlio che spiritualmente cammina male (che è ribelle), quel credente chiaramente vuole che suo figlio sia salvato. È buono pregare per la salvezza dei nostri cari. Però, in un certo senso, quella preghiera può essere anche un frutto di egoismo, perché quel genitore non sta cercando per prima cosa la gloria di Dio. Non gli pesa il fatto che tanti altri genitori hanno figli ribelli. Egli vuole che SUO figlio sia salvato. Sta pensando, in fin dei conti, a se stesso. Poi ho fatto l'esempio del credente con il figlio con una grave malattia. Il genitore vuole che il figlio sia guarito, perché vuole il piacere di goderlo per tanti anni ancora. Però, nemmeno questa richiesta è cercare la gloria di Dio. È una preghiera per non dover subire la sofferenza della morte di una persona cara.    Poi c'era il credente che chiedeva l'intervento di Dio affinché potesse comprare la casa che gli piaceva tanto. Anche qua, il credente sta cercando di ottenere da Dio quello che sarebbe il suo gradimento. Non sta cercando in primo luogo la gloria di Dio. Quindi, non dobbiamo credere la terribile menzogna che basta pregare aggiungendo la frase “nel nome di Gesù” e possiamo essere sicuri che Dio ci darà quello che Gli chiediamo. Chiedere nel nome di Gesù significa chiedere che sia fatta la Sua volontà e significa anche farlo con un cuore umile, che quindi cerca non il proprio comodo, ma la gloria di Dio. Un brutto risultato Che cosa succede, quando uno crede la menzogna che Dio esaudirà qualsiasi sua richiesta? Quando Dio NON esaudisce quella preghiera, la fede di quel credente viene fortemente scossa. Egli sta molto male, e solitamente, o cade in grave depressione spirituale, oppure, si arrabbia con Dio. Perciò credendo a quella menzogna quel credente rimane deluso di Dio. Giov. 15:5-7,16 Quindi, è importante capire il senso vero dei principi di Giovanni 14. Per capire meglio questo discorso, esaminiamo qualche altro brano in cui Gesù parla della preghiera. Questi brani fanno parte del contesto di Giovanni 14. Giovanni 15:5-7 “5 Io sono la vite, voi siete i tralci. Colui che dimora in me e nel quale io dimoro, porta molto frutto; perché senza di me non potete far nulla. 6 Se uno non dimora in me, è gettato via come il tralcio, e si secca; questi tralci si raccolgono, si gettano nel fuoco e si bruciano. 7 Se dimorate in me e le mie parole dimorano in voi, domandate quello che volete e vi sarà fatto.” (Giov 15:5-7) Qui, Gesù insegna che dobbiamo dimorare in Lui, e che lo scopo è affinché possiamo portare molto frutto. Poi, Egli dichiara che solamente se dimoriamo in Lui e se le sue parole dimorano in noi, sarà fatto quello che domandiamo. Questa è una condizione importantissima. “Dimorare in Cristo” significa essere in una condizione di umiltà, di santità di vita e di sottomissione alla sua volontà. Quando le parole di Cristo dimorano in noi, esse ci esortano a conoscere e a seguire la Parola di Dio. Quindi, non viviamo più per la nostra volontà, ma per la sua. Solamente se ci ritroviamo in questa condizione possiamo domandare a Dio quello che vogliamo e ci sarà fatto, perché significherà che domanderemo quella che è la volontà di Dio. Un altro versetto importante è Giovanni 15:16 “Non siete voi che avete scelto me, ma sono io che ho scelto voi, e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; affinché tutto quello che chiederete al Padre, nel mio nome, egli ve lo dia.” (Giov 15:16) Gesù risponde alle nostre preghiere quando servono per portare frutto che rimane in eterno. Ostacoli alle nostre preghiere È importante menzionare alcuni ostacoli alle nostre preghiere. L'orgoglio Una cosa che ostacola sempre la preghiere è l'orgoglio. Se abbiamo orgoglio, Dio si allontana da noi. “Il SIGNORE è vicino a quelli che hanno il cuore afflitto, salva gli umili di spirito.” (Sal 34:18) Quando abbiamo orgoglio non confessato, Dio resta lontano da noi. Possiamo fare bella figura davanti agli altri, possiamo apparire di essere zelanti, possiamo pregare tanto, ma sarà tutto inutile, tutto invano. Fino a quando non confessiamo il nostro orgoglio, Dio resterà lontano da noi. Mancanza di fede Un altro ostacolo alle nostre preghiere è la mancanza di fede, come leggiamo in Giacomo 1. “5 Se poi qualcuno di voi manca di saggezza, la chieda a Dio che dona a tutti generosamente senza rinfacciare, e gli sarà data. 6 Ma la chieda con fede, senza dubitare; perché chi dubita rassomiglia a un’onda del mare, agitata dal vento e spinta qua e là. 7 Un tale uomo non pensi di ricevere qualcosa dal Signore,” (Giac 1:5-7) Questo brano ci insegna l'importanza della fede. Chiaramente, dobbiamo ricordare le altre verità che abbiamo visto. Se prego qualcosa che non è secondo la volontà di Dio, posso avere la fede più grande del mondo, ma Dio non mi risponderà. Però, dall'altro lato, quando preghiamo secondo la volontà di Dio, è importante avere fede in Dio. Così, Dio viene glorificato, e noi saremo edificati. La Preghiera fatta con egoismo Abbiamo già menzionato prima che Dio non risponde alle preghiere fatte con egoismo, cioè, alle preghiere attraverso le quali vogliamo ottenere qualcosa NON per la gloria di Dio, ma perché è il nostro desiderio. Questo è ciò che ci dice Giacomo 4, quando parla delle preghiere fatte per spendere nei piaceri. Dobbiamo pregare, invece, per la gloria di Dio. Come conoscere la volontà di Gesù Visto che la preghiera che Dio esaudisce è quella preghiera fatta secondo la sua volontà, come possiamo sapere qual'è la volontà di Dio? Dio ci ha già rivelato molto della sua volontà, e ci insegna anche il modo in cui pregare quando non la conosciamo. Prima di tutto, come dobbiamo pregare quando non siamo sicuri della volontà di Dio? Sappiamo quasi sempre quello che vorremmo noi, ma come dobbiamo pregare quando non siamo sicuri della volontà di Dio? Gesù stesso ci dà un esempio di come pregare in questi casi in Matt. 26:39; Marco 14:36; Luca 22:42. Leggo da Matteo. “E, andato un po’ più avanti, si gettò con la faccia a terra, pregando, e dicendo: «Padre mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non come voglio io, ma come tu vuoi».” (Mat 26:39) Nella sua umanità, Gesù non voleva affrontare la sofferenza che sapeva di dover subire sulla croce. Però, il suo desiderio più forte rispetto al non voler subire quelle sofferenze, fu quello di voler fare la volontà del Padre. Quindi, ha esposto a Dio il suo desiderio, ma chiese che fosse fatta la volontà di Dio. Ed è così che anche noi dobbiamo pregare, quando non conosciamo con certezza la volontà di Dio in una certa situazione. Certamente possiamo portare tutti i nostri pesi a Dio, e anche dirGli quello che sarebbe il nostro desiderio, però poi dobbiamo confidare nella sua perfetta saggezza, e chiedere che sia fatta la Sua volontà. Conclusione La preghiera è una parte essenziale della vita cristiana e della nostra crescita. La preghiera è la nostra comunicazione con Dio, mentre lo studio della Bibbia è ascoltare Dio che ci parla. E importante pregare, però, è importante pregare nel modo che Dio stabilisce, per le cose giuste. L'unico vero accesso a Dio che abbiamo è quello per mezzo di Gesù, per merito di Cristo. Non solo, ma dobbiamo pregare secondo la SUA volontà, non secondo la nostra. Quando non siamo sicuri della volontà di Dio, è importante accettare la sua volontà, anche se è il contrario di quello che vorremmo noi. Infatti noi non sappiamo qual è la cosa migliore. Dobbiamo avere fede che la volontà di Dio è la cosa perfetta, anche se non siamo in grado di capire tutto quello che Dio sta facendo. Preghiamo, chiedendo che la volontà perfetta di Dio sia fatta! Preghiamo poi con fede, fede che Dio ci ascolta e ci esaudisce sempre, secondo la sua perfetta volontà. Non dimentichiamo che la preghiera non serve solo per fare richieste a Dio. Anche il ringraziamento ne è una parte molto importante. Inoltre, la preghiera serve anche per confessare i nostri peccati. E serve poi principalmente per chiedere che Dio sia glorificato. Le nostre richieste dovrebbero sempre essere per la gloria di Dio. Oh che possiamo diventare un popolo che prega sempre di più, non vedendo Dio come un servo celeste che esiste per darci quello che vogliamo noi, ma essendo spinti dal desiderio di vedere il nostro grande Dio glorificato! La nostra vera gioia, quella che ci riempirà per tutta l'eternità, consisterà nel vedere Dio glorificato. Quindi, che la gloria di Dio sia il desiderio del nostro cuore! Marco deFelice "Questa è la fiducia che abbiamo in lui: che se domandiamo qualche cosa secondo la sua volontà, egli ci esaudisce. Se sappiamo che egli ci esaudisce in ciò che gli chiediamo, noi sappiamo di aver le cose che gli abbiamo chieste" (1 Giovanni 5:14-15) «Ti è piaciuto questo articolo? Non perderti i post futuri seguendoci»

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mercoledì 26 febbraio 2014
Consapevoli nella Parola

È possibile vivere senz’ansia?


Siete anche voi dei tipi ansiosi, persone che generalmente si preoccupano troppo per una cosa o per l'altra; persone che, sempre trepidanti, "temono il peggio" in ogni situazione fino a bloccarsi o ad eccedere in misure di protezione? Si stima che circa il 5% della popolazione soffra di disturbi generalizzati dell'ansia, che variano da forme lievi a forme patologiche che richiedono interventi specifici delle professione medica. Questi disturbi generalizzati dell’ansia assumono il carattere della paura di dover incorrere in avvenimenti lesivi per sé stessi o per i propri cari. Questi sentimenti in genere sono presenti anche quando tali incidenti non sono oggettivamente probabili e non ve ne sono nemmeno le avvisaglie, ed aumentano quando si ha notizia di altri che ne sono stati oggetto, fino ad essere intensi in periodi di forte stress.
Le ricerche condotte in questo ambito dimostrano chiaramente che le persone che si preoccupano eccessivamente hanno la tendenza a prestare maggiore attenzione a tutto ciò che sembra confermare i loro timori. Chi soffre di questo disturbo, sente spesso la necessità di esplorare minuziosamente l’ambiente in cui si trova alla ricerca del minimo segnale di pericolo. I più comuni motivi di preoccupazione, che solitamente provocano molta ansia nelle persone che tendono a preoccuparsi troppo, si trovano in diversi ambiti del vivere quotidiano. Ad esempio, nel rendimento lavorativo o scolastico (come il timore di essere licenziati o di venire respinti ad un esame); nei lavori domestici (come il timore di non riuscire a fare tutto ciò che si vorrebbe); nella propria situazione finanziaria (come il timore di perdere tutto o di non essere capaci di far fronte alle spese); nella salute personale (come la paura di contrarre una malattia); nella salute familiare (come l’ansia per le condizioni di salute dei propri cari), nelle relazioni affettive (come le preoccupazioni ingiustificate sulla fedeltà del partner). In questo possono pure incidere questioni di minore importanza (come il timore di non trovare parcheggio vicino al posto di lavoro). È soprattutto in riferimento a esperienze del passato, quando si è subìto un evento traumatico, specie se in modo del tutto imprevisto, ed allora si rischia più facilmente di andare incontro a problemi di ansia e preoccupazione cronici rispetto a chi può prevedere il verificarsi dello stesso evento stressante. In generale, poi, le preoccupazioni sono espressione di due diversi modi di pensare: sopravvalutare la possibilità che possa accadere qualcosa di spiacevole: “E se mi ammalassi gravemente?”, “E se accadesse qualcosa di male ai miei familiari?”, oppure sopravvalutare le conseguenze negative di un determinato avvenimento: “E’ un dramma se non riesco a trovare un parcheggio!”.
La fenomenologia di questi disturbi è complessa e non possiamo certo trattarla adeguatamente in questa sede. Essa era nota, però, al nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, come pure viene trattata nell’ambito dell’intera Parola di Dio. Nell’ambito del Sermone sul Monte, ai Suoi discepoli, propensi non meno di altri al disturbo d’ansia generalizzata, Gesù dice loro: “Non siate in ansia per la vostra vita”. A tale esortazione Egli fa seguire le precise Sue ragioni, accompagnandoli, con il Suo insegnamento, esempio e forza abilitante, a vivere liberi da quest’ansia patologica. Con tutti loro, anche noi abbiamo anche oggi la gioia ed il privilegio di apprenderlo.

Il testo biblico

Il testo biblico sottoposto alla nostra attenzione, ci dà l’opportunità di trattare il problema delle sollecitudini ansiose. I suoi termini sono tali da rendere alcuni piuttosto perplessi. Una ragione di più per esaminarlo con attenzione: Matteo 6:25-34. 
Perciò vi dico: non siate in ansia per la vostra vita, di che cosa mangerete o di che cosa berrete; né per il vostro corpo, di che vi vestirete. Non è la vita più del nutrimento, e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, non mietono, non raccolgono in granai, e il Padre vostro celeste li nutre. Non valete voi molto più di loro? E chi di voi può con la sua preoccupazione aggiungere un'ora sola alla durata della sua vita? E perché siete così ansiosi per il vestire? Osservate come crescono i gigli della campagna: essi non faticano e non filano; eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, fu vestito come uno di loro. Ora se Dio veste in questa maniera l'erba dei campi che oggi è, e domani è gettata nel forno, non farà molto di più per voi, o gente di poca fede? Non siate dunque in ansia, dicendo: "Che mangeremo? Che berremo? Di che ci vestiremo?" Perché sono i pagani che ricercano tutte queste cose; ma il Padre vostro celeste sa che avete bisogno di tutte queste cose. Cercate prima il regno e la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno date in più. Non siate dunque in ansia per il domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. Basta a ciascun giorno il suo affanno (Matteo 6:25-34).

I beni di questo mondo e il lavoro

Quanto il Signore Gesù dice qui sul problema delle sollecitudini ansiose, si pone nell’ambito dell’insegnamento che Egli dà ai Suoi discepoli al riguardo dell’atteggiamento che essi debbono avere verso “i tesori della terra”, le risorse dei beni materiali. Nell’insegnamento biblico, i beni materiali sono, prima di tutto, frutto del lavoro umano che, agli occhi di Dio, non è (come alcuni erroneamente ritengono) una maledizione, ma un privilegio che ci associa all’opera creativa di Dio. Affaticarsi a lavorare onestamente, con le proprie mani, per provvedere alle necessità materiali nostre e della nostra famiglia, è, infatti, il mezzo che Dio ci ha ordinato per poter conseguire i mezzi della nostra sussistenza. Difatti, come ci ammonisce la Parola di Dio, “se qualcuno non vuole lavorare, neppure deve mangiare” (2 Tessalonicesi 3:10), come pure: “Se uno non provvede ai suoi, e in primo luogo a quelli di casa sua, ha rinnegato la fede, ed è peggiore di un incredulo” (1 Timoteo 5:8). Dio, inoltre, prescrive che attraverso il nostro lavoro noi si dia il nostro contributo a diverse altre finalità: sostenere chi è nel bisogno e sostenere i ministri dell’Evangelo nella loro opera. Il lavoro è sicuramente pure necessario, nell’insegnamento biblico per pagare ai governanti le imposte dovute nell’amministrazione della società umana. I primi discepoli di Gesù erano stati temporaneamente sottratti alle loro professioni, non perché esse fossero inferiori alla loro “vocazione spirituale”, ma per partecipare a quello che potremmo chiamare “un periodo di formazione” grazie al generoso sostegno di altri, come ad esempio le risorse messe a disposizione a Gesù da alcune donne facoltose: "Giovanna, moglie di Cuza, l'amministratore di Erode; Susanna e molte altre che assistevano Gesù e i dodici con i loro beni" (Luca 8:3).
In questo mondo decaduto, però, lavorare diventa indubbiamente spesso cosa assai gravosa. Dio, infatti, dice ad Adamo: “...mangerai il pane con il sudore del tuo volto, finché tu ritorni nella terra da cui fosti tratto; perché sei polvere e in polvere ritornerai” (Genesi 3:19). Dio, in ogni caso, ci chiama all’impegno e condanna sempre la pigrizia: “Il pigro non arrostisce la sua selvaggina, ma l'operosità è per l'uomo un tesoro prezioso … Il pigro non ara a causa del freddo; alla raccolta verrà a cercare, ma non ci sarà nulla ... I desideri del pigro lo uccidono, perché le sue mani rifiutano di lavorare" (Proverbi 12:27; 20:4; 21:25). E’ l’operosità della formica: “Va', pigro, alla formica; considera il suo fare e diventa saggio!” (Proverbi 6:6).

Una condizione psicologica patologica

Nell’acquisizione dei beni di questo mondo, però, può insorgere in noi una condizione psicologica che chiamiamo “sollecitudini ansiose”. Esse possono assumere due aspetti: quello dell’accumulo ossessivo e compulsivo di beni materiali come se questo fosse l’unico scopo della vita, come nella parabola dell’uomo ricco, dove egli dice: “dirò all'anima mia: 'Anima, tu hai molti beni ammassati per molti anni; ripòsati, mangia, bevi, divèrtiti'" (Luca 12:19). Essi, così, diventano un idolo. Oppure, di fronte alle difficoltà della vita, per ragioni vere od immaginarie, l’ansia paralizzante e nociva che sorge dall’aver timore di rimanere privi delle necessarie risorse vitali. Si tratta di atteggiamenti malsani che Gesù vuole prevenire o guarire nei Suoi discepoli.
Nel Sermone sul monte, Gesù tratta della prima “distorsione”, al capitolo 6 dal versetto 19 al 24 e della seconda, le “sollecitudini ansiose” dai versetti 25 a 34, il testo che consideriamo oggi. Esaminiamolo con attenzione.
1. “Perciò vi dico: non siate in ansia per la vostra vita, di che cosa mangerete o di che cosa berrete; né per il vostro corpo, di che vi vestirete. Non è la vita più del nutrimento, e il corpo più del vestito?” (25).
L’angoscia di poter rimanere privi dei mezzi di sussistenza non è solo un sentimento moderno suscitato dallo “spettro della disoccupazione” o dalla malattia, ma, come rileva Gesù stesso, è sempre stata, in ogni tempo, caratteristica dell’atteggiamento di molte persone, anche evidentemente fra i Suoi stessi discepoli. Essa è una condizione psicologica che può essere qualcosa sia che paralizza e consuma corpo e spirito come pure qualcosa che causa una sorta di compulsiva “immersione nel lavoro” come se il lavoro fosse il tutto della vita. È l’atteggiamento di coloro che considerano la vita qualcosa di futile, una condanna a lavorare per mangiare e mangiare per lavorare. Può diventarlo, ma non è questa la sua vocazione ultima. “Mangiare” e “vestirsi”, con i mezzi a questo finalizzati, dice Gesù, non è e non può essere “il tutto” della vita. Sono cose necessarie e comandate da Dio per le quali Egli provvede, ma la vita è “più del nutrimento” e il corpo è “più del vestito”. Nutrimento e vestito sono strumenti che ci permettono di realizzare con la nostra vita, fini più alti, quelli che Dio ha stabilito per le creature umane. Si dovrebbe meglio dire: nutrimento e vestiti sono strumenti che ci permettono di realizzare quei fini più alti che Dio ha stabilito per ciascuno di noi singolarmente, nessuno escluso, e che dobbiamo scoprire proprio nella particolare situazione in cui ci troviamo, qualunque essa sia. Questo “fine della vita” è stato così definito: Il fine sommo e principale dell'uomo è glorificare Dio e fruirlo (goderlo) perfettamente in eterno, secondo quant’è scritto: "Sia dunque che mangiate, sia che beviate, sia che facciate qualche altra cosa, fate tutto alla gloria di Dio" (1 Corinzi 10:31). Anche il discepolo di Cristo, quindi, deve lavorare, mangiare e vestirsi, ma è sbagliato, agitarsi, affannarsi, preoccuparsi troppo per queste cose. Dovremmo semplicemente confidare ed ubbidire a Dio, proseguendo nell’adempiere la nostra vocazione ultima, quella che Dio ci rivela.
2. "Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, non mietono, non raccolgono in granai, e il Padre vostro celeste li nutre. Non valete voi molto più di loro? E chi di voi può con la sua preoccupazione aggiungere un'ora sola alla durata della sua vita?" (26-27).
Le lezioni che ci impartisce la natura sono sempre importanti. L’operosità della formica, come abbiamo visto, ha molto da insegnare al pigro, ma anche, qui, molto hanno da insegnarci gli uccelli del cielo. Essi ci vengono indicati da Gesù come “privi di angosce” ed operosi nell’ambito di ciò che Dio provvede per loro. Gesù qui non dice che gli uccelli del cielo trovino tutto pronto... La loro vita non è sempre facile e sono costantemente impegnati. In questo mondo, però, secondo la rispettiva specie, Dio ha provveduto i mezzi della loro sussistenza ed essi “confidano in Dio”. Se noi costantemente ci preoccupiamo di non avere abbastanza cibo e vestiario, mostriamo di non aver appreso la lezione di base che ci insegna la natura stessa: ciascuno nel suo ordine, Dio provvede per le necessità delle Sue creature. Inoltre, Dio è il Padre celeste di coloro che ha adottato come Suoi figli in Cristo. Di conseguenza, Dio si prenderà maggior cura di loro, indicando dove e come possono conseguire quanto loro necessario. Questo non significa essi possano trascurare il lavoro, ma significa che essi possono e devono essere liberi da ogni sollecitudine ansiosa. Agitarsi e preoccuparsi troppo non potrà allungarci la vita, anzi logora e accorcia la vita, precludendoci la realizzazione del nostro potenziale.
3. “E perché siete così ansiosi per il vestire? Osservate come crescono i gigli della campagna: essi non faticano e non filano; eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, fu vestito come uno di loro. Ora se Dio veste in questa maniera l'erba dei campi che oggi è, e domani è gettata nel forno, non farà molto di più per voi, o gente di poca fede?” (28-30).
I gigli della campagna erano forse i bianchi fiori primaverili che fiorivano abbondantemente in Galilea, in ogni caso, Gesù si riferisce ai fiori non coltivati. Dio è così buono da coprire la terra di bei fiori selvatici per noi privi di valore produttivo e che durano poco. Una volta seccata, l’erba diveniva combustibile per la Palestina povera di legname. La cura provvidenziale di Dio non rende pigro il discepolo di Gesù, ma lo rende fiducioso che Dio provvederà similmente per lui ed a maggior ragione. La bellezza della natura, creazione di Dio, è ancora maggiore di quella che caratterizzava i vestiti più scargianti di Salomone, re di Israele.
L’ansia per le cose essenziali della vita dimostra mancanza di fiducia in Dio, nella Sua presenza, provvidenza e fedele mantenimento delle Sue promesse. Può capitare di perdere questa costante consapevolezza, ma non dev’essere così. La preghiera del discepolo di Cristo che si trova in questa situazione dev’essere: “Io credo; vieni in aiuto alla mia incredulità” (Marco 9:24).
4. Questo concetto è ulteriormente ribadito da Gesù: Non siate dunque in ansia, dicendo: "Che mangeremo? Che berremo? Di che ci vestiremo?" Perché sono i pagani che ricercano tutte queste cose; ma il Padre vostro celeste sa che avete bisogno di tutte queste cose” (31-32).
Un atteggiamento di ansia e di paura, di fatto, è quello dei pagani, degli scettici e degli increduli, di quelli che non conoscono e non credono in Dio, che non sono in rapporto con Lui come ad un Padre verso i Suoi figli. Non è l’atteggiamento di coloro che hanno visto la loro vita presa in carico, per grazia di Dio, in Cristo. Conoscere Dio e far parte della Sua famiglia (o popolo) significa godere della Sua protezione e provvigione. Egli provvede ai Suoi figli quanto essi abbisognano. Dato che Dio fornisce i Suoi di quanto loro serve, non è solo insensato, ma anche pagano affannarsi per ciò che Dio promette di provvedere. Il discepolo assillato vive come un incredulo che non crede e non considera Dio. Una tale persona è incentrata su sé stessa, dedica troppa attenzione ai beni materiali e finisce per non occuparsi delle cose veramente importanti della vita. La chiave per vincere l’ansia è di rendere il Regno di Dio la priorità assoluta della propria vita, concentrare in esso la propria attenzione. È possibile che i figlioli di Dio cadano nella tentazione dell’incredulità, dimenticando chi essi sono (in rapporto con Dio) e soprattutto chi è Lui, quello che Egli ha promesso di fare, ha fatto nel passato ed ancora farà nella Sua fedeltà. E’ come “perdere i sensi”, ma devono riprenderli e tornare a focalizzarsi sull’obiettivo del cristiano. Difatti, Gesù dice:
5. “Cercate prima il regno e la giustizia di Dio, e tutte queste cose vi saranno date in più” (33).
Il discepolo di Cristo tiene le cose nella giusta prospettiva. Ubbidisce a Dio quando Egli gli comanda di perseguire diligentemente la sua vocazione professionale, ma vede ogni cosa nella prospettiva della promozione del Regno di Dio. Lavora “per Dio” e, così facendo, come conseguenza accessoria, ottiene quanto gli serve per vivere e molto più ancora. “Cercare il regno di Dio” implica perseguire le cose del regno per le quali Gesù aveva insegnato ai Suoi discepoli di pregare nel “Padre nostro”, vale a dire l’onore di Dio, il Suo regno, e la realizzazione della Sua volontà (9,10). “Cercare la giustizia di Dio” significa perseguire ciò che è giusto agli occhi di Dio in ubbidienza alla Sua volontà rivelata in Cristo e tutt’attraverso le Scritture. Il discepolo di Cristo, servendolo fedelmente, non pensa nemmeno alla propria salvezza eterna, ma all’affermazione di Dio e la Sua gloria: la sua salvezza la otterrà come conseguenza accessoria. La sua pietà religiosa non è egocentrica, ma teocentrica. Le sue ambizioni non sono la promozione di sé stesso, ma la promozione del Regno di Dio. Le “cose” che Dio “darà in più” sono quelle che Egli provvede con la Sua provvidenza, quelle che Gesù ha ammonito a non preoccuparsi. Qui Gesù promette di provvedere ai bisogni di coloro che si impegnano alla promozione del Suo regno e della Sua giustizia.
Qualcuno potrebbe, però, pure dire: come possiamo spiegare che vi siano cristiani che vengono privati a forza di risorse materiali e persino della loro vita? Può accadere. Il cristiano sa di vivere in un mondo decaduto dove gli effetti del peccato pervadono ogni aspetto della vita. A volte i credenti, non per colpa loro, sono coinvolti nelle conseguenze del peccato, soffrono e muoiono. Gesù non elabora qui questa dimensione della vita ma la presume come qualcosa che i Suoi uditori ben conoscevano e comprendevano. Essa non pregiudica le promesse di Dio in favore dei Suoi. Quanti martiri della fede sono morti dopo orrende persecuzioni e sofferenze, senza mai perdere la loro fede nella provvidenza di Dio. Essi sapevano che questo mondo non è tutto ciò che abbiamo e, vivendo in prospettiva dell’eternità, “guardavano oltre”. Infine, Gesù dice:
6. “Non siate dunque in ansia per il domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. Basta a ciascun giorno il suo affanno” (34).
Dato che abbiamo una tale promessa appoggiata dalla testimonianza della divina provvidenza, noi non dovremmo agitarci per il futuro. C’è già abbastanza di cui occuparsi per l’oggi. Oltretutto, i guai che temiamo per il futuro, potrebbero anche non materializzarsi. Dio ci fornisce solo grazia sufficiente per trattare la vita un giorno alla volta. Per il domani, a suo tempo, Dio provvederà. Questa è la fiducia del discepolo di Gesù. Il suo rapporto con le risorse di questo mondo è confidare in Dio ed impegnarsi totalmente a perseguire il regno e la Sua giustizia. Non acumulazione ossessiva o perseguimento della ricchezza fine a sé stessa. Dio, non Mammona, deve essere il magnete per la vita del discepolo. Il frutto di tale atteggiamento è libertà dall’ansia per i beni materiali di cui abbiamo bisogno giorno per giorno.

Conclusione

L’ansia, più o meno seria e duratura, è indubbiamente uno stato psichico complesso e serio. Dobbiamo stare molto attenti a non banalizzarla e credere che vincerla sia facile. Colpevolizzare semplicemente chi ne è affetto non giova neppure. L’ansia fa indubbiamente parte, da sempre, del vivere quotidiano in questo mondo. Essa è caratterizzata da una combinazione di emozioni negative che includono paura, apprensione e preoccupazione, quella di chi, in modo più o meno fondato “teme il peggio”. “Che farei se mi trovassi in una situazione di bisogno? A chi mi rivolgerei? Come reagirei?”. È la paura dell’ignoto o dell’incerto, di ritrovarsi senza risorse, in una situazione di bisogno che si reputa irrisolvibile. È spesso accompagnata da sensazioni fisiche come palpitazioni, dolori al petto, respiro corto, nausea, tremore interno. Ansia è trepidazione, apprensione, affanno. È un pensiero che occupa la mente determinando inquietudine. Essa assorbe ed occupa tutta l’attenzione, distraendo la mente ed impedendo altre attività. È una tensione nervosa che logora ed affatica il corpo e la mente.
Il mondo dice: “...è impossibile eliminate questo stato d’animo dalla propria esistenza, dalla propria vita, perché in fondo è una condizione che può anche presentarsi di continuo, nelle più svariate occasioni. (....) Purtroppo, in particolare in questo sciagurato momento storico del nostro Paese, l’ansia è una compagna indesiderata della nostra esistenza. Si sveglia con noi di primo mattino, ancor prima del suono della sveglia, per seguirci passo passo in quasi tutte le attività della giornata e, infine, per coricarsi con noi la sera tardi, con il sonno che tarda ad arrivare. Vivere senz’ansia è praticamente impossibile, e non vi è nulla che la possa tenere sotto controllo se non una ferrea determinazione a non farsi condizionare dalle vicende della vita, anche le più banali”. Il mondo, però, non ci può dare questa “ferrea determinazione”. Il mondo suggerisce di avvalerci di psicofarmaci, di tecniche yoga per liberarci la mente dai pensieri, da psicoterapie... Tutto questo non la può fondamentalmente risolvere. Perché?
Perché dobbiamo dire chiaramente che l’ansia fa parte del vivere quotidiano di questo mondo decaduto che non conosce Dio né ha fatto l’esperienza della Sua presenza, provvidenza e fedeltà alle Sue promesse. Per vincere l’ansia l’unico rimedio è diventare discepoli del Signore e Salvatore Gesù Cristo che, riconciliandoci con Dio, riaggiusta tutto il nostro modo di guardare alle cose ed ai fatti della vita permettendoci di reagirvi in modo costruttivo ed inserendoci nell’ambiente solidale e provvidente del Suo popolo, la Sua chiesa. Riconciliati con Dio e per esperienza, possiamo ripetere le parole del Salmo che dicono: “In verità l'anima mia è calma e tranquilla. Come un bimbo divezzato sul seno di sua madre, così è tranquilla in me l'anima mia” (Salmo 131:2), avendo risposto all’appello che dice: "Confida in lui in ogni tempo, o popolo; apri il tuo cuore in sua presenza; Dio è il nostro rifugio" (Salmo 62:8).
E quando un cristiano è colto dall’ansia e dal circolo vizioso delle sollecitudini ansiose? Per un cristiano cadere nell’ansia significa cedere ad una tentazione, ricadere nella condizione psicologica “di prima” di essere stato raggiunto dall’Evangelo. È uno “scivolamento” indietro. Grazie a Dio, però, la Scrittura dice: “Nessuna tentazione vi ha còlti, che non sia stata umana; però Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze; ma con la tentazione vi darà anche la via di uscirne, affinché la possiate sopportare” (1 Corinzi 10:13). Se non fosse per la mano di Dio che “ci riagguanta” per riportarci sul “terreno solido” della realtà, quella di Dio, saremmo senza speranza come quelli che non conoscono Dio. Per questo, se ci troviamo in questa situazione, dobbiamo immergerci nella Parola di Dio e nelle Sue promesse, distogliendo lo sguardo da noi stessi e, con i nostri fratelli e sorelle in fede, impegnandoci nell’opera del Signore. Allora “tutto il resto ci sarà dato in più”. "A colui che è fermo nei suoi sentimenti tu conservi la pace, la pace, perché in te confida" (Isaia 26:3). 

di Paolo Castellina


 

 
"Dite a quelli che hanno il cuore smarrito: «Siate forti, non temete!». Ecco il vostro DIO verrà con la vendetta e la retribuzione di DIO; verrà egli stesso a salvarvi."  
(Isaia 35:4) 


Consapevoli nella Parola

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